Questa volta è stato diverso: le coraggiose politiche adottate a livello europeo sono riuscite ad attenuare la portata distruttiva di uno shock economico
L’impatto economico della pandemia è stato immediato e senza precedenti
Il calo della produzione seguito allo scoppio dell’epidemia è stato il più deciso mai verificatosi in Europa dal dopoguerra ai giorni nostri. A metà 2020 il PIL reale dell’UE era diminuito del 14% rispetto a un anno prima, mentre il reddito primario delle famiglie era diminuito del 7,3% nello stesso periodo. Il fatturato delle imprese ha toccato il fondo nel maggio 2020, con un calo degli introiti del settore manifatturiero dell’ordine del 30% dall’inizio dell’anno. Da quel momento in poi, anche grazie alla maggiore selettività delle misure sanitarie in vigore, l’economia europea ha iniziato a riprendersi. Tuttavia i vari paesi sono stati interessati da nuove ondate di contagio in maniera diversa e questo ha contribuito alla disomogeneità e all’incertezza della ripresa: ne stanno emergendo asimmetrie a livello settoriale, a livello di dimensione di impresa e, di conseguenza, a livello territoriale.
In tutta Europa, gli investimenti fissi lordi reali sono sì diminuiti notevolmente, ma meno del previsto. Inoltre la ripresa dallo shock generato dalla pandemia è avvenuta dopo soli due anni, contro gli oltre dieci necessari per recuperare il livello preesistente dopo la crisi finanziaria mondiale. Alla fine del secondo trimestre 2020 gli investimenti reali nell’Unione europea erano crollati vertiginosamente del 14,6% rispetto al quarto trimestre 2019[1], per recuperare poi velocemente e tornare comunque ai livelli del 2019 nel secondo trimestre 2021. Gli investimenti pubblici hanno fatto registrare un incremento costante, con un aumento nel 2020, rispetto al 2019, che è stato del 7% nell’Europa centrale, meridionale e orientale, e dell’1% nell’Europa occidentale e settentrionale. Gli investimenti delle famiglie (principalmente nelle abitazioni) sono sì diminuiti, ma si sono poi resi protagonisti di una rapida ripresa sostenuta dalle varie iniziative dei governi a tutela dei posti di lavoro e del reddito disponibile, oltre che dall’andamento favorevole dei prezzi delle case. Il calo degli investimenti delle imprese è stato invece più deciso. Alla fine del secondo trimestre 2021, infatti, tali investimenti erano ancora inferiori al livello raggiunto a fine 2019 di uno 0,22%, mentre lo scarto era del 6.9% rispetto al livello che si sarebbe raggiunto proiettando in avanti l’andamento del periodo 2013-2019. Per quanto riguarda la tipologia di attivi, gli investimenti in macchinari e attrezzature sono quelli che, a fronte del calo più deciso, hanno evidenziato la ripresa più lenta.
Lo shock e la ripresa sono caratterizzati da asimmetrie che ora stanno emergendo. Mentre all’inizio lo shock causato dalla pandemia ha colpito tutto sommato indiscriminatamente la totalità degli Stati membri dell’UE, oggi l’impatto è meno omogeneo e anche il ritmo di ripresa degli investimenti non è lo stesso ovunque. Al secondo trimestre 2021 gli investimenti fissi lordi reali erano superiori ai livelli pre-pandemia (quindi a quelli del quarto trimestre 2019) in 20 Stati membri, ma inferiori al livello pre-crisi in sette.
La pandemia ha innescato un brusco calo degli investimenti, in particolare da parte delle imprese
Investimenti fissi lordi nell’Unione europea in termini nominali (4° trim. 2019=100): ripartizione per settore istituzionale
Fonte: Eurostat, elaborazioni BEI.
Nota: sono esclusi i dati relativi all’Irlanda.
Con il drastico calo delle vendite in molte imprese europee anche gli investimenti hanno subito pesanti tagli
I dati dell’indagine annuale della BEI sugli investimenti (EIBIS)[2] rivelano gli effetti spesso disomogenei della crisi sulle imprese. La pandemia ha comportato un calo delle vendite per circa il 49% delle imprese dell’UE, contro il 21% che ha invece evidenziato un aumento. La bassa produttività (pre-crisi) si è rivelata un importante fattore predittivo della perdita di fatturato, e le imprese con un maggior livello di digitalizzazione hanno evidenziato una resilienza leggermente superiore. Le piccole imprese hanno subito un notevole calo delle vendite (almeno il 25%), oltretutto con maggiore frequenza rispetto alle imprese di dimensioni medio-grandi. A livello settoriale emergono forti differenze. Oltre che alberghi e ristoranti, le perdite hanno interessato soprattutto le imprese del settore dei trasporti. La ripartizione dei dati per paese mostra che la percentuale di imprese interessata da un calo delle vendite spazia da meno del 40% in Danimarca e Svezia al 60% a Malta.
Molte imprese interessate dalla crisi hanno inoltre posticipato gli investimenti. Infatti la percentuale di imprenditori che hanno segnalato attività di investimento nell’anno precedente è scesa dall’86% dell’indagine EIBIS 2020 al 79% del 2021. A fronte del calo delle vendite, il 23% delle imprese ha rivisto al ribasso i propri piani di investimento, mentre solo il 3% prevede un incremento in tal senso. In effetti la pianificazione di investimenti è risultata, in termini di probabilità, inversamente proporzionale alla perdita di fatturato del 2020.
Quasi la metà delle imprese dell’UE ha subito un calo delle vendite dall’inizio del 2020 a causa della pandemia
Percentuale di imprese
Un quarto delle imprese dell’UE ha rivisto al ribasso i propri piani di investimento in risposta alla pandemia
Percentuale di imprese
Fonte: EIBIS 2021.
Le politiche economiche adottate in risposta alla crisi si sono rivelate efficaci nel garantire la continuità operativa
La tempestiva risposta dell’Unione europea ha consentito ai governi degli Stati membri non solo di assorbire la maggior parte delle perdite di reddito subite dalle famiglie a causa della pandemia, ma anche di prevenire molte chiusure di imprese. In un contesto caratterizzato da tassi interesse già estremamente bassi, le misure adottate a livello di UE che hanno consentito agli Stati membri di attuare una risposta efficace sono principalmente tre. La prima è stata la sospensione delle norme sul disavanzo e sul debito previste dal Patto di stabilità e crescita che ha consentito il coordinamento delle politiche di bilancio adottate a livello nazionale in risposta alla crisi. La seconda misura è stata l’offerta di sovvenzioni e strumenti di prestito agevolati per imprese e privati a livello nazionale, integrata dallo strumento SURE per la difesa dei posti di lavoro, dal Fondo di garanzia paneuropeo e dalla risposta alla crisi del Meccanismo europeo di stabilità. Il terzo provvedimento è stato l’acquisto su larga scala di titoli di Stato dell’area dell’euro da parte della Banca centrale europea, che ha permesso di contenere o addirittura ridurre i costi di finanziamento della spesa pubblica nonostante i crescenti livelli di indebitamento. Le imprese hanno risposto alla prima fase della pandemia riducendo le spese di investimento ed emettendo debito in modo da costituire riserve di liquidità che hanno poi contribuito alla rapida ripresa degli investimenti nella seconda metà del 2020.
Le imprese hanno risposto alla pandemia riducendo le spese di investimento ed emettendo debito in modo da costituire riserve di liquidità
Variazione delle disponibilità liquide e degli investimenti rispetto al trimestre precedente (in miliardi di euro)
Fonte: Eurostat, elaborazioni BEI. Gli investimenti fissi lordi sono destagionalizzati.
Gli aiuti pubblici hanno compensato la perdita di reddito primario per le famiglie contribuendo altresì a sostenere la domanda. Se è vero che il reddito primario delle famiglie è diminuito del 7,3% nel secondo trimestre 2020 rispetto a un anno prima, il reddito secondario (derivante da prestazioni previdenziali e altri trasferimenti) è aumentato complessivamente del 6,5% del reddito lordo nello stesso periodo, con conseguente ampia compensazione delle perdite. I meccanismi di conservazione del posto di lavoro hanno permesso di evitare i costi legati alla ricerca di un’occupazione e alla successiva riassunzione, scong...