Accompagnare, discernere, integrare
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Accompagnare, discernere, integrare

Percorso formativo su Amoris laetitia capitolo VIII

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Percorso formativo su Amoris laetitia capitolo VIII

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Le schede offrono a tutti coloro che operano a vario titolo nella pastorale familiare, preti, consiglieri spirituali, operatori pastorali un percorso formativo su Amoris lætitia capitolo VIII – dedicato ai «figli più fragili, segnati dall'amore ferito e smarrito» (AL 291) ?, per essere Chiesa che accompagna, discerne, integra ogni vicenda coniugale segnata da fallimenti e fragilità. Spiega l'arcivescovo Mario Delpini: «Non è un manuale per l'uso, non è una ricetta per risolvere i problemi e rispondere a tutte le domande. Raccogliamo qui indicazioni per un percorso che sono state proposte dai relatori sotto la responsabilità del Vescovo. È un invito a tutti i collaboratori del Vescovo a confrontarsi, ad apprendere la pazienza e la lucidità del discernimento, a raccogliere le domande e le invocazioni, e ad offrire un aiuto, perché nessuno si senta abbandonato, nessuno vada perduto».

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Informazioni

Anno
2022
ISBN
9788870987997
DISCERNERE: SOGGETTI E CRITERI6
2. I criteri del discernimento
E perciò prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio.
(Fil 1,9-11)
Questa è la preghiera dell’apostolo Paolo; ed è anche quella del successore degli apostoli, il nostro Vescovo che ora guida la Chiesa ambrosiana. È preghiera gravida di un desiderio che riflette il desiderio stesso di Gesù: che nessuno si perda di quelli che il Padre gli ha dato, che tutti “mangino la Pasqua” con lui, il Figlio amato.
1. La dinamica del discernimento cristiano
Il discernimento cristiano è un processo, una dinamica che conduce a distinguere il meglio.
Quando parliamo di discernimento abbiamo a che fare con il volere, perché è un volere a innervare il discernimento, ovvero il volere “il Signore” e “il volere del Signore”. “Io voglio il Signore”, “io voglio, Signore, il tuo volere”. Al tempo stesso, l’esito maturo del discernimento è un volere, nella forma della decisione. Al suo cuore, dunque, l’affetto credente per Gesù: in un “voglio te, Gesù!”. Ma come potrà fiorire e crescere questo volere affettuoso se non si annuncia Gesù?
“Volere” è il verbo modale di quell’agire che il discernimento elegge come conveniente al volere di Dio. Ed è all’indicativo “io voglio”, “io scelgo”, “io decido”; non già dunque un “io posso”, nemmeno un “io so” o “io saprei fare”, ma “io voglio questo” perché “voglio te, Signore, voglio il tuo Vangelo, il tuo volere”.
Pertanto il discernimento non ha come finalità, per sé, l’accesso o meno alla comunione sacramentale, perché la finalità del discernimento è l’elezione, la scelta di quanto meglio asseconda l’opera dello Spirito di Gesù. In questa linea, va compreso il senso del termine “discernimento”:
Francesco non lo usa nell’accezione ordinaria di buon senso, capacità di giudizio assennato, affine alla virtù classica della prudenza, ma lo usa nel senso tecnico più specifico, proprio ad esempio della spiritualità: il discernimento è la capacità di esercitare la propria libertà nel prendere decisioni, in particolare quelle che riguardano l’identificazione dei mezzi per raggiungere il fine che ci si è proposti.7
Riconosciamo tre implicazioni irrinunciabili nel discernimento cristiano.
La familiarità con il fine del discernimento, ovvero la sintonia con il Vangelo e la sua gioia. Questo deve riguardare in modo singolare e corposo i molteplici soggetti del discernimento, nessuno escluso. Si tratterà di valutare – ciascun soggetto nella propria coscienza – in che misura c’è sintonia con il Vangelo e la sua gioia. Non è scontato! Per questo l’accompagnamento deve snodarsi sull’asse fondamentale dell’annuncio del Vangelo; se non si annuncia il Vangelo, quale familiarità con il fine si potrà mai supporre?
La consuetudine a scrutare le mozioni dello Spirito dentro la propria storia, con il suo desiderare e le sue passioni. Dentro a questo dedalo il discernimento implica una qualche consuetudine a sentire la voce dello Spirito (che non è solo fermarsi a pensare) e a vagliare quanto lo Spirito muove nella persona: desideri, rimorsi, tristezze, gioie, speranze, attese, entusiasmo, avvilimento… Si tratterà certo di distinguere la voce dello Spirito rispetto alla voce del nemico…
La disposizione a decidere per assecondare l’agire dello Spirito che attrae tutti a Gesù Cristo, precisamente nelle condizioni in cui ciascuno si trova. Cosa buona non dimenticare il testo di AL 300, dove papa Francesco ci ricorda che per il suo giusto svolgimento «il discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa. Perché questo avvenga, vanno garantite le necessarie condizioni di umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento, nella ricerca della sincera volontà di Dio e nel desiderio di giungere a una risposta più perfetta ad essa». Da notare quel «risposta più perfetta»: è in gioco il senso della “gradualità”.
2. Il nemico
Lo sappiamo per esperienza: lì dove siamo riuniti come comunità fraterna, siamo battezzati, siamo ministri ordinati o religiose, siamo laici disposti a questo cammino, il “nemico” è particolarmente attivo. Se dovessimo appisolarci nella comodità di un “Si è sempre fatto così” o di un “L’importante è ricordare la dottrina” (in quel modo che papa Francesco definisce “meschino” – cfr. AL 304), certamente il “nemico” non si scomoda. Invece noi avvertiamo la sua insidia e la sua opera esattamente in quanto siamo disposti e docili all’opera dello Spirito. Non c’è camminare nel Vangelo che sia esente dalla tentazione.
Quindi ci domandiamo come tenta il “nemico”?
2.1 Il nemico divide
Il nemico, tra le sue arti, conosce molto bene quella del dividere. Il nemico divide l’integralità del Vangelo dal cuore del Vangelo: vuole convincerci che integralità del Vangelo e il cuore del Vangelo non siano compatibili. Vuole persuaderci che si possa praticare il Vangelo solo ricorrendo a una inappuntabile fedeltà a tutte le “esigenze” del Vangelo, con il risultato di diventare non santi, ma pelagianamente ossessionati dall’integralità morale in una forma che dimentica che il cuore del Vangelo è la docilità del bambino, con i suoi limiti (a volte insuperabili). Oppure, il nemico insinua la convinzione che la misericordia di Dio sia così avvolgente che puoi approfittarne per annacquare il Vangelo, trascurando i suoi appelli. Da un lato, una cura dell’integralità che soffoca il cuore del Vangelo; dall’altro, un attaccamento al cuore che censura l’integralità del Vangelo.
Il Vangelo invita prima di tutto a rispondere al Dio che ci ama e che ci salva, riconoscendolo negli altri e uscendo da sé stessi per cercare il bene di tutti. Quest’invito non va oscurato in nessuna circostanza! […] Se tale invito non risplende con forza e attrattiva, l’edificio morale della Chiesa corre il rischio di diventare un castello di carte, e questo è il nostro peggior pericolo. Poiché allora non sarà propriamente il Vangelo ciò che si annuncia, ma alcuni accenti dottrinali o morali che procedono da determinate opzioni ideologiche. Il messaggio correrà il rischio di perdere la sua freschezza e di non avere più il profumo del Vangelo. (EG 39)
Resistere al nemico significa custodire il profumo del Vangelo, il suo cuore; custodia perfettamente compatibile con l’istanza di verità del Vangelo nella sua integralità. Il “profumo” significa, in primo luogo, preservare il primato dell’indicativo sull’imperativo, sull’esortativo. La prima parola di Gesù in Marco è esattamente il suo annuncio del Vangelo: due indicativi cui seguono due esortativi: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1,15).
Il profumo vuol dire anche lasciar risuonare ciò che lo Spirito diffonde, in linea con quel primo annuncio alla Vergine Madre da parte di Gabriele, primo comandamento all’umanità nuova: «Kaire!» (Rallegrati!). Se a ogni inizio manca il Kaire!, allora ogni altra esortazione a una vita nuova, a un’etica nuova, perde la sua forza divina, la sua colonna sonora, e diventa “non udibile”, impraticabile, oppure “ésca” per uno sforzo volontaristico, fondamentalmente ostile alla gioia che ogni coscienza si attende dal dono di Dio.
Custodire il “profumo” del Vangelo significa annunciare le grandi opere di Dio (cfr. At 2,11); questo scatena la reazione in chi ascolta Pietro: «Che cosa dobbiamo fare fratelli?». Annunciare in primo luogo le opere di Dio, che cosa Dio ha fatto e fa per ciascuno e per tutti e non, invece, ciò che si deve fare per corrispondere a Dio.
2.2 Il nemico insinua un sapere assoluto
Il nemico ci tenta insinuando nei cuori un sapere assoluto che affossa la storia e la sua verità nel cielo di idee ormai mute e incapaci di significare nella vita la bellezza del Vangelo di Dio. È il nemico che ci conduce ad atteggiamenti solo improntati a una dottrina “assolutizzata”, cioè slegata dalla storia di Gesù e dalla storia di tutti. Assolutizzare una dottrina e disertare la storia vanno di pari passo. Il nemico ci mette in testa che per essere cristiani si deve “pre-vedere” una dottrina idealizzata nella sua sacralità discriminante, per poi forzarne l’applicazione in una disciplina che non tiene conto della storia di Gesù e della storia di ciascuno.
Ora, l’accompagnamento nel discernimento non “pre-vede” la dottrina, ma “vede” sempre innanzitutto la carne tenera di Gesù. Infatti la dottrina è tutta inscritta in quella carne tenera di Gesù e, quindi, è a servizio della carne afflitta e ferita, anche disordinata e disarticolata, del fratello o della sorella da accompagnare: sempre.
Altrimenti finiamo per replicare quel «Io so chi tu sei» dell’indemoniato a Cafarnao: «Io so chi tu sei: il santo di Dio» (Mc 1,24). Presumiamo di sapere già in anticipo la verità di Dio, la verità di Gesù, prima della storia stessa di Gesù: proprio come quell’indemoniato. Gesù ha appena fatto la sua prima apparizione pubblica e l’indemoniato pretende di sapere già chi è Gesù. Bisogna snidare certe venature diaboliche di presunti accompagnamenti: “io so” (“io so... la dottrina”, “io so... a che cosa sei destinato tu, fratello mio”, “io so... che per te l’unica scelta possibile è questa”), prima ancora di mettersi all’ascolto attento, fraterno, cordiale, della storia di un fratello!
È quella supponenza ieratica di un sapere dottrinale che affossa e censura sia la storia di Gesù nella sua carne tenera e gloriosa sia la storia di questo fratello e di questa sorella nella loro carne ferita.
2.3 Il nemico confonde
Il nemico confonde. Ogni “tu devi/tu non devi” che compare nel Vangelo non va dissolto; ma si tratta di un inter-detto, sta in mezzo alle parole di Dio. Sta lì, capace di orientare alla santità, come “scortato” dalle parole di Dio che ci rallegrano con un “Io ti amo”, “Io sono con te”. Non si attiva un discernimento cristiano se non lasciamo risuonare queste parole che, soltanto, custodiscono il vero senso di ogni “tu devi/tu non devi”. Il nemico confonde, risolve la Parola di Dio in un interdetto.
E così si cade nella meschinità, la logica dell’applicazione della norma desunta da «una morale fredda, da scrivania» (AL 312), dimentica della storia di Gesù e ignara della storia della gente:
È meschino soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale, perché questo non basta a discernere e ad assicurare una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano. (AL 304) […] un Pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni “irregolari”, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone. È il caso dei cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa «per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite». (AL 305)
In sintesi, dobbiamo dire che dispositivo decisivo del discernimento è uno sguardo capace (nel senso di “capiente”) della storia di Gesù e capace della storia degli uomini: capace di tutta la storia di Gesù (senza selezioni di sorta) e capace di tutta la storia degli uomini (senza preclusioni di sorta).
Come vedere la totalità e intuire ciò che è più necessario? Con uno sguardo tanto sponsalmente fisso su Gesù quanto simpaticamente sensibile alla storia di ciascuno, alla storia di quei fratelli e sorelle che, raggiunti e toccati dal Vangelo nelle loro vicende di responsabilità, sfide e avversità, si dispongono ad ascoltare quanto il Signore suggerisce perché la loro vita sia sempre più docile e corrispondente alla sua volontà.
3. Criteri per un discernimento capace della storia di Gesù e della storia personale
Come la coscienza di un fedele si trova coinvolta nel vivere secondo il Vangelo «situazioni che non realizzano oggettivamente la nostra concezione del matrimonio?» (AL 303). Così papa Francesco ci istruisce:
Naturalmente bisogna incoraggiare la maturazione di una coscienza illuminata, formata e accompagnata dal discernimento responsabile e serio del P...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Prefazione
  5. Introduzione»
  6. Accompagnare: l’orizzonte di una prossimità fraterna
  7. Accompagnare: «Attirerò tutti a me
  8. Discernere: soggetti e criteri
  9. Discernere: soggetti e criteri
  10. Integrare: passi credenti di appartenenza alla comunità
  11. Integrare: passi credenti di appartenenza alla comunità
  12. APPENDICE
  13. Per informazioni e consulenza rivolgersi a:
  14. Indice