La magia della vita
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La magia della vita

La mia storia

  1. 300 pagine
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Bianche colombe che compaiono all'improvviso, carte da gioco lanciate in aria con incredibili predizioni, levitazioni spettacolari... Silvan è per tutti noi il Mago dei maghi: elegante, garbato, dal sorriso imperturbabile, capace di strabiliare adulti e bambini con pochi gesti perfettamente calcolati ed eseguiti con impareggiabile destrezza. Se la prestidigitazione ci è familiare – la consideriamo ormai un'arte, assistiamo di frequente a spettacoli in tv, possiamo acquistare scatole magiche nei negozi di giocattoli – è per merito di Silvan, che qui ci racconta la sua straordinaria vita. Come si diventa un mago? O meglio, come si diventa Silvan? Nato a Venezia, Aldo Savoldello – questo il suo vero nome – all'età di 7 anni viene coinvolto nell'esibizione di un prestigiatore in una trattoria veneta e rimane irrimediabilmente colpito dal bacillus magicus, nonostante quelli siano anni in cui la magia è considerata qualcosa di disdicevole, tanto che suo padre, solo all'idea che il figlio voglia farne la propria professione, chiede il consulto di uno psichiatra. Il futuro mago incomincia a leggere libri che trattano dell'argomento (oggi ha una biblioteca di migliaia di rarissimi volumi), a esercitarsi con la manipolazione delle carte, a organizzare spettacolini per gli amici col nome d'arte di Saghibù. Come sia avvenuto il passaggio da Saghibù a Silvan, applaudito nei teatri di tutto il mondo e capace ancor oggi di emozionare migliaia di spettatori con La Grande Magia, come sia riuscito a trasformare la magia in qualcosa di positivo nell'immaginario collettivo («Il mio sogno era che alla fatidica domanda "Cosa vuoi fare da grande?" i ragazzi rispondessero: "Il mago!"») è quanto ci raccontano queste pagine. Un libro entusiasmante che ci svela alcuni sorprendenti episodi della sua vita familiare e professionale, mostrandoci il «dietro le quinte»: le ore di esercitazioni quotidiane, la fatica, i sacrifici, la dedizione necessaria a far sì che una passione si trasformi in... magia. «Maghi lo si diventa un po' alla volta: il seme della magia dà vita a una pianticella che nasce, cresce e si fortifica col tempo dentro di noi.... Non si diventa mago per incantare gli altri, per convincerli di qualcosa, per conquistare cuori, per diventare ricchi o per acquisire la popolarità. Si diventa maghi perché è l'unica cosa che si sogna di diventare. Buona magia a tutti!»

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2015
ISBN
9788852063558
Parte seconda

ZINGARO DI LUSSO: LE AVVENTURE DI UNA VEDETTE INTERNAZIONALE

VII

Un mentore per amico: Channing Pollock

La Ville Lumière, con il neopresidente della Repubblica Charles De Gaulle, era impregnata di grandeur. Città di avanguardia teatrale, con i suoi musei, le mostre, le manifestazioni culturali e la sua inconfondibile atmosfera bohémien, era considerata il polmone artistico d’Europa. I boulevard, costeggiati da palazzi tra l’antico e il moderno, mi apparivano come suggestive immagini oniriche, abituato com’ero ai campielli veneziani.
Nella febbricitante vita notturna, da Pigalle a Montmartre, da Saint-Germain all’Étoile, centinaia di artisti e dozzine di prestigiatori si esibivano in bistrot, club e cabaret di ogni tendenza, tanto da renderla simile a Las Vegas. Molti, per arrotondare, si producevano tre o quattro volte nella stessa notte in posti diversi. Saltellando da un locale all’altro, tra il frastuono del traffico, il turbinio di luci intermittenti e le canzoni di Bécaud, Piaf, Gréco e Montand provenienti dalle radio di lussuose automobili con i finestrini abbassati.
Quella volta non era il mio caso, poiché il Sexy, un locale notturno di rue Pierre Charron, una traversa degli Champs-Élysées, molto alla moda, al pari del Crazy Horse, mi aveva ingaggiato stabilmente per tre mesi.
Lo spettacolo, rivolto a un mix di turisti stranieri e parigini, si avvaleva della collaborazione di grandi nomi del music-hall: il trasformista Gérard Séty, il mimo Julien e il comico Jean Constantin, inframmezzati dalle famose striptseuse Rita Renoir, Dodo d’Hambourg, Rita Cadillac. Quando i miei genitori in visita assistettero allo spettacolo e seppero che uscivo con la Renoir, donna di statuaria bellezza, non seppero che dire. Mia madre si coprì il volto con le mani e, ripensandoci oggi, sorrido e quasi mi commuovo per la sua dolcezza.
Ma ormai ero lanciato, quello stava diventando il mio mondo. Parigi, infatti, era allora l’Olimpo delle grandi vedette della magia. Fred Kaps si esibiva all’Orée du Bois, Danny Ray e Freddy Fath alla Tour Eiffel, Marvin Roy al Lido mentre alla Nouvelle Eve si esibiva un mago che mi aveva lasciato senza parole la prima volta che lo vidi: l’inimitabile Channing Pollock.
Lo avevo ammirato in una trasmissione televisiva condotta dal famoso showman Gilles Margaritis, in diretta dal Circo Medrano. Straordinario.
Poiché ci trovavamo entrambi a Parigi, spinto dalla curiosità chiesi al mio impresario locale, Alain Hubert, che lavorava per l’agenzia di Maruani in rue Chateaubriand 11, se riusciva a trovare il modo per farmelo conoscere. Ci tenevo moltissimo a complimentarmi di persona con lui. Appresi con enorme piacere che faceva parte della mia stessa «scuderia» e che era americano, ma scoprii anche che vederlo in azione sarebbe stato per me impossibile, poiché «uscivamo» in scena più o meno alla stessa ora. Non mi diedi però per vinto e, nei giorni successivi, Alain mi telefonò all’Hotel Chatham in rue de Ponthieu, dove alloggiavo, informandomi che aveva parlato con Mr Pollock, riferendogli di un prestigiatore italiano che era rimasto incantato dalla sua esibizione. Pollock gli aveva risposto che sarebbe stato lieto di incontrarmi.
Così, con l’indirizzo in tasca, il giorno seguente mi recai a fargli visita. Era una giornata fredda e piovosa, accompagnata da furiose raffiche di vento. Indossavo un impermeabile Aquascutum beige con spalline e un paio di scarpe con la suola di para. Raggiunsi place Pigalle e, a poche centinaia di metri dalla Nouvelle Eve, mi infilai nell’androne di un vetusto palazzo. Il portiere, seduto dentro la guardiola con l’immancabile mozzicone di Gauloises all’angolo della bocca, stendendo il braccio mi disse: «Le magicien? Au fond à gauche», il mago? In fondo a sinistra.
Bussai alla porta e, fissando la punta delle mie scarpe, mi assalirono i dubbi. La mia visita era inopportuna? Forse aveva accettato di incontrarmi soltanto per riguardo dell’agenzia? Non ebbi tempo di fare marcia indietro. La porta si aprì e apparve una bella signora bruna con i capelli leggermente scomposti. Un tailleur grigio dal taglio elegante, orlato di bianco, le dava un’aria da collegiale.
«Bonjour» esordii. Ancora sulla soglia, spiegai che ero un prestigiatore italiano, che lavoravo a Parigi e che l’agenz...
Non terminai la frase che da dietro le sue spalle fece capolino Channing, probabilmente stupito e incuriosito dal mio accento. Spalancò la porta facendomi entrare: «You are very young!» esclamò, sei giovanissimo!
Altissimo, indossava una camicia beige con taschino e collo aperto abbinata a pantaloni di velluto marrone scuro. Sorridendo, mi pregò di accomodarmi e, mostrandomi le palme delle mani, disse: «What can I do for you, amigo?».
Biascicando lentamente in inglese mi scusai se mi ero permesso di importunarlo e spiegai che desideravo complimentarmi per la sua performance vista in tv. Davvero incredibile.
Mentre Josie, che scoprii essere sua moglie e partner in scena, preparava il tè con i biscottini, parlammo dell’agenzia artistica della quale entrambi facevamo parte, di Venezia e dei miei e suoi esordi.
Il tempo volò e, prima di togliere il disturbo, con una gentilezza inaspettata, Channing mi invitò per la sera stessa a vedere il suo spettacolo alla Nouvelle Eve, in place Pigalle.
«It’s much better live», è molto meglio dal vivo.
Ci salutammo. Passando davanti alla guardiola vidi che il portiere non c’era più. Sul tavolo un posacenere pieno di cicche e l’odore inconfondibile e persistente delle Gauloises.
La sera arrivai al Sexy un po’ prima del solito. Approfittando della simpatia che Madame Perrault, la proprietaria del locale, nutriva nei miei confronti, chiesi gentilmente se per quella sera avrei potuto esibirmi nella prima parte del programma, inventandomi che alla Gare de Lyon sarebbero arrivati alcuni parenti dall’Italia che desideravo incontrare. Gentilmente acconsentì. Così, al termine della mia esibizione mi cambiai in fretta d’abito e, urtando gli artisti nel corridoio di accesso alla scena, uscii. Presi un taxi.
Trafelato mi presentai a casa di Channing che erano le 23. Fui sorpreso vedendolo già truccato e in frac. Ero arrivato in ritardo? Era già tornato dal Club? Mi spiegò che, considerando la vicinanza, d’abitudine si vestiva a casa, perché «i camerini sono invasi da ballerine e attrazioni». Poco dopo ci incamminammo verso il famoso cabaret, Channing con indosso un soprabito per coprire il frac e Josie con la gabbia e le colombe.
Nel backstage parlò con il direttore artistico e riuscì a farmi accomodare nel palchetto frontale alla scacchiera luminosa della pista. Mi raggiunsero poco dopo Elsa e Waldo, una coppia di acrobati amici di Channing che si erano esibiti nella prima parte dello spettacolo.
Il parterre era gremito da un pubblico elegante, maître impeccabili e compitamente vestiti. Luci tenui e soffuse, tintinnio di posate e conversazioni a bassa voce. Un’atmosfera di attesa per lo show con lustrini e paillette che non tardarono ad arrivare. Aprì il programma un balletto illuminato da luci colorate, seguito da uno chansonnier in paglietta con il labbro inferiore sporgente che imitava Maurice Chevalier, quindi un duo di tangueros argentini, un giocoliere e, dulcis in fundo, Channing Pollock.
I miei occhi questa volta non fissavano un piccolo teleschermo in bianco e nero ma il prestigiatore in scena, ed erano ipnotizzati da tanta classe ed eleganza. Mi sembrò che avesse portato la magia in una dimensione inesplorata e incomprensibile. La realizzazione totale della perfezione! Josie, bella ed elegantissima, le colombe immacolate che apparivano e sparivano magicamente, la manipolazione con le carte perfetta nei minimi dettagli. Il pubblico estasiato. Credo di avere incorniciato nella mia mente i sette minuti magici più straordinari della mia vita.
Al termine dell’esibizione rientrammo, Channing nel suo impeccabile frac e Josie con le colombe, seguiti da Elsa e Waldo.
Mentre i Pollock si cambiavano, Elsa, esprimendosi in inglese con l’inflessione tipica dei francesi, cominciò a preparare piccoli tramezzini con gruviera e jambon, stappando una bottiglia di Chianti che avevo portato io. Ci sedemmo intorno a un tavolino di mogano scuro e cominciammo a conversare di magia, show-business e dei maghi francesi e americani che si esibivano a Parigi. Verso le due e mezzo del mattino, al momento del commiato, Channing mi invitò a tornare a trovarlo quando lo desiderassi.
Impegni permettendo, sovente lo raggiungevo verso mezzanotte, incontrandolo spesso in compagnia di altri due grandi nomi della magia, Marvin Roy e Fred Kaps.
Nella brasserie lì accanto giocavamo a flipper ed eseguivamo (o meglio, loro eseguivano) sul marmo gelido del tavolino giochi di close-up. Marvin faceva sparire delle zollette di zucchero, Fred si esibiva con le monete e Channing con le carte. Una sera Kaps mostrò a Channing una spada con l’elsa trapunta di brillanti, topazi e pietre variopinte per eseguire il gioco delle carte infilzate nella lama e, rivolgendosi a me, disse: «Tu esegui questo gioco tutte le sere, non è vero? Verrò una sera ad applaudirti. Domani se vuoi venire a vedermi all’Orée du Bois, sarai mio ospite».
Per me era come toccare il cielo con un dito. Mi trattavano come fossero tre fratelli maggiori.
Alle 20 del giorno seguente Fred mi fece entrare e accomodare nel famoso diner spectacle, lo show che accompagnava la cena ai tavoli, sempre al completo, e nel quale in seguito avrei lavorato anch’io per due volte. Ero in piedi, addossato a una colonna di alabastro al centro della sala. Circondato da tavoli imbanditi e commensali intenti a degustare la cena rimasi in attesa dell’apparizione di Fred, ovviamente toccato in continuazione dai vassoi dei camerieri.
Mi aspettavo di vedere il gioco della spada, invece Fred, con gran classe, abilità e una vis comica straordinaria da grande artista, presentò una routine con dollari di carta, candele, carte, monete e bastoni che apparivano e sparivano in continuazione, terminando con l’uscita dal suo pugno chiuso di una cascata interminabile di sale finissimo che sembrava non finire più, accompagnato da un ritmo musicale incalzante, che istigava con insistenza il pubblico ad applaudire. Dopo lo show, mi informò che la spada era un regalo per Pollock.
Partii per il Piccadilly di Ginevra e tornai a Parigi per debuttare al Bobino di rue de la Gaîté con Felix Martin, famoso attore-cantante francese. In quell’occasione vennero a vedermi Carol e Marvin Roy, e Josie con Channing.
Uno dei giochi con il quale mi ero esibito ai miei esordi era una mia creazione: La caccia alle lampadine accese. Una vera delizia: alcune piccole luci apparivano sulla punta delle dita e poi, poste al centro di un foulard, sparivano. Al Bobino presentai questo numero e Marvin Roy ne rimase estasiato. Prima di allora, però, un noto e colto studioso francese di arte magica, Jules Dhotel, che mi invitò nel suo studio-ambulatorio, aveva elogiato l’idea del mio numero sulle pagine della «Revue de la prestidigitation» e anche lo storico Max Dif la citò nella sua monumentale Histoire illustrée de la Prestidigitation.
Purtroppo, il numero attirò l’attenzione anche di un «furbetto». Tale Guy Beart, un noto venditore di attrezzi magici di Parigi, venne a vedermi al Bobino e pensò bene di copiare il numero per inserirlo nel suo catalogo, senza chiedermi l’autorizzazione. Lo vendeva per 800 franchi francesi. Ero alle prime armi, ma non ero uno stupido. Beart era noto nell’ambiente per avere messo in vendita degli «aggeggi» meccanici per la produzione del sale ad libitum senza il benestare di Fred Kaps, che di questo gioco era il maestro indiscusso. Sdegnato e arrabbiatissimo mi recai nel suo studiolo, in rue Saulnier, accanto al Folies Bergère. Prima negò, poi mi offrì del denaro. Rifiutai. Gli diedi del ladro e non misi più piede nel suo studio.
Il gioco, comunque, ebbe una sua evoluzione e diffusione. Lo presentarono in molti e ne furono in seguito proposte una versione elettronica da George Proust e tante altre. Proprio come avvenne con un’ulteriore mia invenzione, la levitazione di una colomba, poi venduta dalla famosa casa magica Tannen’s di New York e presentata dal sottoscritto per alcuni anni.
Un pomeriggio, nel salotto del suo appartamento, rovistando tra centinaia di foulard variopinti, Channing mi porse e mi donò una delle sue «serventi», che ancora conservo anche se mai la utilizzai, poiché ne inventai una più adatta alle mie mani. Si tratta di un aggeggio che i prestigiatori usano per nascondere (non dirò come o dove) le bianchissime colombe che d’incanto spuntano loro tra le mani durante uno spettacolo.
Lo guardai stupito, lui era un maestro in questo genere di numero, ma io non mi ero mai esibito né con queste né con altre creature viventi. Notò il mio stupore e, fissandomi con convinzione, mi chiese: «Perché non produci anche tu qualche colomba? Saresti perfetto».
Mi stava suggerendo di eseguire il suo «atto magico»?
«C’è solo una persona in Inghilterra che esegue il mio numero» disse. «Gliel’ho insegnato dalla A alla Z. Si chiama Franklin ed è un parente della mia prima moglie. A Londra, con la sua automobile, mi conduceva tutte le sere al Pigalle, famoso night club del West End. Tu il frac lo hai già, il resto arriverà da solo... Quando sarai pronto basta che tu me lo dica.»
Le sue parole mi risuonano ancora oggi nelle orecchie. Essendo il mio numero parlato e intercalato da manipolazioni di vario genere, ma...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. La magia della vita
  4. Premessa
  5. Prologo. Una sera a Hollywood
  6. Parte prima. IL PICCOLO MAGO DI VENEZIA
  7. Parte seconda. ZINGARO DI LUSSO: LE AVVENTURE DI UNA VEDETTE INTERNAZIONALE
  8. Parte terza. IL MAGO DELLA TV
  9. Parte quarta. UN MAGO NEL NUOVO MILLENNIO
  10. Per concludere...
  11. Appendice. Come si diventa prestigiatori?
  12. Inserto fotografico
  13. Copyright