1. FATIMA 2.0
Tornano i populismi, tornano i nazionalismi – e torna la Madonna di Fatima. Quando Matteo Salvini affida l’Italia, nonché il proprio successo elettorale, al «Cuore Immacolato di Maria», nel maggio del 2019, si rifà, sin dal linguaggio scelto, alle apparizioni portoghesi del 1917, un immaginario religioso carico di significati politici. E quando negli stessi giorni, a svariate migliaia di chilometri di distanza, il presidente Jair Bolsonaro consacra il Brasile ad una statua che raffigura la medesima Vergine di Fatima, mostra che quella del leader leghista non è una trovata estemporanea, ma scientemente si inserisce in una strategia ben coordinata dell’estrema destra globale. Che mescola i più recenti ritrovati del marketing politico alle icone novecentesche con spregiudicatezza, scaltrezza. E cialtroneria.
Perché quella della Madonna di Fatima è una storia che intreccia devozione popolare e mitologia politica, sincerità e manipolazione, fin dal 1917, data delle apparizioni della Vergine vestita di bianco in questo sperduto paesino lusitano. È l’anno della rivoluzione bolscevica in Russia, dall’avvento della Repubblica nel 1910 in Portogallo spira un clima anticlericale, l’umore è appesantito dai soldati morti sul fronte della prima guerra mondiale e tra le popolazioni rurali si diffonde il timore di un contagio quando il socialismo arriva negli anni Trenta nella vicina Spagna. Tutti eventi che incisero sin da subito sull’interpretazione degli eventi straordinari riferiti dai tre pastorelli veggenti e, ancor di più, sulle nuove rivelazioni che l’unica sopravvissuta dei tre, Lucia, nel frattempo entrata in convento, aggiunse nei decenni successivi. In particolare, solo alla fine di maggio del 1930, ha spiegato José Barreto, «la veggente sostenne di avere ricevuto nuove istruzioni dal cielo. Da un lato Dio insisté perché fosse sollecitata l’approvazione papale… dall’altro (e qui la veggente scrisse: “Se non mi sbaglio”), Dio promise di “porre fine alla persecuzione in Russia se il Santo Padre avesse, insieme a tutti i vescovi del mondo, compiuto un solenne e pubblico atto di riparazione e di consacrazione della Russia ai Sacri Cuori di Gesù e di Maria”. Non vi è alcuna traccia che la veggente avesse mai fatto fino a quel momento, pubblicamente o privatamente, qualsiasi allusione alla Russia o al comunismo», scrive lo storico dell’Università di Lisbona, che nota come, nel corso del tempo, suor Lucia progressivamente cancellò il tono dubitativo e promosse la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria in modo vieppiù assertivo. Fatima divenne, irresistibilmente, equivalente di reconquista cattolica. Cementato dalla guerra fredda, il suo mito politico si fece internazionale. Il regime fascista di António de Oliveira Salazar sfruttò i pellegrinaggi di massa a Fatima per rinsaldare l’identità cattolica del paese; per l’opposizione il popolo veniva tenuto a bada con una sorta di moderno panem et circenses, le tre «f» di fado, football e Fatima. La chiesa ufficiale alla fine ha riconosciuto l’autenticità delle apparizioni, ma nel corso dei decenni non sono mancate né cautela (in particolare da parte dei papi del Concilio, Giovanni XXIII e Paolo VI) né aperto scetticismo. Il vescovo portoghese Ferreira Gomes parlò di «culto magico» e «religione utilitaristica», definendo Fatima una «Lourdes reazionaria».
Di certo ha attirato un coagulo di argomenti e personalità smaccatamente di destra, al punto da investire addirittura Karol Wojtyla, non certo un pontefice progressista. La notte del 12 maggio del 1982, all’interno del santuario, un prete tradizionalista spagnolo, Fernández Krohn, ordinato da monsignor Marcel Lefebvre, tentò di assaltarlo con una baionetta al grido di «Morte al comunismo e al Concilio Vaticano II», ferendolo appena prima di essere bloccato dalla polizia. Sin dai primi anni Sessanta, del resto, alcune associazioni cattoliche tradizionaliste tentarono di «imporre un’interpretazione del messaggio di Fatima dai toni ultraconservatori con un sentimento religioso anti-ecumenico e opposto alle riforme conciliari», spiega José Barreto, che annota, tra le varie organizzazioni, i lefebvriani, il movimento francese della Lega della Controriforma cattolica e il Fatima Center del prete canadese Nicholas Gruner.
Un personaggio, Nicholas Gruner, che ritroviamo nell’ottobre del 2012 al Parlamento europeo di Strasburgo accanto ai due eurodeputati leghisti Mario Borghezio e Lorenzo Fontana, quest’ultimo fedelissimo di Matteo Salvini. I due decidono di portare a Strasburgo la statua della Madonna di Fatima, o meglio una delle tante repliche dell’originale, per una processione dal sagrato della cattedrale di Strasburgo alle porte della sede dell’Europarlamento. Prima della consacrazione al Cuore Immacolato di Maria dell’Italia, doveva esserci la consacrazione di un’Europa – è l’accusa che accomuna tutti i populisti – che sarebbe ormai secolarizzata, burocratica, intenta a regolamentare la curvatura delle banane (copyright di Boris Johnson) e dimentica dei valori, pronta a difendere i banchieri e abbandonare i popoli. Accompagnata a Strasburgo da Montréal da padre Gruner, «la statua però fu inutilmente attesa all’aeroporto francese», ha raccontato Andrea Fabozzi sul Manifesto: «Si dev’essere persa durante lo scalo ad Amsterdam, spiegarono gli addetti della compagnia Klm ai momentaneamente increduli organizzatori dello sbarco in Alsazia». La Madonna, sostituita per l’occasione da una copia acquistata all’ultimo su Amazon, riapparve quattro giorni dopo nei magazzini dello scalo olandese: «Troppo tardi per la marcia di Borghezio e Fontana, anche se in perfetto tempismo con il novantesimo anniversario della marcia su Roma; ma allora per fortuna a nessuno venne in mente».
Qualche anno dopo, nel settembre 2019, a Fatima si danno appuntamento diversi esponenti di peso della destra internazionale. Spiccano i nomi del premier ungherese Viktor Orbán e del capo di gabinetto di Donald Trump, Mick Mulvaney. L’occasione è un «pellegrinaggio» a porte chiuse organizzato da una sigla piuttosto opaca, l’International Catholic Legislator Network. Dovrebbe rimanere riservato ma, un po’ spy story un po’ commedia degli equivoci, la presenza, tra gli illustri ospiti, del cardinale Zen Ze-kiun, arcivescovo emerito di Hong Kong, vocale critico dello storico accordo siglato da papa Francesco con Pechino, suscita l’apprensione della Cina. Che – lo ha rivelato il settimanale portoghese Sábado – manda al santuario una squadra di «funzionari dell’ambasciata» per vederci più chiaro. I solerti informatori, però, cercano di intrufolarsi nelle riunioni e fotografare i partecipanti, insistono, iniziano a discutere con gli agenti dell’imponente apparato di sicurezza dispiegato per l’occasione. Scoppia un parapiglia, si apre un’indagine, addio riservatezza. Per la Madonna di Fatima non c’è pace. Assurta oltre un secolo fa a patrona de facto dell’anticomunismo, nell’era dei social network e delle fake news attira populisti di destra da ogni angolo del globo.
Una geografia politica e religiosa frastagliata, dominata a prima vista dalla singolarità di ogni nazionalismo, segnata però da rimandi e ricorrenze. Un mosaico le cui tessere corrispondono, si collegano, si assomigliano. Un disegno che non sembra casuale, ma fa trasparire una logica sottesa, se non un comune ispiratore. Segno dei tempi o regia occulta? Il quadro, inizialmente oscuro, si chiarisce se si iniziano ad unire i puntini, dagli Stati Uniti all’Ungheria, dalla Francia alla Russia, d...