Il Sepolcreto della Ca' Granda
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Il Sepolcreto della Ca' Granda

Un tesoro storico e scientifico di Milano

  1. 183 pagine
  2. Italian
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Il Sepolcreto della Ca' Granda

Un tesoro storico e scientifico di Milano

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La Cripta della Chiesa della Beata Vergine Annunziata, che giace al di sotto della maestosa Ca' Granda, troppo a lungo è rimasta nascosta e sconosciuta ai più. Nelle camere ipogee del Sepolcreto giace infatti un immenso patrimonio storico e scientifico, composto dai resti degli antichi pazienti dell'Ospedale Maggiore: ancora oggi sono capaci di raccontare non solo il loro passato ma anche le vicende storiche che li hanno visti protagonisti. Il finanziamento di Regione Lombardia al progetto "Il Sepolcreto della Ca' Granda, un tesoro storico e scientifico di Milano" guidato da Cristina Cattaneo (medico legale e antropologo) e Fabrizio Slavazzi (archeologo), entrambi professori dell'Università degli Studi di Milano, ha permesso di condurre, tra il 2018 e il 2021, una serie di ricerche in collaborazione con il l'Archivio del Policlinico di Milano (in particolare con il suo archivista Paolo Galimberti), per restituire alla città di Milano questo suo tesoro.Il presente volume si incentra sull'anima multidisciplinare del progetto, volto alla ricostruzione della storia di questo importante luogo di Milano. Vengono presentati i risultati ottenuti, in collaborazione con vari esperti nel settore provenienti da diverse realtà universitarie, umanistiche e scientifiche, che hanno condotto le indagini archeologiche, antropologiche, tossicologiche, botaniche e non solo. Viene qui illustrato il meticoloso lavoro quotidiano di analisi, finalizzato a ridare la parola agli antichi milanesi e a permettere loro di insegnarci, ancora oggi, lezioni mai futili.

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Informazioni

Editore
Ledizioni
Anno
2022
ISBN
9788855266574
Categoria
Archeologia
Parte Seconda:
Antropologia e Archeologia
per la storia dell’Ospedale
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Fopponi e Cripte nella Milano Moderna
di Mirko Mattia8
It is often difficult to combine the history of a place with the events of the people who lived it, often as unwitting protagonists. The crypt of the Beata Vergine Annunziata at the Ca’ Granda hospital offers, instead, unprecedented research where the studies of its archives and architecture, but also of the bodies of the patients still buried there, can dialogue with each other, thus creating a common story that can be read from different points of view. A project aimed at recovering and studying the ancient Sepolcreto in the burial chambers of the Ca’ Granda, today’s headquarters of the University of Milan, has been underway since 2018. These studies are not only reconstructing the ancient Milanese population, but also an often poorly understood funerary culture.
Risulta spesso difficile coniugare la storia di un luogo con le vicende delle persone che lo hanno vissuto, spesso da protagonisti inconsapevoli. La cripta della Beata Vergine Annunziata presso l’ospedale Ca’ Granda offre, invece, una ricerca inedita dove gli studi dei suoi archivi, dell’architettura, ma anche dei corpi dei pazienti ancora ivi sepolti, dialogano tra loro, creando una storia comune che può essere letta da diversi punti di vista. Dal 2018 è in corso un progetto volto a recuperare e studiare gli antichi milanesi sepolti proprio nelle camere funerarie dell’odierna sede centrale dell’Università degli Studi di Milano. Queste ricerche stanno ricostruendo non solo l’antica popolazione milanese, ma anche una cultura funeraria spesso poco approfondita.
Parlando di sepolture, si osserva che, fin dall’Era Cristiana, si cominciò a seppellire nei pressi delle chiese: i fedeli erano infatti spinti dal desiderio di avvicinarsi al luogo in cui riposavano i martiri. Questi, infatti, avrebbero protetto i corpi in attesa della resurrezione. Ovviamente, nelle grandi città le sepolture singole erano destinate ai ceti abbienti della popolazione. Per i poveri vi erano le fosse comuni all’esterno o all’interno delle chiese (Piattoli, 1774). Non era importante che queste sepolture fossero anonime, ma che fossero vicine alle sante reliquie. Tali fosse, una volta riempite, venivano svuotate e le ossa venivano spostate in tombe secondarie o usate per decorare i portici delle chiese stesse (Ariès, 2013).
Questa modalità di sepoltura durò per molti secoli, anche se, con il passare del tempo, si cominciò a osteggiare le inumazioni all’interno degli edifici di culto. Crescevano infatti le lamentele a causa dell’odore di decomposizione che spesso aleggiava durante la celebrazione della messa. Dalla fine del Medioevo, la paura delle epidemie di peste portò al terrore verso questi odori nauseabondi, colpevoli, secondo gli intellettuali dell’epoca, di spargere ulteriori contagi. Il dibattito così scaturito portò ai provvedimenti napoleonici e all’allontanamento dei cimiteri dal centro urbano (Ariès, 2013; Carlessi, Kluzer, 2013).
A Milano le principali chiese urbane possedevano delle fosse comuni per la popolazione più povera. Si susseguivano quindi tre diverse fasi riguardo questi resti umani: dopo una prima sepoltura all’interno dell’edificio di culto, si procedeva al successivo svuotamento, seppellendo le ossa estratte in buche profonde, dette in dialetto fopponi, scavate all’esterno delle chiese stesse. Queste fosse venivano ciclicamente svuotate; i resti così recuperati venivano sistemati in apposite cappelle o in ossari, posti, come era pratica, lungo i portici della chiesa. Però, queste sepolture erano vietate per gli usurai, gli scomunicati, gli avversi al partito ecclesiastico, gli acattolici e i morti degli ospedali. Questi ultimi, infatti, dovevano essere seppelliti nei cimiteri ospedalieri (Tedeschi, 1899).
Parlando di ospedali, è noto che grazie a Francesco Sforza nasce la Ca’ Granda, grande struttura sanitaria gestita da un Capitolo che, oltre alla direzione del nosocomio, doveva occuparsi anche degli altri ospedali, cosiddetti “minori”. La Ca’ Granda era infatti dedicata ai malati acuti provenienti dalle fasce più povere della popolazione. Nonostante questo, vi era un alto livello di assistenza medica, con la presenza di fisici che avevano studiato alla vicina università di Pavia.
Il nuovo ospedale, progettato dal Filarete, come ogni struttura di cura rinascimentale e luogo pio, doveva possedere anche una chiesa con annesso cimitero. Secondo i progetti quattrocenteschi, nella zona centrale dell’edificio doveva porsi il carnaro, ovvero, secondo le parole dell’architetto, dove si sotterranno i morti, o vuoi dire cimiterio. Il carnaro doveva essere quindi un vasto ambiente coperto da una grande volta, con una scala per scendere in un locale ipogeo. Tale locale doveva essere dotato di una grata di metallo, che il Filarete descrive come una graticola o vuoi dire ferrata, dove avrebbe poggiato l’ammasso di cadaveri, gettati attraverso dei tombini: era progettato per far circolare l’aria e far defluire i liquami della putrefazione (Filarete, 1972).
Nella fase seicentesca venne costruita una nuova cripta, composta da 14 camere ipogee (di cui nove ancora oggi ricolme di resti ossei), da cui si accedeva tramite bocche, o chiusini, attraverso cui venivano gettati i cadaveri dei degenti che non sopravvivevano alle cure. Queste camere erano, grazie a un sistema di canalizzazioni, altresì collegate alla falda che spesso però, anziché accogliere i liquami della decomposizione, inondava le camere. Tale problematica, insieme alla struttura muraria, impediva la decomposizione cadaverica, provocando miasmi che rendevano irrespirabile non solo l’aria dell’ospedale ma anche del vicinato (Carlessi, Kluzer, 2013). Per questo si procedette ciclicamente con vuotamenti (soprattutto le camere ad oggi vuote) e continue gettate di calce. Data l’inutilità di queste procedure a risolvere tale problematica, a fine Seicento, la cripta venne abbandonata e fu scelto come luogo di sepoltura San Michele ai Nuovi Sepolcri (la Rotonda della Besana). La cripta fu poi riutilizzata nel 1848, dove vennero sepolti i combattenti delle Cinque Giornate nelle camere vuotate nel 600. Per questo motivo fu, per quasi cinquant’anni, adibita a sacello della patria e monumento a ricordo di questi eroi, i cui corpi vennero poi traslati nell’obelisco di Piazza Cinque Giornate. Fortunatamente, gli inumati della Cripta non sono stati toccati dagli svuotamenti ottocenteschi dei cimiteri, voluti dalle nuove norme igieniche.
Dopo una pausa lunga cento anni, in cui sono intercorsi bombardamenti e restauri, la cripta è stata riscoperta nell’ambito dei lavori di restauro dell’archivio e della chiesa. In un primo momento si procedette con sondaggi e campionature, data la necessità di comprendere bene il contesto, prima di intraprendere uno studio completo. Così, dopo alcuni studi e sondaggi, nel 2018 è iniziato il nuovo scavo archeologico. Fin da subito, dopo l’asportazione di materiale commisto superficiale, è stata notata la presenza di resti ossei ancora in connessione anatomica. Procedendo stratigraficamente, la presenza di individui (anche pressoché completi) risultava sempre più visibile, confermando la natura primaria delle deposizioni nella cripta e le notizie fornite dalle fonti archivistiche. Durante le operazioni di scavo si è notato anche che i periodi di fluttuazione del micro-ambiente nella cripta, dovuti dagli interventi antropici e dalle inondazioni, hanno provocato altri processi trasformativi conservativi accanto (anche letteralmente) alla scheletrizzazione. Molti reperti osteologici, in ottimo stato di conservazione mostravano infatti tessuti molli adesi: probabilmente esito di corificazione e saponificazione. Grazie a queste fluttuazioni, sono state ritrovate, ad esempio, due coclee, ovvero la struttura dell’orecchio interno che solitamente si decompone. La natura eccezionale dei reperti è data anche dalla vicinanza ad uno strato di calce che ha distrutto l’osso ma preservato questa struttura.
Come è facilmente intuibile, il lavoro di segregazione degli individui (ovvero cercare di associare le ossa ad un unico scheletro), in una situazione così complessa risulta lento e difficoltoso: in molti casi bisogna spesso osservare la morfologia, il lato e i vari caratteri di ogni osso per essere sicuri di non prelevare elementi estranei all’individuo.
Oltre alle ossa è stato recuperato materiale vario come capelli, unghie, residui di indumenti, materiale entomologico e botanico. In particolare, reperti come i capelli o frammenti di encefalo, interessanti per alcune analisi come quelle tossicologiche, risultano ampiamente documentati nei depositi delle camere. Da notare inoltre che il regolamento ospedaliero vietava di tagliare i capelli ai cadaveri. Tutti questi ritrovamenti risultano eccezionali e fondamentali per la ricostruzione storica e archeologica del sepolcreto.
In questa ricerca, trattandosi di un cimitero ospedaliero, sono stati trovati numerosi segni patologici, soprattutto di malattie degenerative ma anche traumi e markers di malattie infettive quali ad esempio la sifilide. Sono anche frequenti evidenze di stress metabolico che ben descrivono la povertà dei pazienti curati in questa struttura. Oltre alle patologie e ai traumi sono stati altresì recuperati reperti che raccontano la pratica medica all’interno dell’Ospedale, da notare infatti segni di autopsie o prelievi che ben ricostruiscono la vivace attività medica dell’epoca.
Le indagini archeolog...

Indice dei contenuti

  1. Il Sepolcreto della Ca' Granda
  2. Colophon
  3. Indice
  4. Prefazione di Stefano Bruno Galli
  5. Prefazione di Anna Maria Fedeli
  6. L'umano sotto i nostri piedi
  7. L’archeologia nella Ca’ Granda
  8. Parte I: L’Ospedale, una storia Milanese
  9. Parte II: Antropologia e Archeologia per la storia dell’Ospedale
  10. Parte III: Analisi scientifiche, dalla Cripta ai Laboratori
  11. Appendice
  12. Ringraziamenti