Liberasempre
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Storia vera di Ayse Durtuc

  1. 168 pagine
  2. Italian
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Storia vera di Ayse Durtuc

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«Sono Ayse, ho diciannove anni. I capelli neri lunghi a cui tengo tanto. Credo di avere anche un bel sorriso. Me lo dicono tutti.

Da qualche giorno ho lasciato la mia città per raggiungere il mio fratellino da mia nonna, in Turchia.

Questa volta, però, non sono qui in vacanza.

Questa volta sono qui contro la mia volontà.

Credo che tecnicamente si dica RAPITA.» Ayse Durtuc è una ragazza italiana, nata e cresciuta a Siracusa, figlia di genitori turchi molto rigidi e tradizionalisti. Di nascosto da loro, Ayse cerca di emanciparsi: ha un ragazzo, Antonio, e un'amica del cuore, Chiara, che le regala il primo paio di jeans e l'illusione di una vita normale. Perché è questo che Ayse sogna, poter vivere come tutte le ragazze della sua età.

Ma i genitori non approvano quel suo stile di vita "troppo occidentale", e un giorno, con l'inganno, la mandano in Turchia dalla famiglia paterna, dove verrà trattenuta contro la sua volontà e le sarà impedito di mettersi in contatto con i suoi amici.

Insospettita da quel lungo silenzio, Chiara contatta il programma televisivo "Le Iene", e grazie alla tenacia dell'inviata Nina Palmieri e del suo collega Nicola Barraco, e all'intervento delle forze dell'ordine, dopo alcuni mesi Ayse sarà liberata e potrà tornare in Italia.

È la stessa Nina Palmieri a raccontare in questo libro la storia di Ayse, con il linguaggio fresco e diretto dei ventenni di oggi. Una storia tanto drammatica quanto contemporanea, che quasi trent'anni dopo Volevo i pantaloni di Lara Cardella ci mostra uno spaccato del nostro presente, e dell'eterna lotta delle ragazze contro l'ottusità e i pregiudizi.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2016
ISBN
9788852077104

CHIARA

8 luglio 2015
Ormai sono quasi tre mesi. Nina e Nicola un paio di settimane fa hanno scritto all’Ambasciata italiana in Turchia per raccontare di te e chiedere una mano. E poi sono partiti. Con le poche indicazioni che abbiamo, con un numero di telefono e molte speranze. Sono venuti a cercarti, a capire se è vero che ti sei fidanzata, ti stai per sposare e sei in un’altra città. Così mi ha detto tua cugina al telefono anche ieri, l’ultima volta che ho chiamato in Turchia, non senza avermi ovviamente ricoperto di improperi e maledizioni, come al suo solito!
«Che minchia vuoi? Tu non devi chiamare più qui, lei non è qui... Avete rotto i coglioni!»
«Ma voi avete rotto i coglioni, che ci avete portato via Aysegul...»
«Se rimaneva lì faceva la buttana, te lo dico io... Tu senti con quanti ragazzi stava lei! Una buttana! Anche il padre la considerava una buttana! E tu non chiamare piùùùùù! Sta in un’altra città col fidanzato e si sposa pure, lo vuoi capire o no?».
La stessa versione che ha dato tuo padre a Manuela... Prima di partire Nina e Nicola hanno fatto un tentativo disperato: le hanno chiesto di parlare con tuo padre. Si conoscono, lei e tuo padre, si sono visti almeno una decina di volte in comunità. Manuela ha accettato, senza paura. È andata lì un pomeriggio, lui aveva appena finito di lavorare. L’ha riconosciuta e almeno inizialmente è stato calmo e cortese. Lo dicevi sempre tu che con le persone esterne alla famiglia esibiva questo atteggiamento, esattamente l’opposto di quello che aveva con te e con tua madre. Manuela quel giorno è arrivata lì con una lettera per te con dentro il suo numero di telefono. Ma non l’ha data subito a tuo padre. Gli ha detto che ti stava cercando perché era da un bel po’ che ti chiamava ma che il telefono era sempre spento.
«Aysegul non c’è più, si è trasferita in Turchia.»
«In Turchia? Ma come mai?»
«È andata a trovare suo fratello e ci è piaciuto!»
Certo, come no.
«A proposito, come sta il fratellino? Stava male, no?»
«Sta bene, sta bene... Ha fatto una piccola operazione, aveva bisogno... come si dice?»
«Di sangue?»
«No, di un’altra cosa...» pausa «il midollo! Ma era una cosa da niente, una cosa veloce. Ayse glielo ha dato e tutto a posto, lo hanno dimesso subito.»
Manuela ha dovuto contare fino a 200 per non dirgli che lei sapeva di quei messaggi allarmanti in cui tua madre ti diceva che Omar era in punto di morte, altroché... Poi si sa che il trapianto di midollo è una cosa da niente e che dopo due ore sei fuori dall’ospedale...
Tuo padre ha cambiato subito discorso. «Comunque Ayse ora prenderà la patente e a settembre si iscriverà a scuola in Turchia... Vuole continuare a studiare lì, anche all’università. Ha proprio detto: Nun vogghio tornare cchiù...»
«Ma è sicuro? Io l’ho tenuta due anni con me, Ayse, e mi diceva sempre che in Turchia non voleva tornarci, che per lei stare lì era una sofferenza.»
Lui si è innervosito. «E io quindici anni aggio tenuto a mia figghia!!! Se dico che vuole stare là è picchì idda ha detto che vuole stare là. Guarda il suo Facebook. Quello che ha dichiarato il giorno che è partita...»
Si riferiva al tuo ultimo post.
Certo non c’era scritto: “Che palle, vado in Turchia contro la mia volontà!”, ma non era neanche il post di una che diceva addio alla sua vita.
«Be’, ha scritto ci rivediamo
«Sì, ma che significa sentirete la mia mancanza? Significa che sapeva che sarebbe rimasta lì tanto tempo. Forse per sempre.»
Tuo padre, borioso, ha insistito con Manuela dicendo che tu hai scelto di stare lì, ma quando lei gli ha chiesto se poteva avere il tuo numero di cellulare le ha risposto: «Non ce l’ho. Nun’ave contatti...».
«Ma come?»
«Come nun’aio avuti cca’, nun’aio neanche là!a»
Si è permesso anche di fare lo spiritoso perché Manuela era stata testimone, quando eri in comunità, del tuo rifiuto totale di avere contatti con i tuoi, arrivato dopo un tentativo di riavvicinamento... Manuela non è scema, ti conosce bene e conosce tuo padre, quindi ha insistito.
«Nun ave contatti? E quindi questa ragazza con chi sta?»
«Stava con la nonna, ma ora si è fidanzata.»
«Si è fidanzata? Già???»
«Sì, sì. È proprio innamorata. Ed è incinta idda
«Incinta? Ma come incinta?»
Già, ma come incinta? A me sembra tutto incredibile, o meglio, io so che non è incredibile, è impossibile.
«Incinta di un mese come ho saputo io...»
«Di un mese? Ma che sta dicendo, come cavolo è possibile?»
«Senta, signorina, a mìa u mal di testa mi sta facennu venire! Io stavo andando a mangiare e mi stai disturbando... Nun vogghio sapere attro. E poi sei una donna, non devi essere spavalda. Devi essere pulita quando parli cu’ mìa perché io sono masculo e tu devi portare rispetto.»
Eccolo là: tuo padre! Le donne non devono mettere in dubbio le parole dei masculi, le donne non devono pensare con la loro testa, le donne NON. Punto.
Manuela ha capito che la conversazione stava prendendo una brutta piega e che non avrebbe ottenuto nessuna informazione almeno lontanamente vicina alla verità.
«No, mi scusi, ma io sto solo cercando di capire, vorrei solo mettermi in contatto con Ayse...»
«Ascolta: mia figghia cca’ a casa per un anno e mezzo-due nun’ama vista cchiù, giusto? Comu nun’ama vista cca’ mo’ pure l’autri non virono a mia figghia... Io sono stato buono co’ lei, l’ho sempre trattata bene, mai una volta ’n tumpuluni c’aio dato, mai... Cu chiddo che ha cumminatu tre anni fa, le denunzie, la communità ci potevo fare danni di più e di più! Idda mi ha rovinato, però è sempre mia figghia, più di tanto non potìa fare, mica la potevo ammazzare, giusto? Ha fatto come ci pareva allora e oggi è voluta tornare con noi, si pintiu... Perciò queste domande impertinenti non me le fare ccchiù a mìa... Te lo ripeto: mia figlia se ne è andata là per rivedere il fratello, ci è piaciuto là e basta!»b
Poi ha cominciato a contraddirsi. Ha mostrato a Manuela, senza che lei chiedesse nulla, una delega che tu avresti firmato per chiedere alla tua scuola di Cassibile il trasferimento in una scuola turca. Solo che ha detto che quel documento tu lo avevi spedito il giorno prima via mail: «Ah, quindi l’ha sentita ieri... Avevo capito che non aveva contatti!».
È scattato di nuovo, si è sentito accusato... Oserei dire giustamente! Stava sparando minchiate a gogò.
«Ascolta, si teni problemi chiamiamo l’avvocato... Io sono turco, non sono italiano...»
«Ma io non ho nessun problema... Lei però prima mi dice che non ha contatti e poi che l’ha sentita ieri! Volevo solo avere notizie di Ayse e magari parlare con lei, visto che ero abituata a sentirla quando stava qua e ora è più di un mese che non si fa viva con me e le altre amiche.»
«Mia figlia non ne vuole sapere cchiù dell’Italia e delle sue amiche, ccà non vuole vivere cchiù. Ha cambiato idea. Perciò mi ha mandato la delega. Come la vuoi conoscere tu dopo due anni a chidda? Io la conosco a mia figghia, non tu.»
«Guardi, è solo che sembra strano che una all’improvviso da un giorno all’altro decida di interrompere ogni rapporto... Ci dovevamo vedere la settimana che è partita con altre ragazze che stavano in comunità con lei e non mi ha neanche avvertito che non sarebbe venuta. Poi il fatto che il telefono sia spento da settimane... È strano da parte sua.»
«No, strano nun’è. Il telefono italiano non funziona completamente in Turchia: non solo la scheda, proprio il telefono... perde la linea appena arrivi in aeroporto.»
Ma tuo padre pensa che noi viviamo nel paese degli unicorni? Antonio e io siamo pieni dei tuoi whatsapp del giorno in cui sei arrivata, guarda un po’, in Turchia! Evidentemente solo tra le quattro mura di casa di tua nonna “il telefono italiano non funziona completamente”...
«Comunque questa è la volontà sua. Se non vi cerca neanche via Facebook – e quello funziona pure all’Africa! – è perché non vuole. Come nun ho potuto fare nenti quando aveva sedici anni e aveva deciso cose, ora che ne ha quasi diciannove nun posso fare nenti. Lei decide. E poi di mia figghia m’avissi a preoccupare iu, ma mugghiere e ma matre: a nessun autru ci interessi i cazzi ri l’autri.c»
E a quel punto ha tirato in ballo me.
«Specialmente quella Chiara, che mia figghia è andata via di casa per colpa sua. Pure mia figghia lo dice che a rovinarla è stata questa Chiara. Che le ha pure trovato lo zito!d Un amico del suo zito... Be’, quella ha avuto il coraggio di chiamarmi a mìa cchiù volte per chiedermi di Aysegul... Io mancu a conosceva a questa Chiara, ma se continua io la denuncio.»
E certo che ho chiamato. E chiamerò ancora. Sia lui che i tuoi nonni e tua cugina. Devo diventare il loro incubo. Oddio, forse lo sono già, ma va bene così.
«Capisco che lei si senta un po’ pressato, ma si metta anche un attimo nei miei panni, nei panni di tutte le persone che a Aysegul vogliono bene... Se io le lascio una cosa da darle riesce a fargliela avere?»
«Ancora? Nenti, iu contatti nun’aio completamente... La devo mandare a mia madre, che la manda a mia sorella che sta in un’altra città con la figlia e quella poi contatta Ayse... Io nemmeno so dove abita con questo fidanzato. Non è facile parlarci, ci piaci godersi la sua storia d’amore, ’u capisti
Se fossi stata lì io gli sarei scoppiata a ridere in faccia. Lui, che per tutta la tua vita se avesse potuto ti avrebbe proibito persino di respirare la stessa aria dei masculi, all’improvviso si è trasformato in un padre “sportivo” e “Evviva! Mia figlia si gode l’amore!”.
«Ma come l’h...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Liberasempre
  4. AYSE
  5. CHIARA
  6. I ricordi di Ayse. L’infanzia in Sicilia
  7. ERIKA
  8. CHIARA
  9. AYSE
  10. I ricordi di Ayse. Gli anni delle medie
  11. AYSE
  12. I ricordi di Ayse. Le superiori e l’incontro con Chiara
  13. CHIARA
  14. AYSE
  15. I ricordi di Ayse. La ribellione
  16. AYSE
  17. CHIARA
  18. I ricordi di Ayse. Denuncia e comunità
  19. AYSE
  20. I ricordi di Ayse. La nuova vita...
  21. MANUELA
  22. AYSE
  23. CHIARA
  24. AYSE
  25. NINA
  26. AYSE
  27. Epilogo
  28. Ringraziamenti
  29. Copyright