Vampiri
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Vampiri

Nuova inchiesta sulle pensioni d'oro

  1. 216 pagine
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Vampiri

Nuova inchiesta sulle pensioni d'oro

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Si può andare in pensione ancora oggi a 55 anni con 5000 euro al mese? Si può riscuotere un assegno per 66 anni pur avendo lavorato soltanto 3 anni? Si può ricevere un vitalizio da 1.317.805 euro intascando pure il sussidio di disoccupazione? Si possono cumulare tre pensioni ed essere nominati presidente delle autostrade? Ma certo, che si può: basta appartenere a una delle fortunate categorie che mese dopo mese continuano a prosciugare le nostre tasche e il futuro del Paese.

Dal 1° gennaio 2017 è saltato anche il piccolo contributo di solidarietà introdotto nel 2014. Così ora le pensioni d'oro scorrono di nuovo in tutto il loro splendore, dai 90.000 euro al mese di Mauro Sentinelli in giù. E la nuova inchiesta di Mario Giordano rivela che negli ultimi anni i privilegi non solo sono rimasti, si sono moltiplicati: per i politici, ovviamente, ma anche per i giornalisti, i 17.318 sindacalisti favoriti da speciali leggi-vergogna, i banchieri, i magistrati, gli alti papaveri e i prelati. Pensate che il Fondo clero dell'Inps ha accumulato un buco di oltre 2 miliardi. E 60 miliardi di buco li ha invece accumulati il Fondo delle Ferrovie dello Stato, che con i nostri soldi generosamente paga pensioni da 13.000 euro al mese.

Perché tutto ciò non cambia? Semplice: perché i Vampiri sono nei posti che contano. Comandano loro. E, per di più, continuano ad accumulare altri incarichi e altro potere. Così fanno quello che vogliono: in Puglia è stata approvata una legge regionale che di fatto aumenta gli assegni pagati agli ex consiglieri. In Molise il vitalizio era morto ed è stato fatto risorgere. A Perugia c'è un ex dipendente del Comune che è riuscito ad andare in pensione con 49.000 euro al mese e quando nel luglio 2016 l'Inps gliel'ha tagliata ha fatto ricorso: «Come faccio a vivere sennò?».

Questo libro è dedicato ad Aurora B., 27 anni, parrucchiera a Pisa: secondo i calcoli dell'Inps, dovrà andare in pensione il 1° marzo 2064, quando avrà lavorato 58 anni. Percepirà meno di 1000 euro netti al mese. Ecco: pensare che il Paese di Aurora possa continuare a pagare la pensione a vedove di parlamentari che non hanno fatto nemmeno un'ora in aula; o alla figlia di un deputato monarchico in carica dal 1947 al 1951; o a un ex consigliere regionale della Calabria che prende 7490 euro da quando aveva 44 anni e adesso è in carcere con gravissime accuse, è uno scandalo che non si può accettare.

Anche perché, come questo libro vi svelerà, Aurora B. e gli altri non assistono solo all'ingiustizia: la pagano di tasca propria. Infatti, con i loro soldi stanno finanziando i privilegi dei nababbi. Sembra assurdo, ma è così. E per questo i folli vitalizi non sono un diritto, ma un furto. Un furto di equità e di futuro, che si ripete ogni giorno e diventa sempre meno accettabile. Bisogna impedirlo. Tutto qui.

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Informazioni

III

Troppo Vampiri

Quelli che esagerano con i privilegi
Da quarant’anni vive con il vitalizio di papà. La signora Anna Maria Cacciola è davvero fortunata: non ha mai avuto bisogno di timbrare il cartellino né di sopportare un capufficio fastidioso, non è mai stata costretta a tirare su la claire del negozio o ad affrontare la fatica di un turno in fabbrica. Niente di niente. Le basta stare in panciolle sul divano, guardare fuori dalla finestra o farsi una passeggiata, e alla fine del mese, regolare e puntuale, le piove in tasca l’assegno da oltre 2000 euro della Regione Sicilia. A spese nostre, ça va sans dire.
Dovete saperlo: alla gentile signora abbiamo regalato, in questi quarant’anni, oltre 2 milioni di euro. Una bella cifra, si capisce. E sapete perché glieli abbiamo regalati? Per ricompensare il grande servigio reso da suo padre alla democrazia italiana: 36 mesi all’Assemblea regionale siciliana (Ars). L’avvocato Natale Cacciola, nato a Itala in provincia di Messina nel 1904, cioè un anno prima dell’ammutinamento della corazzata Potëmkin, quattro anni prima del terremoto che devastò la città, si presentò infatti alle elezioni del 1947 nelle file del Partito monarchico. Ottenne 3440 voti, fu eletto e rimase in carica fino al 1951. Di lui non si ricordano particolari iniziative. La sua scheda, sul sito ufficiale dell’Assemblea regionale siciliana, alla voce «attività svolte» registra una malinconica riga bianca. Solo il vitalizio, quello sì, è degno di nota.
Per quei quattro anni di servizio, infatti, il deputato monarchico ebbe diritto a incassare fin da subito la pensione. E quando negli anni Settanta passò a miglior vita, la lasciò in eredità alla figlia insieme ai gioielli di casa. Nessun trucco, nessun inganno: è la legge siciliana a stabilire che la reversibilità del privilegio non spetta soltanto alla moglie ma anche al «figlio inabile al lavoro» oppure alla «figlia nubile in stato di necessità». Perché non approfittarne, allora? Messa così, quella norma, è quasi un incentivo a vivere alle spalle dei contribuenti: al pargolo di onorevole basta infatti dimostrare di essere «inabile al lavoro» o «in stato di necessità» per avere dalle casse pubbliche un assegno mensile. Per quanto? Per il resto della vita. Perfetto, no? Sempre meglio che lavorare. Praticamente come vincere al Superenalotto.
Ma vi pare possibile? Possibile che da oltre quarant’anni dobbiamo pagare la figlia di un deputato monarchico soltanto perché quest’ultimo è stato all’Assemblea siciliana per 48 mesi, alla fine degli anni Quaranta, cioè quando a Mosca comandava Stalin e in Italia non c’era ancora la Tv? Possibile che per quei miseri 3440 voti racimolati nel 1947 dall’onorevole di Messina abbiamo dovuto già spendere oltre 2 milioni di euro? E possibile che quell’assegno di 2000 euro per Anna Maria Cacciola figuri ancora lì, nell’elenco d’oro dei vitalizi pagati dalla Regione siciliana (aggiornamento al gennaio 2017), senza che nessuno trovi il modo di abolirlo?
I privilegi, si sa, sono tutti insopportabili. Ma ce ne sono alcuni più insopportabili degli altri. Per come sono stati maturati, per esempio, o per l’ammontare della cifra, o perché sono cumulati ad altri privilegi. Per le persone normali è già difficile capire e accettare l’esistenza di un vitalizio. Figurarsi quanto è difficile capire e accettare chi ne prende due o addirittura tre. Vi pare? Il vitalizio è legato alla vita: se uno ha una vita sola, come fa ad avere due o tre vitalizi? E se il vitalizio è legato alla vita, come fa ad andare oltre la vita medesima? Come fa a passare agli eredi, manco fosse un appartamento al mare? Sono tante le storture del recente passato che ci portiamo dietro. Dovremmo cominciare a estirparle. Magari partendo proprio da qui, da quelli cioè che non s’accontentano di essere Vampiri. Vogliono esagerare. E perciò diventano Troppo Vampiri.

Quei vitalizi che paghiamo da 66 anni (anche ai fantasmi)

In Sicilia sono 130 le pensioni di reversibilità pagate dalla Regione a parenti di ex consiglieri regionali (qui si chiamano «deputati»). La spesa mensile ammonta a 582.618 euro (dato gennaio 2017) e va ad aggiungersi agli 899.792 euro mensili che vengono versati per i 180 vitalizi diretti. La maggior parte delle 130 reversibilità è ovviamente destinata alle mogli, rimaste vedove. Ma ne usufruiscono anche diversi figli, rimasti orfani: sono 6 in tutto. Oltre alla già citata Anna Maria Cacciola c’è, per esempio, Anna Rosa, figlia di Ignazio Adamo. Marsalese, classe 1897, quest’ultimo fu uno dei pionieri dell’Assemblea regionale siciliana: eletto per il Blocco del Popolo nel 1945, restò in carica fino al 1955, e poi morì, all’età di 76 anni, nel 1973. Da allora, cioè da 44 anni, da quando c’era il governo Rumor IV e al Festival di Sanremo vinceva la giovane promessa della canzone italiana Peppino Di Capri, sua figlia Anna Rosa incassa la pensione: 3900 euro al mese. Una bella fortuna, no? Anche la medesima se ne rende conto: «È vero, sono benefici fuori luogo» ha ammesso infatti parlando con Emanuele Lauria della «Repubblica». «Ma cosa vuole, caro signore? Non spetta a noi cambiare le regole…»
Già, non spetta a loro cambiare le regole. A loro (o ai loro padri) al massimo è spettato farle. Ed è proprio in virtù di queste regole (non certo piovute dal cielo ma votate da chi poi ne ha usufruito), che Sergio Alessi prende 5900 euro al mese dal 2009, cioè dal giorno in cui è morto suo padre Giuseppe, ex presidente della Regione, democristiano di lungo corso. Ma come mai? È «inabile al lavoro»? È «in stato di necessità»? Evidentemente sì: nel decreto che concede il vitalizio, infatti, come scrive ancora Emanuele Lauria, «si precisa che Sergio Alessi ha più di 60 anni, è senza reddito e viveva a carico del padre». Meraviglioso, no? «Viveva a carico del padre», dunque ora vive a carico nostro. Da notare che l’altro figlio di Giuseppe Alessi, Alberto, non vivendo a carico del padre, ha però pensato bene di prenderne l’eredità politica: eletto al Parlamento nazionale nel 1979, nel 1987 e nel 1992, sempre nelle file della Dc, incassa oggi un vitalizio di 4352 euro netti al mese. Una consuetudine di casa, evidentemente.
Ma lo vedete? È solo una questione di fortuna. C’è chi nasce figlio di un operaio e deve lavorare. E c’è chi nasce figlio di un ex deputato dell’Ars e può limitarsi a incassare. Una pratica piuttosto nota anche a casa Antoci: il padre Carmelo, ragusano, presidente dell’associazione coltivatori diretti, già reduce della campagna d’Africa, fu eletto nel 1951 e rimase aggrappato alla sua poltroncina fino al 1955. Da quel giorno, aveva 42 anni, iniziò a intascare la sua bella pensione, che poi è passata ai suoi familiari, quando nel 1978 ha lasciato per sempre questa valle di lacrime. Ora la prende la figlia. Complessivamente sono 62 anni che quell’assegno trova qualcuno disposto a metterselo in sacoccia. Cosa, per altro, che non stupisce più di tanto. Piuttosto stupisce un altro fatto: perché quell’assegno trova qualcuno disposto a pagarlo?
Devo però darvi una delusione: non è questo il record di longevità. Ci sono infatti tre vitalizi siciliani che scorrono ininterrottamente da ben 66 anni. Proprio così: sessantasei anni, cioè dal 1951, anno in cui esordiva il Quartetto Cetra e si teneva il primo Festival di Sanremo. Sono gli assegni mensili attualmente percepiti dai parenti di Francesco Lanza di Scalea, dai parenti dell’avvocato Elios Costa e dai parenti del meccanico di Lizzano Michele Semeraro. Tutti e tre questi deputati fecero parte della storica legislatura dell’Ars 1947-1951. Quattro anni di «lavoro» (lavoro: si fa sempre per dire) e 66 anni di vitalizio: non è fantastico? I tre moschettieri duracell, vitalizio lunga-durata, possono andarne fieri, i loro congiunti pure. In particolare quelli di Francesco Lanza di Scalea il quale di anni di lavoro (si fa sempre per dire) non ne fece nemmeno 4 perché subentrò in Assemblea regionale soltanto nel 1948, sostituendo un collega. Dunque, ricapitoliamo: fu deputato 3 anni (dal 1948 al 1951) e il suo vitalizio dura da 66 (dal 1951 al 2017). Praticamente un capolavoro.
Vi chiederete: come può accadere? Semplice: può accadere perché la generosa legge siciliana sulla reversibilità si unisce ad altri privilegi concessi nel tempo. Fino al 2000, tanto per dire, bastavano 6 mesi in aula per maturare il diritto alla pensione per il resto della vita. Il combinato disposto delle leggi vergogna fa sì che oggi ci troviamo dinanzi a contrasti lampanti e insopportabili: brevissimi periodi in carica e vitalizi che non finiscono più. Il socialista Calogero Russo, per esempio, fu deputato 4 anni fra il 1951 e il 1955: la sua pensione, passata alla moglie, gli sopravvive da 24 anni; il democristiano Giovanni Cinà fu deputato 4 anni, fino al 1959: la sua pensione, passata alla moglie, gli sopravvive da 27 anni; il missino Orazio Santagati fu deputato 5 anni: la sua pensione, passata alla moglie, gli sopravvive da 35 anni. E la moglie del deputato comunista Pietro Di Cara prende il vitalizio formato reversibilità addirittura da 39 anni, che si aggiungono ai 23 precedenti in cui era finito direttamente nelle tasche del marito. Altri 62 anni di pensione pagata, gratia et amore dei, in virtù di quegli 8 anni di presenza in assemblea. Fra l’altro non si tratta nemmeno di una cifra da poco: 3900 euro lordi mensili, quasi 8 volte la minima…
Non è troppo? Sì, è troppo. Ma è ancora niente. Il culmine della follia, infatti, lo si raggiunge soltanto con la pensione alla vedova del deputato fantasma. Franca Rosa Baglione, infatti, incassa ancora oggi 1800 euro al mese come reversibilità anche se il defunto marito, Franco Bisignano, all’Assemblea regionale non ha mai messo piede. Il motivo? Semplice. Bisignano, militante Msi, si era candidato nel 1976. Non eletto, fece ricorso e vinse la causa nel 1996. A quel punto il seggio non era più disponibile. Erano disponibili soltanto i relativi benefit. A cominciare proprio dal vitalizio che, infatti, Bisignano incassò fino al giorno della sua morte, nel 2014. Da allora lo prende la moglie perché, si capisce, anche il deputato fantasma ha diritto alla sua sconfinata reversibilità.

Due anni in Senato, 56 anni di vitalizio ai parenti

Ma la reversibilità, va detto, non è una prerogativa solo della Sicilia. Anzi. È prevista un po’ dappertutto. A partire dalle Camere nazionali. Ne godono oggi, infatti, i parenti di 1076 ex parlamentari (642 ex deputati e 434 ex senatori). I loro nomi, perlopiù, sono ignoti: a parte le nostre tasche, non li conosce nessuno. Per esempio, avete mai sentito parlare dell’avvocato molisano Giovanni Ciampitti? Nato nel 1877, anno in cui Giosue Carducci pubblicava le Odi barbare e la regina Vittoria veniva proclama imperatrice d’India, è stato prima all’Assemblea costituente e poi senatore fino al 1953. Da quel momento ha incominciato a incassare: nel 1967, poi, cioè dopo la sua morte, il vitalizio è passato ai legittimi eredi, i quali lo riscuotono allegramente ancora oggi. Sessantaquattro anni dopo.
Sessantaquattro anni di vitalizio vi possono bastare? Voi direte: era un padre costituente. E va bene. Attilio Venudo, invece, non era un padre costituente: era soltanto un preside delle scuole medie, parlamentare dc per appena 4 anni: eletto nel 1959, è morto, mentre era in carica, nel 1963. Ma tanto è bastato per far scaturire un vitalizio che ancora oggi scorre nelle tasche degli eredi, per un totale di 54 anni consecutivi di reversibilità. Cinquantaquattro anni di vitalizio per 4 anni di lavoro (lavoro: si fa per dire): non male, no? Eppure non è nemmeno un record. C’è infatti un vitalizio reversibile che al Senato dura da 56 anni per appena due anni e mezzo di lavoro (lavoro: si fa per dire): è quello di Francesco Primerano, calabrese di Sambiase (Catanzaro), comunista, eletto nel 1958 e deceduto il 23 gennaio 1961, all’età di 46 anni. Ai suoi cari ha lasciato sicuramente un dolore infinito. Ma, da allora, è infinito anche il vitalizio…
Che ci volete fare? Hanno passato anni a dirci «il vitalizio non è una pensione», «sbagliate a considerare il vitalizio come una pensione», «non confondete il vitalizio con la pensione». Ma se uno va a vedere come funziona il vitalizio scopre che, invece, sono proprio loro (che l’hanno inventato) a trattarlo da pensione, a tutti gli effetti. Con tutti i requisiti tipici. A cominciare, per l’appunto, dalla reversibilità estesa in ogni dove e in ogni come. E infatti...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Vampiri
  4. Introduzione
  5. I. Giovani Vampiri
  6. II. Vampiri al potere
  7. III. Troppo Vampiri
  8. IV. Vampiri Senza Vergogna
  9. V. Le caste dei Vampiri
  10. VI. I Vampiri della truffa
  11. Conclusione anti-Vampiri
  12. Grazie
  13. Bibliografia
  14. Copyright