Al cuore del cristianesimo
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Al cuore del cristianesimo

Mistero - Evoluzione - Liberazione

  1. 144 pagine
  2. Italian
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Al cuore del cristianesimo

Mistero - Evoluzione - Liberazione

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'Canto del cigno' ha definito questo libro l'autore stesso. Dopo oltre 70 titoli pubblicati e 50 anni di attività, il teologo sente ora il bisogno di una sintesi e di proporre con parole nuove l'essenza del cristianesimo. Una sorta di catechismo del XXI secolo, che tiene conto delle dinamiche di duemila anni di storia ma per ritrovare, al di là di essa, l'ispirazione originaria del grande disegno trinitario in dialogo con il creato e l'umanità. Una riflessione audace, che inserisce nella cosmologia contemporanea - evoluzionista - la comprensione del Mistero maturata dall'autore, e mantenendo come stella polare la liberazione degli ultimi e degli oppressi inaugurata dall'annuncio del Regno. Un piccolo scrigno di sapienza, scritto per i cristiani come per i non credenti interessati al senso del messaggio di Gesù.

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Informazioni

Editore
EMI
Anno
2013
ISBN
9788830721852
III – IL CRISTIANESIMO E GESÙ
Un’esperienza originaria: si avvicina la fine
Do per scontata la conoscenza critica delle fonti bibliche, delle teologie che soggiacciono ai Vangeli attuali, la devozione e la riflessione di più di duemila anni, per cominciare subito a rispondere alla seguente domanda: che cosa voleva realmente Gesù quando passò tra noi? Chi fu, in fin dei conti? Perché gli viene attribuita un’importanza storica tanto grande?
Prima di tutto, come tutti gli avvenimenti, dobbiamo situare Gesù nel tempo cosmogenetico, biogenetico e storico. Egli è il frutto di tutto quello che è stato prima di lui. È una delle sue più belle fioriture, anche se egli stesso non si presentò così e neppure ne ebbe coscienza.
Gesù nel tempo cosmogenetico, biogenetico e storico
In primo luogo, Gesù è figlio della storia cosmica, perché in lui sono presenti tutte le energie e gli elementi fisico-chimici che compongono tutte le cose, dai conglomerati di galassie, le stelle più distanti, il Sole e la Terra, fino al nostro stesso corpo. Il ferro che scorre nelle sue vene, il fosforo e il calcio che rafforzano le sue ossa e i suoi nervi, il biossido di carbonio e l’azoto che assicurano la sua crescita, il 65% di ossigeno e il 18% di carbonio che compongono la sua massa corporea e molti altri elementi fisico-chimici rendono veramente Gesù un essere cosmico.
Siccome l’universo non possiede soltanto esteriorità ma anche interiorità e soggettività, frutto della rete di relazioni di tutti con tutti e dell’apprendimento e delle informazioni che da lì derivano e vanno accumulandosi, possiamo dire che la profondità psichica di Gesù viene abitata dai movimenti più primitivi dell’inconscio cosmico, minerale, vegetale, animale e umano, dai sogni più arcaici e dalle passioni più originarie, dagli archetipi più profondi e dai simboli più ancestrali. Come tutti gli esseri umani, anche Gesù fu africano, perché la specie umana e la coscienza si svilupparono in Africa.
In una parola, Gesù è anche un prodotto della grande esplosione iniziale – il Big Bang – con gli sviluppi che seguirono. E nella storia recente le sue radici si ritrovano nella Via Lattea, la sua casa nel sistema solare, la sua culla nel pianeta Terra, la sua localizzazione geografica nella Palestina e la sua residenza a Nazaret. Come qualsiasi altro essere umano, egli è figlio del cosmo e della Terra.
Come gli altri esseri umani, Gesù è animale, della classe dei Mammiferi, dell’ordine dei Primati, della famiglia degli Ominidi, del genere Homo, della specie sapiens e demens. Il suo corpo è una macchina di quattrocento miliardi di cellule, controllata e procreata da un sistema genetico che si è costituito nel corso di un’evoluzione naturale lunga 3,8 miliardi di anni, data del sorgere della vita. Il cervello con il quale pensa ha oltre 50 miliardi di neuroni capaci di cento trilioni di connessioni. La bocca con la quale parla, le mani con le quali tocca, i suoi organi biologici, tutto è il risultato di un lungo e sofisticatissimo processo evolutivo.
È anche figlio della storia dell’umanità, come affermano a modo loro le genealogie dei Vangeli. Luca ricollega Gesù a Adamo, con tutta la soggettività e spiritualità che caratterizza la vita umana. Matteo lo descrive come figlio di Abramo, membro del popolo ebreo, con la sua esperienza singolare di Dio; un popolo portatore di sogni e utopie maturati nelle esperienze religioso-politiche della schiavitù egiziana e dell’esilio babilonese; un popolo di profeti, martiri e poeti, dei più grandi di tutta l’umanità.
Infine, Gesù è figlio di Miriam, adottato dal marito di lei Giuseppe, entrambi rappresentanti della cultura giudaica del loro tempo. Ha pensato e agito con le risorse che la sua cultura gli offriva. Il fatto di essere incarnazione del Figlio del Padre non annulla questa sua condizione storica. Al contrario, la rafforza, perché lo stesso Concilio di Calcedonia (451) che trasformò in dottrina ufficiale questa convinzione sostiene che Gesù fu sempre in tutto vero uomo, come ogni altro uomo, senza mai rompere il rapporto con il Padre.
Gesù è un uomo, non una donna. Come uomo è portatore di esperienze accumulate dell’incontro di generi sempre in tensione e, non di rado, in conflitto, con le qualità singolari dell’uomo, con una maniera propria di sentire, di pensare e di raccontare il mondo, e anche con i suoi limiti. Come uomo porta dentro di sé la dimensione femminile, realtà costitutiva di ogni essere umano insieme con quella maschile. La dimensione femminile si mostra nel modo di intendere Dio-Abbà con caratteristiche di madre, dal senso spirituale che Gesù dà a tutte le opere che compie, dalla sollecitudine verso i sofferenti, dall’affetto verso i bambini, dall’amore e amicizia verso Marta, Maria e Lazzaro e dalla sensibilità nei confronti dei gigli del campo e della vigna. La presenza di queste due energie gli permette un’esperienza più globale e completa dell’essere umano, uomo e donna, diversi ma in permanente rapporto di reciprocità, di complemento e di confronto dialettico.
Tutti questi strati della realtà, da quella cosmica a quella ebraica e familiare, sono presenti e interconnessi in Gesù. Senza di loro e al di fuori di essi Gesù non sarebbe concreto, colui che camminò nelle polverose strade della Palestina annunciando un nuovo stato di coscienza, il fatto che siamo tutti figli e figlie di Dio e operatori di un Regno costruito sulla giustizia a partire dai poveri e dagli emarginati, dall’amore incondizionato, dalla fraternità-sororità universale, dalla compassione, dal perdono illimitato e dalla pace duratura. Gesù, come molti artigiani e contadini simili a lui, visse nella resistenza radicale ma nonviolenta contro lo sviluppo urbano di Erode Antipa e contro lo sfruttamento da parte di Roma dell’agricoltura nella Bassa Galilea, una delle terre più fertili al mondo, verso la fine degli anni Venti del I secolo. Il contesto più generale vissuto da Gesù fu la forte opposizione da parte della patria giudaica all’internazionalismo culturale greco e all’imperialismo militare romano.
Gesù, un uomo del suo tempo: un apocalittico?
In termini di visioni del mondo, Gesù fu un apocalittico. La prospettiva apocalittica era comune a molti a quell’epoca. Si riferiva a una verità nascosta, ma che progressivamente si rivela: ci stiamo avvicinando alla fine drammatica dell’ordine attuale, che darà luogo al sorgere propizio di una nuova configurazione, introdotta da Dio stesso e chiamata regno di Dio. Quello è il «giorno del Signore», come si diceva nei circoli apocalittici.
Gli apocalittici come Gesù facevano una particolare lettura del mondo: questo mondo è arrivato a un punto tale di degrado da essere vicino alla fine; ma Dio interverrà in modo liberante, ponendo fine ai mali e inaugurando il suo regno di giustizia, amore e pace perpetua. E lo farà tramite una figura singolare, il Messia liberatore, insieme con la sua comunità. L’azione divina si svolgerà in un contesto molto drammatico, con scontri fra popoli, terremoti, sconvolgimenti nei cieli e soprattutto tentazioni per i buoni e gli eletti. L’urgenza è estrema, perché l’intervento di Dio può avvenire di sorpresa in qualsiasi momento; perciò bisogna essere preparati, ma sarà motivo di gioia per tutto il popolo (Lc 2,18). Gesù fece propria questa visione del mondo; da essa mutuò il carattere radicale e urgente della sua predicazione e della sua prassi.
Gesù non predicò la chiesa, ma il regno di Dio. Intendeva rivolgersi all’umanità, non limitarsi a una parte di essa, al giudaismo o alla chiesa. Non aveva come obiettivo una nuova religione, ma un uomo nuovo, una nuova donna, un nuovo cielo e una nuova terra. Tutto sarebbe stato sottomesso alla politica voluta da Dio per la sua creazione, tradotta come una presenza inaugurale del regno di Dio. Un Regno che si confronta continuamente con l’impero, che è la forza del negativo, l’attuale situazione del mondo e della creazione, sottomessi a energie di oppressione, rifiuto, peccato e morte. C’è tra i due una lotta permanente e Gesù se ne sente coinvolto.
Una metafora: una meteora distruttrice si avvicina
Per concretizzare la visione apocalittica e capire la sua logica interna, il suo carattere di urgenza e l’esaltazione degli animi che suscitava, forniamo un esempio verosimile per i nostri giorni, segnati da sconvolgimenti naturali e minacce di sterminio di molte specie oltre che della civiltà umana.
Immaginiamo uno scenario verificatosi parecchie volte nella storia del nostro pianeta: astronomi di varie parti del mondo avvistano chiaramente un enorme asteroide che si dirige velocissimo verso la Terra: Apophis 2036, tanto per dargli un nome. È così grande da poter devastare la biosfera e porre a rischio il futuro dell’umanità. L’ultima catastrofe di proporzioni paragonabili avvenne 65 milioni di anni fa, quando una meteora di circa dieci chilometri di diametro cadde nel mare dei Caraibi presso la costa dello Yucatán, provocando un vero e proprio Armageddon ecologico. Per decine e decine di anni il sole si oscurò e i climi della Terra furono sconvolti. I dinosauri, che avevano spadroneggiato per 133 milioni di anni sulla Terra, si estinsero.
Davanti a una situazione del genere, praticamente non c’è altro da fare che aspettare e prepararsi alla catastrofe collettiva. Secondo i calcoli della comunità scientifica, in uno spazio di tempo molto breve l’asteroide entrerà nell’atmosfera terrestre prendendo fuoco e si schianterà sulla superficie del pianeta. Le conseguenze sono imprevedibili, comunque terribilmente devastanti. Potremmo finire tutti distrutti, la sopravvivenza sulla Terra potrebbe risultare impossibile.
La distruzione creativa: il Regno viene inaugurato
Che atteggiamento assumere? Disperarsi? Aspettare un miracolo divino all’ultimo momento? Il Sistema Terra non è forse aperto? L’Energia di fondo dell’universo non è capace di riservarci una sorpresa? Dio non potrebbe approfittare dell’inevitabile distruzione per inaugurare un nuovo ordine più inclusivo e benefico per tutti? Ovvero intervenire, liquidare l’impero e le sue malefatte e assicurare un esito felice alla creazione?
Possiamo immaginare le molte reazioni possibili degli esseri umani a una simile realtà terminale. Alcuni si dispereranno e, per paura di morire, si uccideranno. I gaudenti, come al tempo di Noè, diranno: «Mangiamo e beviamo perché tanto domani moriremo» (cfr. 1Cor 15,32). Gli scettici continueranno come se nulla dovesse accadere, dicendo che la storia dell’asteroide è una fandonia che la comunità scientifica ha fatto bere all’umanità, mentre qualcuno specula sul futuro, gioca in borsa, investe nelle multinazionali, fa affari e accumula ricchezza. I predicatori di conversione e penitenza come Giovanni Battista proclameranno che insieme alla morte collettiva sta per arrivare il giudizio severo di Dio che punirà i malvagi e premierà i buoni. E ci saranno quelli che, come Gesù, prenderanno sul serio l’imminenza della fine, ma le daranno un’interpretazione incoraggiante: questo asteroide fa sì che «il tempo dell’attesa è finito, il Regno sta arrivando. Cambiamo vita e crediamo a questa buona notizia» (cfr. Mt 1,15).
Quindi la fine è inevitabile, ma non è necessario che sia disastrosa: nonostante la desolazione della tribolazione, è finalmente arrivato il momento in cui Dio distruggerà l’impero del male e inaugurerà un cielo nuovo e una terra nuova, il suo Regno definitivo. Ma attenzione, abbiamo solo questo breve arco di tempo per prepararci e andare non verso la morte ma verso l’incontro con la Fonte della Vita, verso il Regno che viene dal cielo, portato da Dio in occasione della caduta della meteora, distruttrice della vecchia umanità.
Questo è il mondo mentale di Gesù, il contesto psicologico e culturale della sua azione, in una prospettiva apocalittica. È giunto il tempo in cui non c’è più tempo. Tutto è urgente. Cambiamenti radicali sono imminenti. E saranno, secondo Gesù, buoni e perfino ottimi. Finalmente fioriranno gli antichi sogni di un mondo nuovo, le visioni di una nuova umanità, aperta e fedele a Dio, una società di «fratenerezza» all’interno di un universo riconciliato. Il tempo dell’attesa è finito. Finalmente!
Quel che c’è di buono nella visione apocalittica
Tuttavia, ciò che è importante non è prendere atto che Gesù ha fatto sua la visione apocalittica tra le altre in voga a quell’epoca. Decisivo è cogliere l’esperienza che egli ha elaborato all’interno di quel tipo di visione e di quel contesto psicosociale. Che significato le ha dato? Egli ha tradotto tale esperienza in un messaggio luminoso e in una pratica etica generosa che ci attraggono ancora oggi. Quell’esperienza ha dato origine al movimento di Gesù, che non avrebbe più lasciato la storia. Da essa sono nate le comunità e le chiese che alimentano i vari percorsi spirituali fondati sull’eredità di Gesù.
L’esperienza originaria di Gesù si è espressa in un sogno, in una pratica, in un messaggio, in un’etica, in un destino e in una prova. Tutti i testi del Secondo Testamento, specialmente i quattro Vangeli, e tutte le espressioni successive, di diversa natura, intellettuale, artistica ed etica, sono tentativi di comprendere, interpretare e tradurre questa esperienza originaria di Gesù.
Un sogno: il regno di Dio
Ciò che dà senso alla vita di una persona e di una comunità è il sogno. Il sogno è la parte più decisiva della vita. Siamo tutti fatti della stoffa di sogni personali e collettivi, perché il sogno è parte essenziale della realtà umana. Questa ha un lato fattuale, concreto e sempre chiuso, e un altro virtuale, possibile e sempre aperto. Il fattuale è un sogno realizzato. Il sogno è ciò che ancora non può accadere ma preme per irrompere e fare storia. Quello che ci muove sono i sogni, ciò che ancora non è, ma può essere e sarà. Anche Gesù fu divorato da un grande sogno: il regno di Dio. Egli non predicò mai sé stesso, né la chiesa, né propriamente Dio in senso stretto. Proclamò: «Il tempo dell’attesa è finito. Il regno di Dio sta arrivando. Cambiate vita. Credete alla buona notizia» (Mc 1,15). In questo si distingueva da Giovanni Battista, del quale forse fu discepolo, anche con un probabile passaggio per le caverne degli esseni a Qumran, vicino al Mar Morto. Gli esseni erano asceti rigorosi, con un forte senso morale e valori legati all’amore e al perdono. Giovanni annunciava un giudizio imminente e la necessaria conversione. Gesù, al contrario, sentiva di non poter andare in quella direzione; e proclamò la gioia del Regno che è già in arrivo e che si realizza nella misura in cui gli ascoltatori vi aderiscono e si convertono.
Regno di Dio appare 122 volte nei Vangeli e 90 in bocca a Gesù. La frequenza rivela che questa espressione riassume il suo sogno, che risponde alle aspettative più profonde della ricerca umana. Tutti soffrono a causa delle divisioni e degli odi e desiderano unione e pace; sono oppressi dal peso delle cattiverie umane e portano il fardello del lavoro quotidiano, il prezzo necessario...

Indice dei contenuti

  1. AL CUORE DEL CRISTIANESIMO
  2. Premessa all’edizione italiana
  3. Introduzione
  4. I – IL CRISTIANESIMO E IL MISTERO
  5. II – IL CRISTIANESIMO E LE ERE DELLA SANTISSIMA TRINITÀ
  6. III – IL CRISTIANESIMO E GESÙ
  7. IV – IL CRISTIANESIMO E LA STORIA
  8. CONCLUSIONE – Et tunc erit finis (Tutto è consumato)
  9. INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE