Uccidete me, non la gente
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La suora coraggio del Myanmar racconta la sua storia

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Uccidete me, non la gente

La suora coraggio del Myanmar racconta la sua storia

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Mentre il mondo è attanagliato dal covid, in Myanmar si scatena un colpo di stato. L'esercito imbavaglia la fragile democrazia birmana, incarnata dalla leader Aung San Suu Kyi, messa agli arresti. Ma – sorpresa! – il popolo non sta alla finestra e scende in piazza. Nascono dimostrazioni di massa animate da giovani che chiedono il ritorno della democrazia. Scatta la repressione militare, con uccisioni, arresti e violenze. Un film già visto altre volte.Ma quanto accade il 28 febbraio 2021 ferma l'orologio della storia. Una suora affronta, in ginocchio, un plotone di soldati pronti a sparare sui manifestanti che a Myitkyina, come in altre città, chiedono libertà. Suor Ann Rose Tawng si pone a protezione dei giovani dimostranti, mettendo a repentaglio la propria vita in nome del vangelo e della dignità umana.La memoria corre a Tank Man, l'uomo diventato famoso perchè si mise davanti ai carri armati cinesi durante la repressione di Piazza Tienanmen: di lui non si è saputo più nulla. La storia di Ann Rose, invece, la possiamo conoscere in queste pagine.Vedendo i manifestanti in pericolo, ho deciso di proteggerli, anche a rischio della vita. Sono andata dai poliziotti e li ho supplicati. Mi sono inginocchiata e ho alzato le braccia al cielo, invocando l'aiuto del Signore. «Se volete picchiare la gente o sparare sui dimostranti, fatelo con me al posto loro. Uccidete me, non la gente» suor Anne Rose Nu Tawng

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Informazioni

Editore
EMI
Anno
2021
ISBN
9788830725157
Categoria
Religion






LA BIRMANIA DI IERI,
IL MYANMAR DI OGGI



LA CRISI IN 10 DOMANDE
Che cos’è avvenuto il 1° febbraio 2021 e perché?
In concomitanza con l’insediamento del nuovo governo, eletto democraticamente nel novembre 2020, il regime militare, guidato dal generale Min Aung Hlaing, ha arrestato il presidente in carica Win Myint, la leader della Lega nazionale per la democrazia (Nld) Aung San Suu Kyi, in carica come consigliera di stato, e diversi membri del governo. L’accusa, del tutto pretestuosa, è che si siano verificati brogli durante le elezioni, vinte in realtà dalla Nld con una maggioranza schiacciante. È così saltata la «strana coabitazione» (in corso dal 2015) tra una leader democratica e un regime militare al potere da decenni, il quale teneva in pugno il paese dal punto di vista economico, delle scelte politiche strategiche, della politica estera, della sicurezza nazionale. I militari, infatti, detenevano tre importanti ministeri: dell’Interno, dell’Economia e degli Affari con i paesi confinanti; quest’ultimo gestisce le relazioni con stati importanti, tra cui la Repubblica Popolare Cinese.
Sono in gioco interessi economici?
Collocato in una posizione strategica tra Asia meridionale e Sud-est asiatico, il Myanmar è molto ricco di risorse naturali (petrolio, gas naturale, minerali, pietre preziose, legname pregiato, riserve d’acqua…). Sebbene gran parte del popolo viva in situazione di povertà, il paese dispone delle potenzialità per diventare un importante attore economico nella sua area, come accaduto per breve tempo subito dopo l’indipendenza (1948). Gli attivisti di Justice for Myanmar hanno denunciato il fatto che il generale Min Aung Hlaing, autore del colpo di stato, abbia voluto proteggere gli interessi finanziari suoi e della sua famiglia, oltre a mantenere il controllo dell’esercito sulla vita economica nazionale. Il generale è a capo dei due conglomerati militari Myanmar Economic Corporation (Mec) e Myanmar Economic Holdings Limited (Mehl). Mec e Mehl hanno investito in attività commerciali nei porti, nei depositi di container, nelle miniere di giada e rubino che hanno reso famoso il paese a livello mondiale, nell’immobiliare, nell’edilizia e in altri settori molto redditizi. In Myanmar sono presenti anche diverse multinazionali occidentali. Tra queste, la francese Total, che estrae petrolio e gas offshore e copre metà del fabbisogno energetico
del paese.
Come ha reagito la popolazione?
Con una serie di manifestazioni e proteste popolari nonviolente in molte città: iniziative che, nonostante sia scattata una dura repressione che ha provocato centinaia di morti, continuano a susseguirsi. Al Cdm (Movimento di disobbedienza civile) hanno aderito molti dipendenti statali – medici, infermieri, impiegati degli uffici, insegnanti, studenti, operai – che sono scesi in strada per denunciare il colpo di stato. Riconoscono solo il governo eletto dal popolo e chiedono la liberazione immediata dei rappresentanti politici detenuti ingiustamente. A differenza di altre volte, in questa occasione si sono mobilitati cittadini delle varie componenti etniche e appartenenti a tradizioni religiose diverse. Nelle manifestazioni di piazza si sono fatti notare in particolare i giovanissimi della Generazione Zeta (i nati tra il 1997 e il 2010).
Decine di migliaia di lavoratori sono entrati in sciopero nella speranza che la paralisi delle attività economiche imponesse ai militari un cambio di marcia. Il settore tessile (che dà lavoro a mezzo milione di persone, quasi tutte donne) è al collasso. Il blocco del sistema bancario sta lasciando i cittadini senza stipendio e i bancomat vuoti.
La popolazione reagisce compatta per manifestare il dissenso. Dal 13 al 18 aprile (giorni in cui si celebra il Thingyan, il nuovo anno birmano, ossia la festa più importante dell’anno, di origine buddhista), i gruppi di resistenza al golpe militare hanno promosso lo sciopero dei festeggiamenti, sostituendoli con iniziative di protesta simboliche.
Come si stanno muovendo i militari?
Il comportamento della forza pubblica è stato nel segno della violenza e della repressione: sono documentate uccisioni anche di alcune decine di bambini e ragazzi. Gli oppositori vengono prelevati dalle loro case, di giorno e di notte, mentre sono stati rilasciati migliaia di prigionieri comuni per far posto nelle carceri ai pacifici dimostranti. I criminali comuni, una volta scarcerati, vengono pagati per provocare violenze e disordine, dar fuoco alle case e persino ferire e uccidere tra la folla con lunghi coltelli affilati, con sassi e fionde.
Il 28 marzo 2021, mentre nella capitale si svolgevano solenni parate militari, sono stati uccisi ben 114 manifestanti; la televisione di stato ha diffuso un messaggio rivolto ai giovani, per dissuaderli dal partecipare al Movimento di disobbedienza civile: «Imparate la lezione da quelli che sono stati brutalmente uccisi… Non morite per nulla». Lo stesso giorno, l’esercito ha bombardato alcuni villaggi del territorio controllato dalla Karen National Union (Knu), uno dei gruppi armati delle minoranze etniche da anni in guerra contro il potere centrale. Migliaia di persone sono scappate verso la Thailandia: al confine però sono state respinte.
Va ricordato che l’esercito in Myanmar è malvisto dalla popol...

Indice dei contenuti

  1. PREFAZIONE di Matteo Maria Zuppi
  2. «UCCIDETE ME, NON LA GENTE»
  3. LA BIRMANIA DI IERI, IL MYANMAR DI OGGI
  4. INSERTO FOTOGRAFICO