Il Quattrocento in Europa
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Il Quattrocento in Europa

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Periodo di transizione verso il consolidamento delle grandi monarchie europee, che nel secolo successivo si sarebbero disputate l'egemonia nel Continente, il Quattrocento segnò anche la fine del periodo delle Signorie e l'inizio delle Guerre d'Italia che avrebbero fatto della Penisola la preda più ambita dei sovrani stranieri.Rappresentò inoltre l'apogeo dell'umanesimo italiano, che si sviluppò quale crocevia di dottrine e tendenze antiche e moderne, europee e orientali, razionaliste e magiche, scientifiche e teologiche, metafisiche ed empiriste, con una nuova visione dell'uomo che riunisce in sé la natura e il trascendente, un modello completo di vita e di cultura. L'umanesimo, grazie a Erasmo da Rotterdam, mise le sue radici culturali in Europa quale civiltà dell'antidogmatismo, all'insegna della concezione universale dell'uomo, della trasformazione delle diversità – anche religiose – in elemento di arricchimento anziché di divisione.

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Informazioni

Editore
Pelago
Anno
2022
ISBN
9791255010050

PANORAMA

Il ratto d’Europa, da un quaderno di appunti di Albrecht Dürer. Disegno a penna e carbone, 1494-1495, Albertina, Vienna.
Il ratto d’Europa, da un quaderno di appunti di Albrecht Dürer. Disegno a penna e carbone, 1494-1495, Albertina, Vienna.

LO SCENARIO

Dopo la grande crisi di metà Trecento, la peste, le carestie e le guerre infinite, l’Europa della seconda metà del Quattrocento sembrava aver raggiunto una situazione relativamente stabile. Nel 1434 ebbero fine le guerre hussite in Boemia tra cattolici e riformatori-rivoluzionari seguaci di Jan Hus; nel 1453 si concluse la Guerra dei Cent’anni tra Francia e Inghilterra. All’interno degli Stati terminarono i conflitti che avevano portato anarchia e distruzione: la Guerra delle Due Rose in Inghilterra (1485); in Italia, la Pace di Lodi (1454) riportò un certo equilibrio tra le Signorie e gli Stati italiani; in Spagna, il matrimonio tra Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona (1469) fu il preludio all’unificazione dei due regni e all’estromissione finale degli arabi dalla penisola iberica (1492).
Si consolidarono quindi le grandi monarchie di Francia, Spagna e Inghilterra, che assunsero sempre più una struttura centralizzata, nella quale al re facevano capo governatori, giudici e rappresentanti della Corona nelle diverse province. Furono riformati i sistemi di tassazione trasformando in stabili le imposte straordinarie dovute al finanziamento delle guerre: ciò permise ai sovrani di contare su un’amministrazione più solida e soprattutto di creare eserciti permanenti formati da militari professionisti al posto di quelli prima affidati ai vari feudatari. In pratica, il frazionamento territoriale e politico, di stampo feudale, si ridusse a favore di strutture centralizzate, grazie all’alleanza con la nuova borghesia che andò sostituendo la nobiltà feudale.
Gli sposi Arnolfini. Il matrimonio del mercante Giovanni Arnolfini, originario di Lucca vissuto nelle Fiandre, con Giovanna Cenami ritratto da Jan van Eyck. Olio su tavola, 1434, National Gallery, Londra.
Gli sposi Arnolfini.
Il matrimonio del mercante Giovanni Arnolfini,
originario di Lucca vissuto nelle Fiandre,
con Giovanna Cenami ritratto da Jan van Eyck.
Olio su tavola, 1434, National Gallery, Londra.
Ha scritto la medievista francese Françoise Autrand:
“NEL XIV E XV SECOLO IN TUTTA L’EUROPA IL CONTENUTO ESSENZIALE ESISTE GIÀ: LO STATO, QUALUNQUE ESSO SIA, È UNO STATO TERRITORIALE. I CONFINI, CHE DAGLI INIZI DEL QUATTROCENTO HANNO GUADAGNATO IN CONSISTENZA, SONO DIVENTATI FRONTIERE. DA LUNGO TEMPO SI CONCEPIVANO I CONFINI DI UN REGNO COME UNA SEMPLICE LINEA INSCRITTA NEL PAESAGGIO [...]. MA SOLTANTO NEL MOMENTO IN CUI UN RE ESERCITA LA SUA SOVRANITÀ, QUESTI CONFINI ASSUMONO UN SIGNIFICATO ANCHE POLITICO.1
Al contrario, nell’Impero e in Italia continuò la frammentazione dei secoli precedenti. La Penisola era ben lungi dal poter essere riunita, anche perché l’idea di nazione, in questo caso, era ancora di là da venire. L’umanista partenopeo del Quattrocento Giovanni Pontano – peraltro diplomatico e politico di fiducia della Corona aragonese di Napoli fino all’arrivo dei francesi (1495) – parlava per esempio di «Unione de Italia» intendendo una sorta di alleanza strategica tra Stati che avrebbero mantenuto la loro individualità, quale massimo esempio di possibile “unificazione”. La situazione favorì la calata delle grandi monarchie che vedevano il nostro Paese come la principale terra di conquista europea, per motivi geopolitici ed economici. Ed ebbero inizio le Guerre d’Italia, che sarebbero durate più di mezzo secolo, dal 1494 al 1559.
Ma, se il connotato di un’Italia del Quattrocento frammentata nelle Signorie e nei Ducati aveva favorito lo sviluppo dell’umanesimo, movimento fiorito soprattutto nell’ambiente delle corti signorili, catalizzatrici di artisti e letterati, l’“esportazione” di questi valori nell’Europa delle grandi monarchie si dovette scontrare con una diversa mentalità politica, certamente non incline a nutrire gli ideali rinascimentali. Questi infatti si fecero strada gradualmente contro una società che li contrastava, e solo dopo lunghe lotte poterono tramutarsi in un reale cambiamento sociale e culturale. Si diffusero dall’Italia verso la Svizzera, l’Olanda, l’Inghilterra, incontrando forti contrasti e conflitti prima di imporsi nel Cinquecento. Come scriveva lo storico della filosofia Cesare Vasoli,
Niccolò Cusano, particolare della Passione di Cristo. Pala d’altare del Maestro della Vita della Vergine, 1463 ca., Ospedale di Kues, Germania.
Niccolò Cusano, particolare della Passione di Cristo.
Pala d’altare del Maestro della Vita della Vergine, 1463 ca.,
Ospedale di Kues, Germania.
“[L’UMANESIMO] DIVENNE IL PRINCIPIO COMUNE E UNIFICATORE DELLA CULTURA EUROPEA.”
«Sta di fatto», proseguiva lo studioso, «che questo nuovo tipo di cultura penetrò nelle università, i cui metodi furono spesso profondamente trasformati, lasciò il suo segno sulle nuove istituzioni scolastiche protestanti o cattoliche, riformò il diritto, la medicina e la stessa teologia, e ispirò i tentativi di costruzione di una diversa enciclopedia del sapere, già testimoniati da alcune opere esemplari della fine del secolo».2
Carlo VII di Valois, ritratto di Jean Fouquet. Olio su tavola, 1434, Museo del Louvre, Parigi.
Carlo VII di Valois,
ritratto di Jean Fouquet.
Olio su tavola, 1434, Museo del Louvre, Parigi.
Non dobbiamo dimenticare, infatti (v. Scenario nel volume L’Italia delle Signorie in questa collana), che le grandi trasformazioni politiche, sociali e culturali che segnarono il passaggio dal Medioevo all’Età moderna, nonostante l’afflato di “rinascita” dell’uomo e del suo ruolo nel mondo, o forse proprio per questo, finirono per creare un forte sentimento di incertezza e di disorientamento in chi si sentiva “artefice del proprio destino”, senza potersi appigliare ai valori del passato.
L’uomo uscito dal Medioevo si misurava con una cascata di nuovi valori politici, religiosi e sociali, e nello stesso tempo non riusciva ad allontanarsi da quelli che per secoli avevano nutrito il Vecchio Continente. Quasi di colpo, all’uomo si era presentato uno scenario sconfinato di cultura, di natura, di vita, di meraviglie terrestri e di ragione; e nello stesso tempo la crisi della Chiesa, scossa da corruzione, assenteismo dell’alto clero, sfarzo smodato della Curia romana ed eccessivo coinvolgimento del papato nelle vicende politiche, faceva sbiadire un altro dei punti di riferimento, preparando il terreno alla Riforma luterana e alla sua proposta di ritorno all’ascesi, a una religione pura e non contaminata dagli aspetti mondani e indulgenti del cattolicesimo.
Ma in questo scenario dove era facile smarrirsi, comparve una guida e una coscienza critica nel pensatore che più fu interprete dell’umanesimo a livello europeo, Erasmo da Rotterdam. Egli fu, peraltro, una guida sui generis, che indicava la direzione verso cui muoversi mostrando tutti gli aspetti negativi della cultura religiosa e filosofica del suo tempo: il fanatismo, la superstizione, l’autoritarismo e il dogmatismo; ma sempre attraverso la mediazione dell’ironia, del pluralismo, del relativismo. Una mediazione per decifrare la quale occorreva un’apertura mentale non comune, come la sua, appunto; tanto che Erasmo finì per essere criticato da tutti. Fu il «precettore d’Europa», «teologo senza Chiesa, riformatore senza scismi», «maestro dell’interiorità e del dubbio». Resta inalterabile nel tempo il suo richiamo all’esercizio della ragione, della tolleranza, della comprensione degli altri, ma anche di se stessi, dell’armonia tra la propria vita esteriore e quella interiore.
Introduzione di san Giacomo, Bibbia di Gutenberg, 1454-1455. Università del Texas, Austin.
Introduzione di san Giacomo,
Bibbia di Gutenberg, 1454-1455.
Università del Texas, Austin.
Erasmo ebbe uno strumento potentissimo per far ascoltare la sua voce in tutto il Continente dalla sua piccola Olanda: la stampa a caratteri in piombo inventata dal tedesco Johannes Gutenberg intorno al 1447-49. Basti pensare che, secondo alcune stime, in tutti i mille anni del Medioevo furono prodotti in Occidente circa 11 milioni di manoscritti. Una quantità paragonabile a quella che fu poi creata in soli 50 anni, dal 1450 al 1500: 12 milioni di incunaboli, come sono chiamati i libri stampati fino al 1500, epoca in cui quest’arte uscì, appunto, dalla culla.
Si tratta di una messe di opere a stampa che non ha precedenti e che contribuì in maniera decisiva alla creazione, nella seconda metà del XV secolo, di quella «Repubblica delle lettere» che non ebbe un’esistenza ufficiale, né un parlamento né elettori, ma designa la rete sempre più fitta di contatti tra il mondo accademico, le scuole, gli stampatori e gli intellettuali che si riconoscevano nei valori dell’umanesimo.
Madonna dei Re cattolici, tempera su tavola di Fernando Gallego o scuola, per il Monastero di San Tommaso ad Ávila, 1490-95, Museo del Prado, Madrid.
Madonna dei Re cattolici,
tempera su tavola di Fernando Gallego o scuola,
per il Monastero di San Tommaso ad Ávila, 1490-95,
Museo del Prado, Madrid.
Erasmo fu infatti il primo intellettuale europeo a utilizzare a pieno il potere della parola stampata. Il suo arsenale era rappresentato dai più grandi stampatori-editori dell’Olanda, di Parigi, di Venezia e soprattutto di Basilea, la città dove soggiornò a lungo nell’ultima parte della sua vita e dove morì.
La sua opera avrebbe influito enormemente sulla cultura europea moderna sotto diversi punti di vista, da quello spirituale a quello etico, da quello politico a quello linguistico, tanto che è impossibile tracciarne un percorso.
Il suo libro più noto è l’Elogio della follia, monologo nel quale la personificazione della follia intraprende una sua crociata – con toni satirici, caustici, paradossali – contro le più diffuse certezze politiche, religiose, culturali dell’epoca, prendendo di mira teologi, monaci, personaggi politici e intellettuali. Alla fine entra in scena la “sana” «follia della Croce», vale a dire il desiderio di Cristo di immolarsi per redimere un’umanità costituzionalmente peccatrice, «per rimediare alle follie dei mortali». Non si trattava però di contrapporre una “ragione dei folli” alla “ragione imperante” dell’epoca, ma piuttosto di stemperare entrambe in una nuova visione umanistico-religiosa intrisa di preoccupazioni etiche. Come ha sottolineato un nostro contemporaneo che al pari di Erasmo non era né filosofo, né storico di professione (ma neppure europeo), lo scrittore, drammaturgo e politico messicano Carlos Fuentes:
“È COME SE ERASMO AVESSE RICEVUTO UN AVVISO URGENTE DALLA RAGIONE STESSA: NON PERMETTERE CHE MI SI TRASFORMI IN UN ALTRO ASSOLUTO, COME CAPITÒ ALLA FEDE NEL PASSATO, PERCHÉ IN QUESTO CASO PERDEREI LA RAGIONE DELLA MIA RAGIONE. LA FOLLIA ERASMIANA È UN’OPERAZIONE DOPPIAMENTE CRITICA: ALLONTANA IL FOLLE DAI FALSI ASSOLUTI E DALLE VERITÀ IMPOSTE DALL’ORDINE MEDIEVALE, MA NELLO STESSO TEMPO GETTA UN’IMMENSA OMBRA DI DUBBIO SULLA RAGIONE MODERNA. PIÙ TARDI PASCAL AVREBBE SCRITTO: «È COSÌ NECESSARIA LA FOLLIA DEGLI UOMINI,...

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  1. Collana
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. L’Italia «anima del mondo»
  6. PANORAMA
  7. FOCUS a cura di Salvatore Carannante
  8. APPROFONDIMENTI
  9. Piano dell’opera