La vita vera
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La vita vera

Freestyle

  1. 152 pagine
  2. Italian
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La vita vera

Freestyle

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Informazioni sul libro

Non mi cambieranno mai. Lo dice il titolo di una mia canzone, ed è la verità. Sono stato Moreno lo studente. Moreno il calciatore. Moreno il parrucchiere. Moreno il venditore di sigarette elettroniche. Moreno il rapper che ha iniziato nei bagni di una scuola e che alla fine è arrivato a vincere il titolo nazionale di "Tecniche perfette". Moreno il concorrente di "Amici di Maria De Filippi". Moreno il coach della squadra dei Bianchi. Ma sempre e solo Moreno.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
ISBN
9788852057755

1. Nei bagni della scuola

“Ogni momento è una nuova occasione.”
C’è scritta questa frase sulla copertina del DVD che ho in questo momento fra le mani: un ragazzo vestito di nero, su sfondo nero, che, con una penna nera, si scrive qualcosa di nero sul palmo della mano.
È in effetti una delle copertine più nere che abbia mai visto in vita mia, nere come le origini della musica di cui si parla, e forse è per questo che la scritta gialla del titolo, 8 Mile, mi ha colpito fin da lontano.
Il film non è uscito molto tempo fa al cinema, era la primavera del 2003, ma qui alle bancarelle dietro piazza del Caricamento ce l’hanno già, e a un prezzo stracciato. Chissà come faranno? Ma davvero qui si trova di tutto. Dai dischi di Lauzi, Paoli, De André fino ai CD di punk, rock, hip hop. E lo stesso discorso vale per i film: da una vecchia pellicola con Vittorio Gassman a 8 Mile con Eminem e Kim Basinger.
Lo compro. Non ci penso due volte.
Sarei voluto andare a vederlo al cinema, quando è uscito: le locandine sembravano quasi chiamarmi dai muri e dai palazzi. Insieme a quella frase: “Ogni momento è una nuova occasione”. Non avevo ancora quattordici anni, però, e il film è vietato, come mi ricorda il bollino giallo con il numero 14 in basso a destra.
Ma soprattutto non c’era nessuno che volesse venirci con me. Qui a Genova non è che il rap vada molto di moda tra i miei coetanei. Loro sono tutti in fissa col pop rock dei Green Day. In tanti ascoltano persino Avril Lavigne. Alcune ragazzine si mettono il trucco pesante e i pantaloni finto-scozzesi e fanno il gesto con le corna e con il pollice proprio come lei. Insomma, non c’era storia.
Arrivo a casa, nella zona a ponente della città. In quel momento in casa non c’è nessuno. Tanto meglio, potrò vedermelo in santa pace, senza interruzioni. Subito metto il DVD nel lettore: speriamo funzioni, altrimenti mi tocca pure tornare in centro, e non è che da qui dove abito io ci si impieghi così poco tempo.
Dopo il logo della Universal, che esce dal buio in un silenzio totale, parte una base, si inserisce la voce di un cantante rap e poi compare un ragazzo che si agita di fronte a uno specchio in un bagno immerso nella semioscurità, le mattonelle sporche e piene di scritte. Scopro qualche secondo più tardi che si sta scaldando per una battle, una battle che perderà, non riuscendo a spiccicare nemmeno una parola.
Ma io sono già preso e per le quasi due ore successive non riesco a staccare gli occhi dallo schermo, nemmeno quando compaiono i titoli di coda con in sottofondo Loose Yourself di Eminem.
Eminem so chi è. I suoi video passano su MTV. Mi piace, ma del suo mondo, del rap – che poi il “suo mondo” non è, lui bianco fra neri –, so ancora troppo poco.
Ascolto un po’ di punk rock, io, ma anche gruppi come i Modena City Ramblers. Cose così. Non Avril Lavigne, insomma, ma il rap è ancora un mondo che devo e voglio scoprire.
So molto di più, invece, di come si vestono i rapper, e quello mi piace un sacco. Me ne vado in giro con il pantalone arancione, per esempio, e la Converse gialla, e mi vesto sempre più largo, nonostante lo sguardo di disapprovazione di mia madre quando esco per andare a scuola: il mio accostamento preferito è il pantalone Pit Stop da Chicano, blu con la striscia rossa, e una vecchia felpa della storica jeanseria di Genova Bollo di Sampierdarena, che mi ha passato nientemeno che mia zia.
Sono mesi difficili, questi: al Gastaldi, l’istituto tecnico-industriale che ho scelto dopo la terza media, le cose proprio non vanno, le materie che sto studiando sono troppo complicate. Forse dovevo mirare meno in alto, e sto pensando seriamente di ritirarmi e di riprovare con un istituto professionale. Magari lì invece imparo un mestiere e mi metto a posto per la vita.
Qualcosa, comunque, imparo. Qui al Gastaldi, che sta fra Dinegro e Sampierdarena, arrivano infatti ragazzi da Voltri, Pegli, da Certosa, c’è un po’ di tutto, e mi accorgo molto in fretta che a scuola esiste una gerarchia. E che questa gerarchia va rispettata.
Me ne stavo tranquillo per i fatti miei, quando una volta un ragazzo più grande – neanche mi conosceva – mi ha ordinato: «Vammi a prendere un tramezzino». Io, che da mio padre ho ereditato la testa calda dei napoletani e ho evidentemente la battle nel sangue, gli ho risposto: «Anche se son più piccolo di te, io mica ci vado». E lui, impassibile: «Ti suono se non ci vai». E si capiva che faceva sul serio. Così ci sono andato... e meno male, perché poi alcuni miei compagni mi hanno spiegato chi era e che non mi conveniva proprio farmelo nemico.
In quel “po’ di tutto” che è il Gastaldi, comunque, c’è anche chi ascolta hip hop, ma sono pochi gatti. Ascoltare rap è quasi una vergogna, perché ti fa sentire fuori dal gruppo, in basso in quella gerarchia che ho scoperto essere tanto radicata. Figuriamoci provare a farlo. Ma poco importa, a me, e intanto la mia felpona Bollo non me la leva nessuno.
È quando arrivo al Ruffini, l’istituto professionale in cui mi sono iscritto per diventare grafico pubblicitario, che conosco una ragazza, una mia compagna di classe, Daniela, che ascolta rap italiano.
Non è uscito da tantissimo l’album “Mr. Simpatia” di Fabri Fibra. E quando ascolto Non fare la puttana quasi faccio un salto sulla sedia. Ma ha detto davvero “puttana”? In una canzone?
Poi uscirà Dentro alla scatola di Mondo Marcio, che a soli sedici anni, bambino prodigio del rap, aveva vinto il premio “Tecniche perfette”, battendosi contro Ensi, che a sua volta entrerà poi nei vincitori di quel contest. E io già mi chiedo: “Potrò anche io entrare a far parte dell’albo d’oro di questa manifestazione?”.
Una lampadina mi si accende. Mi rendo conto che forse davvero esiste un rap italiano. Non solo di canzoni che passano alla radio, ma di veri e propri contest.
Ho ancora nella testa le immagini di 8 Mile, con le mani del pubblico che si alzano, e i due contendenti che si sfidano nell’arena. Ne parlo con Daniela. Chi lo avrebbe mai immaginato che una ragazza potesse diventare la mia guru sull’argomento? «Ma il rap, quello in freestyle, non si fa solo in America?» le chiedo.
«No, no» mi fa lei «io ne ascolto un sacco. E so che in giro ci sono anche dei contest. Ma come, non lo sapevi?»
Per un momento mi sento un ignorante. Devo saperne di più.
Dopo la scuola, appena arrivo a casa, accendo il computer, aspetto che Windows si carichi – ma quanto è lento? – e apro Google su Explorer. Nella maschera al centro della pagina digito “rap italiano”.
E così mi si apre un mondo. Ho iniziato a scaricare album a manetta: Bassi Maestro, i Cor Veleno, Danno, Noyz Narcos... Nomi che ancora non conosco e su cui mi documento, quasi studio, con una passione che stupirebbe qualsiasi dei miei professori.
Ma il rap, scopro, si fa anche dentro la scuola.
E il luogo di elezione, l’“arena”, sono i bagni. In mezzo al fumo – perché da che mondo è mondo nei bagni della scuola gli studenti ci vanno soprattutto a fumare –, qui, nel bagno più grande, quello dove i ragazzi si mettono alla finestra con la sigaretta in bocca, ecco che si crea il cerchio del freestyle.
Qui ho conosciuto le Fottute Menti, che non sono menti che si aggirano per la scuola come zombie ma ragazzi che si vestono larghissimo e già da quello puoi capire quale musica ascoltano. Sono anche un collettivo, le FM, come la radio FM, ed è infatti con frequenza che ci incontriamo nei bagni.
Qui un ragazzo fa il beat-box, e noi, gli MC – i maestri di cerimonia, o per dirla all’inglese i masters of ceremonies –, i rapper, ci scambiamo in quattro quarti delle entrate. Poi quelle migliori vengono premiate con un blow, che è l’esclamazione che segue a una rima davvero potente...
Inizio così, un po’ timidamente, ascoltando le sfide degli altri. Sono tutti studenti più grandi di me, alcuni sono proprio bravi, hanno stile da vendere: c’è Desa-Parecido, per esempio, che non c’è mai, ma quando c’è, e visto che di cognome fa Bravo, non può che essere “bravo” come rapper; c’è La Serpe, che ha una r un po’ fastidiosa ma tira fuori delle rime velenose.
E alla fine, un giorno, arrivo anche io, Moreno. Per settimane ho ascoltato gli altri. Ma ora non me ne voglio stare zitto come fa Eminem all’inizio di 8 Mile. Anche io, all’improvviso, trovo la mia voce, e mi butto nel cerchio.
Mi viene facile, come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se fossi nato per fare quello. E poi, ormai, il rap mi circonda: ne ascolto tantissimo, ogni volta che posso, mi piace, sento che le parole mi si formano sulla lingua. Devo solo farle uscire. Seguire il flow.
Tra colori e sfumature di ritratti
ai giorni passati fuori pensando a tutti gli sbatti,
le battle di parole, pesare le persone, i fatti,
sappi che se parti non batti Moreno,
ribatti, ti batto in un batti-baleno.
Yo.
Quando ho finito, uno dei ragazzi mi guarda, e dice: «Ehi, ci sai fare, tu».
Quel complimento mi riempie per un momento di aria: sono un palloncino che si sta gonfiando e che, passando oltre la finestra, oltre le mani di quelli che spingono fuori il fumo di sigaretta, si libra verso il cielo, pronto a intraprendere un viaggio che lo porterà chissà dove.
Quel complimento è come la conferma a tutto ciò che sentivo dentro.
Io. Voglio. Fare. Il. Rapper.
In quel momento, però, il rumore di un tacco interrompe la magia. Come un ago che fa scoppiare un palloncino. Il mio.
E poi quella voce profonda, che scandisce la parole quasi a ritmo di rap: «Allora vogliamo uscire da questo bagno, sì o no?».
È la vicepreside, la mia insegnante di Lettere. Tutti si dileguano, me compreso. Quella quando vuole creare problemi lo fa. Ed è molto meglio evitarlo, lo sappiamo tutti.
Ma tanto so che è solo una pausa, una pausa brevissima. Perché domani, ma forse anche già al prossimo cambio d’ora, io sarò ancora qui, in questo bagno trasformatosi in arena, e le rime mi verranno fuori seguendo un flusso che si nutre di tutto quanto io vivo: le mie amicizie, la mia città, la mia famiglia, i problemi della società.
Infatti così è.
I mesi passano, e il freestyle ormai lo faccio anche in classe, durante le lezioni, con la professoressa incredula che non riesce a dire altro che: «Ma ti sembra il caso?». Le conoscenze aumentano, la rete di appassionati di rap si infittisce e io mi ci ritrovo sempre al centro. Mi ci sento a casa.
Mi unisco al gruppo degli Ultimi Aed. C’è Asso, a farci da DJ e produttore, e quindi Nader, Lion e poi io, Moreno. Con in più Fedone a realizzare i video. In futuro si unirà anche Dalai, visto che Lion sarà spesso in giro per il mondo per viaggi di studio. E in quel periodo di transizione decideremo di chiamarci MMClick, perché ognuno ha una M nel nome: Mancinelli-Moreno-Michele.
Ed è con loro che il viaggio ha davvero inizio, è con loro che quel palloncino comincia a viaggiare, per contest, piazze, premi, istituti scolastici, anche se per il momento il filo bianco, sebbene sempre più lungo, continui a rimanere saldamente ancorato a Genova, prima alla scuola, poi al lavoro.
Passerà qualche anno prima che arrivi fino a Roma, alle porte di una trasmissione televisiva che cambierà per sempre la mia vita.

RAP

Il rap è in assoluto il genere musicale più nuovo e innovativo degli ultimi quarant’anni. Sempre in trasformazione, ma sempre in qualche modo fedele alle sue origini. Appropriarsi di altri generi musicali e renderli adatti alla scrittura delle rime dividendo il tempo in quattro quarti è l’unica costante del rap da quando esiste. Nei decenni si è mischiato con la disco, con il rock, con la dance, con la dubstep, con il soul, c...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. 1.Nei bagni della scuola
  4. 2. Donadoni, presente!
  5. 3. Le mie battaglie I (dalla Fognazza al Cantiere)
  6. 4. Le mie battaglie II (Da “Tecniche perfette” al palco di J-Ax)
  7. 5. Dentro un sogno
  8. 6. Le mani nel ghiaccio
  9. 7. Non è la vita vera
  10. 8. Bandierina dopo bandierina
  11. 9. Decalogo dell’amore
  12. 10. Ritorno al punto zero
  13. 11. Sempre sarai
  14. 12. Consigli da un grande scrittore
  15. 13. Non mi cambieranno mai
  16. Copyright