Percorsi di integrazione tra “sapere” e “sentire” in seminario
Miguel de Salis
1. Introduzione
All’inizio del III capitolo della Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, dedicato ai fondamenti della formazione, si considera il seminarista come un pellegrino che intraprende un itinerario formativo verso il sacerdozio ministeriale, «un cammino di fede e di progressiva e armonica maturazione di tutte le componenti, evitando le frammentazioni, le polarizzazioni, gli eccessi, la superficialità o le parzialità». Nessun atto o evento formativo porterà frutti duraturi se rimane solo a un livello affettivo e sentimentale.
La formazione intellettuale è fondamentale per il discernimento personale, momento importantissimo nel processo di formazione integrale del seminarista e del presbitero, ed è necessaria per lo svolgimento adeguato dell’azione pastorale che egli è chiamato a realizzare a favore del popolo cristiano.
Il seminarista e il presbitero sono chiamati a crescere sempre nell’assimilazione delle esperienze vissute, che possono diventare sapienza, e nell’integrazione dei diversi ambiti. Se si smette di formare la ragione e di crescere intellettualmente, si va verso la superficialità, la rigidità e l’inadeguatezza. Anche intellettualmente, la formazione è continua e non finisce con la laurea, il dottorato o il pensionamento.
La maturità intellettuale è, quindi, una delle dimensioni della maturità personale, e uno dei segni di quest’ultima è l’integrazione dei diversi aspetti della personalità, nella sua misura corrispondente ad ogni età. Ora ci concentreremo sul percorso formativo che riguarda l’integrazione tra i sentimenti e la ragione. Esiste una corposa letteratura sul tema secondo la prospettiva psicologica, in particolare pensiamo agli studi sull’intelligenza emotiva che sono consultabili nelle principali lingue. Il nostro percorso, invece, vuole approfondire il punto di vista del formatore, del professore e del direttore spirituale, offrendo alcune considerazioni che possano aiutarci a collaborare attivamente nella formazione dei candidati al sacerdozio.
2. La dimensione intellettuale della maturità
2.1. Un ritratto della maturità
Iniziamo con un ritratto della maturità in cui essa è raffigurata come un panorama che si contempla dalla vetta di una montagna. Essere maturi significa aver raggiunto la perfezione propria dell’uomo, vale a dire conoscere la verità e volere liberamente il bene secondo l’età e le capacità che si possiedono. Ciò implica una certa interiorizzazione dei principi morali, l’armonizzazione tra la verità e la domanda esistenziale personale che porta all’incontro tra ciò che la realtà è in sé e il suo valore per me. Per questo è normale che la persona matura sia caratterizzata da stabilità d’animo, adattabilità, realismo, apertura alle novità e agli altri senza perdere di vista il proprio scopo. Sa inoltre guardare oltre l’immediato e pensare alle necessità degli altri.
La maturità intellettuale è la declinazione di quanto sommariamente indicato nella mente. Così come la intendiamo qui, essa non si concentra nelle sole operazioni della ragione, mostrando come queste possano arrivare alla loro perfezione. L’esperienza mostra che esistono persone con un notevole sviluppo intellettuale o con molta cultura che non sanno come integrare i diversi aspetti della loro personalità. In questa sede, tali persone non vengono considerate intellettualmente mature. Perciò, anche se usiamo l’espressione “maturità intellettuale”, preferiamo usare di più l’espressione “dimensione intellettuale della maturità” proprio per sottolineare l’integrazione riuscita dei diversi aspetti nella persona visti alla luce della ragione.
Uno degli aspetti caratteristici della dimensione intellettuale della maturità è proprio l’armonia tra sapere e sentire. Essa si manifesta in un genere di vita sereno e scelto liberamente da ognuno, nell’avere rapporti stabili con gli altri e una buona organizzazione del tempo e del suo uso. La persona intellettualmente matura cerca la soddisfazione in ciò che fa, sa rettificare quando occorre, sa accogliere le novità nella sua vita e sa educare il suo pensiero e la sua sensibilità, perché non smette mai di imparare e riflettere sulle sue idee ed esperienze. Sa inoltre pensare bene, porsi le domande adeguate e creare una sintesi personale non del tutto ripetibile in altri.
La persona intellettualmente matura ha un senso della grandezza della verità, sa che la realtà è molto più grande di quanto possa essere racchiuso in una mente. Questo la porta a un adattamento e adesione alla realtà circostante, a una apertura alla realtà di Dio, degli altri, del mondo e di se stesso, così com’è e non come eventualmente ha sognato o desiderato. È quindi una persona che sa prendere l’iniziativa, sa intraprendere progetti conoscendo e assumendo i rischi necessari, le difficoltà, le sfide, e cerca di portare a termine ciò che ha iniziato.
2.2. Qualità fondamentali della dimensione intellettuale della maturità
Se la vetta della montagna è la maturità, vogliamo mettere in evidenza tre diversi pilastri su cui poggia la sua dimensione intellettuale. Il primo è la memoria nel senso profondo del termine, particolarmente legata al consolidamento della personalità, in quanto resiste all’erosione del tempo e contiene le esperienze (buone e cattive) fermentate dalla ragione. Perciò, è fonte di sapienza per l’avvenire nelle sue variegate declinazioni. Un altro pilastro è il retto modo di valutare le persone, le cose e gli avvenimenti, per il quale è necessario avere una sana capacità critica e l’empatia che aiuta a comprendere intimamente gli altri. L’ultimo pilastro su cui vorremmo soffermarci è la capacità di integrare l’esperienza e di non lasciarsi guidare dalle passioni indisciplinate. Qui la ragione può essere orientata da passioni educate, che ci offrono una valida informazione sull’esperienza. La scienza moderna ha già mostrato il potere dell’entusiasmo nell’apprendere la realtà, confermando che ragione e sentimento sono molto più legati di quanto si pensava alcuni anni fa.
Ci sono tre aspetti, diversi e uniti tra loro, che aiutano a crescere in questa capacità di integrazione e si possono riassumere nella padronanza di sé. Il primo è la guida dell’immaginazione, nel senso di non lasciarsi condizionare dai suoi eccessi e di servirsene per favorire la creatività. Il secondo è il superamento dei condizionamenti del passato, guardandoli alla luce dello Spirito Santo, riconciliandosi con la propria storia, sviluppando un senso di gratitudine a Dio nostro salvatore e trovando la pace. Il terzo è il governo del proprio temperamento e delle passioni, in modo che la persona non si lasci guidare unicamente dalle emozioni, ma sappia usare le passioni per rafforzare la propria risposta a Dio e agli altri, senza perdere la capacità di entusiasmarsi. Il ruolo dell’intelligenza nel discernimento di ciò che sento e provo, di ciò che mi stimola o mi trascina, è di grande importanza e serve a governare le passioni, ad approfittare della loro forza ed è anche utile per accogliere quasi intuitivamente la realtà.
Oltre a questi tre aspetti, bisogna tener presente che nel presbitero e nel seminarista la tendenza ad integrare e comprendere il senso delle cose viene elevata dalla loro vita soprannaturale di figli nel Figlio e dalla loro specifica vocazione sacerdotale. La vocazione rappresenta una luce che illumina la realtà e spinge verso una risposta d’amore, e non è una dimensione in più della loro vita da integrare con altre. Essa risponde alla domanda di senso e ha la forza di illuminare e unire le diverse esperienze vissute. Perciò non rappresenta un’alternativa alle diverse risposte, quali mindfulness, coaching, yoga, ecc.
Più in generale, la maturità deriva dall’armonizzazione tra pensiero, volontà e sentimenti, in dialogo sereno tra loro. Quando quest’armonia si rompe o non viene educata ma imposta (se non emerge dall’interno attraverso il processo vitale che chiamiamo appunto educazione), si può cadere nell’i...