Capitolo 1
Martimort dà voce all’assemblea
l. 1 Jaume González Padrós
Instituto de Liturgia ad instar Facultatis (Barcelona).
Bisogna cominciare, in primo luogo, con una buona definizione dello scopo del nostro intervento. Il titolo infatti, che ci pare abbastanza esplicito, ce lo indica. Non si tratta di una presentazione dell’assemblea liturgica così in modo generico, ma una ricerca sul modo in cui il professor A.G. Martimort ha trattato questa realtà, nella cornice della più autentica riflessione teologica.
Quindi il nostro approccio viene incentrato sull’approfondimento che ne ha fatto il noto liturgista di Toulouse e, in più, da un punto di vista teologico. Infatti, dobbiamo dirlo senza indugi: dopo che ci siamo immersi negli studi del nostro autore su questo punto, possiamo affermare con sicurezza che lui elabora un’autentica teologia dell’assemblea liturgica a partire dal cuore stesso dell’ecclesiologia. Quindi, pure noi assieme a lui facciamo uno studio teologico di questa realtà liturgica veramente importante, cioè l’assemblea.
È vero che Martimort rammenta molto spesso la storia con degli studi da vero ricercatore, ma non possiamo dimenticare il fatto che per lui le ricerche storiche sulla preghiera della Chiesa – usando le sue parole – non sono evasione archeologica o nostalgica ma vero sforzo di approfondimento e di interiorizzazione. Allo stesso modo, e poiché nel nostro autore non c’è mai la dimenticanza della dimensione più genuinamente pastorale, è chiaro che il far ricorso a questi ambiti di studio storico ha come finalità il poter definire meglio l’oggetto e lo scopo della sua riflessione, per avere una comprensione più profonda di quello che è veramente essenziale nell’assemblea liturgica, che, manifestandosi così strettamente unita all’essere della Chiesa, soltanto può essere conosciuta e spiegata giustamente con un linguaggio e concetti teologici. «Tutti gli studiosi sanno, nella Chiesa, che il suo apporto in questo campo fu decisivo. Il canonico Martimort tracciò magistralmente i tratti teologici dell’assemblea liturgica, spiegando come l’assemblea sia l’epifania della Chiesa»1.
Proprio nel suo manuale L’Église en prière (Paris, 1961) Martimort afferma della liturgia in genere che essa è un insieme di istituzioni che possono essere descritte, studiate, e paragonate con altre istituzioni da giuristi, sociologi, storici, e, allo stesso tempo, è un “mistero” nel senso che Dio vi si fa presente e vi si dà, cioè una realtà soprannaturale che può essere percepita soltanto dalla fede e su cui si può riflettere soltanto per mezzo del metodo teologico. Per questo lo studio che Martimort fa del tema è prettamente teologico ed ecclesiologico – più avanti ne daremo la spiegazione – come è stato riconosciuto, tra gli altri, dal teologo Y. Congar2.
Già all’inizio del nostro lavoro sull’assemblea liturgica secondo Martimort ci siamo trovati con il crescente interesse per l’assemblea negli studiosi durante gli ultimi decenni, assieme al riconoscimento esplicito del ruolo di protagonista e di promotore del nostro autore in questa riflessione.
Visto questo fatto, mi pare evidente la necessità di fare chiarezza sul pensiero teologico di Martimort sull’assemblea liturgica, e in questo momento crediamo che un apporto di questo genere – anche se modesto – alla riflessione teologica odierna sulle realtà liturgiche fondamentali, non soltanto ci offre l’occasione di ritrovare lo spirito della liturgia così ben presentato e rivendicato dalla Costituzione liturgica del Vaticano II sulla scia di Mediator Dei, ma ci aiuta anche a verificare la strategia globale della Chiesa nel mondo contemporaneo, che sembra aver perso i linguaggi simbolici e, con essi, il proprio e specifico senso religioso.
Proprio per questo, occorre uno studio che abbia come oggetto il rapporto tra l’ecclesiologia e la liturgia nel Magistero. Rimandiamo a quattro testi maggiori per la sua indubbia importanza e influsso in questo campo: Mystici Corporis, Mediator Dei, Sacrosanctum concilium, Lumen gentium.
Per quanto riguarda Mystici Corporis (1943) è noto che il documento mise delle basi ecclesiologiche eccellenti per una riflessione teologica sulla liturgia, basi delle quali il movimento liturgico approfittò fin dal primo momento. Infatti la stessa enciclica è l’espressione più completa della ricerca ecclesiologica precedente, assieme al movimento biblico e liturgico. Dell’importanza di questo documento dà testimonianza lo stesso Martimort dicendo che è precisamente a partire della nozione di Corpo Mistico che è stata elaborata la riflessione teologica della liturgia nel ventesimo secolo.
Mediator Dei (1947) in perfetta continuità con l’enciclica ora citata, invita alla ricerca della comprensione della liturgia nel sacerdozio di Cristo, del cui esercizio è continuazione la liturgia della Chiesa (MD 22), e in una giusta comprensione ecclesiale del Corpo Mistico di Cristo. Infatti, Mediator Dei afferma la presenza di Cristo nella riunione dei cristiani – come una eco evidente del testo evangelico de Mt 18,20 – e allo stesso tempo, in tutte le sue pagine, vi si trova uno stimolo costante alla partecipazione attiva.
In questo contesto dobbiamo situare il crescente interesse che si trova nel movimento liturgico per il tema dell’assemblea – anche tra cristiani non cattolici – e che il nostro autore indica già nel secondo articolo per la La Maison-Dieu (1954)3. Gli abbiamo chiesto direttamente il motivo che favorì l’apparizione di queste pubblicazioni proprio in quel momento, e lui ci rispose:
«Fu il bisogno di riportare all’autenticità tutte le tendenze più o meno disordinate che si manifestavano attorno al movimento liturgico. Bisognava cancellare da una parte le celebrazioni aberranti che sorgevano dappertutto (“paraliturgie”), e dall’altra parte anche la richiesta formulata da certi gruppi di avere delle liturgie “specializzate” o di gruppo; bisognava, infine, e forse soprattutto, rifiutare le definizioni che erano insegnate da tanti profe...