Storia di  dodici manoscritti
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Storia di dodici manoscritti

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Non succede spesso di aprire un libro e di iniziare uno straordinario viaggio nel tempo e nello spazio. Di imbattersi, pagina dopo pagina, in vicende di cui serbiamo una sbiadita memoria o di cui si conservano solo labili tracce. Di incontrare potenti sovrani e monaci avventurosi, studenti goliardi e devote principesse. Di passare dalle nebbie cupe d'Irlanda all'inebriante tepore della Spagna moresca, dal mistico silenzio delle colline toscane al vociare sboccato delle taverne tedesche.

Ebbene, Storia di dodici manoscritti di Christopher de Hamel, uno dei massimi esperti mondiali di codici miniati, ci accompagna in questo viaggio sfogliando e analizzando alcuni tra i più affascinanti e preziosi manoscritti medievali. Dal Vangelo di Sant'Agostino, testimonianza dell'arrivo del cristianesimo in Inghilterra alla fine del VI secolo, al Codice Amiatino, la più antica Bibbia a noi pervenuta; dal Libro di Kells, simbolo iconico della cultura irlandese, al Libro d'Ore di Giovanna di Navarra, che solleticò la bulimia predatoria di Hermann Göring. Ma anche i Carmina Burana, noti soprattutto per la trasposizione musicale che ne fece il compositore tedesco Carl Orff, o gli Aratea di Leida, straordinario trattato di astronomia in versi e simbolo della rinascita carolingia della prima metà del IX secolo, o il Semideus Visconti, manoscritto umanista dedicato all'arte della guerra saccheggiato dai francesi nel 1499 dopo la conquista di Milano. E altri ancora.

Sfogliare un manoscritto medievale, spiega de Hamel, vuol dire in primo luogo ammirarne le illustrazioni, annusarne l'odore, toccare con mano tutta la sua magnificenza e fragilità. Ma osservarne le abrasioni, i rammendi, le sfumature di colore, le legature, i pigmenti, così come i danni prodotti dal tempo, dall'umidità, dai topi, dall'incuria e dall'ignoranza degli umani, vuol dire anche ricostruirne le secolari vicende, i vagabondaggi, i passaggi di mano. Vuol dire risalire lungo la catena dei proprietari che lo hanno acquistato, rubato, custodito, ammirato, dimenticato, venduto. Ritornare alla temperie culturale e spirituale nella quale ha visto la luce. Dare un nome allo scriba che lo ha copiato o al miniaturista che lo ha illustrato. Rintracciare il monastero che lo ha prodotto, gli scaffali delle biblioteche sui quali si è coperto di polvere o gli itinerari che ha dovuto seguire per arrivare a volte ai limiti estremi del mondo conosciuto. Perché intorno a ogni manoscritto si intrecciano infinite storie - di abati ambiziosi e di collezionisti, di malfattori e di avventurieri, di artisti e di dittatori - e perché ogni manoscritto ha una propria storia da raccontare.

«Habent sua fata libelli» scriveva Terenziano Mauro nel XIII secolo. Il destino di Storia di dodici manoscritti è quello di meravigliarci e stupirci per la sua incantevole bellezza.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2017
ISBN
9788852082665
Argomento
History
Categoria
World History

Bibliografia e note

Introduzione

Innanzitutto devo dire che lavorare con Stuart Proffitt e i suoi colleghi della casa editrice Allen Lane, fra cui Ben Sinyor e Richard Duguid, è stato un grandissimo piacere. Abbiamo avuto molti lunghi ed esaltanti incontri, cui hanno partecipato spesso anche la picture editor Cecilia Mackay e il designer Andrew Barker. Tutti hanno dato un contributo incommensurabile a questo libro. Qualche volta è capitato che non fossimo completamente d’accordo. Io, per esempio, avrei preferito il titolo che avevo originariamente scelto, Interviews with Manuscripts (Interviste con manoscritti), dato che un’intervista mi sembrava molto vicina a quello che stavamo facendo, ma mi sono rimesso all’esperienza degli editori. E se questo era il prezzo per una collaborazione piacevole e affascinante, valeva la pena pagarlo.

I. I Vangeli di Sant’Agostino

Il Vangelo di Sant’Agostino è integralmente digitalizzato e accessibile online in Parker-on-the-Web, una collaborazione fra il Corpus Christi College e la Stanford University, gestori del sito. La principale monografia sul manoscritto è Francis Wormald, The Miniatures in the Gospels of Saint Augustine, Corpus Christi College MS 286, Cambridge, Cambridge University Press, 1954 (Sandars Lectures, 1948), ripubblicato in F. Wormald, Collected Writings, vol. I, London-Oxford, Harvey Miller-Oxford University Press, 1984, pp. 13-35. Se ne trovano distillati, accompagnati da bibliografie, in: Elias A. Lowe, Codices Latini Antiquiores: A Palaeographical Guide to Latin Manuscripts Prior to the Ninth Century, vol. II: Great Britain and Ireland, 2ª ed., Oxford, Clarendon Press, 1972, p. 4, n. 126; Mildred Budny, Insular, Anglo-Saxon, and Early Anglo-Norman Manuscript Art at Corpus Christi College, Cambridge: An Illustrated Catalogue, Kalamazoo (MI)-Cambridge, Western Michigan University-Corpus Christi College, 1997, pp. 1-50, n. 1; Bruce C. Barker-Benfield, St Augustine’s Abbey, Canterbury, London, The British Library, 2008 (Corpus of British Medieval Library Catalogues, 13), in particolare vol. III, pp. 1732-1733, ricco di informazioni; e Nigel Morgan, Stella Panayotova e Suzanne Reynolds, Illuminated Manuscripts in Cambridge: A Catalogue of Western Book Illumination in the Fitzwilliam Museum and the Cambridge Colleges, vol. II, t. I: Italy & the Iberian Peninsula, London-Turnhout, Harvey Miller, 2011, pp. 18-22, n. 1.
Non esiste ancora una seria biografia intellettuale di Matthew Parker, ma una cospicua bibliografia si può trovare sotto la sua voce, curata da David J. Crankshaw e Alexandra Gillespie, nell’edizione riveduta dell’Oxford Dictionary of National Biography, Oxford, Oxford University Press, 2004. Per descrivere Parker come collezionista ho attinto alla mia breve guida, Christopher de Hamel, The Parker Library: Treasures from the Collection at Corpus Christi College, Cambridge, England, London, Scala, 2010, che a sua volta attinge da Raymond I. Page, Matthew Parker and His Books: Sandars Lectures in Bibliography delivered on 14, 16 and 18 May 1990, Kalamazoo (MI), Western Michigan University, 1993. Si sta parlando dell’eventuale pubblicazione degli atti di un simposio indetto da Anthony Grafton, Scott Mandelbrote e William Sherman, «Matthew Parker, Archbishop, Scholar, Collector», tenutosi a Cambridge il 17-19 marzo 2016. Gill Cannell e Steven Archer sono stati colleghi ideali alla Parker Library fin da quando vi giunsi. Qui ho leggermente semplificato le condizioni del lascito di Parker, che specifica le perdite che sarebbero state inaccettabili, stabilendo che, se il Gonville and Caius College avessero dovuto a loro volta subire successivamente perdite simili, la collezione sarebbe passata al Trinity Hall College. Alcuni libri di Parker, anche se non moltissimi, furono da lui donati alla Cambridge University Library. Accenno alla derivazione di «onciale» dal latino uncia, «oncia, pollice»: un’alternativa è che il termine sia nato dall’errata trascrizione dei primi minims di «iniziale», in seguito immaginato connesso con «oncia». Sono grato al professore Ralph Hanna per le nostre conversazioni su «per cola et commata». La citazione dal Glossario Corpus, è tratta da Corpus Christi College, MS 144, folio 8v (The Corpus Glossary, a cura di Wallace M. Lindsay, Cambridge, University Press, 1921, p. 14). Per Tischendorf e il Codex Sinaiticus, ora per la maggior parte alla British Library a Londra (Add. MS 43725), cfr. l’ottimo compendio in David C. Parker, Codex Sinaiticus: The Story of the World’s Oldest Bible, London, British Library-Peabody (MA), Hendrickson, 2010. Per l’esposizione al Fitzwilliam Museum, cfr. Paul Binski e Stella Panayotova (a cura di), The Cambridge Illuminations: Ten Centuries of Book Production in the Medieval West, London-Turnhout, Harvey Miller, 2005, in cui il Vangelo di Sant’Agostino (n. 1, pp. 46-47) è descritto da Rosamond McKitterick. Il libro del vescovo dell’Arizona è Kirk Smith, Augustine’s Relic: Lessons from the Oldest Book in England, New York, Morehouse, 2016. Gli scritti di Humfrey Wanley, di cui si parla a p. 26, rivelano in lui un uomo avvincente e piacevole; visitò la Parker Library al «Bennet» College, com’era allora chiamato, nel 1699 (The Letters of Humphrey Wanley, Palaeographer, Anglo-Saxonist, Librarian, 1672-1726, a cura di Peter L. Heyworth, New York-Oxford, Clarendon Press-Oxford University Press, 1989, p. 138). La sua descrizione del Vangelo è in George Hickes, Linguarum Veterum Septentrionalium Thesaurus Grammatico-Criticus et Archaeologicus, vol. II, H. Wanley, Antiquae Literaturae Septentrionalis, Liber alter, Oxford, E Theatro Scheldoniano, 1705, pp. 51 e 172-173. Il secondo Vangelo associato da Wanley a San Gregorio è ora Oxford, Bodleian Library, MS Auct. D.2.14. Altri antichi studi antiquari su entrambi i manoscritti sono: Thomas Astle, The Origin and Progress of Writing, As Well Hieroglyphic As Elementary, Illustrated by Engravings Taken from Marbles, Manuscripts and Charters, Ancient and Modern, London, printed for the Author, sold by T. Payne and son, B. White, P. Elmsly, G. Nicol, and Leigh and Sotheby, 1784, in cui il nostro volume è descritto a p. 83 e illustrato alla tav. X; John O. Westwood, Palaeographia Sacra Pictoria: Being a Series of Illustrations of the Ancient Versions of the Bible, Copied from Illuminated Manuscripts, Executed between the Fourth and Sixteenth Centuries, London, William Smith, 1843-1845, la cui parte 10, paginata separatamente 1-6, è The Gospels of Saints Augustine and Cuthbert; e James Goodwin, Evangelia Augustini Gregoriana: An Historical and Illustrative Description of MSS nos. CCLXXXVI and CXCVII in the Parker Library of Corpus Christi College, Cambridge, being the Gospels sent by Pope Gregory the Great to Augustine, A.D. DCI, Cambridge, J. & J.J. Deighton, 1847 (Publications of the Cambridge Antiquarian Society, Quarto series, 3). Per il manoscritto bodleiano, cfr. E.A. Lowe, Codices Latini Antiquiores..., cit., vol. II, p. 31, n. 230; B.C. Barker-Benfield, St Augustine’s Abbey..., cit., pp. 1734-1735; e il manoscritto completo in Anglo-Saxon Manuscripts in Microfiche Facsimile, vol. VII: Anglo-Saxon Bibles and «The Book of Cerne», a cura di Angel N. Doane, Tempe (AZ), Arizona Center for Medieval and Renaissance Studies, 2002 (Medieval & Renaissance Texts & Studies, 187). Con il professor Doane ho avuto a Madison, nel Wisconsin, un’interessante conversazione sul problema se Auct. D.2.14 sia stato prodotto in Italia o copiato in Inghilterra da un modello italiano, forse da uno scriba italiano. I documenti aggiunti a MS 286, citati a p. 29, sono registrati in Peter H. Sawyer, Anglo-Saxon Charters: An Annotated List and Bibliography, London, Royal Historical Society, 1968 (Guides and Handbooks, 8), pp. 351 e 408, nn. 1198 e 1455, e commentati in Susan E. Kelly (a cura di), Charters of St Augustine’s Abbey, Canterbury, and Minster-in-Thanet, Oxford-New York, Oxford University Press, 1995 (Anglo-Saxon Charters, 4), pp. 95-97, n. 24 (e tav. 3), e pp. 118-119, n. 31. Per studi sui libri più antichi di Canterbury, cfr. Richard Emms, St Augustine’s Abbey, Canterbury, and the «First Books of the Whole English Church», in Robert N. Swanson (a cura di), The Church and the Book: Papers Read at the 2000 Summer Meeting and the 2001 Winter Meeting of the Ecclesiastical History Society, Woodbridge (UK)-Rochester (NY), Boydell & Brewer, 2004, pp. 32-45. La cronaca di Thomas Sprott è ancora inedita; ci è rimasta in due manoscritti. Lo Speculum Augustinianum di Thomas Elmham fu pubblicato a cura di Charles Hardwick sotto il titolo di Historia Monasterii S. Augustini Cantuariensis by Thomas of Elmham, Formerly Monk and Treasurer of That Foundation, London, Cambridge University Press, 1858 (Rolls Series, 8); l’originale è Cambridge, Trinity Hall, MS 1. Un «Customary», o Consuetudinario, come quello menzionato a p. 29, è un manuale di regole interno di una casa religiosa che registra i doveri e le pratiche dei suoi membri: per questo esempio, cfr. Edward M. Thompson (a cura di), Customary of the Benedictine Monasteries of Saint Augustine, Canterbury, and Saint Peter, Westminster, London, Harrison and Sons, 1902 (Henry Bradshaw Society, XXIII), p. 101. L’ipotesi di Budny su santa Mildred è presentata alle pp. 6-7 e 11 di M. Budny, Insular, Anglo-Saxon, and Early Anglo-Norman Manuscript..., cit. Il Vangelo diviso fra Londra e Cambridge è British Library Cotton MS Otho C.v e Corpus Christi College MS 197b (cfr. E.A. Lowe, Codices Latini Antiquiores..., cit., vol. II, p. 3, n. 125, e M. Budny, Insular, Anglo-Saxon, and Early Anglo-Norman Manuscript Art..., cit., pp. 55-73, n. 3). Il termine siglum «X» a p. 35 fa riferimento alle lezioni del testo fornite dal testimone di questo particolare manoscritto nelle moderne edizioni critiche della Vulgata, quale Novum Testamentum Domini Nostri Iesu Christi latine, secundum editionem Sancti Hieronymi, a cura di Henry J. White e John Wordsworth, Oxford, E. Typographeo Clarendoniano, 1899, ancora usato nel testo corrente curato da Bonifatius Fischer et al. (3ª ed., Stuttgart, Württembergische Bibelanstalt, 1985). L’analisi del testo di MS 286 è in Hans H. Glunz, History of the Vulgate in England from Alcuin to Roger Bacon: Being an Inquiry into the Text of Some English Manuscripts of the Vulgate Gospels, Cambridge, At the University Press, 1933, in particolare pp. 294-304. Ho evitato speculazioni riguardo a dove o da chi esattamente a Roma il manoscritto possa essere stato prodotto: devo a padre Robert McCulloch, SSC, l’ipotesi che Gregorio Magno possa avere commissionato libri al monastero di Sant’Andrea a Roma, fondato da lui stesso prima di divenire papa in una villa di proprietà della sua famiglia e di cui Agostino era stato priore. Esso sopravvive ora come abbazia camaldolese nella chiesa di San Gregorio Magno al Celio. La lettera di Gregorio a Sereno sul valore dell’arte religiosa citata a p. 41 si trova nel suo Registrum Epistolarum, libro IX, ep. 13 (Migne, Patrologia Latina, LXXVII, 1027); essa era nota a Matthew Parker, che la citò nel 1559 in una lettera alla regina Elisabetta (Correspondence of Matthew Parker, D.D., a cura di John Bruce e Thomas T. Perowne, Cambridge, The University Press, 1853, p. 89). Il resoconto di Beda sull’incontro di sant’Agostino con re Etelberto si legge nella sua Historia Ecclesiastica Gentis Anglorum, libro I, cap. 25, in Venerabilis Baedae: Opera Historica, a cura di Charles Plummer, Oxford, E Typographeo Clarendoniano, 1896, pp. 45-46 [in italiano cfr. Storia degli inglesi, trad. it. di P. Chiesa, vol. I, Milano, Fondazione Lorenzo Valla-Mondadori, 2008, pp. 99-103]. I versi di Sedulio citati nel timpano che reca il simbolo di san Luca, di cui si parla a p. 42, recitano: «Jura sacerdotii Lucas tenet ora iubenci» («Luca tiene le leggi del sacerdozio nella bocca di un bove») (Carmen Paschale, libro I, verso 357). Il libro aperto retto da san Luca reca un’iscrizione di mano posteriore, «fuit homo missus a deo», frase che viene in realtà dal Vangelo di Giovanni (1,6), ma dove fa riferimento a Giovanni Battista, con la cui nascita inizia il Vangelo di Luca. Per le immagini nei Vangeli di Sant’Agostino, cfr. in particolare F. Wormald, The Miniatures in the Gospels of Saint Augustine..., cit., e anche John Lowden, The Beginnings of Biblical Illustration, in John Williams (a cura di), Imaging the Early Medieval Bible, University Park, Pennsylvania State University Press, 1999, pp. 9-59, in cui si troveranno anche gli altri manoscritti del VI secolo citati qui alle pp. 46-47. I primi risultati delle ricerche condotte dai professori Beeby e Gameson usando lo spettroscopio Raman, di cui si parla a p. 44, sono pubblicati in Alex Beeby, Andrew R. Duckworth, Richard G. Gameson et al., Pigments of the Earliest Northumbrian Manuscripts, in «Scriptorium», 59, 2015, pp. 33-59. La legatura custodita nel tesoro a Monza è riprodotta, oltre che in altre pubblicazioni, in Jeffrey Richards, Consul of God: The Life and Times of Gregory the Great, London, Routledge & Kegan Paul, 1980, tav. 13 (in italiano cfr. Il console di Dio. La vita e i tempi di Gregorio Magno, trad. it. di R. Aiazzi, Firenze, Sansoni, 1984, senza tavole). I Vangeli di Abba Garima, annunciati da Martin Bailey in Discovery of Earliest Illustrated Manuscript, in «The Art Newspaper», giugno 2010, sono stati pubblicati solo imperfettamente; nel novembre 2013 ho seguito (anzi, copresieduto) a Oxford il convegno «The Garima Gospels in Context». I tre grandi Vangeli del VI secolo menzionati alle pp. 46-47 sono i Vangeli Rabbula (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Cod. Plut. 1. 56), il Codex Purpureus (Rossano, Museo diocesano e del Codex) e il Codex Sinopensis (Parigi, Bibliothèque nationale de France, ms suppl. grec. 1286). I manoscritti Rabbula e Sinopense furono entrambi esposti nel 2006 alla Sackler Gallery di Washington, dove potei vederli: cfr. Michelle Brown (a cura di), In the Beginning: Bibles before the Year 1000, Washington, Freer Gallery of Art & the Arthur M. Sackler Gallery, 2006, pp. 300 e 302, nn. 62 e 64. La storia della mancata acquisizione dei Vangeli Rossano è raccontata in Agnes S. Lewis, Life of the Rev. Samuel Savage Lewis, F.S.A., Fellow and Librarian of Corpus Christi College, Cambridge, Cambridge, Macmillan and Bowes, 1892, pp. 208-209, e riassunta in Janet M. Soskice, Sisters of Sinai: How Two Lady Adventurers Found the Hidden Gospels, London, Chatto & Windus, 2009, p. 94. Un facsimile del manoscritto si trova in Codex Purpureus Rossanensis, a cura di Guglielmo Cavallo, Jean Gribomont e William C. Loerke, Roma-Graz, Salerno-Akademische Druck- u. Verlagsanstalt, 1985-1987 (Codices Selecti, 81). Il Codice Aureo di Stoccolma è riprodotto in The Codex Aureus: An Eighth-Century Gospel Book, Stockholm, Kungliga Bibliothek, A. 135, a cura di Richard Gameson, 2 voll., København, Rosenkilde and Bagger, 2001-2002 (Early English Manuscripts in Facsimile, 28-29). Il Vangelo della British Library citato a p. 49 è Royal MS 1.E.VI, prodotto nell’abbazia di Sant’Agostino presumibilmente copiando, almeno in parte, la Bibbia di Sant’Agostino, andata perduta; cfr. A Survey of Manuscripts Illuminated in the British Isles, vol. I: Insular Manuscripts: 6th to the 9th Century, a cura di Jonathan J.G. Alexander, London, H. Miller, 1978, pp. 58-59, n. 32, dove alla tav. 161 è riprodotto il bue sul folio 43r del manoscritto. Il Salterio Eadwine del XII secolo citato alle pp. 49-50 è Cambridge, Trinity College, MS R.17.1; le sue miniature prefatorie, staccate, si trovano ora a Londra, Victoria and Albert Museum, 816-1894, British Library, Add. MS 37472, e New York, Morgan Library, M 521 e M 724 (cfr. Margaret Gibson, Thomas A. Heslop e Richard W. Pfaff, a cura di, The Eadwine Psalter: Text, Image, and Monastic Culture in Twelfth-Century Canterbury, London, Modern Humanities Research Association, 1992, in part. p. 29). Al mio figlio minore è stato dato il nome Edwin anche in riferimento a questo incomparabile manoscritto. Il Salterio Anglo-Catalano è Parigi, Bibliothèque nationale de France, ms lat. 8846: cfr. Psalterium Glosatum (Salterio Anglo-Catalán), facsimile, Barcelona, M. Moleiro, 2004, accompagnato da un volume di commenti a cura di Nigel Morgan et al. (Barcelona, M. Moleiro, 2006) in cui, alle pp. 48-49, si parla dei Vangeli di Sant’Agostino. Sono in debito con Cressida Williams, archivista alla cattedrale di Canterbury, per avere potuto vedere il dattiloscritto di William Urry sul viaggio del Vangelo a Canterbury nel 1961. Il mio resoconto sulla funzione all’abbazia di Westminster fu scritto all’epoca e viene riprodotto qui con lievi modifiche rispetto alla versione pubblicata nell’annuario del College: Christopher de Hamel,...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. STORIA DI DODICI MANOSCRITTI
  4. Introduzione
  5. I. I Vangeli di Sant’Agostino
  6. II. Il Codice Amiatino
  7. III. Il Libro di Kells
  8. IV. Gli Aratea di Leida
  9. V. Il Beato Morgan
  10. VI. Hugo Pictor
  11. VII. Il Salterio di Copenaghen
  12. VIII. I Carmina Burana
  13. IX. Le Ore di Giovanna di Navarra
  14. X. L’Hengwrt Chaucer
  15. XI. Il Semideus Visconti
  16. XII. Le Ore Spinola
  17. Epilogo
  18. Bibliografia e note
  19. Elenco delle illustrazioni
  20. Copyright