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Dieci passi per una Chiesa sinodale

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Dieci passi per una Chiesa sinodale

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Sollecitata da papa Francesco, la Chiesa universale ha iniziato una lunga fase sinodale che coinvolgerà per alcuni anni le comunità cristiane in un cammino di discernimento e conversione spirituale e pastorale. Essa va intesa e vissuta «dal basso» e «insieme». Dal basso non già per ribadire una visione gerarchica della Chiesa, ma per sottolinearne la dimensione popolare: ciò implica l'impegno di valorizzare le voci e la corresponsabilità di tutti i battezzati, donne e uomini, giovani e adulti. Insieme significa che ogni credente in Cristo è sollecitato a portare il suo contributo, nella certezza che sarà accolto e considerato. Eguale cura e considerazione ciascuno dovrà avere verso gli altri. Traspare così il volto della Chiesa come comunità in ascolto, fraterna, aperta, dialogica, dinamica. E missionaria.Attraverso i contributi di diversi autori ? accomunati dalla formazione ricevuta in Azione Cattolica e dall'esperienza di servizio alla Chiesa locale ? il testo offre spunti concreti per mettersi in tale prospettiva. Vengono proposte dieci parole-chiave (Popolo di Dio, Fraternità, Comunione, Ascolto, Partecipazione, Franchezza, Discernimento comunitario, Corresponsabilità, Trasformazione missionaria, Il volto del cristiano) che suggeriscono una serie di irrinunciabili condizioni, atteggiamenti, esercizi, disponibilità, virtù per essere realmente «Chiesa sinodale», come chiede il Papa. Ciò indica sia un metodo per assumere decisioni nella Chiesa sia, al contempo, uno stile necessario dell'essere Chiesa "in uscita", nella quale si favorisca e si realizzi il senso di corresponsabilità per la missione. Un metodo e uno stile che potrebbero persino essere – se adeguatamente interpretati e testimoniati – d'aiuto per la comunità civile e la società nel suo complesso.

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Informazioni

Editore
In Dialogo
Anno
2022
ISBN
9788832047752
1
POPOLO DI DIO
Riscoprirsi tutte e tutti discepoli missionari corresponsabili
Cristina Viganò
Chi è la Chiesa?
Riconoscere immaginari sedimentati
Potremmo chiederci: “chi è la Chiesa per me?”; potremmo provare a chiederlo a colleghi di lavoro e vicini di casa; se lo chiedessimo alle nostre nonne e ai nostri nonni forse risponderebbero: “la parrocchia con il parroco”, oppure “i cristiani che obbediscono al Papa e ai vescovi”, “il luogo dove si trova la salvezza”. Se poi ci chiedessimo da chi è composta la Chiesa, forse diremmo: “dai credenti” o, forse, “dal clero e dai laici”. In sostanza, la parola “Chiesa” è accompagnata da un immaginario diversificato, in parte sedimentato per secoli e avvalorato anche dal magistero nel corso degli anni.
Papa Leone XIII scriveva all’Arcivescovo di Parigi (Epistula tua, 1885):
Nella Chiesa di Dio, per volontà manifesta del suo divino fondatore, vanno distinte in modo assoluto due parti: il discente e il docente, il gregge e i pastori, in mezzo ai quali ce n’è uno che è il capo e il pastore supremo di tutti. Ai soli pastori è stato dato ogni potere di insegnare, di giudicare, di dirigere; ai fedeli è stato imposto il dovere di seguire i loro insegnamenti, di sottomettersi con docilità ai loro giudizi e di lasciarsi da essi governare, correggere, condurre alla salvezza.
San Pio X, nell’enciclica Vehementer Nos (1906), così si esprimeva: «La moltitudine non ha altro diritto che quello di lasciarsi condurre e, come docile gregge, seguire i suoi pastori».
Infine, Pio XII nell’enciclica Mediator Dei (1947) scriveva:
Il sacrificio della messa viene consumato sia che i fedeli vi assistano sia che non vi assistano, non essendo necessario in alcuna maniera che il popolo dei fedeli ratifichi ciò che compie il sacro ministro.
In sostanza, secondo questa visione, la Chiesa è composta da due gruppi: gli insegnanti e gli scolari, coloro che governano e coloro che obbediscono, coloro che celebrano i sacramenti e coloro che vi assistono. La Chiesa è fatta di clero e laici. Forse le affermazioni dei pontefici ci sembrano un po’ eccessive ma, se esaminassimo i nostri immaginari e analizzassimo la vita ordinaria delle nostre comunità, scopriremmo che tale visione è molto più radicata in noi di quanto pensiamo, nonostante il deciso cambio di prospettiva operato dal Vaticano II.
Differenze di ruolo a servizio del dono e della responsabilità dell’insieme
Nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa del Concilio Vaticano II Lumen Gentium, ai capitoli I e II, la Chiesa è presentata come parte del mistero salvifico di Dio, frutto della stessa Trinità nel suo agire per il bene del mondo (LG 2-4). Tale mistero non è una realtà invisibile e impalpabile, ma storica, che il Concilio individua principalmente come l’unico «popolo di Dio», convocato dal Padre, non per i suoi meriti, ma per pura grazia (LG 9). Un popolo dove tutti i membri godono della dignità e libertà dei figli di Dio, dove le differenze sociali, di razza, di genere non sono motivo di divisioni e gerarchie di potere (cfr. Gal 3,26-29), perché la legge che vige tra tutti è quella della carità, del servizio reciproco e al mondo. Infatti, la Chiesa è un «popolo messianico», che assume lo stile di servizio e di misericordia di Gesù, lo stile del seme che muore per portare frutto, lo stile della povertà e umiltà, la predilezione per i più piccoli. Così facendo, tale popolo si fa segno e strumento di comunione, di unità, di riconciliazione per tutto il mondo (cfr. Comunione).
Quest’unico popolo si realizza grazie all’accoglienza del Vangelo da parte dei tanti popoli della terra, dando vita a Chiese locali che esprimono, vivono e celebrano l’unica fede secondo la cultura e i linguaggi propri di quella terra. È un popolo «cattolico», dice la Lumen Gentium al n. 13, che vive della pienezza della verità del Vangelo, pienezza raggiunta anche attraverso la comunione delle differenze.
In esso, ciascuna e ciascun fedele è chiamato a essere sacerdote a immagine di Cristo, a offrire, cioè, la propria vita; ciascuna e ciascuno è responsabile dell’annuncio perché la luce del Vangelo raggiunga ogni donna e ogni uomo (cfr. Corresponsabilità). Ciascuno vive questa responsabilità secondo i doni (carismi) che lo Spirito gli ha dato, mettendoli a servizio del bene comune (LG 12). Il popolo di Dio, infatti, è tempio dello Spirito, quello Spirito che ha la creatività delle differenze, delle particolarità, tenendo tutti uniti.
Alcuni tra i membri di questo popolo saranno chiamati a servizi (“ministeri”) indispensabili per il corpo ecclesiale, per sostenere la comunità tutta ad adempiere la missione di testimonianza e di servizio al mondo. Tuttavia, poiché questo popolo è «corpo di Cristo», in esso nessun membro può dire all’altro “tu non mi servi, io basto a me stesso, io sono il tutto” (cfr. 1Cor 12; Rm 12,3-6; Ef 4,1-16), poiché la pienezza si ha solo nell’insieme delle diversità, diversità di Chiese sparse su tutta la terra e diversità di forme di vita, di doni e ministeri di cui ciascuna/o è portatore responsabile.
Un popolo di fratelli e sorelle, tutti discepoli missionari
La categoria di popolo di Dio per descrivere la Chiesa è ampiamente utilizzata da papa Francesco. In particolare, nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium egli afferma che soggetto proprio dell’evangelizzazione è tutto il popolo di Dio (EG 111). “Tutto il popolo” significa, concretamente, tutte le Chiese sparse nel mondo, con le proprie particolarità (EG 115); significa anche ogni credente, battezzate e battezzati.
La ricezione, l’assimilazione della svolta operata dal Vaticano II – dalla Chiesa divisa in due gruppi ineguali alla Chiesa popolo di credenti – si sintetizza nella nota espressione: siamo tutti e tutte «discepoli missionari» (EG 120). Anche il clero è discepolo e non solo insegnante e anche i laici sono missionari e non solo recettori dell’insegnamento e delle cure del clero (cfr. Trasformazione missionaria). Anzi, bisognerebbe proprio superare l’utilizzo di queste due categorie, perché non sono in grado di descrivere la varietà dei soggetti che formano la Chiesa. Per quanto il clero appaia omogeneo, in realtà si articola in tre forme, una delle quali è il diaconato che vede per lo più coinvolti uomini sposati, con una loro professione; per non dimenticare i presbiteri sposati delle Chiese orientali. Se guardiamo, poi, il cosiddetto laicato, esso è ancora più diversificato: innanzitutto, compaiono le donne; ci sono alcuni che vivono il sacramento del matrimonio mentre altri no; c’è chi vive particolari forme di consacrazione, chi svolge ministeri specifici e vari servizi nelle comunità e chi è impegnato in attività politiche, sociali, culturali. Un popolo, dunque, dai molti volti e ciascuno di questi è prezioso per il bene dell’insieme.
Infine, non va dimenticato l’accorato appello dell’enciclica Fratelli tutti. Rivolto a ogni donna e a ogni uomo, l’appello alla fraternità universale ricorda, innanzitutto, ai credenti in Cristo di essere i primi chiamati, per grazia, a realizzare concrete comunità dove le relazioni siano caratterizzate da tale fraternità: «Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8).
Per convertire immaginari clericali sedimentati non basteranno certo conferenze e nemmeno autorevoli interventi pontifici, ma occorrerà cimentarsi in rapporti nuovi, di cui la sinodalità è forma e strumento privilegiato.
Per continuare la riflessione
Quali immagini di Chiesa alimentano le nostre comunità, a partire dagli operatori pastorali, dal clero e dalle persone che si incontrano nelle diverse proposte pastorali?
Quali sono le modalità di relazione che si vivono all’interno delle nostre comunità?
Per approfondire
D. VITALI, Verso la sinodalità, Qiqajon, Magnano 2014.
R. REPOLE, Come stelle in terra. La Chiesa nell’epoca della secolarizzazione, Cittadella Editrice, Assisi 2012.
M. NARDELLO, Chiesa sinodale, in «Credere Oggi» 39 (4/2019), n. 232, pp. 115-127.
2
FRATERNITÀ
Essere Chiesa nel mondo che annuncia il Vangelo a ogni creatura
don Cristiano Passoni
Una parola non scontata
Sembra una parola scontata e invece non lo è. Cosa pensiamo quando parliamo della “fraternità”? La via, il flusso, la piazza, la gente che in qualche modo vuole incontrarsi o si sente accomunata da chissà che, dopo una stagione di solitudine e distanziamento come quella che abbiamo appena vissuto? Oppure l’abbraccio che accomuna persone diverse e le fa sentire “fratelli d’Italia” dopo una vittoria? Tutto questo è vero, ma non basta a definirla. Descrive solo un po’ che cosa sia fraternità, ne lascia intuire il senso.
Tuttavia, l’incertezza di questo modo di sentire dice qualcosa di ciò che essa contiene. Più che un diritto o un dovere, come la libertà e l’uguaglianza, essa sembra aprire lo spazio di un desiderio, di un’aspirazione e, insieme, di un riconoscimento. È ciò che si è, ma anche ciò che si vorrebbe diventare, sempre di più, riconoscendolo come un bene essenziale, un modo d’essere indispensabile.
Insieme, “fraternità” oggi è anche diventato un termine considerato con poca benevolenza, perché ritenuto troppo sentimentale, retaggio di una risonanza cristiana che il tempo chiede di riconsiderare in fretta. Lo ricorda anche papa Francesco nel primo capitolo della sua enciclica Fratelli tutti:
Per decenni è sembrato che il mondo avesse imparato da tante guerre e fallimenti e si dirigesse lentamente verso varie forme di integrazione. Per esempio, si è sviluppato il sogno di un’Europa unita, capace di riconoscere radici comuni e di gioire per la diversità che la abita. [...] Ma la storia sta dando segni di un ritorno all’indietro. Si accendono conflitti anacronistici che si ritenevano superati, risorgono nazionalismi chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi.
(FT 10)
La fraternità non va da sé
Da queste brevi battute introduttive riconosciamo che, nonostante l’evidenza dei legami, la fraternità non si impone, non va per nulla da sé. Non è così per i fratelli e le sorelle di sangue, come ci racconta spesso la Bibbia – basta pensare alla storia di Giuseppe, venduto dai suoi stessi fratelli –, non lo è per il genere umano.
Charles M. Schulz, il grande inventore di Charlie Brown, non manca di evidenziarlo nelle sue celebri vignette. Con fine acutezza...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Circa L’autore
  3. Frontespizio
  4. Copyright
  5. Prefazione
  6. Introduzione
  7. 1. Popolo di dio Riscoprirsi tutte e tutti discepoli missionari corresponsabili
  8. 2. Fraternità Essere Chiesa nel mondo che annuncia il Vangelo a ogni creatura
  9. 3. Comunione Pluriformità nell’unità, da riscoprire e da vivere
  10. 4. Ascolto Chiesa attenta ai gemiti dello Spirito disseminati al di là dei cancelli ecclesiali
  11. 5. Partecipazione Regole e linee per coinvolgersi, non barriere
  12. 6. Franchezza Strumento di evangelizzazione ed esercizio di profezia e responsabilità
  13. 7. Discernimento comunitario Il popolo di Dio decide insieme
  14. 8. Corresponsabilità Coinvolti in una sfida seria e decisiva
  15. 9. Trasformazione missionaria I frutti di una sinodalità vissuta Antonella Marinoni – Luca Moscatelli
  16. 10. Il volto del cristiano Per uno stile di presenza
  17. Indice