Introduzione
1. Una fonte interessante per comprendere i cambiamenti della famiglia in Italia è il libro di Chiara Saraceno, Sociologia della famiglia, Bologna, Il Mulino, 1996. Come mette in luce la Saraceno, vi è fra il 1960 e il 1990 una crescente tendenza alla nuclearizzazione della famiglia, che diviene più circoscritta. Nel 1991 il 26% delle famiglie è rappresentato da coppie senza figli, il 61% da coppie non coniugate, il 9% dalla sola madre con figli e il 2,8% dal solo padre con figli. Il numero delle coppie che convivono senza un rapporto formalizzato è molto limitato nel 1991; tuttavia negli ultimi anni questo fenomeno si è esteso, soprattutto fra i giovani, ma proprio l’informalità e la provvisorietà della convivenza ne rendono difficile la quantificazione.←
3. Judith Stacey, In the name of the family. Rethinking family values in the postmodern age, Boston, Beacon Press, 1996.←
4. David Blankenhorn, Fatherless America. Confronting our most urgent social problem, New York, Harper Perennial, 1995.←
5. Michael E. Lamb, The role of the father in child development, New York, Wiley, 1981.←
6. Judith Wallerstein ha pubblicato con J.B. Kelly un primo libro, Surviving the Breakup, New York, Basic Books, 1969, sugli effetti psicologici nei figli di genitori divorziati cinque anni dopo il divorzio dei genitori. Nel secondo libro Second Chances, Boston, Houghton Mifflin Company, 1989, J. Wallerstein con S. Blakeslee studia gli effetti a distanza, dieci anni dopo, nello stesso gruppo di figli di genitori divorziati.←
7. Judith Stacey, op. cit.←
8. Joan Laird, «Lesbian and Gay Families» in Froma Walsh, a cura di, Normal Family Processes, New York, Guilford Press, 1993.←
9. C.J. Patterson, Children of Lesbian and Gay Parents, «Child Development», 63, 1025-1042, 1992.←
10. F. Tasker, S. Golombok, Adults raised as children in Lesbian Families, «American Journal of Orthopsychiatry», 65, 203-215,1995.←
I Ogni persona è fatta a suo modo
1. Come scrive Alberto Oliverio nel suo capitolo «Il sé alla luce della psicobiologia» (La nascita del sé, a cura di Massimo Ammaniti, Roma-Bari, Laterza, 1989) «un secondo aspetto dell’individualità è legato a quell’insieme di fenomeni e processi che si verificano a partire dalle prime fasi di sviluppo e che, in base alle informazioni genetiche individuali, risultano in una individualità comportamentale che affonda le sue radici in strutture neurobiologiche, ormonali, neurochimiche. Questo processo di interazione tra basi genetiche e fattori ambientali è alla base della cosiddetta plasticità cerebrale, un insieme di modificazioni strutturali e funzionali che plasmano il cervello, conferendogli una sua unicità e individualità» (p. 77). Come aggiunge nelle pagine successive, «è soprattutto Edelman a sostenere un “darwinismo neuronale” che implica che l’attività cerebrale sia altamente individuale e che non vi siano due cervelli che reagiscono in modo simile allo stesso tipo di stimoli» (p. 86).←
2. Il test è riportato da Walter Mischel e Philip K. Peake, Predicting Adolescent Cognitive and Self-regulatory Competencies from Preschool Delay of Gratification, «Developmental Psychology», 26, 6, 978-86, 1990.←
3. Secondo J. Laplanche e J.-B. Pontalis, autori dell’Enciclopedia della psicoanalisi, Bari, Laterza, 1968, la negazione è un «procedimento con cui il soggetto, pur formulando uno dei suoi desideri, pensieri, sentimenti fino allora rimossi, continua a difendersi da esso negando che gli appartenga».←
4. Daniel N. Stern, nel suo libro Il mondo interpersonale del bambino, Torino, Bollati Boringhieri, 1987 (1985), parla dell’importanza del senso agente di sé nello sviluppo del bambino, esperienza fondamentale perché lo aiuta a capire che può modificare con successo il suo ambiente. Questo può essere anche definito come senso di efficacia personale, fondamentale nella costruzione del proprio sé.←
5. Il tema della regolazione delle emozioni è diventato negli ultimi venti anni sempre più importante, come mette in luce la monografia americana The development of emotion regulation a cura di Nathan Fox, «Monographs of the Society for Research in Child Development», 240, 1994.
Si è verificato, spiega Fox, un notevole cambiamento di prospettiva nello studio delle emozioni. In passato si riteneva che esse provocassero una disorganizzazione e una interferenza nei processi analitici e cognitivi, una sorta di rumore nel sistema del pensiero che andava eliminato. In questa prospettiva la regolazione doveva ridurre le emozioni negative e lo stato di disagio connesso (distress).
Più recentemente lo studio delle emozioni e della regolazione emotiva si è mosso in una prospettiva che si potrebbe definire funzionalista. Le emozioni sono dei veri e propri comportamenti organizzanti che svolgono una specifica funzione rispetto alle varie richieste ambientali. Come tali servono ad organizzare i processi cognitivi, come si è visto nel test del marshmallow.
Pertanto le emozioni non devono essere soltanto regolate, ma sono esse stesse dei regolatori delle interazioni con l’ambiente. Naturalmente la funzione organizzante delle emozioni può aiutarci a capire quando particolari risposte siano adattative o disadattative, in contesti diversi. E questo vale non solo nel rapporto fra due persone, ma anche all’interno della famiglia.
Nelle relazioni sociali le emozioni giocano un ruolo importante e sono influenzate dagli scambi con gli altri. Il contesto è particolarmente importante, perché interviene nel definire le strategie delle risposte emotive che il bambino sviluppa, quando si deve confrontare con le varie sfide della crescita.←
6. Il romanzo Via col vento di Margaret Mitchell, trad. it. Milano, Mondadori, 1938, è stato un grande successo letterario. Dal romanzo è stato tratto un film memorabile, con Vivien Leigh e Clark Gable, che ha fatto sognare generazioni e generazioni di spettatori.←
15. Il concetto di base sicura è stato elaborato dallo psicoanalista inglese John Bowlby. In numerosi libri Bowlby ha ...