L'arte di comunicare davvero se stessi
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L'arte di comunicare davvero se stessi

Dieci lettere ai giovani

  1. 98 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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L'arte di comunicare davvero se stessi

Dieci lettere ai giovani

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Perché alcuni risultano facilmente ben accetti, mentre altri - se va bene - vengono a malapena tollerati? È questione di tecnica, o c'è dietro qualcosa d'altro? Possono essere di aiuto dei "trucchetti" retorici? Certo, c'è chi, con una buona loquela, riesce ad ingannare, ma le cose finiscono male quando viene sbugiardato: perde la credibilità per non recuperarla mai più. Essere ben accetti è collegato ad una comunicazione efficace. Qual è dunque la chiave della buona riuscita? La tesi del libro è che la pietra angolare di ogni collaborazione veramente riuscita si basa sull'acquisire innanzitutto piena consapevolezza della fondamentale capacità umana di stabilire relazioni, sviluppandola poi a cominciare da sé stessi e proseguendo con gli altri più vicini, fino a giungere alle persone e ai mondi più lontani.Alberto Gil, professore emerito presso l'Università della Saar. Direttore del centro di retorica Rhetorik und Ethos (www.rhethos.de) e di Hermeneutik und Kreativität (hermeneutik-und-kreativitaet. de). Professore di Linguistica e Transculturalità presso la Pontificia Università della Santa Croce di Roma e corresponsabile del centro internazionale di ricerca Retorica e Antropologia con sede a Roma (www.rhetoricandanthropology.net/). Direttore dell'Elis Rhetoric School (Roma). Ricerca, pubblicazioni e insegnamento in linguistica, transculturalità e traduzione, nonché teoria e pratica della comunicazione e retorica. Numerose attività come coach e communication trainer per dirigenti.

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Informazioni

Editore
EDUSC
Anno
2019
ISBN
9788883338373

IV LETTERA
Virtù utili a risultare bene accetti


Cara Lourdes,
nella tua lettera, che oggi hai frettolosamente infilato nella mia casella, ti giustifichi di non venire al seminario del mattino, perché non vuoi perdere un’ora di recupero nella tua palestra speciale (che costa parecchio). Hai scoperto che hai bisogno di un corpo in forma perfetta per far passare il tuo messaggio (la frase: “Hai notato il tuo aspetto?” fa più male di una frustata...). Per di più, hai anche cambiato alimentazione e ti sei sottoposta a una dieta severa.
La mia prima reazione – devo ammetterlo apertamente – non è stata buona: mi sono davvero arrabbiato. Mi sono detto: prova un po’ a scusarti così con il tuo futuro capufficio per non presentarti al lavoro, e sarai licenziata su due piedi; e allora, perché dovrebbe essere diverso nel tempo di formazione? Dopo essermi un po’ calmato, non vedevo comunque ancora la tua palestra come un motivo accettabile per la tua assenza al seminario, ma mi venne in mente il classico detto latino: “una mente sana è in un corpo sano”, mens sana in corpore sano. Esiste un rapporto sano tra corpo e anima a cui vale la pena di pensare.
Per molti è un traguardo assoluto la bellezza del corpo, per altri la forza, la potenza, è il fattore decisivo. Quanto siano relativi questi termini si può dedurre dalla saggezza classica di una favola del poeta greco Esopo, del VI secolo a.C.: Il leone e il topolino. Un giorno un leone dormiva tranquillamente quando un topolino si avventurò sul suo muso. Il leone si svegliò e con un rapido movimento afferrò con una forte zampata il topo, che tremava e implorava misericordia: “Liberami, potente leone. Un giorno ti ripagherò”. Il leone scoppiò a ridere: “Credi davvero, piccolo sciocco, di poter fare qualsiasi cosa per me?” E con un ruggito condiscendente lo lasciò andare. Pochi giorni dopo il topo sentì nella boscaglia un forte rumore, come un potente ruggito. “Ma non è il leone?” Il topolino andò a vedere. Guarda, è caduto nella rete di un cacciatore e riesce a malapena a muoversi...” Preoccupato, il topo si avvicinò al prigioniero. “Non puoi fare niente per me, topolino. Appena arriveranno i cacciatori, sarò finito”. Ma il topo rispose: “Ehi, le cose non succedono mai così in fretta, amico mio...”. E cominciò sorridendo a rosicchiare la rete con i suoi dentini affilati, fino a creare uno squarcio abbastanza grande da farne scivolare fuori il leone.
Non hai l’impressione, cara Lourdes, che la questione dell’aspetto sia un po’ più complessa di quella di apparire forte, bella o attraente all’esterno? E comunque, cosa significa “attraente”? Chiediamo ai greci ancora una volta. Loro distinguevano tra l’idea di cosmetica e quella di bellezza, che noi possiamo confondere e che di fatto sono collegate. Cosmetica deriva da kosmos. Lo intuiamo: un universo incredibilmente ordinato. I nostri cosmetici – Lourdes, tu lo sai meglio di me – sono una bella cosa. Curarsi bene è in definitiva un servizio per sé stessi e per gli altri. Si dice: “Questa donna è molto ben curata” o “Quest’uomo è in ordine”.
Quando uno però persegue l’armonia interiore oltre che l’ordine esterno, possiamo comprendere fino in fondo che cosa significhi la bellezza: è un qualcosa che addirittura... risplende! Sorge il sole, quando una bella persona entra nella stanza, indipendentemente dall’aspetto del suo naso, dal peso corporeo o dal fatto che i suoi muscoli impressionino o meno. Ma mi spingerei fino a dire che se l’ordine interiore, l’armonia sono giusti, l’interessato si preoccupa anche del suo corpo, ma con un atteggiamento migliore, che lo rende davvero bello. Come possiamo riuscirci? Il modo per farcela si chiama virtù. Ne parlerò brevemente.
Ti ricordi il libro che vi ho consigliato praticamente ogni semestre? Era l’Etica a Nicomaco di Aristotele (il grande filosofo greco del IV secolo a.C.), delle cui idee ci alimentiamo ancora oggi. Egli fondò l’etica delle virtù. Te ne parlo con parole mie. Così come l’allenamento fisico ci rende capaci di superare sempre più facilmente ostacoli impegnativi, lo stesso avviene con il carattere. Sviluppare buone abitudini come generosità, laboriosità, onestà ecc., aiuta a fare il bene senza troppo sforzo.
Ma il paragone con lo sport va oltre: allenandosi, non solo si gioca meglio a calcio, ma si diventa un buon calciatore ed un atleta. Quando mi sforzo di dire sempre la verità, anche correndo qualche rischio personale, la cosa mi riesce sempre più facile. E inoltre, la virtù nobilita la mia intima natura: via via divento sempre più onesto.
Cercherò di illustrare questa dottrina di Aristotele con tre virtù esemplari: onestà, gioia e fortezza. Tutte e tre aiutano, come vedremo, a riuscire ben accetti e sono, come del resto tutte le virtù, concatenate. Così, spesso ci vuole coraggio per dire la verità, e questo atteggiamento coerente ci rende felici. Bene, guardiamo queste virtù in dettaglio.
Onestà
Quando sono davvero onesto? In definitiva, quando non chiudo gli occhi alla realtà e mi attengo ai fatti, e non seguo solo i miei desideri o il mio stato d’animo. Ti ricordi la parola dell’anno 2016? Post-verità (post truth in inglese). Penso che questo termine (che corrisponde al sostituire i fatti con gli stati d’animo) sia stata scelta perché siamo proprio stufi di essere maltrattati dai media pubblici o privati non con fatti verificabili, ma con sentimenti, come la paura (ad esempio delle masse di rifugiati, di malattie infettive, ecc.) o l’euforia (ad esempio, l’uomo moderno si determina da sé, non deve rendere conto a nessuno, viviamo come ci pare e piace...).
Ricordiamo il metodo di lavoro dei nostri seminari; due passaggi fondamentali:
1. Riconoscere, descrivere, analizzare i fatti.
2. Interpretare questi fatti. Quanto più conosciamo un argomento, cioè conosciamo i fatti, tanto meglio riusciremo a dimostrare le nostre interpretazioni, o detto altrimenti saremo in grado di precisarle.
Ma l’onestà ha anche un lato soggettivo, cioè che diventiamo persone coerenti, in cui il pensare, il parlare e l’agire vanno d’accordo. Una persona onesta è quindi molto ben accetta perché si sa a che punto ti trovi con lui. Possiamo contare sul fatto che le sue parole riflettono effettivamente la sua opinione e che egli cerca di agire secondo le sue convinzioni, anche quando – e questo è ciò che rende la persona così attraente – deve fare i conti con qualche svantaggio personale.
Gioia
Pensiamo ai postumi della sbornia che spesso ci paralizza il giorno dopo una festa scatenata. “Ma lasciarsi andare durante la festa era divertente...”. Da bambini giocavamo ogni tanto su un pendio. Iniziavamo a camminare in discesa e ci lasciavamo trascinare dalla pendenza. Andavamo sempre più veloce, non riuscivamo più a frenare, ridevamo, la cosa ci inebriava. La fine è sempre stata dolorosa perché siamo caduti...

Indice dei contenuti

  1. PREFAZIONE
  2. INTRODUZIONE
  3. I LETTERA Ma chi sono io? Sono proprio io che comunico me stesso?
  4. II LETTERA Quanta più fiducia avrò in me, tanto più risulterò bene accetto
  5. III LETTERA Mi prende il panico quando entro in scena...
  6. IV LETTERA Virtù utili a risultare bene accetti
  7. V LETTERA Chi è libero è gradevole. Come essere veramente liberi?
  8. VI LETTERA La persona colta è bene accetta, il saputello invece scoccia...
  9. VII LETTERA Perché gli altri mi danno sui nervi?
  10. VIII LETTERA Bella l'amicizia, ma come può reggere?
  11. IX LETTERA Altri mondi, altri usi e costumi ovvero come essere bene accetti nel mondo globale
  12. X LETTERA E quindi, come si può risultare risultare bene accetti?