Nilde Iotti e il Pci
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Nilde Iotti e il Pci

Due centenari, una storia 1920-2020 1921-2021

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Nilde Iotti e il Pci

Due centenari, una storia 1920-2020 1921-2021

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Nella consapevolezza che l'itinerario politico e istituzionale di Nilde Iotti non possa essere correttamente letto al di fuori della lunga e non sempre lineare storia del Pci, il volume, che prende spunto dalla coincidenza dei centenari della nascita della deputata emiliana e del Partito comunista d'Italia, ne ripercorre le tappe più significative. I cento anni trascorsi dalla scissione di Livorno fanno da sfondo alla storia di alcune militanti, a partire da Nilde Iotti, e al loro spesso travagliato rapporto con un partito assai mutato nel tempo ma che alle sue radici rimaneva, almeno teoricamente, ancorato. Si è voluto, pertanto, ripercorrere un pezzo della storia politico-istituzionale italiana, ricostruendo, insieme a quelli di Iotti, l'impegno e la carriera politica delle «altre» all'interno del Pci, talvolta anche «contro» e «nonostante» il partito, in particolare durante gli anni settanta e ottanta che videro, insieme all'emergere di nuove generazioni di «compagne», il raggiungimento di tanti importanti obiettivi sull'accidentato percorso dell'emancipazione femminile nel nostro paese. Se, come ricordava Nilde Iotti, «la Costituzione è il più grande atto di questo secolo fatto in favore delle donne», sarebbero trascorsi, infatti, molti anni dall'entrata in vigore di quel testo, incentrato sulla dignità e sui diritti della «persona umana», perché le donne italiane potessero rivendicare l'identificazione con quel sostantivo «neutro», persona, al di là degli stereotipi coltivati dalla cultura fascista e dalla tradizione cattolica e dai quali, spesso, neanche le sinistre italiane si sarebbero dimostrate immuni.

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Informazioni

Anno
2022
ISBN
9788855223720
Parte terza
Donne, partito, rappresentanza nel Meridione d’Italia

XIII. Nilde Iotti, il Partito comunista e la democrazia in Italia

di Giuseppe Bottaro

Le tematiche affrontate in queste interessanti giornate di studio incentrate sulla figura di Nilde Iotti e sul Partito comunista italiano riguardano interamente il XX secolo. Il Partito comunista d’Italia nasce nel 1921 come sezione italiana dell’Internazionale comunista e termina la sua esistenza come Partito comunista italiano nel 1991, ma la sua sorte è segnata in maniera evidente dalla caduta del muro di Berlino nel 1989 e dal conseguente crollo dei regimi comunisti nell’Europa dell’Est.
La Iotti è stata, certamente, una delle esponenti più importanti del partito, in grado di esprimere, a partire dagli anni dell’Assemblea costituente e fino alla presidenza per tre legislature della Camera dei deputati, quella grande cultura politica tipica di un secolo pienamente e consapevolmente ideologico com’è stato il Novecento. Sono, però, convinto che mentre un partito come quello comunista passato «dalla rivoluzione alla democrazia», come ha sostenuto recentemente Piero Fassino, non poteva che essere un prodotto del XX secolo, costretto necessariamente a completare la sua storia in quel determinato contesto, per una figura come quella di Nilde Iotti dire ciò sarebbe, invece, molto riduttivo, anche se tutta la sua esistenza si è consumata nel Novecento (dal 1920 al 1999). Con il suo realismo, il suo equilibrio politico e la sua duttilità, come è stato sottolineato in molte belle relazioni ascoltate durante gli intensi lavori delle giornate di studio, probabilmente, meglio di come spesso facciamo noi oggi, la Iotti si sarebbe facilmente adattata alle tematiche e alle lotte politiche e sociali ancora in corso nel XXI secolo.
Il suo rigore sul versante del credo politico, ma anche l’apertura verso gli avversari nelle aule parlamentari, venne sempre riconosciuto alla Iotti dai leader dei principali partiti della prima Repubblica con i quali si confrontò soprattutto durante il periodo tra il 1979 e il 1992, anni nei quali guidò con mano ferma l’Assemblea di Montecitorio. In quel frangente molto difficile per la storia italiana che va dagli anni di piombo fino all’inizio di Tangentopoli, la Iotti cercò, confrontandosi con protagonisti del calibro di Andreotti, Berlinguer, Craxi, De Mita, di difendere il ruolo del Parlamento e il parlamentarismo contro la minaccia del terrorismo e contro alcune pulsioni molto evidenti che spingevano verso una riforma istituzionale in senso presidenzialista. Allo stesso modo, sentì la responsabilità di affermare la centralità delle donne sulla scena politica italiana, difendendone il ruolo e promuovendo la loro capacità di districarsi in contesti molto difficili, basti pensare alla nomina da lei voluta di un’altra grande donna della politica italiana, quale è stata Tina Anselmi, alla presidenza della Commissione d’inchiesta sulla Loggia massonica P2.
Isaiah Berlin pensava che il Novecento andasse considerato come il secolo più terribile della storia dell’umanità, altri importanti filosofi e storici contemporanei hanno ritenuto, invece, che il secolo breve potesse identificarsi in alcuni avvenimenti «eccezionali» che lo hanno segnato e caratterizzato. Le due guerre mondiali, appunto, la Shoah, la Rivoluzione d’ottobre del 1917, i movimenti di emancipazione dei popoli coloniali in Africa e in Asia (per inciso durante il Novecento questi popoli si sono emancipati proprio dagli europei che avevano imposto loro l’imperialismo e il colonialismo) e, infine, il movimento di rivendicazione dei diritti da parte delle donne, il femminismo, che inizia in alcuni paesi, Gran Bretagna e Stati Uniti in maniera consapevole già nel XIX secolo, ma che si sviluppa appieno nel resto dell’Europa e in Italia soltanto nel Novecento. Anzi, potremmo a ragione sostenere non essere ancora arrivato oggi a conclusione nella gran parte dei paesi del mondo.
Per quel che riguarda il nostro argomento, metterei come lascito positivo del Novecento la realizzazione anche in Italia dal 1946 in poi della democrazia rappresentativa, vale a dire di quel pluralismo liberal-democratico capace di coinvolgere tramite il suffragio universale ceti, classi sociali, gruppi più o meno organizzati, associazioni fino al XIX secolo totalmente estranei al processo di governo. Su tutto ciò, ad esempio, la Iotti ha avuto molto da dire e anche ai nostri giorni avrebbe molto da insegnare.
Una delle tematiche fondamentali delle giornate di studio «Donne, partito, rappresentanza nel Meridione d’Italia» ci riporta, inevitabilmente, al ruolo delle donne e dei partiti politici nella parte d’Italia che ha avuto le maggiori difficoltà nella storia del nostro paese. L’argomento centrale è, pertanto, il Mezzogiorno e il secondo dopoguerra, l’unico momento forse della nostra storia unitaria nel quale i nostri territori hanno avuto una risonanza nel dibattito politico e questo non soltanto per merito delle donne e degli uomini del Partito comunista, mi piace ricordare tra i tanti Emanuele Macaluso, ma anche della Democrazia cristiana e del mondo cattolico al cui interno si sono stagliate figure non secondarie del panorama politico italiano, da Aldo Moro a Giorgio La Pira. Da qualche decennio a questa parte, vale a dire dalla fine della prima Repubblica, il Mezzogiorno e oserei dire anche la maggior parte dei suoi rappresentanti politici si ritrovano ai margini del dibattito pubblico, circostanza evidenziata dal fatto che la questione meridionale è ormai quasi del tutto sparita perfino negli studi dei docenti afferenti alle università del Mezzogiorno. Oggigiorno, infatti, la classe dirigente meridionale non sembra consapevole del fatto che l’economia da troppo tempo stagnante nelle regioni del Sud sta, inesorabilmente, determinando lo svuotamento demografico di questa porzione d’Italia (dall’inizio del XXI secolo si può parlare di un vero e proprio esodo delle ragazze e dei ragazzi con un alto livello di scolarizzazione) e una marginalità economica, politica e sociale che non ha paragoni nella storia della Repubblica.
Anche se la storia del Partito comunista d’Italia inizia nel 1921, in realtà la genesi del comunismo italiano deve necessariamente intrecciarsi con la più grande storia del movimento socialista; occorre, pertanto, ritornare al 1892, data di fondazione del Partito socialista italiano e scorrere da quella data le principali circostanze e gli elementi fondamentali che ne hanno caratterizzato il percorso storico durante il XX secolo.
Un elemento da sottolineare, che ci fa anche comprendere la marginalità del Mezzogiorno all’interno di questa grande vicenda, è rappresentato dalla centralità del triangolo industriale, Torino, Milano, Genova nella storia del comunismo italiano. Gramsci e Togliatti frequentano l’Università a Torino e fondano in quella città la rivista «L’Ordine Nuovo». Nel periodo dell’occupazione nazifascista gli operai delle principali città del Nord-ovest daranno un contributo fondamentale alla Resistenza. Inoltre, le lotte dei lavoratori e le occupazioni delle fabbriche inizieranno quasi tutte proprio in quelle città, così come il movimento studentesco del 1968.
Una seconda questione emerge studiando il movimento comunista in Italia, vale a dire le scissioni a sinistra che ne caratterizzano la storia, a partire dalla scissione del 1921 con la quale prende l’avvio la storia del Partito comunista d’Italia, a Livorno. Con la caduta del muro di Berlino nel 1989 e con la fine dell’Unione Sovietica, nel 1991, finisce la storia del Partito comunista italiano e nascono sia il Partito democratico della sinistra sia la Rifondazione comunista di Cossutta. In molte scissioni, comunque, a partire da quella del 1921, oltre alle circostanze inerenti la più generale linea politica, sono spesso stati presenti rilevanti fattori esterni anche fisici, come nel caso degli emissari del Komintern che lavoravano per la costituzione della sezione italiana della Terza Internazionale.
In terzo luogo, nella storia italiana del movimento socialista si avverte il disagio rispetto a tutti quei dirigenti sia socialisti sia comunisti che non sono stati in grado di comprendere per tempo la natura intrinsecamente democratica del Partito popolare di don Luigi Sturzo e, nel secondo dopoguerra, il centrismo che guardava a sinistra della Democrazia cristiana di De Gasperi, Fanfani e Moro. Ad esempio, se ci fosse stato meno settarismo da parte di alcuni dirigenti del Partito socialista italiano e degli esponenti del nuovo Partito comunista d’Italia che lavoravano per la rivoluzione proletaria, nel 1922 si sarebbe potuta realizzare un’alleanza, in parte voluta da Sturzo, Ferrari e De Gasperi per il Ppi, e da Turati, Matteotti e Treves per il Partito socialista, che avrebbe potuto portare alla costituzione di un governo ostile all’ascesa di Mussolini, riuscendo possibilmente a evitare la marcia su Roma.
Un quarto elemento da sottolineare è l’incontro-scontro tra i due leader fondamentali del Partito comunista italiano, Gramsci e Togliatti. L’elaborazione programmatica del primo è stata certamente ricca di idealità e concretezza, ma lo stesso Gramsci non la riesce ad attuare quando diviene segretario del partito, nel 1926, perché arrestato qualche mese dopo la sua elezione e detenuto quasi fino alla sua morte nel 1937. Come sappiamo, Gramsci avrà modo di riflettere durante questo periodo e nei suoi Quaderni del carcere svilupperà una serie di idee che diverranno patrimonio del movimento comunista italiano nel secondo dopoguerra. Dal ruolo degli intellettuali per consolidare nella società gli ideali del socialismo, fino alla questione meridionale come grande questione nazionale, ancora tutt’altro che chiusa soprattutto sul versante dello sviluppo economico e sociale, della crescita del livello minimo di infrastrutture e servizi e sull’innalzamento del tenore di vita. Gramsci si occupò anche della questione cattolica e del ruolo del partito come moderno Principe che deve guidare la radicale trasformazione storica dell’Italia culminante nella conquista del potere ma anche come partito guida della riforma morale e intellettuale.
Come sappiamo, nel 1926 Togliatti deciderà di non portare a conoscenza di Stalin e del Komintern la lettera che Gramsci indirizza al gruppo dirigente del comunismo sovietico, per evitare che si conoscessero le forti perplessità espresse sulla linea politica intrapresa dalla Terza Internazionale. Lo stesso Togliatti, invece, alla fine della seconda guerra mondiale utilizzerà i Quaderni gramsciani come base programmatica del Partito comunista italiano soprattutto a partire dalla svolta di Salerno del 1944.
Il Partito comunista italiano negli anni dal 1944 al 1948, e proprio in questo periodo inizia a delinearsi la figura politica di Nilde Iotti, affronta tutte le fasi cruciali per la rinascita dell’Italia con l’autorevolezza di essere stato il primo artefice della resistenza al fascismo e il massimo propugnatore dell’unità delle forze di liberazione dall’occupazione tedesca. Con la svolta di Salerno Togliatti dà anche l’avvio a quel partito nuovo che cessa di essere una costola rivoluzionaria dell’Internazionale comunista diretta da Mosca e diventa un partito di massa che ha l’ambizione di costruire in Italia la Repubblica democratica dei lavoratori, preferibilmente in unità con tutti gli altri esponenti del movimento socialista.
Il merito riconosciuto del Partito comunista guidato da Togliatti fu quello, durante gli anni dell’Assemblea costituente, di voler ricercare a tutti i costi un nobile compromesso con le altre culture politiche, quella cattolico-democratica e quella liberale. In questo alto gioco politico anche la Iotti ebbe un ruolo rilevante facendo parte, giovanissima, della Commissione dei 75 e partecipando, pertanto, in prima persona alla stesura della Costituzione. Occorreva trovare il compromesso per costruire l’unità della Repubblica, questo pensava nel 1947 Togliatti, individuare un terreno comune nel quale far confluire correnti ideologiche e politiche, un compromesso abbastanza solido tra i differenti partiti per riuscire a redigere una Costituzione programmatica ed edificare un r...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Un indirizzo di saluto e note minime introduttive di Mario Calogero
  6. Nilde Iotti e il Pci: una storia comune. Presentazione di Daniela Novarese
  7. Parte prima. Nilde Iotti: momenti di vita istituzionale
  8. Parte seconda. Nilde e le nuove generazioni di donne comuniste
  9. Parte terza. Donne, partito, rappresentanza nel Meridione d’Italia
  10. Parte quarta. L’eredità delle donne comuniste
  11. Gli autori e le autrici