Se il tempo è matto
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Se il tempo è matto

  1. 96 pagine
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Se il tempo è matto

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Dopo l'exploit di Cefalonia, poema che traeva spunto da un notissimo, tragico evento storico, Luigi Ballerini allestisce ora un vivace e quanto mai mobile e conturbante teatro del pensiero, nel quale trovano spazio intuizioni e osservazioni innumerevoli su elementi della realtà presente e remota. Quella di Ballerini è una poesia di acutezza riflessiva che si materializza in un incalzante succedersi di immagini concrete, di figure e paradossi che si intrecciano e si incrociano o si sovrappongono in labirinti capaci di realizzare una sorta di rovescio - attraente e sinistro al tempo stesso - della tessitura ordinaria delle cose. Oscillando tra il desiderio di dare un quadro aperto ma plausibile della realtà d'oggi e il muoversi dentro "una memoria della storia e delle sue materiali eresie", il poeta frequenta con agilità e disinvoltura temi e situazioni disparate: residui mnestici del fascismo o tracce delle avanguardie storiche. Ma anche icone hollywoodiane come Glenn Close e Marilyn Monroe, protagonisti della commedia all'italiana come Walter Chiari e Alberto Sordi, accanto a poeti e scrittori come Montale e Delfini. E riflette, nel contempo, sul "lugubre erotismo che ci sovrasta" senza trascurare, beninteso, l'immenso cumulo di "rifiuti umani e animali" dai quali rischiamo di essere sommersi nel nostro tempo matto. In questo vorticare surreale di presenze, nel proporsi frenetico di "idee che tormentano la realtà sensibile", veniamo assorbiti dalla meccanica di un testo che procede per blocchi compatti di materia verbale, secondo le modalità prosastiche di una scrittura sciolta ed elegante. Una scrittura resa lieve dal gioco sempre attivo dell'ironia, dal rifiuto dell'enfasi, dalla sapienza dello stile, dal brillare accattivante e libero di un'intelligenza che si propone come una logica in fuga, e mai, però, come fuga dalla logica. Ne scaturiscono effetti di senso che disincagliano dall'inascolto in cui ci affonda il baccano dell'informazione quotidiana.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2015
ISBN
9788852063077
Argomento
Letteratura
Categoria
Poesia

ACROBAZIE SENZA LA RETE
PER FIDANZATE ZOCCOLE IN PRIMA FILA

prima (e unica) versione dei fatti

se i repetita juvant: da una parte la donna
“accordellata istretta”, dall’altra il libro che
ci ha messo un tempo enorme non dico a farsi
strada nella testa, ma semplicemente a farsi
sfogliare: quando si accorgeranno i seguaci
di Montale che il cuore non è uno strumento
scordato, che il cuore può cantare come vuole
e anche assopirsi o rimediarsi uno schiaffo, se
proprio sbaglia nel dire fine della comedìa: e lo
sanno che prima viene l’uovo, e la gallina dopo
ah, i Temptations, quanti ne affiorarono la sera
della lunga marcia nella selva incostante, nei
lugubri arretramenti: arresi per forza di cose e,
nel guado, tra i limoni artificiali, un malo
clavello, una macula velli… i Temptations,
chi ne trangugia oggi il calice dei sogni
intrecciati, e del sogno nel sogno che riflette
il rapido allentarsi della tensione aggressiva,
cui segue la dispensa dai voti permanenti
non ha l’aria di chi si prodighi e rovisti, di uno
che timbri ad ora ad ora il cartellino della propria
scomparsa, obbedendo che obbedisce alla regola
del dimenarsi a fin di bene. Più intelligente di una
causa, o intervento, è il sentimento dell’ipostasi
a mano armata, della scansione che dissolve
e nobilita gli effetti ossigenanti dell’apertura
oh, i Platters, cristalli di un debito che pesa
sedici tonnellate, sapori di pieghe inadeguate,
di conferme che “casa” è da dove ti portano via
quando vengono a perquisire (nei vasi artificiali,
l’insegna del “particulare”, dei “cazzi miei”,
di un affitto sbadato del tempo che rimane)

due versioni dal greco

per avanguardia storica s’intende lo svincolo,
a posteriori, delle clausole assoggettanti: qualche
aritmia, ma da non farci caso, qualche interiezione
ma non dargli peso, e qualche generica calunnia:
una virtù insegnata una volta per tutte da Omero
(che occupa uno scranno d’eccezione perfino
tra i più saggi) ai prossimi al ponte soldati
di guardia: se saranno tornati con lo scudo
avranno il premio che avrebbero avuto qualora
non fossero tornati a causa dei dioscuri col dente
avvelenato dai cui immortali cavalli si vocifera
che Zeus volesse farli calpestare (o da un kouros
achemenide e spia che li avesse vilmente fregati)
per carogna storica s’intende colui che, battuto
il paese casa per casa, e stalla per stalla, fingendo
di disprezzare quel che il padrone ha di più caro,
lo sottrae alla sua sfera di influenza, e non fugge,
però, dopo essere stato scoperto. E anzi reclama
indulgenza et comprensione nel nome di una virtù
sapientissima insegnata ai vicinissimi al ponte
soldati di sventura et affini da Omero (poeta sovrano)
che con la spada (sword) in mano ammolla le porte
più dure (hard); il resto è silenzio, oppure il berciare
di un orso gravido di vino e tormentato dal fuoco
di sant’Antonio: “io, quella lì, lo so benissimo,
che, col marito al fronte, sconvolgeva le regole
sociali, e lo urlo ogni sabato sera, da in fondo
alle scale, dove presto verrà gente a picchiarmi”

homo quidam

per Salvatore S., in memoriam
fa parte del sarcasmo stare al mondo e
raccontarlo in termini pseudolacaniani.
Canticchiare: Les témoins de Jehova,
Insha Allah, oppure, sottilmente, Ullallà.
Ne fa parte il discendere in illo tempore
come quel tale, da Gerico, in un latino
che non merita più di un quattro, alzato
a quattro e mezzo, per incoraggiamento.
È giusto che una scuola dell’obbligo non
sia né tribale né incoraggi allucinazioni,
ma c’è chi vorrebbe, quando viene la sua
ora, che la terza età fosse la quarta e la
quarta la quinta e soprattutto che fossero
messe tutte insieme in un volume, nella
spavalderia isoscele di un collaudo senza
freni, nella bravata che risucchia in sé
tutte le tele strizzate e schizzate da un
sotér a mezz’asta, quelle coi nodi, ma
anche quelle strizzate punto e basta: e le
vele slegate a salvamento, le sterrate
piste, a salvazione, le slitte regolarmente
inscritte nella finzione che le immola
tra i ghiacci salvifici e incanta-gente di un
orso a-peritivo, di una foca sdraiata in
assetto di guerra, di un pinguino che cade
all’indietro per non staccare lo sguardo
dall’aereo che gli decolla sopra la testa

dell’arto fantasma ovvero l’Infermiere di Tata
medita sul Tamburino sardo che medita sulla mutazione
del concetto di parusìa

lascia stare che a non riconoscere un padre
si rischia di farsi ridere dietro e anche di farsi
bestemmiare dietro da chi un padre ce l’ha
avuto e può esibire una foto di com’era,
e dov’era, e di quello che avrebbe potuto
essere (o fare): un maschio sollecito, vistoso,
pronto a tentare una sorte che non è mai
troppo presto per tentarla. Lascia perdere che,
col passare degli anni, la mutazione si spoglia
dei tratti che ne fanno una condizione naturale,
per diventare segno di pietà o di castigo (e si
pensa più a scappare che a salvarsi l’anima)…
tra uno che s’improvvisa infermiere e uno
che fa il tamburino e caracolla giù per una
china in cerca di rinforzi, la differenza (post
bonum expletum) sta non solo nell’integrità
del corpo umano, nel primo, e nella lugubre
amputazione di una sua parte, nel secondo,
ma nel fatto di poter contare o meno su di un
arto fantasma per entrare nella vita intima
delle idee che tormentano la realtà sensibile:
chi si trova con il corpo intero è logico che
ne resti prigioniero come di una causa finale
priva di realtà storica e destinata, pertanto,
a precipitare nell’indistinto. Non è dunque
chi non veda quanto sia preferibile tenere
un ricordo davanti agli occhi, che brilli e tiri,
che spinga a fare: una carota nera, sibillin...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Se il tempo è matto
  4. SIEMPRE QUE TE PREGUNTO
  5. ACROBAZIE SENZA LA RETE PER FIDANZATE ZOCCOLE IN PRIMA FILA
  6. SE IL TEMPO È MATTO
  7. L’ARTE DEL PRENDERE A CALCI GLI OGGETTI INANIMATI
  8. NOTE
  9. Copyright