Storia dei popoli arabi
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Storia dei popoli arabi

Da Maometto ai nostri giorni

  1. 564 pagine
  2. Italian
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Storia dei popoli arabi

Da Maometto ai nostri giorni

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Albert Hourani, uno dei massimi islamisti, con la sua immensa erudizione e la sua avvincente capacità espositiva ci offre in questo libro, un classico del suo genere, una ricostruzione nel contempo dettagliatissima e di ampio respiro di dodici secoli di storia e di civiltà arabe.

Quella dell'Islam si configura come un'esperienza storica irripetibile, in cui si contrappongono fedeltà all'autorità e alla tradizione e sete di rinnovamento, spinte all'unità e dirompenti crisi conflittuali. L'avvento della religione islamica ha infatti creato, nel corso dei secoli, un vasto mondo arabo-musulmano che va dall'Atlantico all'Iraq e all'Oceano Indiano. All'interno di questo universo ogni nazione possiede peculiarità geografiche e storiche: elementi di unicità che Hourani analizza e inserisce in un quadro di esperienze comuni, trattando argomenti di vasta portata (dalla nascita e diffusione dell'Islam all'integrazione nel mondo contemporaneo), fino ad affrontare temi tuttora assai controversi come il ruolo delle donne o la questione palestinese.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2017
ISBN
9788852081958
Argomento
Storia
Parte seconda

Le società arabo-musulmane

(Secoli XI-XV)
I cinque secoli che saranno trattati in questa parte furono un periodo durante il quale il mondo dell’Islam si divise per certi aspetti ma conservò la sua unità per altri. Cambiarono i confini del mondo musulmano: esso continuò ad espandersi in Anatolia e in India, ma cedette la Spagna ai regni cristiani. Entro questi confini, venne alla luce una divisione tra quelle zone in cui l’arabo era la lingua principale della vita e della cultura e quelle in cui esso continuò ad essere la lingua principale degli scritti religiosi e legali, ma il rifiorito persiano divenne il principale strumento della cultura laica. Un terzo gruppo etnico e linguistico assunse importanza: i Turchi, che costituirono l’élite dominante in gran parte dei territori orientali del mondo musulmano. All’interno delle regioni di lingua araba, il califfato ‘abbaside a Baghdad continuò la sua esistenza fino al XIII secolo, ma venne alla luce una vasta spaccatura politica tra tre aree: l’Iraq, che era solitamente unito all’Iran; l’Egitto, che solitamente aveva il dominio della Siria e dell’Arabia occidentale; ed il Maghreb con le sue diverse componenti.
Tuttavia, nonostante le divisioni e le trasformazioni politiche, le parti dell’impero musulmano di lingua araba ebbero forme sociali e culturali che rimasero relativamente stabili durante questo periodo, presentando somiglianze da una regione all’altra. Questa parte esplorerà il mondo dei cittadini, quello dei contadini e quello dei pastori nomadi ed i legami che li univano, e mostrerà come si sia sviluppata un’alleanza di interessi tra gli elementi dominanti della popolazione urbana ed i sovrani, il cui potere trovava giustificazioni in un certo numero di idee sull’autorità. Nel cuore dell’alta cultura delle grandi città stava la tradizione di cultura religiosa e legale, trasmessa in istituzioni apposite, le madrasa. Collegate ad essa vi erano altre tradizioni di letteratura laica, di pensiero filosofico e scientifico, e di speculazione mistica trasmessa da confraternite sufi, che ebbero una parte molto importante nell’integrazione dei diversi ordini della società musulmana. Gli Ebrei e i Cristiani, pur calati di numero, conservavano le proprie tradizioni religiose, ma gli Ebrei in particolare presero parte alla fioritura del pensiero e della letteratura ed ebbero un ruolo importante nei commerci delle città.
Capitolo quinto

Il mondo arabo musulmano

Stati e dinastie

Alla fine del X secolo era venuto alla luce un mondo islamico, unificato da una comune cultura religiosa espressa in arabo e da legami umani che erano stati forgiati dai commerci, dalle migrazioni e dai pellegrinaggi. Questo mondo, però, non si incarnava più in un’unica entità politica. Vi erano tre sovrani che reclamavano il titolo di califfo, a Baghdad, al Cairo e a Cordova, ed altri che erano di fatto sovrani di Stati indipendenti. Questo fatto non può sorprendere. Essere riusciti a mantenere così tanti paesi, di diverse tradizioni ed interessi, per così tanto tempo in un unico impero era stato un risultato notevole. Ben difficilmente lo si sarebbe potuto conseguire senza la forza di una convinzione religiosa, che prima aveva formato un efficiente gruppo dominante nell’Arabia occidentale, e poi aveva creato una comunanza di interessi tra tale gruppo e una parte crescente delle società sulle quali esso dominava. Né le risorse militari né quelle amministrative del califfato ‘abbaside erano tali da consentirgli di mantenere per sempre questo quadro di unità politica, in un impero esteso dall’Asia centrale fino alle rive dell’Atlantico; e dal X secolo in poi la storia politica dei paesi in cui erano musulmani i sovrani ed una parte crescente della popolazione fu una serie di storie regionali, con l’ascesa e la caduta di dinastie il cui potere si irradiava dalle rispettive capitali fino a frontiere che nel complesso non erano chiaramente definite.
Non si tenterà qui di fornire nel dettaglio la storia di tutte queste dinastie, ma di chiarire perlomeno il disegno generale degli avvenimenti. A questo scopo, il mondo musulmano può essere diviso in tre vaste aree, ciascuna con i propri centri di potere. La prima di esse comprendeva l’Iran, i territori al di là dell’Oxo (Amu Darya), e il sud dell’Iraq; per un certo tempo dopo il X secolo il suo principale centro di potere continuò ad essere Baghdad, posta com’era nel cuore di un ricco distretto agricolo e di una vasta rete di commerci, e con il prestigio e l’influenza accumulati nei secoli di predominio dei califfi ‘abbasidi. La seconda area comprendeva l’Egitto, la Siria e l’Arabia occidentale; il suo centro di potere si trovava al Cairo, la metropoli costruita dai Fatimidi, in mezzo ad una campagna estesa e produttiva e nel cuore di un sistema commerciale che univa il mondo dell’Oceano Indiano con quello del Mar Mediterraneo. La terza comprendeva il Maghreb e le parti musulmane della Spagna note come al-Andalus; in questa area non vi era un solo centro di potere predominante, bensì diversi centri, posti in regioni di colture estensive e in località da cui si potevano controllare le rotte commerciali tra l’Africa e le diverse parti del Mediterraneo.
Con una certa semplificazione, la storia politica di tutte e tre queste aree può essere divisa in un certo numero di periodi. Il primo di essi abbraccia l’XI e il XII secolo. In tale periodo l’area orientale venne governata dai Selgiuchidi, una dinastia turca sostenuta da truppe turche e aderente all’Islam sunnita. Essi si installarono a Baghdad nel 1055 come effettivi detentori del potere, sotto la sovranità degli ‘Abbasidi, dominarono sull’Iran, l’Iraq e la maggior parte della Siria, e strapparono all’imperatore di Bisanzio parti dell’Anatolia (1038-1194). Non avanzarono la pretesa di essere califfi. Tra i termini usati per descrivere questa e successive dinastie, il più appropriato è quello di sultan, che significa all’incirca «detentore del potere».
In Egitto, fino al 1171 continuarono a regnare i Fatimidi, cui però subentrò Salah al-Din (Saladino, 1169-1193), un comandante militare di origine curda. Il mutamento di sovrano comportò un mutamento di alleanze religiose. I Fatimidi appartenevano al ramo ismailita dello Sciismo, mentre Salah al-Din era sunnita, e fu in grado di mobilitare la forza e il fervore religioso dei Musulmani di Egitto e Siria per sconfiggere i Crociati dell’Europa che sul finire dell’XI secolo avevano fondato Stati cristiani in Palestina e sulla costa siriana. La dinastia degli Ayyubidi fondata da Salah al-Din governò l’Egitto dal 1169 al 1252, la Siria fino al 1260 e parte dell’Arabia occidentale fino al 1229.
Nell’area occidentale, il califfato umayyade di Cordova si smembrò agli inizi dell’XI secolo in una quantità di piccoli regni, e ciò rese possibile agli Stati cristiani che sopravvivevano al nord della Spagna di cominciare ad espandersi verso sud. La loro espansione venne comunque controllata per un certo tempo dalla comparsa successiva di due dinastie che trassero il loro potere da un’idea di riforma religiosa combinata con la forza delle popolazioni berbere delle campagne del Marocco: prima gli Almoravidi, provenienti dai bordi del deserto del sud del Marocco (1056-1147), e poi gli Almohadi, il cui sostegno era assicurato da Berberi dei monti dell’Atlante, e il cui impero al momento di massima estensione comprendeva Marocco, Algeria, Tunisia e la parte musulmana della Spagna (1130-1269).
Un secondo periodo è quello che abbraccia, molto all’ingrosso, il XIII e il XIV secolo. Durante il XIII, l’area orientale fu turbata dall’irruzione nel mondo musulmano di una dinastia mongola non-musulmana proveniente dall’Asia orientale, con un esercito formato da uomini di tribù mongole e turche delle steppe dell’Asia centrale. Essi conquistarono l’Iran e l’Iraq, e provocarono la fine del califfato ‘abbaside di Baghdad nel 1258. Un ramo della famiglia dominante regnò su Iran e Iraq per quasi un secolo (1256-1336) durante il quale si convertì all’Islam. I Mongoli cercarono di muoversi verso occidente ma furono bloccati in Siria da un esercito egiziano, formato da schiavi guerrieri (mamluk) che erano stati portati in quel paese dagli Ayyubidi. I capi di queste truppe deposero gli Ayyubidi e formarono una casta militare autoperpetuantesi, originaria del Caucaso e dell’Asia centrale, che continuò a governare l’Egitto per più di due secoli (i Mamelucchi, 1250-1517); dal 1260 governò anche la Siria, ed ebbe il controllo delle città sante dell’Arabia occidentale. Nell’area occidentale, la dinastia almohade cedette il posto a un certo numero di Stati continuatori, tra cui quello dei Merinidi nel Marocco (1196-1465) e quello degli Hafsidi, che governarono dalla loro capitale, Tunisi (1228-1574).
Questo secondo periodo vide mutare considerevolmente i confini del mondo musulmano. In alcune località il confine arretrò sotto l’attacco degli Stati cristiani dell’Europa occidentale. La Sicilia cadde nelle mani dei Normanni provenienti dal nord dell’Europa, e gran parte della Spagna in quelle dei regni cristiani del nord; a metà del XIV secolo essi controllavano l’intero paese a eccezione del regno di Granada al sud. Tanto in Sicilia che in Spagna continuò per un certo tempo ad esistere la popolazione araba musulmana, ma alla fine essa finì per estinguersi, in seguito a conversioni o ad espulsioni. D’altra parte, gli Stati fondati dai crociati in Siria e Palestina vennero infine distrutti dai Mamelucchi, e l’espansione in Anatolia, già cominciata dai Selgiuchidi, venne proseguita da altre dinastie turche. Col procedere di ciò, cambiò anche la natura della popolazione, con l’arrivo di tribù turche e la conversione di gran parte della popolazione greca. Anche a oriente vi fu un’espansione verso est di governanti musulmani e di popolazioni musulmane, in direzione del nord dell’India. Anche in Africa l’Islam continuò a diffondersi lungo le direttrici commerciali, addentrandosi nel Sahel ai margini meridionali del deserto del Sahara, risalendo la valle del Nilo, e seguendo la costa orientale dell’Africa.
Nel terzo periodo, che abbraccia grosso modo il XV e il XVI secolo, gli Stati musulmani dovettero fronteggiare una nuova sfida da parte degli Stati dell’Europa occidentale. La produzione ed il commercio delle città europee erano in espansione; i tessuti esportati dai mercanti veneziani e genovesi facevano concorrenza a quelli prodotti nelle città del mondo musulmano. La conquista cristiana della Spagna venne completata nel 1492 con l’estinzione del regno di Granada; l’intera penisola era a questo punto governata dai re cristiani di Portogallo e Spagna. La potenza spagnola era una minaccia per i possessi musulmani nel Maghreb, come pure i pirati dell’Europa meridionale nel Mediterraneo orientale.
Al contempo, le innovazioni nelle tecnologie militari e nautiche, e in particolare l’uso della polvere da sparo, rendevano possibile una maggiore concentrazione del potere e la creazione di Stati più potenti e duraturi, che si estesero sulla maggior parte del territorio musulmano di questo periodo. All’estremo occidentale, nuove dinastie succedettero ai Merinidi ed altri: dapprima i Sa‘diti e poi gli ‘Alawiti, che regnarono dal 1631 fino a tutt’oggi. All’altra estremità del Mediterraneo, una dinastia turca, quella degli Ottomani, sorse in Anatolia, sui confini contesi all’Impero Bizantino. Da lì essa si espanse fino all’Europa sud-orientale, e poi conquistò il resto dell’Anatolia; la capitale bizantina, Costantinopoli, divenne la capitale ottomana, oggi nota come Istanbul (1453). Al principio del XVI secolo gli Ottomani sconfissero i Mamelucchi ed assorbirono nel loro impero la Siria, l’Egitto e l’Arabia occidentale (1516-1517). Poi essi assunsero la difesa delle coste del Maghreb contro la Spagna, e così facendo divennero i successori degli Hafsidi e i sovrani del Maghreb fino ai confini del Marocco. Il loro impero doveva durare, in forme diverse, fino al 1922.
Ancora più a est, l’ultima grande incursione di un sovrano con un esercito formato da tribù dell’Asia centrale, quella di Timur (Tamerlano), lasciò dietro di sé una dinastia in Iran e nella Transoxiana, ma non per molto (1370-1506). All’inizio del XVI secolo essa fu sostituita da una nuova e più duratura, quella dei Safavidi, che, partendo dalla zona nordorientale dell’Iran, estesero il loro dominio a tutto il paese e oltre (1501-1732). I Moghul, una dinastia che discendeva dalla famiglia regnante mongola e da Timur, crearono un impero nell’India settentrionale, con capitale a Delhi (1526-1858).
Oltre a questi quattro grandi Stati, quelli degli ‘Alawiti, degli Ottomani, dei Safavidi e Moghul, vi erano staterelli minori, in Crimea e nella regione al di là dell’Oxo, nell’Arabia centrale ed orientale, e nei territori africani di recente conversione all’Islam.

Arabi, Persiani e Turchi

Questi mutamenti politici non distrussero l’unità culturale del mondo dell’Islam; essa si fece sempre più profonda quanto più la popolazione diventava musulmana e la fede islamica si articolava in sistemi di pensiero e istituzioni. Col passar del tempo, però, all’interno di questa ampia unità di cultura cominciò ad apparire qualche divisione; nella parte orientale del mondo islamico, l’avvento dell’Islam non sommerse la consapevolezza del passato nella stessa misura in cui lo fece ad occidente.
Nella parte occidentale del mondo musulmano, la lingua araba sopraffece un po’ alla volta le parlate locali. In Iran e nelle altre regioni orientali, invece, si continuò ad impiegare il persiano. La differenza tra Arabi e Persiani durava fin dal tempo in cui i conquistatori arabi inghiottirono l’Impero Sassanide, reclutandone i funzionari al servizio dei califfi ‘abbasidi e integrandone la classe colta nel processo di creazione di una cultura islamica. La percezione di questa differenza, con accenti di ostilità, trovò espressione nella shu‘ubiyya, una disputa letteraria condotta in arabo a proposito dei rispettivi meriti dei due popoli nella formazione dell’Islam. Il pahlavi continuò ad essere usato dai persiani sia negli scritti religiosi zoroastriani, sia, per un certo tempo, nell’amministrazione del governo.
Nel X secolo cominciò ad apparire qualcosa di nuovo: una letteratura colta in una nuova varietà di lingua persiana, non molto diversa dal pahlavi nelle strutture grammaticali ma scritta in alfabeto arabo e con un lessico arricchito da termini di origine araba. Sembra che ciò si sia verificato dapprima nell’est dell’Iran, alla corte di sovrani locali che non avevano familiarità con l’arabo. In una certa misura, la nuova letteratura rifletteva i generi di scrittura arabi che erano correnti nelle altre corti: poesia lirica ed encomiastica, storia e, entro certi limiti, opere religiose. Vi era però un’altra forma di scrittura che era nettamente persiana. Il poema epico che registrava la storia tradizionale dell’Iran e dei suoi sovrani esisteva già in epoca preislamica; venne ora riesumato ed espresso nel nuovo persiano, e ricevette la sua forma definitiva nello Shahnameh di Firdawsi (ca. 940-1020). Tra i paesi musulmani, l’Iran era praticamente l’unico che avesse un forte e consapevole legame con il suo passato preislamico. Ciò non condusse però ad un rifiuto del suo retaggio islamico; a partire da quest’epoca i Persiani continuarono ad usare l’arabo per scritti legali e religiosi e il persiano per la letteratura profana, e l’influenza di questa duplice cultura si estese a nord fin nella Transoxiana, e ad est fino al nord dell’India.
In questo modo, i paesi musulmani furono divisi in due parti, una dove l’arabo era la lingua esclusiva dell’alta cultura ed un’altra dove si usavano, per scopi diversi, sia l’arabo che il persiano. Strettamente connessa con la divisione linguistica era anche una divisione tra centri di potere politico. L’avvento dei Fatimidi all’ovest e poi quello dei Selgiuchidi all’est crearono una frontiera, ancorché flessibile, tra la Siria e l’Iraq. Nel XIII secolo, l’eliminazione del califfato ‘abbaside con l’annientamento della potenza di Baghdad da parte dei Mongoli, e la successiva sconfitta di questi ultimi in Siria ad opera dei Mamelucchi, resero permanente questa divisione. Da questo momento in poi, ad oriente vi furono regioni controllate da Stati che avevano il loro centro in Iran, Transoxiana e India del nord, mentre quelle occidentali erano controllate dal Cairo o da città del Maghreb e della Spagna; il sud dell’Iraq, che una volta era stato il centro, divenne una regione di frontiera. Questa divisione si protrasse, in forma diversa, quando in Iran salirono al potere i Safavidi e gli Ottomani assorbirono nel loro impero la maggior parte dei paesi di lingua araba; per un certo tempo i due imperi si contesero il controllo dell’Iraq.
La divisione politica, però, non poteva essere definita una divisione tra Arabi e Persiani, poiché per origine, lingua e tradizione i gruppi dominanti in ambedue le aree a partire dall’XI secolo non furono per lo più né arabi né persiani ma turchi, discendenti dalle popolazioni di pastori nomadi dell’Asia centrale. Essi avevano cominciato a varcare la frontiera nordorientale dei territori dell’Islam durante l’età ‘abbaside. Dapprima erano giunti singoli individui, ma più tardi avevano varcato la frontiera ed erano divenuti Musulmani interi gruppi. Alcuni avevano prestato servizio nelle truppe dei sovrani, e col passar del tempo si fecero strada al loro interno delle dinastie. I Selgiuchidi erano di origine turca, e di pari passo con la loro espansione a occidente verso l’Anatolia, altri Turchi si mossero insieme a loro. Molti dei Mamelucchi che governarono l’Egitto venivano da territori turchi; le truppe mongole erano per la maggior parte formate da Turchi, e l’invasione mongola ebbe come effetto permanente quello di portare un gran numero di Turchi a stabilirsi in Iran e in Anatolia. Più tardi, sia la dinastia Ottomana, sia quella Safavide e quella Moghul dovettero la loro forza alle truppe turche.
Le dinastie fondate dai Turchi continuarono a servirsi, nell’esercito e a corte, di varietà della lingua turca, ma col tempo vennero attratte nel mondo della cultura araba o arabo-persiana, o quanto meno ostentarono una posizione di difesa e salvaguardia d...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Prefazione
  4. Prefazione (2012)
  5. Ringraziamenti
  6. Nota sulle trascrizioni
  7. Nota sulle date
  8. Storia dei popoli arabi
  9. Prologo
  10. Parte prima. UN MONDO IN FORMAZIONE. (Secoli VII-X)
  11. Parte seconda. LE SOCIETÀ ARABO-MUSULMANE. (Secoli XI-XV)
  12. Parte terza. L’ETÀ OTTOMANA. (Secoli XVI-XVIII)
  13. Parte quarta. L’EPOCA DEGLI IMPERI EUROPEI. (1800-1939)
  14. Parte quinta. L’ETÀ DEGLI STATI NAZIONALI. (Dal 1939)
  15. Postfazione (2012)
  16. Note
  17. Genealogie e dinastie
  18. Bibliografia
  19. CARTINE
  20. Copyright