La vespa nell'ambra
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La vespa nell'ambra

  1. 348 pagine
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La vespa nell'ambra

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Cesare è in Egitto e ha affidato Roma a Marco Antonio, ma è difficile mantenere l'ordine nella città senza magistrati regolari. Un grande aiuto viene ad Antonio dal ricco cavaliere Volumnio, l'uomo che a Roma fornisce qualunque servizio a chi può pagare, grazie alla sua squadra di liberti, ex schiavi liberati, ciascuno dei quali è un grande esperto di un settore specifico. Tra loro spiccano Priscilla, famosa e abilissima medichessa, l'ex gladiatore Silio, conosciuto come Tigris nelle arene, amato dal popolo, temuto sicario, spia, guardia del corpo, e l'attrice cortigiana Citeride, amante di Marco Antonio, primadonna del suo apparato propagandistico e della "politica spettacolo" romana. C'è un forte legame fra i tre liberti che sono cresciuti insieme in Vicolo del Fico: da sempre Silio ama Priscilla, ma lei è rimasta vergine e si dedica solo all'arte medica e all'istruzione delle sue discepole. Ma una notte di fronte alla porta della cortigiana Glicera viene assassinato il nobile Gaio Terenzio. Vicino al cadavere è stato visto solo Valerio, che di Terenzio era stato complice di tante violenze negli anni precedenti. Ma i due ormai erano nemici. Valerio fugge e si nasconde, ma prima chiede aiuto alla sua ex amante Citeride, giurandole che c'è una testimone. Citeride si impegna a rintracciarla. Intanto però Silio, in giro prima dell'alba per informare Volumnio degli umori dei Romani, viene a conoscenza di una voce inquietante: Valerio avrebbe ucciso Terenzio per impossessarsi di una lettera compromettente di Cesare. Una voce che è stata divulgata proprio da Glicera. E quando va da lei per interrogarla Silio la trova morta, col volto mutilato. I due efferati delitti e la diceria sulla lettera di Cesare sconvolgono la città. Tutti cercano Valerio, i nemici di Cesare per farlo parlare della lettera, gli amici al fine di zittirlo per sempre. Una delle migliori autrici italiane di romanzi storici scrive un grande romanzo giallo nella cornice, perfettamente ricostruita, dell'antica Roma nell'ultimo periodo della Repubblica, la città per eccellenza, tra piazze splendide e vicoli malfamati, palazzi eleganti e catapecchie, grandi famiglie sempre in lotta, folle miserabili guidate da agitatori senza scrupoli.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2015
ISBN
9788852063664

Capitolo II

Anche Silio aveva dedicato poco tempo al riposo, e non era certo una novità. Da quando Marco Antonio era stato nominato magister equitum, impiegava una gran parte della sua giornata girando per la città a sentire cosa si diceva per poi riferire al suo patrono, il cavaliere Volumnio, fedele collaboratore di Antonio.
Grazie a Silio, Volumnio riusciva prima di chiunque altro a mettere al corrente il magister equitum degli umori dei Romani. Antonio non aveva informatori in gamba come quelli di Volumnio, nessuno li aveva.
Volumnio sapeva scegliere la gente adatta ai suoi scopi già in tenera età e addestrarla. Silio, un ex gladiatore, noto alle folle come Tigris, era uno dei pochi arrivati nella sua squadra da adulti, con una carriera alle spalle.
Quella mattina c’era in ballo la questione spinosa dell’assassinio di Terenzio, da molti ritenuto un agente di Cesare. Il dittatore non avrebbe gioito alla notizia, ma destavano maggiori preoccupazioni i vecchi affari di cui aveva parlato Glicera.
Era ancora buio pesto, quando si alzò Silio. L’Urbe non riposa mai, così decise di uscire subito per rendersi conto di come la pensasse la gente riguardo alla morte di Terenzio, e andare a informare Volumnio prima che clienti e postulanti gli affollassero la casa per la salutatio.
Si gettò dell’acqua fredda sulla faccia, e, munito di una capiente sporta per la spesa, si diresse al Foro a sentire le novità. Come prima cosa fece una sosta, necessaria, in realtà, in una latrina. Una dozzina di Romani, seduti sulla lunga panca di marmo, dissero in coro: «Ecco Tigris». Quello che stava raccontando una barzelletta smise. Erano liberti che avevano lavorato nel trasporto delle merci durante la notte.
Tutti lo guardavano in attesa di notizie di prima mano.
«Avete mangiato male anche ieri» disse Silio per tenerli un po’ sulla corda.
«L’uomo è quello che mangia» motteggiò un famoso ghiottone, con la voce in falsetto per imitare Priscilla.
«Certo, la vergine Priscilla gli insegna tutti i giorni come fare per vivere a lungo. Ha dimenticato che lo uccideranno in un vicolo buio una notte di queste» disse un altro.
«In effetti dovrei essere già defunto» disse Silio. «Lei mi ha curato una ferita che gli altri medici avevano giudicato mortale, e dunque... ho già vissuto più di quanto mi spetta.»
«Priscilla l’ha solo ritardata di pochi anni, ma la brusca fine ci sarà» disse qualcun altro. «La medica gli farà un bel referto per il magistrato. Conterà tutti i buchi.»
«Grazie, grazie» disse Silio, «se ci azzecchi come con i cavalli, avrò vita lunga.»
«Basta» intervenne una voce autorevole. «Allora, Tigris, non ci lasciare col fiato sospeso. Dicono che stanotte eri presente anche tu, di scorta alla medica. È vero che è stato Marco Valerio?»
«Valerio c’era, ma nessuno l’ha visto uccidere Terenzio, e Terenzio da parte sua non accuserà più nessuno... E allora... mah... probabilmente non se ne verrà a capo» disse Silio. «Potrebbe essere stato anche un ladro. Insomma ne ammazzano tanta di gente per rapina...»
«Stavolta la rapina non c’entra» disse uno che si era rassettato, in procinto di andarsene, «lo sanno pure le pietre a Roma che Valerio e Terenzio prima erano inseparabili...»
«Erano complici» lo interruppero più voci.
«... ma ultimamente» proseguì quello «erano diventati nemici giurati e si odiavano a morte.»
«Questa si presenta come una bella gatta da pelare per Marco Antonio» commentò un altro. «Per il processo si dovrà prendere posto il giorno prima.»
«Non è detto che si faccia un processo» disse Silio. Approfittò dell’uditorio per diffondere una voce conveniente a Marco Antonio. E comunque doveva sempre concedere qualcosa, mostrarsi amico, perché gli altri poi gradissero parlare con lui rivelando informazioni utili. «Quello che ho sentito di persona è che il tribuno Fabio pensa di aggiustare tutto d’ufficio, ed è convinto che Valerio si presenterà presto a chiarire ogni cosa, o le guardie che ha sguinzagliato lo acchiapperanno oggi stesso.»
«Maledizione... Con gli uomini atti alle armi lontani a combattere e ad ammazzarsi l’un l’altro su tutte le sponde del Mare, qua non c’è mai niente di interessante. Mi piacerebbe un processo di quelli veri, come ai bei tempi. Il dittatore ci ha privati del divertimento facendo scappare i suoi nemici.»
«Roma senza Cicerone non è più la stessa. Sembra di stare in provincia.»
«Ormai, finiti i processi della politica, il Foro sembra vuoto.»
Le chiacchiere andavano ancora avanti, quando Silio si lavò e uscì, seguito dagli inevitabili commenti: «Se crede che quella prima o poi si decide a dargliela si illude». Oppure: «Ma no... bisogna sperare, vedrete che alla fine la medica gli darà il premio per la fedeltà». A questo qualcuno rispose: «Sì, quando sarà vecchia e spelacchiata».
Dopo un coro di risate un altro aggiunse: «Più ti affanni dietro all’oggetto del tuo amore, maschio o femmina che sia, e più quello diventa crudele». E un altro ancora, che in quel momento importante della giornata si sentiva un po’ filosofo, completò: «Nella crudeltà le femmine superano i maschi».
Gli sfottò erano benevoli. C’era simpatia, affetto e apprezzamento per chi li aveva conquistati un tempo con il coraggio e l’astuzia. Ma Silio si chiese come facesse la gente a intuire certe cose. In fin dei conti lui, quando era visto insieme a Priscilla, stava facendo il suo lavoro: proteggeva una persona che rappresentava un grosso introito per il loro comune patrono Volumnio. Forse ci metteva troppo zelo, o probabilmente non sapeva nascondere i suoi sentimenti, ma la realtà è che i gladiatori suscitano curiosità nella gente, e la curiosità per un vincitore come lui era grande.
«Chi se ne frega» disse a voce alta. Credeva che niente potesse irritarlo, e invece esisteva qualcosa in grado di irritarlo profondamente: l’interesse pettegolo della gente per i suoi rapporti con Priscilla.
Era stato il pensare al suo cadavere sforacchiato che veniva affidato a Priscilla a disturbarlo. Lei ne avrebbe sofferto moltissimo, senza darlo a vedere, e comunque mai avrebbe permesso che fosse un altro a occuparsi dei suoi resti mortali. Alla fine proprio questa certezza ebbe il potere di consolarlo.
Si accinse a compiere la sua passeggiata nel Foro con un cappuccio calato sul volto. All’occorrenza, per quanto famoso, riusciva a passare inosservato. Si trovava già con la sua sporta di fronte alle botteghe, mentre i mercanti stavano ancora aprendo i battenti e sistemando le merci all’esterno. Intanto per primi a fare la spesa cominciavano ad arrivare gli schiavi.
Fermandosi qua e là comprò miele, formaggio, olive piccanti, e partecipò a varie conversazioni, finché, di spalle nei pressi di un gruppetto di persone che chiacchieravano più animatamente, si accorse che la faccenda di Terenzio prendeva una brutta piega. Una cosa gli diede da pensare: Glicera veniva nominata troppo spesso. C’era da aspettarselo, dato che il fattaccio si era verificato di fronte alla sua porta, eppure... sembrava davvero troppo.
E poi le voci diventarono preoccupanti.
«Glicera ha raccontato» diceva un venditore di lupini «che Terenzio conservava una lettera di Cesare a Catilina, che non era stata sequestrata da Cicerone.»
«E come mai compare solo adesso?» chiese un tizio che stava addentando una ciambella.
«Fa parte di alcune carte che conservava Crasso per ricattare Cesare, e compare adesso perché Valerio l’ha rubata a Terenzio, sempre per ricattare Cesare.»
«Quanti giri... E perché lo vorrebbe ricattare?»
«Perché Valerio è impazzito da un po’ di tempo, ha anche rifiutato le cariche offerte da Cesare... Se un tizio rifiuta le cariche politiche, che danno la possibilità di rubare, può essere solo un matto. Magari le offrissero a me... E così ieri sera Terenzio è andato a cercare Valerio perché la lettera gli era sparita, e Valerio l’ha ammazzato.»
Silio passò oltre e sentì le stesse chiacchiere e gli stessi commenti da parte di una bottegaia e della sua cliente sulla soglia della bottega.
«... e così si deduce che Valerio ha ucciso Terenzio, che gli voleva impedire di nuocere a Cesare, e adesso Valerio è fuggito e ha con sé la lettera.»
«Mi sembra una cosa un po’ strana...»
«L’ha raccontato Glicera che era presente» insisté la bottegaia. «E io questa cosa della lettera la sapevo già da ieri sera...»
«Ieri sera? Non è possibile» esclamò la cliente. «Ti dai troppe arie.»
Anche Silio notò il particolare. Dalla sera prima? In anticipo? C’era davvero qualcosa di strano.
«Io non parlo a vanvera. Un tizio me l’ha riferito ieri sera mentre stavo per mettere la sbarra alla porta. Diceva che gliel’aveva raccontato la stessa Glicera. Comunque le cortigiane sanno un sacco di cose, in certi momenti riescono a farsi dire di tutto. E io che non avevo creduto a quel tizio...»
Silio pensò che fosse il caso di recarsi direttamente da Volumnio, il quale, come era ragionevole prevedere, lo avrebbe poi spedito a mettere in guardia Glicera, e forse a farle la festa, se le chiacchiere avessero avuto un fondamento. Be’... Glicera se l’era cercata continuando i suoi rapporti con ambedue i clienti. Avrebbe dovuto scaricarne almeno uno da tempo, o chiedere consiglio al suo padrone. Ma, se Volumnio gli avesse ordinato di ammazzarla, per la prima volta gli avrebbe detto di affidare l’incarico a qualcun altro. Lui non l’avrebbe mai fatto. Chiunque era in grado di portare a termine quel lavoro di poco conto, ma lui no.
Silio abitava in un quartierino che Volumnio gli aveva messo a disposizione al primo piano della sua domus per averlo sempre a portata di mano. Una bella stanza grande, con molta luce proveniente da un lucernario e da due portefinestre, che si aprivano su un ampio terrazzo con una tettoia e una pergola, dove Silio cucinava i suoi pasti. Una grata e un cancello ne garantivano la riservatezza. Stando in piedi sul terrazzo, Silio, che era molto alto, poteva scorgere in lontananza i tetti dei templi e le domus più eleganti sulle cime dei colli. L’appartamento aveva due ingressi, uno in un cortiletto della domus, sul quale affacciava il terrazzo, e uno indipendente sulla strada, una stretta scala tra due botteghe.
Corse a sistemare nella sua stanza le provviste e poco dopo, passando dal terrazzo, scese nel cortiletto interno, attraversò corridoi e cortili affollati di schiavi al lavoro, e si presentò a Volumnio, che si stava facendo radere il volto.
Il sole era sorto da poco. Ancora non tornavano i servi dal mercato, Volumnio era all’oscuro di tutto.
«Allontana un attimo quel rasoio» disse Silio al tonsor.
Dallo scatto di Volumnio si poteva comprendere che fatto grave fosse la morte violenta di Terenzio. Da tempo Silio sospettava che Terenzio fosse un agente di Cesare. Non era andato a combattere con la scusa di una ferita, mentre altri, più invalidi di lui, erano partiti.
Poi Silio informò Volumnio della fuga di Valerio e della certezza del tribuno Fabio che fosse colpevole. A giudicare dall’espressione, Volumnio era infastidito e preoccupato, eppure niente affatto sorpreso dal comportamento di Valerio. Ma, quando Silio parlò delle voci su una misteriosa lettera di pugno di Cesare e del coinvolgimento della schiava Glicera, Volumnio impallidì per la rabbia e gli ingiunse di andare subito da lei a dissuaderla da ulteriori esternazioni.
Marco Antonio e tanti nobili nell’Urbe si serviv...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. La vespa nell’ambra
  4. Capitolo I
  5. Capitolo II
  6. Capitolo III
  7. Capitolo IV
  8. Capitolo V
  9. Capitolo VI
  10. Capitolo VII
  11. Capitolo VIII
  12. Capitolo IX
  13. Capitolo X
  14. Capitolo XI
  15. Capitolo XII
  16. Capitolo XIII
  17. Capitolo XIV
  18. Capitolo XV
  19. Capitolo XVI
  20. Capitolo XVII
  21. Capitolo XVIII
  22. Nota
  23. Ringraziamenti
  24. Copyright