Disegno di papa Francesco
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Disegno di papa Francesco

Il volto futuro della Chiesa

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Disegno di papa Francesco

Il volto futuro della Chiesa

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Il magistero di papa Francesco nel viaggio in Brasile per la Giornata Mondiale della Gioventù è stato la sintesi della sua esperienza personale di pastore, ma anche la circostanza opportuna per una proiezione verso il futuro della Chiesa.Antonio Spadaro, gesuita come il papa, e direttore della prestigiosa rivista La Civiltà Cattolica, è convinto che a Copacabana Francesco abbia tracciato le rotte per la Chiesa del futuro, disegnandone il volto nei suoi interventi e con i gesti simbolici compiuti. Il volume riflette sulle parole del papa, collegandole alla sua esperienza pastorale in Argentina e prestando attenzione alle sue radici ignaziane.

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Informazioni

Editore
EMI
Anno
2014
ISBN
9788830721678
EMMAUS: IL VOLTO FUTURO DELLA CHIESA
La Chiesa nel nostro cambiamento d’epoca
Nell’incontro con l’episcopato brasiliano, Francesco ha proposto un’altra parabola come «chiave di lettura del presente e del futuro»: l’icona di Emmaus, che egli ama molto e ha proposto più volte.18 La domanda che muove questa meditazione è: «Che cosa chiede Dio a noi?».
Il Papa, parlando ai vescovi brasiliani, e richiamandosi al Documento di Aparecida (n. 10), si dichiara ben consapevole del fatto che stiamo vivendo, per molti aspetti, un periodo nuovo della storia, che pone sfide ed esigenze nuove: questa che stiamo vivendo «non è un’epoca di cambiamento, ma è un cambiamento d’epoca». E questa è una sfida potente e un appello alla Chiesa. Francesco comincia col dire che in ogni caso non bisogna cedere al disincanto, allo scoraggiamento, alle lamentele per la situazione che la Chiesa si trova a vivere: «Abbiamo lavorato molto e, a volte, ci sembra di essere degli sconfitti, e abbiamo il sentimento di chi deve fare il bilancio di una stagione ormai persa, guardando a coloro che ci lasciano o non ci ritengono più credibili, rilevanti».
Abbiamo già notato quanto propulsiva sia la postura esistenziale di papa Francesco. Questo non significa però che essa sia semplicemente «ottimista». Bergoglio è sempre stato realista, non legato a visioni aprioristiche o a fiducia nelle sorti progressive dell’umanità. Il suo ottimismo in realtà è fede, fiducia evangelica che dà forma al modo di vedere la realtà. Qui si può ricordare che il metodo che l’episcopato latinoamericano ha utilizzato ad Aparecida nel 2007, in continuità con le precedenti Conferenze generali, è stato quello del «vedere, giudicare, agire» (n. 19). Il «vedere», però, non è il semplice osservare empirico, ma «la contemplazione di Dio con gli occhi della fede», così da poter «vedere la realtà che ci circonda alla luce della sua provvidenza». L’«ottimismo» di Bergoglio, che non cede alla percezione di essere «sconfitti», nasce da questa visione di fede.
L’episodio dei discepoli di Emmaus (cfr. Lc 24,13-35) ci aiuta a riflettere, e Francesco l’ha proposto alla meditazione perché aiuta a comprendere meglio. I due discepoli scappano da Gerusalemme, scandalizzati dal fallimento del Messia nel quale avevano sperato. Qui possiamo leggere il mistero difficile della gente che lascia la Chiesa; quello, cioè, dei tanti che ritengono che ormai essa non possa offrire più qualcosa di significativo e importante. Perché? Il Papa compie una sintetica ma profonda analisi delle ragioni di chi si allontana: «Forse la Chiesa è apparsa troppo debole, forse troppo lontana dai loro bisogni, forse troppo povera per rispondere alle loro inquietudini, forse troppo fredda nei loro confronti, forse troppo autoreferenziale, forse prigioniera dei propri rigidi linguaggi; forse il mondo sembra aver reso la Chiesa un relitto del passato, insufficiente per le nuove domande; forse la Chiesa aveva risposte per l’infanzia dell’uomo, ma non per la sua età adulta».
Questo elenco di «forse» è in realtà un elenco di peccati o, almeno, di tentazioni che la Chiesa vive nel suo cammino nella storia e che si riassumono in un atteggiamento di lontananza, freddezza, rigidità. È lo spunto per un esame di coscienza ecclesiale.
Una Chiesa che accompagna e discerne nella notte
Di fronte a questa situazione, che cosa fare, dunque? Quale Chiesa «servirebbe» agli uomini di oggi che sono come i due discepoli di Emmaus? Il Papa, allora, delinea in positivo un ritratto di Chiesa davvero vivido, accompagnandolo con un’analisi della condizione dell’uomo contemporaneo: «Serve una Chiesa che non abbia paura di entrare nella loro notte. Serve una Chiesa capace di incontrarli nella loro strada. Serve una Chiesa in grado di inserirsi nella loro conversazione. Serve una Chiesa che sappia dialogare con quei discepoli, i quali, scappando da Gerusalemme, vagano senza meta, da soli, con il proprio disincanto, con la delusione di un cristianesimo ritenuto ormai terreno sterile, infecondo, incapace di generare senso». L’elenco, quasi litanico, contiene una visione fortemente progettuale.
Ma Francesco approfondisce ancora di più la sua analisi dell’uomo d’oggi, e alla fine descrive ad ampie pennellate la Chiesa che sogna: «Serve una Chiesa in grado di far compagnia, di andare al di là del semplice ascolto; una Chiesa che accompagna il cammino mettendosi in cammino con la gente; una Chiesa capace di decifrare la notte contenuta nella fuga di tanti fratelli e sorelle da Gerusalemme; una Chiesa che si renda conto di come le ragioni per le quali c’è gente che si allontana contengono già in sé stesse anche le ragioni per un possibile ritorno, ma è necessario saper leggere il tutto con coraggio. Gesù diede calore al cuore dei discepoli di Emmaus».
Il ritratto che ne emerge è quello di una Chiesa capace di accostare ogni uomo e di camminargli accanto. In particolare, sembrano essere due le caratteristiche peculiari che emergono da questo ritratto: l’accompagnamento e il discernimento (il «decifrare»). Il discernimento spirituale evangelico, radicato nella spiritualità ignaziana di Francesco, cerca di riconoscere la presenza dello Spirito nella realtà umana e culturale, il seme già piantato della sua presenza negli avvenimenti, nelle sensibilità, nei desideri, nelle tensioni profonde dei cuori e dei contesti sociali, culturali e spirituali.
La Chiesa di Francesco è una Chiesa in discernimento che vive con gli occhi aperti nella costante attenzione a Dio, capace di leggere con realismo gli avvenimenti, di essere attenta a ciò che la circonda. Non parliamo di un sentimento spontaneo, ma di una disciplina interiore evangelica che sa leggere ciò che accade e sa comprendere i segni.
E il discernimento, sempre secondo la tradizione ignaziana, deve essere guidato dalla «consolazione», che, secondo Ignazio di Loyola, «infiamma l’anima» (ES, 316), scalda il cuore. Ed ecco dunque l’appello di Bergoglio: «Siamo ancora una Chiesa capace di riscaldare il cuore? Una Chiesa capace di ricondurre a Gerusalemme? Di riaccompagnare a casa?». Compagnia, ascolto, calore contro lontananza, freddezza, rigidità, dunque: «Serve una Chiesa che torni a portare calore, ad accendere il cuore».
Soprattutto è da notare la fiducia bergogliana nel riconoscere con fine discernimento, in maniera acuta e forse imprevedibile, che le ragioni per le quali la gente si allontana dalla Chiesa «contengono già in sé stesse anche le ragioni per un possibile ritorno». Qui Francesco sembra voler dire che bisogna dare credito alla gente, a volte anche alle loro tentazioni centrifughe, che possono essere motivate e contenere un desiderio di autenticità che va preservato, custodito e che resta importante per una vita cristiana consapevole e piena.
Si tratta di un punto da approfondire maggiormente proprio in chiave missionaria. Lo sforzo che Francesco qui sta chiedendo è davvero di alto profilo. Qui c’è una delle sfide più grandi del suo pontificato: la trasmissione della fede in un mondo complesso, nel quale è difficile separare nettamente le luci dalle ombre. Bergoglio è guidato dal cosiddetto presupponendum ignaziano, una pregiudiziale aperta e positiva circa gli atteggiamenti, le parole, la sincera ricerca degli altri. Scrive infatti Ignazio: «Ogni buon cristiano deve essere più propenso a salvare l’affermazione del prossimo che a condannarla; e se non la può salvare, cerchi di chiarire in che senso l’altro la intende, e se la intende male, lo corregga con amore; e se non basta, cerchi tutti i mezzi convenienti perché, intendendola bene, si salvi» (ES, 22).
E infine ecco che il Papa completa questo ritratto a tutto tondo e tutto missionario della Chiesa che «serve» al nostro tempo: «Serve una Chiesa capace ancora di ridare cittadinanza a tanti dei suoi figli che camminano come in un esodo». Non basta, dunque, ascoltare la gente, anche se questa è una conditio sine qua non. È necessario anche entrare nella zona d’ombra, nella notte dello spirito. Soltanto la vicinanza fisica lungo il cammino, anche al buio, e non solamente l’ascolto, è in grado di capire dall’interno. Per questo il Papa parla non solamente di una Chiesa che sappia riscaldare il cuore, ma anche capace di «dare cittadinanza» ai suoi figli in esodo. Non c’è paternalismo nelle sue parole. Se la Chiesa ascolta, accompagna, riscalda l’anima, è per dare cittadinanza adulta ai suoi figli, non per lasciarli in uno stato di incubazione permanente.
L’ecclesiologia di papa Bergoglio, dunque, è radicata nella vicenda paradigmatica di Emmaus: in essa trova il proprio modello positivo, capace di parlare agli uomini del nostro tempo.
Una Chiesa «samaritana» in esercizi spirituali
Questa è la prospettiva che fa comprendere la portata delle parole che il Papa ha pronunciato nella conferenza stampa durante il viaggio di ritorno a Roma. Rispondendo a Ilze Scamparini, corrispondente di Globo TV, in merito alla presunta «lobby gay» presente in Vaticano, dopo aver affermato che il vero problema, nel caso ci fosse, sarebbe quello dell’esistenza di una lobby, ha pronunciato la frase: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?». Questa risposta del Pontefice ha fatto comprendere come ciò che è davvero importante per lui è l’annuncio del Vangelo «senza frontiere», anche quando si toccano contesti esistenziali che potrebbero sollevare incertezze o dubbi. Se, ha affermato il Papa, sul tema delle nozze tra persone dello stesso sesso «la Chiesa ha già una posizione chiara», è anche vero che il Vangelo non ha limiti per la sua proclamazione. L’espressione «chi sono io per giudicare?» ha proposto un modo un po’ diverso di a...

Indice dei contenuti

  1. Il disegno di papa Francesco
  2. PREFAZIONE
  3. INTRODUZIONE
  4. IL MESSAGGIO DELL’ABBRACCIO
  5. PATTO GENERAZIONALE E IMPEGNO POLITICO
  6. APARECIDA: LA «LEZIONE» DI DIO
  7. EMMAUS: IL VOLTO FUTURO DELLA CHIESA
  8. LE TENTAZIONI
  9. UNA CHIESA IN LOTTA
  10. UNA CHIESA CALLEJERA
  11. LA CHIESA: UNA CASA PER L’UMANITÀ
  12. LE TAPPE DEL VIAGGIO
  13. DISCORSO DI PAPA FRANCESCO
  14. BIBLIOGRAFIA CITATA