Si dice babbo!
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Si dice babbo!

  1. 156 pagine
  2. Italian
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Si dice babbo!

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Informazioni sul libro

Quando mi chiedono: "Come ci si sente a essere diventato papà?", sospiro, prendo tempo, cerco di trattenermi, vorrei cominciare a parlare delle mille emozioni nuove che provo, poi però non ce la faccio. È più forte di me. E così rispondo: "Babbo, si dice babbo!".

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Informazioni

I nonni

Anche se abitiamo nella stessa città, tutte le volte che vengono a trovarti i tuoi nonni affrontano una specie di viaggio, più di un’ora di macchina per attraversare Roma da sud a nord, e ritorno. Praticamente eroici. Sono felice che tu ne abbia ben due, Maria Rosaria e Aldo, i genitori della mamma, entrambi impazziti per te. Insieme per ora vi limitate a conoscervi, coccolarvi e ridere parecchio, un domani spero che potranno raccontarti di un modo di vivere tutto diverso da quello di oggi, nel quale sei immerso.
Per esempio, lo sapevi che si viveva senza telefonino? Per qualsiasi evenienza bastavano un gettone e la più vicina cabina telefonica.
E l’unica “navigazione” che contemplavamo era quella in mare o sui fiumi, certo non quella in Internet. Per scovare informazioni si andava in biblioteca e ci si lanciava in un’ardita ricerca per parole chiave tra i dodicimila cassettini nei quali era distribuito il catalogo.
Le e-mail non esistevano: ci si scrivevano lettere, nei casi urgenti raccomandate, nei casi urgentissimi telegrammi.
Nessuno era raggiungibile ventiquattr’ore su ventiquattro: se ci avessero ventilato questa possibilità, probabilmente avremmo pensato che stavamo per entrare in uno spaventoso film di fantascienza.
Mi rendo conto che tutto questo a te non dirà assolutamente nulla e ti sembrerà di leggere la lettera che Benigni e Troisi scrivevano al Savonarola in Non ci resta che piangere. Avrò tempo per spiegarti per bene come andavano le cose, per ora mi piacerebbe riuscire a trasmetterti l’importanza di fermarsi ad ascoltare chi c’era prima di te. Non sono i computer, i video su Internet o, per quanto ben fatte, le trasmissioni televisive a preservare la memoria di una società: sono le persone. Mi affascina la possibilità di tramandare di generazione in generazione uno sguardo sul mondo, una tradizione, qualcosa che caratterizza solo la nostra famiglia.
Perché i Conti sono diversi dai Rossi e dai Bianchi? Per le storie. Secondo me sono loro a rendere ogni famiglia unica e speciale. Tutte le storie, anche quelle più piccole, che potrebbero sembrare trascurabili – come una canzoncina passata di padre in figlio, un modo di dire che ti farà pensare al nonno o alla nonna a distanza di anni, una ninna nanna che un domani canterai tu, un gioco che insegnerai a tuo figlio.
Poi, conto sui tuoi nonni perché mi aiutino a trasmetterti il senso della Storia, quella con la “S” maiuscola, e la consapevolezza che siamo parte di qualcosa di più grande di noi. Ciò che siamo oggi, con le tante comodità cui siamo abituati, lo dobbiamo all’ingegno, al lavoro e al sacrificio di generazioni precedenti, nemmeno troppo distanti nel tempo, e questo secondo me è sempre bene ricordarlo.
Per esempio, tutti nella mia famiglia avevano vissuto la guerra. Ogni volta che capitavamo a Livorno, la mia mamma mi mostrava le frecce bianche dipinte sui muri del centro con sotto la lettera “R” e mi spiegava che indicavano la direzione per raggiungere i rifugi antiaerei, dove ci si nascondeva per sfuggire alle bombe.
Livorno durante la Seconda guerra mondiale fu letteralmente rasa al suolo da più di mille incursioni aeree e bombardamenti, che danneggiarono il porto, la stazione dei treni e la zona industriale, ma anche quartieri civili. Le vittime furono numerosissime.
Io ero un bambinetto. Rimanevo colpito da quei racconti e dal coraggio che avevano avuto, tutti quanti. La mia mamma e io non avevamo niente, allora, ma mi sentivo fortunato perché i bombardamenti, il terrore e gli orrori di una guerra io non li dovevo vivere. Ecco, vorrei che questa percezione l’avessi anche tu, che anche tu potessi sentirti fortunato come mi sono sentito e mi sento io. E capissi quanta consapevolezza perdiamo, dando per scontato il modo in cui si vive oggi.
A differenza tua, io ho potuto conoscere un solo nonno. Si chiamava Marino. Capelli e ciglioni bianchi, volto rugoso e bruciato dal sole, occhi neri neri, aveva lavorato per tanti anni in cantiere e poi, una volta in pensione, si era reinventato pescatore. Spesso e volentieri usciva in mare con gli amici e, al ritorno, vendevano quello che avevano preso.
Era il classico uomo di mare, o meglio di scoglio, visto che non sapeva nuotare. Forse è proprio per questo che, quando ancora era piccolina, aveva preso mia mamma e l’aveva buttata in acqua, tramutandola in una nuotatrice eccellente e in una atletica giocatrice di pallanuoto.
È lui ad avermi insegnato a pescare – e qualche altro fondamentale maschile della vita, come il valore del silenzio opposto al “cianciare” femminile.
Il primo giorno di vacanza mi aspettava seduto su una panchina del lungomare di Livorno, in mano la correntina, un pezzo di sughero attorno al quale era avvolta una decina di metri di lenza, con amo e piombo. Si faceva regalare tutte le parti dai suoi amici, poi le assemblava lui. Per me era il regalo più bello, altro che Babbo Natale: sapevo che mi ci sarei divertito per il resto delle vacanze, con lui e mio cugino Stefano. Ci portava entrambi a pescare e ci insegnava a scegliere le esche, in quali orari uscire, a capire l’influsso del vento e delle fasi lunari. Stefano era un allievo più preciso di me: la sua cassetta della pesca era perfetta, gli amini erano in ordine, i sugheri sullo stesso lato, se cercava qualcosa la trovava in due secondi. La mia era un caos: tutto era mischiato, non si sapeva dove fossero le cose. Siamo così anche oggi: lui ordinatissimo, io abbastanza disordinato.
Il nonno Marino evitava commenti, l’importante era che lo seguissimo e stessimo attenti quando era il momento. Chiacchierava poco, però, quando lo faceva, sapeva farsi ascoltare. Non era nostalgico né malinconico, ma con i suoi racconti ci ha aiutato a trovare il nostro posto nel mondo, a costruirci la nostra identità.
Sono certo che Maria Rosaria e Aldo sapranno fare lo stesso con te, Matteo.

“Tutto tranquillo”

L’11 maggio per la prima volta ti abbiamo lasciato a casa e siamo usciti, solo la tua mamma e io. È stato un dramma, preceduto da un altro dramma: la scelta della tata.
Lì per lì ho provato a suggerire che avrei potuto spargere la voce che cercavamo una baby-sitter tra le aspiranti Miss Italia. Lo sguardo di simpatia e sincero calore che ho ricevuto è stato sufficiente perché capissi che anche questo tema, come disquisire sul sonno del bambino, è di esclusiva competenza della madre.
Non so dunque come la tua mamma abbia deciso di procedere, se con audizioni in stile Mary Poppins o chiedendo consiglio alle amiche. So solo che a un certo punto si è materializzata una persona che si sarebbe presa cura di te mentre noi saremmo andati alla serata che Leonardo Pieraccioni, Giorgio Panariello, Marco Masini e io avevamo organizzato in onore di Francesco Nuti.
Io sul palco, lei in prima fila, avevamo entrambi i telefonini caldi da quanto li abbiamo tenuti in mano! Io soffrivo perché non potevo verificare ogni due secondi se la tata aveva chiamato, così cercavo di intercettare lo sguardo della tua mamma, che annuiva e mi faceva intendere: “Tutto tranquillo”.
Effettivamente tu dormivi tranquillo, mentre noi ci impegnavamo tantissimo nel sembrare calmi e sereni uno agli occhi dell’altro.

Un silenzio irreale

Quando ti addormenti, per qualche minuto a me e alla tua mamma sembra di vivere un piccolo evento straordinario. Come se fossimo tornati indietro, in una dimensione che ormai ha il sapore dell’irrealtà. Non ci sembra vero non averti intorno, non occuparci di te.
Così ci lanciamo uno sguardo interrogativo, un metaforico pizzicotto, per essere sicuri che quel momento sia davvero nostro.
E, come nelle favole, questo è il momento in cui i nostri protagonisti fanno programmi, e poi crollano sfiniti e contenti.

15 giugno

Era il compleanno della nonna Lolette. È stato naturale pensare a quanto le saresti piaciuto, e ritornare con la mente alla grande donna che è stata.
Mentre scrivo, hai poco più dell’età che avevo io quando abbiamo scoperto che il mi’ babbo era malato. Se prima potevo essere colpito dalla forza che attribuivo a mia madre, ora – vedendo la tua mamma, concretamente e ogni giorno, occuparsi di te – sono stupefatto. E noi abbiamo tutte le comodità possibili e immaginabili: dalla carrozzina leggera ai pannolini che si buttano via. Lei no – e come lei chissà quante altre mamme.
Prima per me lei era una ganza, adesso è un supereroe. Fino a che un figliolo non è nato anche a me, non ho potuto comprendere fino in fondo i suoi sacrifici: prendersi cura di un neonato mentre suo marito sta morendo, e poi la notte da sola, affidarmi ad altri quando magari avrebbe voluto starsene a casa, fare quattro lavori.
E tutto questo pensando contemporaneamente al soddisfacimento dei miei bisogni primari. Era lei a darmi da mangiare, a prepararmi più tardi le pappe, a cucirmi i vestitini, appena poteva mi dedicava le mille attenzioni di cui ha bisogno un bambino così piccolo.
Negli anni, poi, è riuscita a insegnarmi a diventare un uomo. Gli esempi maschili in casa nostra non è che abbondassero. C’erano il nonno, lo zio Vincenzo, i babbi di qualcuno degli amici più stretti, ma con nessuno di loro avevo un rapporto che potrebbe definirsi padre-figlio. Come avrà fatto? La risposta che mi sono dato è che deve aver rivestito entrambi i ruoli, a costo di rinunciare a qualcosa sotto il profilo delle classiche virtù femminili, come dolcezza e amorevolezza. Più che una mamma, a volte mi sembrava di avere a che fare con un gen...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Premessa
  4. La pancia di Francesca
  5. Altro che Bach
  6. Strane scoperte
  7. Riflessioni all’ultimo minuto
  8. Alle porte coi sassi
  9. Tanti auguri a te
  10. Nuvole
  11. Ali e radici
  12. Fiocco azzurro
  13. Finalmente a casa!
  14. Prime volte
  15. Tutta questione di prospettive
  16. Le famiglie si costruiscono in bagno
  17. Matusa
  18. Diavolerie di nome e di fatto
  19. Il complimese
  20. La notte dorme?
  21. Ninna nanna, ninna oh...
  22. ... questo bimbo a chi lo do
  23. Futuro
  24. Giuseppe
  25. Lolette
  26. Un orologio, un vestito rosso e quattro fotografie
  27. Zaino in spalla
  28. Tutto il resto si metta in coda
  29. L’elenco delle priorità
  30. Sorrisi
  31. L’omino di gomma
  32. I nonni
  33. “Tutto tranquillo”
  34. Un silenzio irreale
  35. 15 giugno
  36. La prima sgridata
  37. Le regole della casa
  38. Anniversario da neogenitori
  39. Sono sicuro, l’hai detto
  40. Poi è arrivata l’estate...
  41. Tetris
  42. Chi dorme piglia pesci
  43. Incredibile, ma vero
  44. Koala
  45. Buongustaio
  46. Giochi da maschi
  47. Stile italiano
  48. La scoperta del mondo
  49. L’intervallo della RAI
  50. Da grande
  51. La stanchezza? Cos’è?
  52. Braccio di ferro
  53. Quando tutto è iniziato
  54. Granellino dopo granellino
  55. Pay attention, please
  56. I pianti non sono tutti uguali
  57. La febbre dei cartoni animati
  58. La strada giusta
  59. Dono di Dio
  60. Speriamo che sia... sano
  61. Gli indispensabili
  62. Finale
  63. Copyright