Brevi profili delle persone citate nel testo
Ferdinand Lassalle (1825-1864), ebreo della Slesia, nato a Breslavia, è una figura centrale del socialismo tedesco e, di fatto, il creatore nel maggio 1863 del primo importante movimento socialista in Germania, l’Associazione generale degli operai tedeschi (Allgemeiner Deutscher Arbeiterverein). Quantunque si riferisse in qualche occasione a Marx come suo maestro, le sue relazioni con gli autori del Manifesto non furono facili. Tale tensione si tradusse in una contrapposizione tra i due rami del socialismo tedesco, il gruppo di Wilhelm Liebknecht e August Friedrich Bebel, appoggiato da Marx ed Engels e dall’Internazionale, e i lassalliani. I due rami finirono ad ogni modo per unirsi nel 1875, in un congresso di unificazione celebrato a Gotha, durante il quale nacque un unico Partito socialdemocratico tedesco. Marx elaborò una relazione riguardante il programma originario di questo partito, successivamente pubblicata da Engels col titolo Critica del programma di Gotha, in cui impostava di nuovo le differenze principali che lo avevano separato da Lassalle nel corso degli anni Sessanta dell’Ottocento. Questa relazione esercitò grande influenza in certi ambienti “marxisti-leninisti”, dopo la grande scissione nella socialdemocrazia classica che aprì la Rivoluzione bolscevica del 1917.
Michail Aleksandrovic Bakunin (1814-1876), figlio di un aristocratico e possidente russo di idee liberali moderate, è una delle figure fondamentali e di più chiara fama dell’anarchismo moderno. Conobbe Proudhon, del quale subì un notevole influsso, e Marx, i cui meriti non negò mai, sebbene non mancò di confrontarsi duramente con lui all’interno della Associazione Internazionale dei Lavoratori, dalla quale fu espulso nel 1872. Prese parte ai movimenti rivoluzionari del 1848, in seguito ai quali passò sette anni in una prigione russa. Tentò di ottenere clemenza dallo zar, indirizzandogli una famosa “confessione” di tono panslavista in cui ripudiava il suo passato rivoluzionario relativamente alla Russia, atto che è stato inevitabilmente oggetto di interpretazioni di segno opposto. Dopo vari anni di confino in Siberia, fuggì in Europa occidentale attraverso il Giappone e gli Stati Uniti, stabilendosi inizialmente nel Regno delle Due Sicilie. Fondò una Lega per la Pace e la Libertà, della quale perse subito il controllo, fondando poi la Alleanza della Democrazia Socialista. In seguito alla sua espulsione dalla Associazione Internazionale dei Lavoratori cercò di organizzare una nuova Internazionale anarchica segreta. Dopo il fallimento dell’insurrezione di Bologna, e a causa delle sue condizioni di salute, si ritirò, fino alla morte, da tutta l’attività politica attiva. Grande fautore della libertà, la sua ostilità verso lo Stato, la Chiesa e lo stesso Dio, così come le sue idee anarchiche e federaliste, esercitarono una notevole influenza negli ambienti socialisti libertari e antimarxisti della fine del secolo XIX e dei primi decenni del XX. Pëtr Alekseevic Kropotkin, autore di una teoria sistematica dell’anarco-comunismo, ha in lui una delle fonti principali.
Étienne Cabet (1788-1856), giurista e pubblicista repubblicano francese cui conferì non poca fama il romanzo utopico pubblicato nel 1840 Voyage en Icarie, grazie al quale è passato alla storia del pensiero utopistico, nel suo versante comunista. Alla vigilia della rivoluzione del febbraio 1848 organizzò una spedizione allo scopo di fondare negli Stati Uniti una colonia di “Icariani”. Confidava di poter realizzare il suo sogno utopico nel seno stesso di un ordinamento sociale capitalistico, edificando sul suolo americano la Nuova Gerusalemme. A tal fine si rivolse non solo ai circoli borghesi “illuminati”, ma anche, benché con scarso successo, a varie organizzazioni operaie, tra le quali la Associazione comunista di cultura operaia di Londra, i cui membri di spicco (Bauer, Moll, Schapper, Lessner, ecc.) svolsero un ruolo non di secondo piano nelle creazione della Lega dei comunisti. In capo a qualche anno diversi Icariani partiti alla volta dell’utopia tornarono, disingannati, al vecchio mondo e alle sue lotte.
Wilhelm Weitling (1808-1871), sarto tedesco, incluso da Marx ed Engels - sebbene non giungessero a citarlo espressamente nel Manifesto - nel gruppo dei “comunisti egualitari” dominato dalle idee di Babeuf. Il passo del Manifesto in cui si parla del sottoproletariato può anche essere interpretato come una velata allusione a Weitling, tant’è vero che sia questi che Bakunin vedevano nel Lumpenproletariat l’elemento più leale e sicuro della rivoluzione. Weitling non ammetteva la necessità, nel cammino verso il comunismo, di un periodo di transizione nel quale la borghesia agisca come classe dirigente, cosa che lo distanziò da Marx. Secondo lui, il modo migliore per instaurare un diverso ordine sociale consisteva nel portare il disordine sociale esistente a un livello tale da far esaurire la pazienza del popolo. Benché Marx salutasse con entusiasmo l’apparizione, nel 1842, del libro di Weitling Garanzie dell’armonia e della libertà, ruppe definitivamente con lui il 30 marzo 1846, quasi un anno prima della fondazione della Lega dei comunisti.
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