Vite lavorate
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Vite lavorate

Corpi, valore, resistenze al disamore

  1. 212 pagine
  2. Italian
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Vite lavorate

Corpi, valore, resistenze al disamore

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Informazioni sul libro

Questo libro sviluppa una riflessione che ha preso le mosse nell'era precaria della femminilizzazione del lavoro. Dopo una pandemia che ha reso evidente l'incompatibilità tra il capitalismo e il vivente, è necessario un aggiornamento sulla situazione del lavoro contemporaneo delle donne. Da lavoro precario, lavoro "ombra" a lavoro involontario. Da riproduzione gratuita a produzione sociale gratuita. Da un'economia libidinale a un'economia dell'interiorità, attraverso forme di dipendenza e di rapina dell'attenzione. Mentre aumentano i profitti e la povertà cresce, che fine fanno le vite, le relazioni, l'amore? Possono i nostri corpi indicarci come resistere alla smaterializzazione imposta dalla digitalizzazione, dalla paura, dal narcisismo imperante?

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Informazioni

Anno
2022
ISBN
9791280124746
Argomento
Storia

Capitolo 1
Il lavoro e le donne
Due fasi a trent’anni di distanza
Sulle tracce dei problemi del presente

Le figlie degli uomini colti
hanno sempre pensato i loro pensieri
così alla buona;
non a tavolino, nel proprio studio,
nella solitudine tranquilla di un chiostro
all’università.
Hanno pensato mentre rimestavano la minestra,
mentre dondolavano la culla.
Virginia Woolf, Le tre Ghinee1
Capire, interpretare, analizzare e infine rilanciare. Trovare le parole adatte, vista l’indispensabile, e urgente, necessità di superare i modi dello sviluppo attuale che sta trascinando l’umanità verso l’autodistruzione. In questo percorso accidentato, sento l’importanza di partire da alcune genealogie. Rosa Luxemburg ci consegna, da donna, una acuta sintesi degli insegnamenti di Karl Marx. Essi consistono non tanto in una costruzione dottrinaria relativa al campo economico ma in questo: La concezione dialettico/materialistica della storia, che rappresenta esclusivamente un metodo di ricerca, un paio di geniali pensieri conduttori, che permettono la visione di tutto un nuovo mondo, aprono le infinite prospettive della verifica autonoma e danno ali allo spirito per i più arditi voli in territori inesplorati2.
A questa ispirazione originaria, aggiungo ciò che, a proposito di materialismo, specifica Lea Melandri: «Essere materialisti vuol dire riconoscere che le contraddizioni non sono state individuate una volta per sempre, che ce ne saranno altre». E aggiunge: «Il rapporto uomo-donna è una contraddizione di fondo che permette di dare radicalità e carattere rivoluzionario alle lotte poiché non consente alla teoria di avere i piedi freddi o di perdersi nell’astratto e scorporato delle leggi economiche e nelle teologie di una rivoluzione che non ha perso l’antica abitudine di adorare i padri3, ma tiene sempre nel dovuto conto corpo, sessualità, quotidianità.
In questo percorso proverò sforzarmi di esprimere qualcosa che preme ma fatica a compiersi. La scrittrice Clarice Lispector ricorda quanto sia remota, per quanto stranamente famigliare, la parola: C’è qualcosa che mi sfugge di continuo. Quando non mi sfugge guadagno una certezza: la vita è un’altra. Ha uno stile soggiacente4. Questo avviene perché
«la parola si riferisce sempre a una cosa e questa cosa per me è sempre inarrivabile. Ognuno di noi è un simbolo che ha a che fare con simboli […] tutti soltanto riferimenti del reale. […] E se ci capiamo attraverso il simbolo è perché possediamo gli stessi simboli e la stessa esperienza della cosa in sé. Ma la realtà non ha sinonimi»5.

1.1. Lo sguardo delle donne sul lavoro tra gli anni Settanta e gli anni Duemila: una sintesi retrospettiva

Per spiegare perché mi sono tanto occupata del tema lavoro in rapporto al genere e di trasformazioni della produzione che influenzavano la composizione del lavoro e la sua organizzazione, debbo rispondere, banalmente: perché riguardava un sempre più ampio numero di donne, tra loro io, date determinate condizioni. Riguardava la mia esistenza, la mia quotidianità, e avevo urgenza di capire che cosa mi trovavo davanti.
Siamo a metà degli anni Novanta e il mio è uno sguardo che si posa su contesti a capitalismo più maturo e avanzato6. Mi trovo a Milano, nel cuore del capitalismo biocognitivo e relazionale (che all’inizio viene indicato con il termine postfordismo) il quale attecchisce maggiormente nelle aree del Nord rispetto a quelle del Sud d’Italia e del mondo. Qui, più esplicitamente che altrove, decolla quel terziario avanzato che, insieme al terziario umile, cioè le donne straniere che accompagnano il processo, tende a inglobare la maggior parte del lavoro femminile, in quel dato momento storico. Da un lato, porta le donne europee, o americane, fuori dalle case, nello spazio pubblico del lavoro produttivo, dall’altro spinge a emigrare le cittadine di altre parti del pianeta come loro sostitute nel lavoro domestico e riproduttivo all’interno di quelle che vennero allora chiamate catene della cura7. In un doppio senso: catene che ti vincolano al lavoro di cura, tra affetto e potere, e alla sua organizzazione con forme di sradicamento e di commercio dei sentimenti, ma anche catene che legano le donne autoctone e le donne immigrate in un unico processo, tra gerarchie di classe molto evidenti.
Da femministe, in tante, ci siamo occupate di lavoro in quegli anni anche per il fatto che l’Italia è stata un laboratorio straordinario per quanto riguarda le riforme complessive del mercato del lavoro, spalancando la porta alla generalizzazione della precarietà. In questo contesto, i femminismi italiani, danno origine a una sfaccettata produzione di inchieste, auto-inchieste, riflessioni, saggi, mappature, azioni politiche che partono dalla precarietà esistenziale, dalla condizione precaria, la quale rompe la dicotomia della divisione sessuale del lavoro, si impernia sull’inclusione differenziale o precarizzazione differenzialmente distribuita, tenendo presente il ruolo delle donne migranti8.
Le donne, immerse nelle trasformazioni esistenziali del lavoro intermittente o a partita Iva, sono state spesso anticipatrici nell’osservare gli effetti di ciò che è stata chiamata soggettivazione del lavoro. Lia Cigarini, avvocata ed esponente della Libreria delle donne di Milano, scrive nel 1997:
È curioso che siano state proprio le donne a dare così tanta importanza al lavoro. Non tanto, però, se si pensa che sono entrate nel mondo del lavoro in modo massiccio, di colpo, negli ultimi dieci anni. Questo evento è vissuto come una nascita collettiva delle donne nel fare mondo. Le nascite sono eventi felici, nonostante la fatica, la sofferenza. Ma soprattutto la nascita comporta una valorizzazione, un innamoramento9.
A partire da questo passaggio cruciale,...

Indice dei contenuti

  1. parola di donna
  2. Indice
  3. Introduzione
  4. Capitolo 1 Il lavoro e le donne Due fasi a trent’anni di distanzaSulle tracce dei problemi del presente
  5. Capitolo 2 La produzione sociale contemporanea nella prima crisi riproduttiva della storiaIl lavoro involontario dei corpi-mente
  6. Capitolo 3 Soggettività e capitale antropomorfo Economia libidinale, economia dell’interiorità, lavoro emozionale
  7. Capitolo 4 Prendiamo corpoL’amore contro la repressione
  8. Capitolo 5 Strategie di resistenza al disamoreUn welfare erotico nella governance della distanza
  9. Post Scriptum
  10. Bibliografia