Russia e Italia nella diplomazia della belle époque
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Russia e Italia nella diplomazia della belle époque

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Russia e Italia nella diplomazia della belle époque

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Nel corso della storia i rapporti tra Italia e mondo russo hanno costituito un reciproco terreno di interessi culturali e di fascinazioni artistiche e letterarie. Una sintonia che sul piano politico ha seguito un percorso meno intenso, contrassegnato a lungo da una relativa indifferenza. Geograficamente distanti e membri di alleanze opposte, all'inizio del Novecento Italia e Russia furono nondimeno protagoniste di un primo, lento avvicinamento, che le avrebbe viste alleate nella prima guerra mondiale. Basato su documenti d'archivio russi, questo volume ripercorre la dinamica delle relazioni italo-russe nei convulsi anni che condussero l'Europa allo scoppio della prima guerra mondiale, indagando le ragioni e la portata di un'intesa ancora fragile, incentrata sul comune ma concorrente interesse per lo spazio dei Balcani e, dunque, del Mediterraneo.

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Informazioni

Anno
2022
ISBN
9788838251955

1. Italia e Russia nel sistema di alleanze europee

La Russia, un impero in espansione sulla soglia di due continenti, in ragione della sua presenza nello spazio politico, geografico e culturale europeo partecipò sotto molteplici aspetti alle vicende dello stato italiano [1] . Influenzata dall’ideologia panslavista e animata da un’«ansia di vie marittime» [2] , la sua classe dirigente era infatti determinata ad assicurare alla Russia uno status di grande potenza a tutti gli effetti, guadagnando all’impero una posizione politico-territoriale certa e indipendente nei punti di accesso al Mediterraneo, attraverso il controllo degli Stretti turchi e la penetrazione nell’Europa danubiano-balcanica. In questo suo obiettivo secolare, oltre a scontrarsi con la presenza ottomana e asburgica, la Russia finì per incontrare le direttrici della politica estera dell’Italia liberale, la quale, decisa a consolidare il suo ruolo nel consesso delle potenze europee dopo l’Unità, cercava a sua volta di realizzare i propri interessi di stato nazionale indipendente. Si trattava non solo di completare il processo di unificazione, chiudendo la questione irredentista tramite l’annessione dei territori popolati da italiani in possesso dell’impero asburgico [3] , ma anche di affermare e vedere riconosciuta la propria presenza in un settore fondamentale per la sicura esistenza e la vitalità politica ed economica del regno – i Balcani e, con essi, il Mediterraneo.
Non è un caso, del resto, che l’Italia e la Russia siano state le potenze più insoddisfatte dall’esito del congresso di Berlino, che nel 1878 aveva messo fine alla guerra russo-turca scoppiata a seguito delle rivolte nelle regioni ottomane di Bosnia ed Erzegovina. Come è noto, il congresso aveva sovvertito l’opera diplomatica con cui la Russia, vincitrice della guerra contro l’impero ottomano, aveva inteso riorganizzare l’assetto politico-territoriale della regione danubiano-balcanica a proprio vantaggio, facendo leva sul sentimento di solidarietà e comunanza che, sul piano etnico e culturale, legava il popolo russo a quello delle altre nazionalità slavo-ortodosse dei Balcani [4] . I preliminari di pace di Santo Stefano che la Russia aveva imposto al Sultano prevedevano infatti l’elevazione di Serbia e Montenegro a stati indipendenti e territorialmente ingranditi sulla costa adriatica, nonché la creazione di una “Grande Bulgaria” che, estesa dal Danubio all’Egeo, avrebbe garantito alla Russia un’influenza decisiva nella penisola balcanica e in tutti i restanti punti di accesso al Mediterraneo. Il trattato di Berlino, imposto alla Russia dalle altre grandi potenze europee, invece, oltre ad annullare gran parte delle attribuzioni territoriali prospettate da Pietroburgo a vantaggio di Serbia, Montenegro e Bulgaria, confermò il principio di chiusura degli Stretti turchi al passaggio di navi militari straniere, già sancito dai trattati di Parigi e Londra del 1855 e del 1871, lasciando al Sultano la facoltà di aprirli alle sole potenze alleate e amiche qualora lo avesse ritenuto necessario [5] .
Nonostante questa indesiderata svolta degli eventi, a Berlino la Russia era riuscita quantomeno ad ottenere l’indipendenza della Serbia e del Montenegro, ossia di due importanti avamposti dell’impero russo nell’Occidente europeo. Il Montenegro, proteso verso i porti di Cattaro e Antivari, sarebbe stato un alleato prezioso al fine di esercitare la propria influenza in una regione in cui, priva di proprie basi navali, la Russia si trovava a fronteggiare la predominante presenza asburgica [6] . L’annessione di Antivari e del suo litorale al nuovo stato indipendente, tuttavia, era avvenuta a condizioni che vanificavano i vantaggi attesi: secondo le disposizioni dell’articolo 29 del trattato di Berlino, infatti, il Montenegro non avrebbe potuto disporre di navigli e di fortificazioni militari, il porto di Antivari e le sue acque territoriali rimanevano chiusi, mentre il controllo della polizia marittima e sanitaria era attribuito all’Austria-Ungheria, con la quale il Montenegro avrebbe dovuto preventivamente concordare anche la costruzione di strade e ferrovie sul proprio territorio. Similmente, la provincia di Bosnia ed Erzegovina, anch’essa in parte affacciata sull’Adriatico, che la Russia aveva inteso assegnare alla Serbia, non solo venne restituita alla sovranità ottomana ma fu posta per la durata di trent’anni sotto l’amministrazione dell’Austria-Ungheria, che vi avrebbe mantenuto una propria guarnigione militare, ottenendo anche il controllo delle vie commerciali e militari nel sangiaccato di Novi Bazar, un territorio incuneato tra Serbia e Montenegro.
I vantaggi acquisiti dall’impero asburgico nei territori balcanico-adriatici, conseguiti in cambio di altrettanti benefici concessi a Francia e Gran Bretagna nel Mediterraneo, avevano danneggiato la politica italiana non meno che quella russa. L’Italia si ritrovava infatti stretta tra la Francia, sempre più competitiva nel settore mediterraneo e politicamente ostile a seguito del mancato sostegno italiano nella guerra persa contro la Prussia nel 1870-71, e la storica rivalità con l’Austria-Ungheria che, dopo la guerra del 1866 [7] , si era confermata un avversario contro cui era impossibile confrontarsi militarmente. In questo quadro, la Triplice alleanza costituita con Austria-Ungheria e Germania nel 1882 fu lo strumento con cui l’Italia si propose di garantire la propria sicurezza da uno scontro con la Francia e, al contempo, di completare la propria unificazione nazionale acquisendo le terre irredente per via pacifica, tramite un accordo diplomatico con Vienna. A questo, in ottica italiana, serviva infatti la clausola annessa al trattato con il primo rinnovo del 1887 e poi integrata nell’articolo VII del trattato rinnovato nel 1891, in base alla quale in caso di “inorientamento” dell’Austria-Ungheria, ossia di sue eventuali occupazioni, temporanee o permanenti, nelle regioni dei Balcani o delle coste e isole ottomane nell’Adriatico e nell’Egeo, l’Italia avrebbe avuto il diritto ad un compenso rispetto ai vantaggi che l’alleata avrebbe realizzato [8] .
Per parte sua anche la Russia, occupata in una campagna di conquiste ad Oriente a spese dell’impero cinese, era impossibilitata a sostenere uno scontro militare con l’Austria-Ungheria, ancor più da quando era venuto meno il sistema di assicurazioni e controassicurazioni tra Pietroburgo, Vienna e Berlino, costruito dietro la regia del cancelliere tedesco Otto von Bismarck [9] . Per porre rimedio al proprio isolamento dinanzi al blocco austro-tedesco, la Russia aveva stretto un’alleanza militare con la Francia, perfezionata tra il 1892 e il 1894 [10] , provvedendo altresì ad impegnare l’impero asburgico ad una politica di intese dirette riguardo ai Balcani. Nel 1897, infatti, alla ripresa di agitazioni da parte delle popolazioni cristiane nella regione macedone e a Creta, tramite uno scambio di note segreto Vienna e Pietroburgo concordarono che, in caso di mutamenti nello statu quo politico-territoriale dell’impero ottomano, avrebbero favorito la spartizione dei territori ottomani tra gli stati balcanici e la creazione di uno stato albanese indipendente [11] .
Informata, benché sommariamente, dell’intesa raggiunta dall’alleata con la Russia, tra il 1897 e il 1901 l’Italia provvide a sua volta ad impegnare l’Austria-Ungheria ad un analogo accordo a favore dell’autonomia dei vilayet albanesi dell’impero ottomano [12] , mentre non riuscì il tentativo di vincolare il governo di Vienna ad una politica concordata per l’intera penisola balcanica, come proposto dal ministro degli Esteri Giulio Prinetti al momento di negoziare il rinnovo della Triplice nel 1902 [13] .
Dinanzi al rifiuto dell’Austria-Ungheria, Prinetti si rivolse alla Russia, con l’intento di ottenere il suo benevolo assenso a che l’Italia partecipasse alla gestione degli affari balcanici in una pos...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. RUSSIA E ITALIA NELLA DIPLOMAZIA DELLA BELLE ÉPOQUE
  3. Indice dei contenuti
  4. PRESENTAZIONE DELLA SEZIONE «BIBLIOTECA DELLA “RIVISTA DI STUDI POLITICI INTERNAZIONALI”»
  5. SIGLE E ABBREVIAZIONI
  6. Sigle
  7. Abbreviazioni
  8. INTRODUZIONE
  9. I. L’ACCORDO DI RACCONIGI E LE SUE IMPLICAZIONI
  10. 1. Italia e Russia nel sistema di alleanze europee
  11. 2. L’avvicinamento italo-russo all’inizio del nuovo secolo
  12. 3. Izvol’skij, l’Italia e la lega balcanica
  13. 4. La prima crisi albanese
  14. 5. Un “sincero e provato amico dell’Italia”. L’arrivo di Sazonov al ministero degli Esteri
  15. II. LA RUSSIA E LA GUERRA ITALO-TURCA (1911-1912)
  16. 1. Racconigi alla prova: la diplomazia russa e l’intervento a Tripoli
  17. 2. Il negoziato con la Turchia e il consolidamento dell’accordo di Racconigi
  18. 3. Un arbitro interessato. La Russia tra Roma e Costantinopoli
  19. 4. Il fallimento del negoziato sugli Stretti
  20. 5. La mediazione di Sazonov a favore dell’Italia
  21. III. LA RUSSIA E L’ANNESSIONE ITALIANA DELLA LIBIA
  22. 1. Balcani e Stretti
  23. 2. L’occupazione italiana del Dodecaneso. Pietroburgo tra Roma e Parigi
  24. 3. Indagini russe sulla Triplice alleanza
  25. 4. Il riconoscimento russo dell’annessione della Libia
  26. IV. L’ACCORDO DI RACCONIGI E LE GUERRE BALCANICHE: PRIMA PARTE
  27. 1. La questione del porto serbo in Adriatico
  28. 2. Il cambio di strategia di San Giuliano
  29. 3. La crisi di Scutari
  30. 4. “Scutari montenegrina”: Italia e Russia al bivio
  31. V. L’ACCORDO DI RACCONIGI E LE GUERRE BALCANICHE: SECONDA PARTE
  32. 1. Tra sospetti e favori: gli Stretti, l’Asia minore e il confine albanese meridionale
  33. 2. Il problema di Adrianopoli
  34. 3. La creazione dell’Albania
  35. 4. La contesa bulgaro-romena e la pace di Bucarest: una mediazione mancata
  36. VI. I PROBLEMI BALCANICI ALLA VIGILIA DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
  37. 1. La crisi austro-serba dell’ottobre 1913: vecchi schemi e nuovi chiarimenti
  38. 2. Il viaggio di Kokovcov in Italia e il suo incontro con San Giuliano
  39. 3. La difficile gestione degli affari albanesi
  40. 4. Nuove discussioni sulle relazioni italo-russe: “troppi fiori”?
  41. 5. Italia e Russia alla prova dei fatti di Durazzo
  42. VII. LO SCOPPIO DEL CONFLITTO
  43. 1. La crisi di luglio
  44. 2. L’attività diplomatica italo-russa all’indomani dell’ultimatum austriaco alla Serbia
  45. 3. Gli ultimi tentativi di salvare la pace
  46. 4. Epilogo
  47. CONCLUSIONI
  48. FONTI E BIBLIOGRAFIA
  49. FONTI DOCUMENTALI ARCHIVISTICHE
  50. FONTI DOCUMENTALI EDITE
  51. MEMORIE E DIARI
  52. MONOGRAFIE
  53. CURATELE
  54. ARTICOLI E SAGGI
  55. INDICE DEI NOMI
  56. Biblioteca della «Rivista di Studi Politici Internazionali»
  57. Serie prima
  58. Serie seconda
  59. Serie terza
  60. Fuori serie
  61. Nuova serie
  62. CULTURA STUDIUM
  63. Ringraziamenti