Triangolo rosa
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Per gli omosessuali si è trattato di una doppia violenza, di vittime senza peso specifico, senza status, senza memoria, fantasmi di uno sterminio che aveva replicato nei lager il copione millenario dell'omofobia. (dall'introduzione di Nichi Vendola) Berlino con i suoi celebri locali, meta dei gay di tutta Europa, dopo l'avvento del nazismo si scatena nell'odio contro gli omosessuali: i Tedeschi hanno bisogno di figli, futuri combattenti per la grandezza della Germania e della razza, e i gay diventano nemici da identificare ed eliminare.Inasprite le leggi, 100.000 omosessuali sono vittime di delazione, marchiati e perseguitati dalla polizia e dalle SS, più di 10.000 finiscono nei campi di concentramento, e le persecuzioni si estendono via via nei territori annessi dalla Germania. Finita la guerra, vittime, testimoni e storici tacciono. La deportazione omosessuale è rimossa dalla memoria collettiva, spesso le commemorazioni dei triangoli rosa sono osteggiate dalle altre categorie di deportati e in alcuni Paesi per decenni continuano ad esistere leggi persecutorie e omofobe.In questo libro, pietra miliare del movimento LGBT in Francia e oramai anche in Italia, Jean Le Bitoux, utilizzando le fonti più varie, da testimonianze dirette a conversazioni e interventi di Sartre e Foucault, ci restituisce questa storia dimenticata e indaga le ragioni della rimozione, dell'oblio.

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Informazioni

Editore
Manni
Anno
2014
ISBN
9788862665483
Argomento
History

1. Una retata tra le tante

Sull’omosessualità non c’è da discutere, ma solo ricordarsi dell’ignominia.
T. W. Adorno
Il 30 gennaio 1933 Adolf Hitler viene chiamato da Paul von Hindenburg, dal 1925 presidente della Repubblica tedesca, per formare il nuovo governo. Ha 44 anni. Diventerà cancelliere del Reich. Raggiunge il suo scopo dopo il rovesciamento, avvenuto due giorni prima, del governo di von Schleicher, il quale sarà assassinato nella sua casa assieme alla moglie nel corso della strage della Notte dei lunghi coltelli, sedici mesi più tardi, colpevole di essersi rifiutato di procedere al passaggio dei poteri da un cancelliere a un altro.
Hitler impone anche lo scioglimento del Reichstag, rinnovato da appena sei mesi. L’ennesimo rovesciamento del governo della Repubblica di Weimar non gli basta. Nel nuovo governo che, non senza difficoltà, ha appena costituito con la destra nazionalista, sono stati nominati ministri Göring e Frick, del suo partito, il NSDAP. E questo è sufficiente per avere il controllo.
La nuova elezione del Reichstag, ottenuta finalmente il 5 marzo 1933, non conferma un effettivo predominio del partito nazista al termine di una campagna elettorale con violenze e irregolarità. Alcuni deputati comunisti e socialisti sono già in prigione, ma la loro candidatura verrà mantenuta, falsificando ulteriormente il risultato delle urne. Hitler inoltre ha basato la campagna elettorale su slogan demagogici, che gli hanno valso il sostegno popolare. Ma questa è solo la prima tappa. Per ottenere la restaurazione della Grande Germania egli ha bisogno innanzitutto di eliminare i suoi vecchi rivali, farla finita con il “parlamentarismo corrotto” e creare un punto di non-ritorno con la Repubblica di Weimar che paralizza il futuro del Paese1.
Dopo quindici anni, in Germania la sconfitta della guerra 1914-1918 è ancora un’umiliazione nazionale. Dopo la recessione economica dei primi anni Venti la disoccupazione è endemica. Hitler si propone anche di mettere al passo i grandi industriali allo scopo di ottenere una produzione militare più importante. Inoltre, la Gemania degli ultimi decenni è stata percorsa, tra le classi popolari e intellettuali, da un entusiasmo per la rivoluzione sovietica del 1917 che l’ha sconvolta. La rivoluzione spartachista non è riuscita per un soffio. Secondo Hitler i comunisti, i socialisti, le associazioni e i sindacati lavorano per la rovina della Germania. Infine, dopo dieci anni, dopo Mein Kampf, ha identificato i principali beneficiari di questo sistema in decomposizione: gli ebrei, apolidi che si arricchiscono sulle disgrazie degli altri.
Si impongono provvedimenti drastici verso tutti coloro che rallentano la natalità tedesca. La piramide delle età soffre in effetti di un dissanguamento (quello del 1914-1918: due milioni di morti), che deve venire compensato da un aumento delle nascite, soprattutto per un Führer che annuncia riconquiste belliche, le quali richiederanno tutti gli uomini validi.
La gioventù invece sembra essersi distratta dal dovere di procreare. Sono molti coloro che si sono aggregati in un grande movimento giovanile che da decenni organizza escursioni nelle foreste, e dove si celebrano l’amicizia, la nudità, il sole e la fratellanza lontano dalle guerre e dalle fabbriche. Agli antipodi, altri giovani sono attirati dal fascino facile delle grandi città tedesche, che hanno subito una crescita esponenziale della popolazione.
Per di più, tutte le città europee brulicano di progetti che contestano l’arte, esaltano l’astrattismo e con le loro opere turbano la normale rappresentazione del rapporto tra uomo e donna. Dagli ostelli alle sale da ballo, dagli studi dei pittori ai luoghi di ritrovo, tutto finisce per distogliere la gioventù tedesca dal futuro che Hitler vuole assegnarle: procreare per perdurare, per creare un millennio di dittatura ariana.
È per questo che alcuni giorni dopo la sua ascesa al potere, il 4 febbraio 1933, Hitler promulga la legge per la “protezione del popolo tedesco”, che verrà inasprita tre settimane dopo, in seguito all’incendio del Reichstag, con un decreto che mette al bando i partiti e i sindacati, le leghe e le associazioni, la libertà di espressione e le manifestazioni di piazza.
Il 30 gennaio 1933 Hitler è stato nominato dall’ottuagenario maresciallo Hindenburg. Lo stesso giorno Christopher Isherwood, berlinese da quando ha lasciato Londra, si burla di quegli avvenimenti senza immaginare l’imminenza della catastrofe, scrivendo al suo amico Stephen: “Come avrai saputo, abbiamo un nuovo governo che comprende Charlie Chaplin e Babbo Natale”2. E sempre quel giorno lo scrittore Thomas Mann, dovendo recarsi a Leipzig per l’adattamento teatrale di Volo notturno di Saint-Exupéry, lascia Berlino annotando nel suo diario:
Stamani di buon’ora ho lasciato Berlino come se venissi cacciato da un cattivo presentimento. […] Svegliatomi male e di cattivo umore, ho gettato appena uno sguardo sulla città ancora immersa nel sonno mattutino: quello è stato il mio ultimo sguardo su Berlino. L’addio. Ho lasciato Berlino senza avergli detto addio3.
Quel giorno Hitler è divenuto cancelliere. Lascia la presidenza del Consiglio per recarsi al suo hotel, il Kaiserhof, dove soggiorna ostinatamente da due anni, giusto di fronte alla Cancelleria, con sale riunioni e uno stuolo di segretarie. Sono soltanto poche decine di metri, che Hitler attraversa nella neve. Risponde ai giornalisti, stringe le mani dei suoi compagni di strada e delle cameriere ai piani. Ottenuta la Cancelleria, Hitler può ormai scatenare le sue truppe. La sera stessa una fiaccolata composta di centinaia di migliaia di manifestanti sfila a Berlino, attraversa la porta di Brandeburgo e si riversa sulla Wilhelmstrasse dove, dai loro rispettivi edifici e balconi, Hitler e Hindenburg salutano una folla entusiasta. Il corteo passa anche davanti all’ambasciata di Francia, a due strade dalla Cancelleria. L’ambasciatore, André François-Poncet, nota nelle sue Memorie:
Il fiume di fuoco passava davanti all’ambasciata di Francia dove, con il cuore pesante e gonfio di un oscuro presentimento, io consideravo quella scia luminosa4.
Hitler è soddisfatto della giornata e della parata finale organizzata da Goebbels. La cena gli viene servita nel salone di rappresentanza, dietro il balcone d’onore della Cancelleria. Intorno al tavolo ritroviamo Göring, Goebbels, Röhm, Hesse e Franck. Hitler si rallegra per l’avvicinarsi delle elezioni in cui si dovrà finalmente spostare l’intangibile voto centrista e cattolico della Renania e del Sud della Germania, e quello nazionalista e conservatore dell’Est. Quanto al voto della Germania centrale, socialdemocratico, di centro-sinistra o comunista, soprattutto nella città, è da distruggere.
Gli incontri berlinesi risultano finalmente proficui, malgrado l’ostilità comunista che pretende di “tenere” Berlino. Hitler esulta.
Una settimana più tardi, viene aperto il primo campo di concentramento di Orianenburg, a trenta chilometri a nord-ovest di Berlino, in una fabbrica in disuso. Efficacia scientifica del nazismo: i detenuti sono costretti a costruire il campo vicino di Sachsenhausen. Poi l’8 marzo 1933 si apre quello di Dachau, a quindici chilometri da Monaco, che diviene una destinazione di massa sei settimane dopo. Alla fine della primavera del 1933, sono già in funzione cinquanta campi.

L’incendiario del Reichstag

Otto giorni prima delle elezioni che devono rinnovare il corpo legislativo, nella notte tra il 27 e il 28 febbraio 1993, il Reichstag va a fuoco. Il presunto incendiario viene rapidamente arrestato. È un giovane olandese, Marinus Van der Lubbe, temibile piromane. Avrebbe incendiato l’edificio con i propri abiti imbevuti di benzina. Il giorno dopo, i rapporti di polizia consegnano alla stampa popolare dei dettagli che testimoniano delle frequentazioni comuniste e delle tendenze omosessuali di questo pericoloso giovane5.
Alcune foto dei giornali dell’epoca e un cortometraggio d’attualità mostrano, durante il processo, la figura prostrata di un adolescente dal corpo esile, perso in una casacca a righe da detenuto, mentre al suo fianco sembra burlarsi di lui un tizio in cravatta, probabilmente un poliziotto. Altre foto private del giovane restituiscono l’immagine di un Van der Lubbe dal viso colorito e sorridente, quello di un giovane proletario che porta spavaldamente il berretto.
Nel corso di un processo abborracciato, i giornalisti noteranno la scarsa personalità dell’accusato e seguiranno con imbarazzo la rapida condanna a morte del giovane. L’incendio del Reichstag, questo attentato incredibile e oltraggioso per ogni democratico, ha pertanto motivazioni confuse. La stampa politica e quella popolare esaminano in modo superficiale l’inquietante faccenda, elaborando delle analisi contraddittorie. Per alcuni, Van der Lubbe è un omosessuale provocatore nazista e sicuramente ricattato, incaricato di accelerare l’instaurarsi dell’Ordine nuovo. Per altri, è un omosessuale liberticida che tenta di instaurare in Germania, mediante l’espediente del disordine sociale, la rivoluzione bolscevica. Un altro argomento viene utilizzato nel corso del frettoloso processo: attirato dalle luci della metropoli, il giovane omosessuale olandese non poteva non approfittare del clima perverso, lassista e corrotto di questa capitale vinta dalla storia d’Europa.
La stampa antinazista preferisce insistere sui costumi di questo ragazzo che avrebbe tradito le sue iniziali convinzioni politiche:
Van der Lubbe è essenzialmente un omosessuale. Il suo modo di fare è femminile; la sua riservatezza e la sua timidezza in presenza di donne sono confermate da numerose testimonianze; la sua propensione per le frequentazioni maschili è notoria. […] I rapporti omosessuali tra Van der Lubbe e i capi nazisti, la sua dipendenza economica lo hanno reso docile e sottomesso al volere degli incendiari6.
Il solo handicap di Marinus Van der Lubbe è di non essere ebreo. Per gli omosessuali, o per coloro che sono stati accusati di omosessualità, basta solo un sospetto: si tratta di un’arma politica temibile in grado di minacciare chiunque.
La miscela di comunista e omosessuale effettuata dalla stampa popolare e politica impedì in tal modo, nel febbraio 1933, la rivolta, la protesta spontanea che Hitler temeva. La paralisi fu certamente favorita dall’assenza di una strategia comune tra comunisti e socialisti di fronte a quel tragico evento. Ci sembra inoltre che, mescolate le carte, interdetti da questa duplice accusa, da questo amalgama digerito politicamente, i movimenti popolari non abbiano reagito con una pronta indignazione di massa alla distruzione del simbolo della democrazia parlamentare. Hitler sventava così una rivolta che aveva ragione di temere. Questo miscuglio pretestuoso consentiva di sfruttare apertamente i pregiudizi popolari anticomunisti di alcuni e quelli omofobici di altri. Quanto a Marinus Van der Lubbe, verrà assolto a titolo postumo nel gennaio 1980 dal tribunale di Berlino.
Nella notte tra il 27 e il 28 febbraio 1933, il rosseggiare visibile sopra i caseggiati di Berlino segna dunque la decapitazione della democrazia tedesca, divorata dalle fiamme e dall’odio, con il crollo della cupola del Reichstag che sovrasta i banchi dei parlamentari. Uscendo dal celebre cabaret Eldorado, quanti hanno alzato gli occhi al rosseggiare del cielo? L’Eldorado: un locale omosessuale famoso in tutta Europa, un dancing celebre per i suoi “loschi” clienti, i nottambuli e gli artisti, gli intellettuali e i borghesi, i diplomatici e i travestiti, i clienti e i prostituti. Michel Vincinneau fa notare, durante un convegno a Bruxelles nel 1984:
La Germania stava conoscendo allora un’affermazione del tutto eccezionale del modo di vita omosessuale di cui, secondo qualcuno, si sente ancora l’odore. […] L’ideologia nazista poteva finalmente attingere all’arsenale di pregiudizi accumulati dagli ambienti più diversi, dal partito comunista agli ambienti religiosi. [...] Così, il regime all’opera rassicura una parte del popolo tedesco spaventato dalla “decadenza” e senza mettere molto in agitazione i veri oppositori7.
Quindici giorni dopo, l’Eldorado sarà murato e ricoperto di svastiche. Una foto d’epoca mostra delle SS che fanno la guardia davanti all’edificio su un marciapiede divenuto deserto. Una scritta sulla facciata recita: “Hitler fa ciò che dice”.
Il Reichstag è bruciato. D’ora in poi la notte berlinese subirà le aggressioni dirette degli sbirri nazisti nei caffè che chiudono troppo tardi, nei club di swing, nei circoli associativi, senza parlare delle retate nei ritrovi omosessuali. Per ordine di Hermann Göring, ministro degli Interni, vengono anche decise l’abolizione del segreto epistolare, la repressione della prostituzione, l’interdizione della stampa omosessuale e la chiusura dei locali notturni. A volte sono camion carichi di SS armate a fare retate di omosessuali nei loro luoghi di raduno.
Ma la repressione è generale. Nella notte tra il 28 e il 29 febbraio, vengono eseguiti 4.000 arresti politici, di cui 1.500 nell’abitato berlinese. In marzo gli arresti arrivano a 10.000. In totale, sono 25...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Le guerre della memoria di Giovanni Dall’Orto
  3. Prefazione di Nichi Vendola
  4. TRIANGOLO ROSA
  5. 1. Una retata tra le tante
  6. 2. Il terrore omofobo
  7. 3. Parigi l’incurante
  8. 4. Sartre l’irresponsabile
  9. 5. I cammini del riconoscimento
  10. Epilogo