Le virtù in azione
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Il volume costituisce uno strumento prezioso per tutti coloro che intendono far fronte alle emergenze e sfide attuali realizzando buone pratiche per il benessere delle persone, delle famiglie e dei bambini, dei gruppi, delle aggregazioni sociali nelle comunità di appartenenza. Buone pratiche, che siano tali non solo perché efficaci dal punto di vista metodologico, ma anche perché possono promuovere e incrementare il capitale sociale dei soggetti in gioco, inteso come relazioni di fiducia, cooperazione e reciprocità, alimentate dalla speranza di un cambiamento possibile.
Il volume intende offrire ad operatori, docenti, studenti e volontari un contributo in grado di dare un fondamento ad azioni che si connotino culturalmente come virtuose e di indicare delle prospettive operative. Esso rappresenta un originale confronto interdisciplinare tra filosofia, antropologia, pedagogia e servizio sociale teso a qualificare la dimensione deontologica e di conseguenza l’assetto operativo del professionista. Daniela Piscitelli, assistente sociale specialista e sociologa, già docente a contratto di Metodi del Servizio sociale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Giuseppe Trevisi, assistente sociale specialista e pedagogista, docente a contratto di Pedagogia Sperimentale presso l’Università degli Studi di Milano.

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Sì, puoi accedere a Le virtù in azione di Daniela Piscitelli, Giuseppe Trevisi, Angelo Campodonico, Maria Silvia Vaccarezza, Giacomo Samek Lodovici, Francesco Botturi, Luigina Mortari, Marco Ubbiali, Vittore Mariani, Marco Giordano, Caterina Chiarelli, Daniele Casini, Patrizia Vacante, Antonella Gorgoni, Stefano Biancotto in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Didattica e Teoria e pratica della didattica. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2022
ISBN
9788865128305

1. Il valore dell’azione

Da sempre le professioni di aiuto fondano la loro azione nel far fronte a bisogni personali, familiari e sociali attingendo non solo ad un solido patrimonio di conoscenze teoriche e metodologiche, ma anche a valori e principi consolidati in anni di pratica. Ogni operatore, infatti, intraprende la professione a partire da una spinta ideale forte, che, messa alla prova dalle recenti trasformazioni sociali, dalla continua riduzione delle risorse materiali, da una crescente fragilità delle persone, rischia di perdere la sua carica propulsiva. Le emergenze e le sfide dell’attuale momento storico, la maggiore complessità e frantumazione del contesto sociale, le crescenti richieste d’aiuto ai servizi sociali, le maggiori difficoltà a creare relazioni fiduciarie realmente soddisfacenti per entrambi i soggetti coinvolti (operatore-utente) pongono quotidianamente numerosi interrogativi, soprattutto a chi agisce in prima linea in una comunità che manifesta la sua vulnerabilità.
Tutto ciò sollecita i professionisti a riflettere ancora di più sulla propria posizione antropologica ed evidenzia la necessità di avere sempre più chiaro il senso del proprio agire professionale, che non può essere ridotto all’esclusiva erogazione di beni e servizi materiali e assistenziali o all’assolvimento di procedure. Non a caso, infatti, parliamo di “agire” anziché di “fare”. Il fare, quello che gli americani chiamerebbero to make, è in funzione di un oggetto, è il produrre, il mettere in atto delle operazioni, delle procedure per ottenere un risultato che sia misurabile, quantificabile, mentre l’agire è un operare, un muoversi in funzione ed in virtù di un significato. Agere vuol dire portare dentro di sé, in quel che si fa, il significato stesso per cui lo si fa. Ciascuno di noi si muove solo per un valore, per qualcosa che ritiene significativo e questo valore viene identificato con il fine della nostra azione. Il fine identifica perché facciamo una cosa e identifica la direzione verso cui ci muoviamo, identifica quel punto di attrattiva – la finalità appunto dell’agire – che ci fa muovere in una direzione piuttosto che in un’altra.
Per questo prima ancora del risultato da conseguire è importante capire qual è il fine, perché nessuna nostra azione è esclusivamente tecnica. Essa è posta in campo da un soggetto – l’operatore – che ha scelto una certa prassi, un certo valore, certi strumenti, certi contenuti come prioritari per il suo agire. Inoltre, nessuna azione è neutra rispetto allo scopo, perché nell’agire l’uomo tenta di realizzare l’interesse ultimo che lo muove. Noi cioè ci muoviamo sempre per qualcosa che ci interessa più di qualcosa d’altro, ma l’interesse non è puramente banale, l’interesse è quel qualcosa che sta dentro la nostra esperienza, la nostra vita e che ci muove a fare tutto.
L’interesse ultimo del nostro agire, cioè ciò che ci sta a cuore è quello che ci descrive come “persone in azione” ed introduce una dimensione etica nel lavoro professionale: perché faccio così piuttosto che in un altro modo? Perché scelgo questa procedura invece dell’altra? Cosa mi sta a cuore nell’agire così?

2. La rilevanza dell’etica nell’agire professionale

Con queste domande la dimensione etica entra prepotentemente nella nostra azione quotidiana e si configura come un aspetto totalmente diverso dalla pura correttezza deontologica.
Che cosa mi sta a cuore nell’agire così?. Noi ci muoviamo non solo perché dobbiamo fare delle cose, ma per un interesse ultimo, che nel campo etico si identifica con il bene che noi consideriamo tale. Noi ci muoviamo sempre per quello che riteniamo essere il bene supremo in un certo contesto, in una certa situazione, in una certa azione.
Ogni azione umana e, quindi, anche professionale, esprime l’interesse umano che la muove e implica un’idea di bene che la giustifica. Per questo la questione etica si pone ogni qual volta si pone la domanda sul perché o sul come si deve agire. Essa non è una questione per moralisti o filosofi o addetti ai lavori, è la questione di decidere quando la mattina ci alziamo, quando ci mettiamo a lavorare, qual è la dimora in cui vogliamo stare. Secondo Cottini [1] , infatti, il termine “etica”, dal greco ethos, non indica soltanto l’atteggiamento o il comportamento o le regole che seguiamo nel nostro agire, ma ha un significato particolarmente bello che potremmo tradurre con il termine dimora: “con il mio agire quale dimora voglio costruire per me e per altri?”. Qual è il contesto, la rete di relazioni, lo stile di vita che desidero costruire? Che possibilità scelgo tra tutte quelle che ho a disposizione?
Queste domande chiamano inevitabilmente in causa la concezione antropologica su cui si fonda l’agire professionale e sociale: costruire una dimora, ma “per quale uomo? Per quale comunità? Per quale società? ”. Noi possiamo, infatti, prendere in considerazione l’uomo creato, l’essere in relazione e perciò persona oppure l’uomo prodotto dalla storia, cioè l’individuo, possiamo considerare la persona umana individualmente presa oppure come parte integrante ed imprescindibile di una comunità, da cui l’impossibilità di separare il bene personale dal bene comune.
Per questi motivi l’etica non è identificabile con la semplice procedura attuativa delle regole, non è solamente la scelta di far bene la propria professione scegliendo delle procedure attuative che siano consolidate e ben realizzate, non è solo questione di norme deontologiche. L’etica è una domanda sulla vita buona, di che cos’è il bene, di che cos’è la vita buona non solo per me, ma per le persone che incontro, per tutte le relazioni in cui mi trovo immerso, per il contesto in cui lavoro e vivo.
Gli operatori nell’esercizio dell’attività lavorativa sono quindi portatori di valori personali, che hanno una ricaduta significativa in ciò che essi fanno in termini professionali e si confrontano con valori comuni e comuni principi ispiratori del lavoro sociale [2] , riconosciuti dal gruppo professionale di riferimento come più pertinenti al proprio specifico tanto da costituire un patrimonio ideale trasmissibile sia attraverso l’esperienza sia attraverso Codici formalmente riconosciuti.
Di conseguenza, la deontologia professionale, dal greco deontos genitivo di deon trad. dovere, è costituita da “quell’insieme di regole codificate che traducono contenuti etici generali e condivisi” . Queste regole non possono considerarsi definite una volta per tutte, ma sono storicamente determinate e variano in relazione alle diverse categorie professionali di cui sono espressione e da Paese a Paese, in quanto il mandato giuridico-deontologico è subordinato alle norme vigenti in ciascun Paese. Pertanto, la deontologia racchiude in sé un “insieme di principi e regole di condotta, condivise temporalmente e territorialmente” , che caratterizzano l’attività di un gruppo di professionisti che a un Ordine e a quelle regole, fa riferimento [3] .
Un Codice deontologico, di conseguenza, non crea di per sé l’agire professionale, bensì lo orienta e lo sostiene. Esso è importante per molte ragioni, in quanto rende pubbliche e manifeste le norme interne di una professione, forma e stimola la coscienza deontologica, orienta le scelte di comportamento nei diversi livelli di responsabilità in cui opera il professionista, favorisce l’unità professionale e ne incrementa l’autonomia, protegge gli utenti e, infine, protegge la professionalità, in quanto offre le basi non solo per le sanzioni, ma anche per l’autodifesa.
La deontologia quindi ha un carattere strumentale e orientativo, che rimanda sempre alla scelta del professionista e alla sua capacità di comprendere, valutare e agire l’indicazione generale verso il bene alla situazione specifica e concreta in cui si trova ad operare. Per questo riteniamo che l’agire professionale non afferisca tanto alla dimensione del saper fare quanto a quella del saper agire, che implica la coscienza dello scopo, cioè aver chiaro il fine dell’agire ed il valore per cui si agisce.






[1] A. Cafaro-G. Cottini, Etica medica. Lineamenti di deontologia professionale, Edizioni Ares, Milano 1991.
[2] Tra i principi di lavoro sociale segnaliamo, ad esempio, il principio della dignità personale di ogni essere umano, il principio della libertà della persona, il principio dell’uguaglianza sociale, il principio della solidarietà sociale, il principio della partecipazione personale, sociale e politica, il principio dell’autonomia sociale della comunità. Cfr. F. Villa, Dimensioni del Servizio sociale, Vita e Pensiero, Milano 1992, pp. 61-106.
[3] Ne è un esempio in Italia il Codice deontologico dell’Assistente sociale, approvato il 17 luglio 2009 con una versione modificata il 17 dicembre 2016 ma rimasta in vigore fino a 20 maggio 2020, data in cui il Consiglio Nazionale dell’Ordine Assistenti sociali ne ha approvato una nuova versione.

3. Un percorso condiviso all’origine di questo libro

Una coscienza dello scopo che non è data una volta per tutte, ma di cui dobbiamo “aver cura” lungo tutta l’attività professionale attraverso una riflessività sia personale sia condivisa con altri operatori.
All’origine di questo libro c’è proprio un gruppo di operatori che per anni si è confrontato sui contenuti dell’esperienza professionale e che ad un certo punto ha deciso di rischiare, di scendere in campo dotandosi di uno strumento, che permettesse di proporre un luogo nell’ambito del quale incontrare persone e professionisti, valorizzare le esperienze, condividere bisogni e risorse ed interloquire con le istituzioni, in particolare con l’Ordine professionale degli Assistenti sociali. Ci riferiamo all’associazione METE noprofit costituita nel 2001, che ha visto questo gruppo di operatori diventare una comunità professionale attiva e partecipe nell’impegno sempre volto sia allo sviluppo e al consolidamento della dimensione scientifica e metodologica del lavoro sociale sia al rafforzamento della dimensione etica e deontologica dello stesso.
Su quest’ultimo versante, a partire dal 2011, METE noprofit in convenzione con il CROAS della Lombardia promuove annualmente iniziative formative sul tema della deontologia professionale denominate «L’ideale alla prova» affrontando di volta in volta contenuti specifici. L’esigenza ha preso spunto e si alimenta continuamente attraverso le riflessioni condotte tra i soci assistenti sociali dell’Associazione e gli incontri con colleghe e colleghi, particolarmente durante e a seguito dello svolgimento delle iniziative stesse.
La prima iniziativa proposta agli operatori per offrire un contributo alla costruzione di un assetto qualificato di deontologia professionale è stato il percorso «La dimensione etica nel lavoro dell’assistente sociale. Prospettive deontologiche», svolto nel 2011 in 3 edizioni, che ha evidenziato nel Servizio Sociale la necessità di un riavvicinamento ai temi dell’etica professionale per dare una risposta alle domande di senso che nascono dal lavoro sul campo. Riconoscere e comunicare nella relazione umana, l’etica alla prova della realtà e della professione, i tratti distintivi dell’assistente sociale soggetto di pratiche virtuose sono stati i temi su cui più di cento operatori si sono confrontati ponendo domande e raccontando la propria esperienza.
A tale iniziativa è seguito nel 2012 il percorso «L’ideale alla prova. Itinerari di deontologia per l’assistente sociale»con l’intento di proporre uno spazio di riflessione e confronto reciproco per facilitare, attraverso un lavoro comune, la messa a fuoco di quegli elementi in grado di potenziare il capitale umano e professionale dell’operatore, valorizzando al meglio gli strumenti posseduti. Per questo sono stati realizzati due seminari: uno su «Alla scoperta del fattore umano: cosa fa la differenza», l’altro su «Il Codice deontologico come strumento–risorsa nell’assunzione di responsabilità». Riscoprire e rivalutare la dimensione umana che talvolta rischia di essere trascurata, aver più chiaro quali risorse – in quanto ambiti e strumenti – possono rafforzarla e come il Codice deontologico può sostenere l’azione dell’operatore sono elementi importanti per poter costruire un autentico legame fiduciario con la persona in difficoltà, condizione indispensabile per realizzare un processo di aiuto o di cura condiviso [1] .
A partire dal Codice deontologico l’anno successivo è stata affrontata la sfida del rapporto tra «Persona ed organizzazione. Itinerari di responsabilità» su sollecitazione dei corsisti delle precedenti iniziative. L’assistente sociale vive acutamente il senso di responsabilità nei confronti sia dell’utente sia dell’organizzazione. Il corso si è proposto di aiutare l’operatore, da una parte, a vivere più serenamente l’assunzione di responsabilità, propria del ruolo, dall’altra ad implementare la capacità di individuare spazi e dinamismi per l’esercizio di una reale responsabilità, nel reciproco interesse.
Tante sono state le domande poste dagli operatori che nel 2014 con il percorso «Responsabilità, persona ed organizzazione: impariamo dall’esperienza» il lavoro si è concentrato ancora sul Titolo VI del Codice deontologico «Responsabilità dell’assistente sociale nei confronti dell’organizzazione di lavoro». Sono stati presi in considerazio...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Le virtù in azione
  3. Indice dei contenuti
  4. CAPITOLO I
  5. 1. Il valore dell’azione
  6. 2. La rilevanza dell’etica nell’agire professionale
  7. 3. Un percorso condiviso all’origine di questo libro
  8. 4. Il contenuto del testo
  9. 5. Aiutarsi a realizzare relazioni virtuose
  10. Riferimenti bibliografici
  11. CAPITOLO II
  12. Riferimenti bibliografici
  13. CAPITOLO III
  14. 1. Natura e significato della virtù: la lezione aristotelica
  15. 2. Liste di virtù: tra tradizione e ripresa
  16. 3. Dalle virtù alle competenze: il caso della psicologia positiva
  17. Riferimenti bibliografici
  18. CAPITOLO IV
  19. 1. Problemi e antinomie delle società occidentali*
  20. 2. L’insufficienza delle regole e la necessità delle virtù
  21. 3. L’eccesso di norme e di controlli produce l’aumento delle trasgressioni
  22. 4. Le virtù come fondamento del tessuto sociale
  23. 5. Le virtù civili
  24. 6. Le norme del Codice deontologico dell’assistente sociale non bastano
  25. 7. Le virtù dell’assistente sociale che hanno un rilievo direttamente civile
  26. Riferimenti bibliografici
  27. CAPITOLO V
  28. 1. Il paradigma della sfiducia
  29. 2. La cultura individualista
  30. 3. La fiducia e il riconoscimento
  31. 4. Il rischio della libertà
  32. 5. Il prendersi cura e l’etica della compassione
  33. Riferimenti bibliografici
  34. CAPITOLO VI
  35. 1. La necessità della cura
  36. 2. La cura che fa fiorire l’esserci
  37. 3. Fare esperienza del bene
  38. 4. Alla ricerca delle cose di valore
  39. 5. Educare alle virtù
  40. 6. Insegnare e apprendere le virtù
  41. 7. Cura, virtù, educazione
  42. Riferimenti bibliografici
  43. CAPITOLO VII
  44. 1. Un fondamento etico per la speranza
  45. 2. La speranza e le speranze
  46. 3. La speranza nell’accompagnamento sociale ed educativo
  47. 4. La speranza all’opera
  48. Riferimenti bibliografici
  49. CAPITOLO VIII
  50. 1. Quale bene per l’essere umano?
  51. 2. Sguardo pedagogico e promozione integrale della persona
  52. 3. Relazione educativa di aiuto
  53. 4. Per una nuova paideia
  54. Riferimenti bibliografici
  55. CAPITOLO IX
  56. 1. I contesti di prossimità
  57. 2. Nuovi cortili e parentela sociale
  58. 3. Tessere “legami liberi”
  59. 4. Le opportunità offerte dalla crisi
  60. Riferimenti bibliografici
  61. CAPITOLO X
  62. 1. Il progetto “Comunità possibile” nel territorio del Magentino
  63. 2. La fiducia all’opera: esempi significativi
  64. Riferimenti bibliografici
  65. CAPITOLO XI
  66. 1. Implementare fiducia e amicizia nel sociale
  67. 2. Lo sviluppo di legami sociali “affidabili”
  68. Riferimenti bibliografici
  69. CAPITOLO XII
  70. 1. Lavoro sociale nell’Unità Operativa di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza, fra sobrietà e fermezza nell’azione professionale
  71. 2. Reinventare la quotidianità professionale attraverso le virtù
  72. Riferimenti bibliografici
  73. CAPITOLO XIII
  74. 1. Il legame indissolubile tra etica e deontologia
  75. 2. La concezione antropologica insita nel Codice deontologico
  76. 3. Il Codice deontologico tra responsabilità e virtù
  77. 4. Le virtù professionali. Uno sguardo più attento
  78. 5. La giustizia, una virtù poliforme
  79. Riferimenti bibliografici
  80. CAPITOLO XIV
  81. 1. Un “dover essere” per educare?
  82. 2. Oltre un’etica orizzontale e individuale: per una promozione integrale della persona
  83. 3. I valori dell’Educazione
  84. 4. La vita come promessa. Per un’etica delle professioni pedagogiche
  85. 5. Considerazioni conclusive
  86. Riferimenti Bibliografici
  87. Indice dei nomi
  88. Gli autori