Vade retro
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Esorcisti e possessioni: inchiesta sul Maligno

  1. 156 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Esorcisti e possessioni: inchiesta sul Maligno

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Ha mille nomi e mille volti, ma nessuno l'ha mai visto veramente in faccia. È ovunque, ma in pochi se ne accorgono. È spietato, ma affascinante.

È pericoloso, ma inevitabile. Seduce e conquista. Contro di lui o si vince o si perde.

Non lascia scampo. Anche nell'epoca degli smartphone e della globalizzazione il diavolo esiste. Lotta, sussurra e vive in mezzo a noi.

La Chiesa lo chiama per nome e contro di lui ha giurato battaglia. Una battaglia senza tregua, all'ultimo sangue, che si combatte ogni giorno sulla pelle degli indemoniati. Una battaglia che David Murgia ci racconta da queste pagine, in un viaggio oltre le nuove frontiere dello spiritismo, verso mondi bui e paralleli, confortato da testimonianze e documenti che svelano luci e ombre dell'esistenza del Nemico e della forza della Grazia.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2017
ISBN
9788852082764
1

Mille nomi, mille volti

Ciò che più mi colpisce è il freddo. E non mi riferisco solo a quello corporeo. Ma anche al gelo che si sente e si respira entrando in quella stanza. Sono le nove di un’ordinaria mattina di novembre. Mi sento inquieto ed eccitato allo stesso tempo. Sono curioso di vedere che cosa accadrà. Suono il campanello di una sacrestia annessa a una chiesa che ricorda una nave in mezzo al mare. Intorno ci sono solo palazzi. Chissà perché penso a una nave in tempesta. Chi mi apre è molto diffidente. Mi dice in modo brusco di sedermi su una sedia e di aspettare. Ho i brividi. Su una delle pareti bianche e trascurate c’è un enorme quadro di san Michele Arcangelo. A fianco, un’immagine sbiadita di Padre Pio da Pietrelcina. La stanza non ha odore. Non ci sono fiori.
Mi viene da pensare che, se queste mura potessero parlare, chissà quali e quanti segreti potrebbero svelare.
Dopo qualche minuto di attesa arrivano tre persone. Il freddo ora diventa più intenso. Non so se è solo una mia impressione. Cerco di riflettere e di prepararmi. Poi incrocio il suo sguardo. Per un attimo sono in preda all’angoscia. Occhi neri mi fissano senza tregua. È una strana sensazione. È qualcosa di più del sentirsi osservato. Per fortuna qualcuno mi chiama e da dietro spunta un sacerdote.
«Non pensavo che vi sareste incontrati. O sei tu in anticipo o è lei in ritardo» mi dice.
«Ma è lei la persona di cui mi hai parlato?» chiedo.
«Sì, è lei. Se vuoi restare, lo puoi fare mettendoti un po’ in disparte. Ma devi pregare. Altrimenti, aspetti fuori.»
Decido di restare. Osservo di nuovo quel volto. E ritorna quella brutta sensazione. Nei suoi occhi vedo il vuoto. Vedo un profondo nero. Il sacerdote ci fa entrare in una piccola stanzetta. L’arredo è dozzinale. Nessuno fiata. Sento un rantolo di animale. Ma non capisco da dove venga. Quegli occhi tornano a fissarmi. Interviene di nuovo il prete. Ordina a tutti di sedersi. A me dice di accomodarmi in fondo. Dopo qualche secondo, nella stanza si scatena l’inferno.
Devo essere onesto. È difficile descrivere eventi e circostanze che hanno come origine il soprannaturale. È un’impresa non da poco mettere ordine nella confusione, tentare di separare la superstizione dai fatti reali. Sono solo paranoie? O episodi accaduti realmente? E poi rischio di portare alla luce scenari umani incredibili, storie personali dolorose, verità sconvolgenti che le persone non amano mettere in piazza. Difficile sedersi davanti a una telecamera per raccontare testimonianze e lacrime.
Per molti anni, il mio lavoro quotidiano è stato proprio quello di cercare indizi e prove dell’esistenza del diavolo e delle sue azioni. Ho cercato di scovarlo, cacciarlo e individuarlo. Ho sbirciato, approfondito, studiato, valutato e denunciato. Ho trovato conferme a fatti e avvenimenti. E subito dopo sono ritornato a cercare nuovi indizi e nuove prove. Ho tentato di essere il più obiettivo possibile, muovendomi tra matti ed esaltati, tra tonache e sacrestie, tra luoghi bui e anime in pena. Ma trovando anche autentica disperazione e coraggio.
In quella stanza sono rimasto più di trenta minuti. Ma non sono riuscito a pregare. Ero emozionato e curioso. Sì, troppo emozionato e curioso per pensare ad altro. Poi ho visto e ho udito. E quando sono uscito, ho pensato a quanto fossero belli il sole, i colori e gli odori della città.
Parlare del diavolo, delle sue prede e dei suoi nemici non è facile. Ancora più difficile è farlo con un programma televisivo. Eppure l’ho fatto. L’ho fatto per l’emittente TV2000, che è il canale televisivo ufficiale della Conferenza episcopale italiana. L’ho fatto andando incontro a problemi e incomprensioni di ogni tipo. L’ho fatto senza sapere in quale guaio mi stavo effettivamente cacciando.
È un viaggio (durato molti anni) attraverso il dolore e la sofferenza di persone – spesso innocenti – che hanno avuto a che fare con l’Avversario.
L’ho fatto per raccontare come vivono le sue vittime, con i loro incubi e le loro paure. L’ho fatto per tentare di dare una spiegazione a un mondo parallelo e inquietante al quale molti non credono o sono indifferenti. Per fare un po’ di luce lì dove c’è solo ombra. E sono entrato in mondi oscuri. Lì dove opera lui, l’Avversario.
Non so se avete presente cosa vuol dire farsi raccontare ciò che vivono donne e uomini costretti ad andare dall’esorcista. Non sono poi così pochi. Ebbene, io li ho sentiti, li ho seguiti. Ho passato molto tempo con loro. Sono stato nelle loro case. E i racconti che ho ascoltato sembrano usciti da un film horror. Racconti svelati sottovoce, quasi sussurrati per non spaventarmi troppo o per non passare per matti. Racconti che parlano di riti strani, come la benedizione di un pezzo di campagna che stava causando la morte del bestiame, o come quella impartita a una ragazza di una città di provincia che era stata vista strisciare come un serpente sotto i banchi della chiesa o come un ragno lungo le pareti.1 O ancora, gli attacchi diabolici che un esorcista avrebbe subìto per aver ingaggiato la lotta contro il grande Ingannatore. Grosse mani che alle tre di notte avrebbero cercato di strozzarlo.
Le loro, sono storie raccapriccianti, che puzzano di zolfo, in cui mani invisibili muovono cose. Storie di intrugli e «fatture d’amore» realizzate con peli pubici, fili intrecciati e oggetti strani ritrovati dentro cuscini e materassi. Storie di arcani rumori notturni che d’un tratto si fanno assordanti, di impronte di animali inspiegabilmente trovate su lenzuola immacolate. Storie di malefici e maledizioni.
E ho imparato che nel mondo diabolico tutto è tenebra. Tutto fa paura. Tutto fa tremare.
Uno dei primi casi che abbiamo trattato nella nostra inchiesta televisiva sul diavolo è stato quello di una donna. Proprio la donna con cui sono stato per più di mezz’ora in quella stanza. Mi era stata presentata da un famoso esorcista di Roma, il quale mi aveva assicurato come il suo problema fosse autenticamente di natura diabolica. Era ridotta a uno straccio. Quando mi hanno detto la sua età, non ci volevo credere. Pensavo avesse trent’anni di più. Aveva un forte disturbo diabolico dovuto a possessione. Ad accompagnarla quella mattina non c’era il compagno o i genitori, ma solo due amici. Erano tutti all’oscuro del suo vero problema. Perché nascondere una cosa di questa portata ai propri genitori o al proprio compagno? Poi ho capito. Un familiare, per invidia, si era rivolto a un mago – che vive ed esercita nei pressi di Roma – per farle una fattura a morte. In sostanza, secondo gli esorcisti, la cosa peggiore che si può fare a una persona. Perciò, la donna doveva evitare di avere rapporti con i propri congiunti. Ma soprattutto cercare in ogni modo di non insospettirli.
Se il familiare, l’autore della fattura a morte, si fosse accorto che la donna andava dall’esorcista, per lei sarebbe stata la fine. Il maleficio sarebbe stato rinnovato dal mago, lei sarebbe stata ancora peggio e l’esorcista avrebbe faticato il doppio per aiutarla. Non poteva fidarsi di nessuno, e quindi ha nascosto il proprio segreto anche in famiglia.
Ecco la sequenza: il familiare è andato dal mago; il mago ha confezionato il maleficio, nascondendolo nel cibo. Poi – dopo essere stato pagato – lo ha consegnato al suo cliente. Il resto è stato semplicissimo: alla prima occasione – una festa, una ricorrenza di famiglia – alla donna è stato servito il cibo maleficato, e lei – senza saperlo – lo ha ingerito. Da quel giorno sono iniziate le sue sofferenze indicibili.
Per anni è stata in cura dall’esorcista, dal quale andava sempre la mattina presto per non destare sospetti.
Finito il rito – a cui ho partecipato – la donna stava meglio. Ma era distrutta. Camminava a fatica. Quando è uscita da quella stanza, mi ha salutato con un cenno del capo. Non aveva più quegli strani occhi neri.
L’esorcista mi ha spiegato che il suo era un caso molto serio, nel senso che si trattava di un’autentica possessione diabolica. Per questo gli esorcismi che compiva su di lei erano impegnativi anche per lui.
Per me era importante avere la conferma che quella donna fosse realmente un caso di possessione diabolica.
Questo è il primo scoglio da superare. Sì, perché ho imparato che di persone che si sentono disturbate dal demonio – o, peggio, indemoniate – ce ne sono tantissime. Talmente tante che nelle prime puntate di «Vade Retro», la trasmissione di cui avevo cominciato a occuparmi, pensavo che il diavolo fosse una specie di virus in grado di colpire chiunque, e che la possessione diabolica fosse contagiosa e si potesse trasmettere per contatto. Poi ho capito.
La cosiddetta «diagnosi» su presunti disturbi diabolici non può essere fai-da-te. Se una persona ritiene di avere un problema di questo tipo, soltanto l’esorcista potrà confermarlo o smentirlo. Perché? «Moltissime persone» mi è stato spiegato «preferirebbero che tutti i problemi della loro vita fossero opera del diavolo e non colpa loro.» Ho verificato di persona ed è esattamente così. E non posso nascondere che, proprio per il mio lavoro, spesso vengo avvicinato da persone che mi dicono, con grande naturalezza, di avere problemi causati dal diavolo. E me lo dicono come se mi comunicassero che hanno la febbre o la varicella. La sensazione che ho avuto, in qualche caso, è che per alcuni poter dire di essere in cura dall’esorcista e avere disturbi demoniaci sia una cosa di cui vantarsi, da raccontare in birreria tra amici. Per questo motivo, l’unica persona che può confermare un timore del genere è il sacerdote esorcista.
È vero, però, che per fare una diagnosi l’esorcista ha bisogno di tempo. Non basta un semplice incontro, ne servono tantissimi. E qui la faccenda diventa molto complicata. È una questione di numeri. A oggi, l’Italia è suddivisa in 226 diocesi.2 Anche se non siamo in possesso di cifre ufficiali, sembra che non in tutte le diocesi ci sia un esorcista effettivo, cioè nominato da un vescovo, ma soltanto in una cinquantina.3 Per rendere meglio l’idea della situazione, e fatte le debite proporzioni, pensiamo a un Paese come l’Italia con solo poco più di 200 luoghi provvisti di medici specialisti per la cura di una determinata malattia. Chi ha anche solo il sospetto di soffrire di quella malattia può rivolgersi esclusivamente a uno di quei professionisti per una diagnosi. Ne conseguono liste d’attesa infinite e soprattutto il rischio – giustificato dalla disperazione e dallo stato di bisogno – di finire nelle mani di un mago o di un cialtrone pur di avere una speranza di uscire dall’incubo.
Inoltre c’è da tener presente l’età media degli esorcisti, che si aggira intorno ai 60 anni. E con l’età se ne vanno anche le forze: di solito i sacerdoti esorcisti troppo anziani non ce la fanno fisicamente a seguire nuovi casi. Ho verificato di persona: se provate a contattare un esorcista, uno qualsiasi, questi vi mostrerà un’agenda così fitta di appuntamenti da potervi ricevere soltanto uno o due mesi dopo. Forse sono più di un migliaio i casi che un esorcista può arrivare a seguire in un anno. Padre Gabriele Amorth,4 forse l’esorcista più famoso al mondo, in tutta la sua attività ha effettuato circa cinquantamila interventi.
Sul piano pratico, la lunga attesa per poter incontrare un esorcista si trasforma per i «pazienti» in angoscia e sofferenza.
Nei nostri reportage di «Vade Retro» ci siamo sempre affidati ai consigli, alle indicazioni e all’esperienza degli esorcisti. E non solo. Abbiamo chiesto aiuto e lumi anche a psicologi, psichiatri, criminologi, teologi, demonologi e, benché la cosa possa sembrare un po’ curiosa, ci siamo rivolti persino a investigatori e poliziotti, il cui punto di vista è sempre stato per noi prezioso.
Anche perché il mondo che raccontiamo – lo dobbiamo ricordare – oltre che buio è anche piuttosto complesso. Nel senso che non basta catalogarlo – come accade con altri fenomeni – all’interno di margini conosciuti. Negli avvenimenti di cui tratto, infatti, c’è quell’elemento imprevisto e improvviso che io chiamo «fattore diabolico». Vuol dire che, paradossalmente, ogni storia di possessione o di disturbo diabolico presenta tratti e caratteristiche che sono irripetibili e che possono aiutare a delineare un quadro generale, ma non si manifesteranno mai nello stesso e identico modo in altre persone. È vero che ormai – la pratica esorcistica ha alle spalle una lunga tradizione – i sintomi procurati dal disturbo diabolico si conoscono, ma gli effetti che questi producono nelle persone dipendono da fattori personali quali, per esempio, la fede, la vita di preghiera e sacramentale di ciascuno. In poche parole, ogni storia non solo sarà unica, ma sarà una storia a parte rispetto a tutte le altre.
Un’inchiesta giornalistica – per chi non lo sapesse – ha un suo stile, i suoi metodi e i suoi tempi. Non ci siamo accontentati di «freddi» comunicati stampa o di asciutte notizie d’agenzia (che peraltro su questi argomenti sono pochissime e poco affidabili). Siamo andati sul posto. Abbiamo investigato e ascoltato testimoni, analizzato criticamente documenti, immagini, video. Abbiamo tenuto conto anche di voci contrarie. Nel corso di un’intervista, per esempio, James Randi (celebre divulgatore scientifico, noto per aver offerto un premio di un milione di dollari a chiunque fosse in grado di mostrare, in condizioni scientificamente controllate e preventivamente concordate fra le parti, un fenomeno paranormale di qualunque tipo, o legato all’occultismo o a un miracolo) ha negato ogni forma di possessione diabolica, bollandola come suggestione.5 Noi l’abbiamo tranquillamente mandato in onda, moderandolo con un nostro esperto di parere opposto.
Il mio obiettivo è tentare di raccontare un fenomeno di cui si parla poco e spesso senza competenza. Le domande a cui voglio dare risposta sono impegnative: chi è il diavolo? Esiste per davvero? Quali prove abbiamo? Qual è il suo volto? Chi sono i suoi nemici? Esistono i malefici? Cosa sono gli esorcismi? Dove e quando si praticano? E come riesce il diavolo a disturbare la vita delle persone? E chi sono queste persone? E, soprattutto, come vivono e come riescono a superare il problema?
Insomma un lavoraccio, per dirla tutta, che mi ha tolto spesso il sonno. Non è facile bussare alla porta di casa delle persone e chiedere: «Vi va di raccontare davanti alle telecamere la vostra esperienza con il diabolico, che tanto vi fa soffrire?».
Queste persone si nascondono da tutti. Vogliono che il mondo intero si dimentichi di loro. Per colpa del diavolo, hanno perso tutto. Spesso sono senza lavoro. No...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Vade retro
  4. Prologo
  5. 1. Mille nomi, mille volti
  6. 2. Possessioni, esorcismi, esorcisti
  7. 3. Strani esorcismi
  8. 4. Un manoscritto inedito
  9. Note
  10. Bibliografia essenziale
  11. Ringraziamenti
  12. Copyright