II. Panorama teologico: variazioni e punti d’incontro
l. 2
Capitolo 6
Un confronto temerario. Sacerdozio comune e ministeriale in Lutero e in Escrivá
l. 2Pablo Blanco Sarto
Università di Navarra.
1. Lutero e la Riforma. 2. Trento e Vaticano II. 3. Escrivá de Balaguer.
6.1 Lutero e la Riforma
l. 13Jan Freiwald si riferì al ministero come «il problema centrale della ecclesiologia» in ambito ecumenico e, più in concreto, nell’attuale dialogo cattolico-luterano1. Le ripercussioni di questa dottrina trascendono l’ambito meramente pratico e sacramentale, fino ad avere dimensioni più ampie, anche teologiche. «Si potrebbe dire – come scriveva Louis Bouyer nel 1960 – che la grande difficoltà dei protestanti contro la Chiesa cattolica […] è l’autorità e, più in concreto, l’autorità dottrinale che questa rivendica»2; ciò significa che ci troviamo di fronte ad un problema: il rapporto tra il ministero e la gerarchia. Allo stesso tempo – continuava a spiegare –, rendendosi conto della possibile discordanza dottrinale che avrebbe potuto comportare questo rifiuto dell’autorità dottrinale del ministero, i luterani cercarono un altro genere di fattori che poteva assicurare l’unità: «alcune volte sarà il potere politico – un principe, per esempio –; altre volte, il potere spirituale o teologico (per esempio Lutero, Calvino o lo stesso Barth)»; o anche altri autori - soprattutto nel luteranesimo - ricorreranno ad un’autorità religiosa, rappresentata dai presbiteri, dai sinodi e dalle assemblee ecclesiali (Consiglio presbiterale oppure pastorale) come fonti e fondamenti di ogni unità. Dovuto ad un rifiuto iniziale del ministero come elemento dell’unità ecclesiale, non era sufficiente, d’altra parte, neppure l’autorità della sola Scrittura, troppo soggetta ad interpretazioni personali, ma era necessario un elemento visibile e sacramentale di comunione. L’enfasi, comunque, si poneva soprattutto nel sacerdozio comune di tutti i battezzati3.
Lutero fondava così il ministero ecclesiale nel sacerdozio comune di tutti i cristiani: il sacerdote non differiva dal laico solo per il ministero, affermava il riformatore4. Ciò nonostante, Lutero stabiliva che il ministero della predicazione «è stato prescritto, istituito ed ordinato» da Dio5; per la Chiesa cattolica, invece, esiste, oltre a una mediazione, anche una successione diretta e immediata a partire dagli apostoli, che unisce ciascuno dei vescovi che esistono nell’attualità: «La fede della Chiesa cattolica – prosegue Bouyer - non è altro che la fede degli apostoli. La parola che annunziano i vescovi è esattamente la stessa che hanno insegnato gli apostoli»6. Il riformatore, invece, nel suo De abroganda missa privata (1521), affermava il carattere superfluo del sacerdozio ministeriale: «Sii sicuro, e non farti ingannare da un’altra persuasione, se vuoi essere autenticamente cristiano: che nel nuovo Testamento non c’è sacerdozio visibile ed esterno, se non quello istituito da Satana per mezzo di menzogne umane. Non c’è per noi più di un unico sacerdozio, quello di Cristo, che si offrì per noi, e con lui a tutti noi. […] Questo sacerdozio è comune per tutti i cristiani in quanto battezzati. Tutti siamo sacerdoti con lo stesso sacerdozio di Cristo»7.
In questo modo, la questione del fondamento del ministero risulta inquadrato come realtà trascendente oppure realtà immanente: il sacerdozio comune proprio di tutti i cristiani risulta sufficiente per spiegare l’istituzione del ministero ecclesiale. Ma, mentre per i cattolici il sacerdozio ministeriale e quello comune risultano coordinati, ma diversi per essenza8, dato che uno viene dal Battesimo e l’altro da un’istituzione specifica di Cristo nell’ultima cena («fate questo in memoria mia») e dopo la Resurrezione Gesù conferì agli apostoli il potere di perdonare i peccati. Per i luterani, invece, esiste un solo sacerdozio d’istituzione divina: quello conferito col Battesimo. Il problema ermeneutico sorse quando fu applicato il principio del solus Christus e della sola Scriptura al sacramento dell’ordine. Ma, d’altra parte non mancano testi del Nuovo Testamento che parlano di un ministero divino, conferito agli Apostoli e ai loro successori. Basti ricordare le Lettere Pastorali di san Paolo e anche la prima Lettera ai Corinzi e quella indirizzata ai Filippesi. Quindi possiamo dire che – tendenzialmente – Lutero sviluppa soprattutto un’ecclesiologia battesimale, perché considera non tanto la condizione mediatrice e sacerdotale del ministero come la centralità della celebrazione eucaristica9.
Così, secondo i riformatori, il «fate questo in memoria mia» non dimostrerebbe sufficientemente che il sacerdozio ministeriale sia di istituzione divina, bensì una vocazione analoga a quella del Battesimo. Di fatto, Lutero formulò una dura critica alla struttura gerarchica della Chiesa negli anni tra il 1517 ed il 152110; ossia, a partire dell’anno nel quale si pubblicarono le novantacinque tesi contro le indulgenze, il riformatore pretendeva anche di criticare in questo modo alcuni eccessi del mondo ecclesiastico, avvenuti nel Medioevo. Due anni dopo, il riformatore stabilì una controversia e dibattito con il teologo cattolico Johann Eck rispetto all’autorità del papa, e nello stesso tempo, nel suo Commento alla Lettera ai Galati, stabiliva un’opposizione dialettica tra la carne e lo spirito, tra l’“uomo interiore” e l’“uomo esteriore”, tra il peccatore e l’uomo giustificato11. Da ciò si comprende meglio la critica all’autorità nella Chiesa e, di conseguenza, al ministero ordinato; la prassi di questa critica dipende, comunque, dalle posteriori interpretazioni che si sono stabilite12.
Nel 1520, nel suo Discorso alla nazione tedesca, il riformatore sostenne che tra «tutti i cristiani, sia qualunque l’appartenenza a un determinato credo o patrimonio spirituale» non esiste nessuna differenza nel ministero: perché come disse Paolo in 1Cor 12,12: «tutti formiamo uno stesso corpo, anche se ciascuno costituisce un membro che sta al servizio degli altri»13. La uguaglianza fondamentale di tutti i cristiani sarà uno dei punti strutturali della sua ecclesiologia e della sua teologia del ministero. La Chiesa non costituisce affatto una società, e neppure una repubblica perfettamente suddivisa in vari strati oppure in diverse classi ecclesiali. Per Lutero, mediante il sacramento del Battesimo, tutti i cristiani siamo uguali e tutti partecipiamo all’azione ministeriale di Cristo. Così, «la libertà evangelica significa la libertà da tutti i comandamenti e cerimonie umane a favore della salvezza»14. Questo concetto di libertà costituisce la base della nozione luterana del sacerdozio comune di tutti i cristiani. Si richiede quindi un processo di secolarizzazione della Chiesa affinché tutti possano ritrovare il loro posto nella libertà nel seno della...