Il sigillo della poesia. La vita e la scrittura
eBook - ePub

Il sigillo della poesia. La vita e la scrittura

Alda Merini

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Il sigillo della poesia. La vita e la scrittura

Alda Merini

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

"Quando esce un nuovo libro di Alda Merini è come se ti accogliesse ancora una volta nella sua vita, per seminare versi innaffiati dalle sue lacrime di gioia e di dolore;versi che fioriscono dentro di te quando li leggi e non ti abbandonano mai.Non era facile raccogliere i fiori in forma di poesia di Alda, perché li dava solo a chi voleva, a chi capiva, a chi sapeva ascoltare. Piero Manni l'ha saputo fare.Se questo libro ci arriva oggi come un regalo è perché Alda Merini è stato un bel regalo, che fa battere il cuore e con la sua poesia dà luce in maniera permanente alla nostra vita ambulante."Vincenzo MollicaQuesto volume racconta la straordinaria avventura poetica ed esistenziale della poetessa dei Navigli attraverso le sue testimonianze e i suoi componimenti: la frequentazione fin da giovanissima degli intellettuali milanesi, l'esperienza del manicomio, la visione spregiudicata, la passione per l'umanità e l'amore, la spontaneità della versificazione hanno profondamente colpito milioni di lettori e hanno fatto della Merini un personaggio, oltre che un'artista della parola. Manni, tra i suoi editori storici, le rende omaggio con un libro che contiene le poesie più belle, a partire dagli esordi.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Il sigillo della poesia. La vita e la scrittura di Alda Merini in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Letteratura e Poesia italiana. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
Manni
Anno
2013
ISBN
9788862665346
Argomento
Letteratura

SONO NATA IL VENTUNO A PRIMAVERA

Il racconto della vita

Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.
Il 21 marzo era del 1931; in famiglia c’era già mia sorella, poi verrà un fratello. Mia madre era bellissima: noi tre figli sembravamo la sua brutta copia, ed insieme autoritaria, prevaricante. Anche la madre di Manganelli era così, tipo carabiniere, un po’ mascolina, imperativa; non si potevano amare queste madri, si potevano solo temere nonostante tutto l’amore che ci portavano, un amore dominante come quelli dei preti insomma, come un dogma: c’era un dogma in casa mia, mia madre era dogmatica. Non le si poteva confidare un amore, una disobbedienza, t’avrebbe comunque castigato. Anche i miei fratelli sono stati vittime di questo autoritarismo; mia sorella maggiore era molto timida, reagiva appartandosi, mentre mio fratello si vendicava tirando con la cerbottana i bussolotti nelle orecchie a mia madre.

A mia sorella

Il nostro viale era il mattino,
silenzioso, mattino di aprile,
immote come fanciulle
scendevamo nell’aia
dei nostri sogni infiniti,
qualcosa ci consolava
la ridente e giocosa giovinezza,
eravamo come le capre
ci bastava un po’ d’erba
e un po’ di rorida acqua.
Adesso la tempesta ci avvelena,
e il nostro cuore è fatto sospettoso
dai mille pericoli di vita,
forse tremiamo per gli altri
ma in fondo siamo rimaste intatte
credenti in un Dio che non muore,
ma forse ci troveremo
oltre queste barriere
come angeli oscuri
che hanno patito la morte
ma che possono credere ancora
che oltre le mura del cielo
sorga un terra santa,
edificante leggera,
la terra di tutti i fratelli.
A Natale, e solo a Natale, un grosso cappone cuoceva per quattro ore. Poi c’erano i presepi semoventi. Mia madre era un’ottima artigiana e faceva le figurine una ad una. La notte della vigilia si alzava in silenzio, deponeva il Bambino Gesù e tornava in camera in silenzio. Io allora dormivo con i miei genitori e avevo un letto con due sponde, proprio come quelli che più tardi ebbi in manicomio. Nel pomeriggio di Natale si aprivano i regali, ogni parente portava il suo dono, si giocava fino a notte fonda a tombola con le palline che suonavano in un sacchetto, poi a nanna. Questa tensione durava fino al sei di gennaio, giorno in cui i giochi venivano riposti e si tornava a scuola.
Dopo le scuole elementari, volevo entrare in convento: avevo una grande vocazione e sono andata in un convento a Vercelli; a casa si sono ammalati tutti, perché sostenevano che io avrei potuto essere una buona madre. Io ho fatto una vita esattamente contro la mia volontà, e lì è andata persa tutta la mia spiritualità. E poi, come donna di casa non valevo un tubo, come madre nemmeno, anche se ho sempre sentito la maternità, sono una madre nata, però non una madre che spolvera, che sta attenta che il bambino non sporchi, non si faccia una macchia: sono una madre morale, mentale, custode dei figli.
Milano era diventata un rogo, la gente scappava dappertutto e si strappava i capelli, i rifugi erano pieni di morti. Era il tempo in cui Quasimodo cantava:
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore
coi morti abbandonati nelle piazze
Io e la mia famiglia c’eravamo miracolosamente salvati e eravamo sfollati a Vercelli dove praticamente vivevamo nelle risaie. Passarono tre inverni tremendi in cui io stessa per potermi guadagnare da vivere andai a fare la mondina. E avevo appena dodici anni.
Mia madre era divenuta inservibile. Traumatizzata dalla guerra non riusciva a dirigere la famiglia, mia sorella corteggiava i tedeschi e in tutta quella sarabanda molti divennero ricchi a spese dei poveri diavoli. Per un pezzo di pane avremmo venduto l’anima al diavolo.
Finita la guerra tornammo a Milano a piedi e ci accampammo nel primo vano libero trovato. Siamo approdati qui, sul Naviglio, in un unico locale dove eravamo in cinque e si dormiva per terra; non c’erano case ed eravamo tutti di una povertà… Certo non si rubava però, ed anzi c’è stata una grande fratellanza tra tutti i milanesi, perché uno aiutava l’altro. È stato un periodo difficile, molto penoso.
Erano anche scoppiate epidemie. Lo strano fu che in questo generale disastro cominciò e nacque la poesia del Novecento. Forte come non mai e piena, come disse Turoldo, di amorosi sensi ma non erano certo i sensi sui cui, curiosamente, m’interrogano i giovani. Erano i sensi della rinascita. L’amore sconvolgente, di chi ha perso la propria Patria.
David con la Corsia dei servi, Spagnoletti con Arturo Schwarz rimasto prigioniero non so dove e che pubblicava con lo pseudonimo “Le tristan sauvage”, io che incontro Manganelli e me ne innamoro e che inizio a tradurre per diletto tutto Paul Valery.
Nell’età dello sviluppo sono diventata una ragazzona, molto prosperosa, e allora ho fatto una cosa tremenda, ho fatto una poderosa cura dimagrante a base di… non mangiare, per cui mi sono guadagnata un esaurimento nervoso e sono caduta in un’anoressia potente che poi ho curato con lo shock da insulina. Era tremendo, però mi faceva recuperare il peso. Ero una ragazza come tutte, un’adolescente che voleva piacere, ma ero piuttosto massiccia e volevo una figura gradevole. Ora non voglio più saperne, di peso; alle volte mi dicono: Ma dimagrisci; anche se fossi una bomba… non faccio più niente. Mi è venuta la grande cecità isterica, non ci vedevo più; per circa tre anni sono stata cieca ed ho girato tutti gli oculisti, nessuno trovava niente finché mi hanno fatto quella cura magistrale del pentotal, che è il siero della verità; me l’hanno fatta a Torino, il primario mi ha detto: Guardi, signorina, che lei ci vede benissimo. Sono scoppiata a piangere. Più che malattia posso dire la mia precarietà: ero una bambina molto emotiva, molto delicata, ero sempre ammalata, piacevo a stento: non ero una gran fiore di bambina.
Da giovane non frequentavo spesso le librerie perché non mi potevo permettere di comprare i libri. Studiavo stesa per terra in biblioteca. E lì, per terra, ho fatto anche le tesi di laurea che mi commissionavano. Mi pagavano 60.000 lire per ogni tesi ed erano soldi ben spesi visto che tutti venivano promossi. Qualcuno si era anche innamorato di me e mi voleva sposare. Allora, però, non ero tagliata per il matrimonio.
Una libreria storica era la Garzanti, gestita da Gerardo Mastrullo. Sant’uomo.
Invece mi piaceva il cinema. Bigiavo scuola per andare all’Orfeo a vedere qualsiasi tipo di film. Mi piaceva molto Amedeo Nazzari. Andavo alle due e tornavo alle otto. Le sale erano sempre piene, anche di mattina. C’era anche chi ci andava per farti la mano morta… E poi i sedili erano pieni di pulci. Comunque era bellissimo andare al cinema.
Adesso non ci vado più. L’ultimo film che ho visto al cinema sarà stato il bellissimo Leon, o forse Proposta indecente che ha dei tagli di luce fantastici. Anche quando vivevo a Taranto spesso andavo al cinema. Mi ricordo che c’erano alcune anteprime; durante una di queste ho visto Ultimo tango a Parigi; ci portai anche Pierri che quando vide di cosa si trattava voleva ammazzarmi. Io, invece, mi sono scandalizzata al cinema solo per i film di Pasolini.
Nel ’53 ho sposato Ettore Carniti; l’anno dopo, nel ’54, mi è morta la mamma.

A mia madre

Al momento che l’anima si dona
presa dall’improvviso, universale
senso del nulla, io giaccio più compiuta
e più verde come la mia carne
arida già, di già da trapassata
fosse resa all’inferno. E veramente
son’io diversa dalle tue pupille
madre, di morta, dalle lunghe ciglia
che ti velano gli occhi addormentati?
O compiuta, o terrena, o sempreverde,
alimento degli alberi e del cielo
santa natura bella come Iddio
e dorata e fragrante, sempre desta
sempre presente ho attorno la tua spoglia
di madre, unta dalle linfe vive
del sacrificio. Qui poveramente
balsami non ti ho sacrificati.
Preservata in eterno dai tuoi rami
ricchi d’amore giaci e la tua faccia
è un anello di quiete
dopo le furie attive della morte.
Nel periodo in cui mi sono trasferita qui, questa mia casa la si poteva considerare lussuosa: aveva i termosifoni e il bagno. Nella maggior parte delle altre abitazioni, il bagno era fuori o in comune con il palazzo e i vicini. Così, delle volte, per poter fare la pipì si doveva aspettare ore!
Mio marito era panettiere. Tornava sciancato, si buttava sul letto sfinito, sembrava un barbone dopo dodici ore di lavoro davanti al forno. Se mi fossi permessa di avvicinarmi in quei momenti mi avrebbe ammazzata. Dopo qualche ora si rimetteva a posto, tornava ad essere il gentiluomo che tutti conoscevano. Ma rincasava abbrutito dal suo lavoro che serviva per dare il pane fresco agli altri. Per la precisione lui era un impastatore, curava la lievitazione del pane. Dopo il lavoro, andava a giocare a carte, soprattutto a scopa, e barava sempre. Per questo lo chiamavano “il poeta delle carte”. Passava tutte le sere lì, nonostante fosse sfiancato dalla fatica. Molte volte ero costretta ad andarmelo a prendere: “Andiamo a ca...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Introduzione di Piero Manni
  3. Talento indomito e precoce di Daniele Piccini
  4. SONO NATA IL VENTUNO A PRIMAVERA Il racconto della vita
  5. SI RIPETE PER ME L’ANTICA FIABA Gli amici
  6. QUANDO CI METTEVANO UN CAPPIO AL COLLO Il manicomio
  7. FACCIO LA POESIA PER SFINIMENTO Conversazione
  8. QUANDO TI VEDO E T’AMO Canzoniere d’amore
  9. IL CARNEVALE DELLA CROCIFISSIONE La religiosità
  10. LA CITTÀ PIÙ CARA AL MIO CUORE Canto Milano
  11. LE COSE CHE NON RIESCO A DIRE Poesie sparse