Introduzione
1 John Rigby Hale, Guerra e società nell’Europa del Rinascimento, 1450-1620, Laterza, Roma-Bari 1987, p. 111.
Parte prima. Una sberla che vale più di una battaglia
1 Inferno, III, 59-60: «Vidi e conobbi l’ombra di colui / che fece per viltade il gran rifiuto».
I. La rapina e la sfida
1 Per la ricostruzione della vicenda: Agostino Paravicini Bagliani, Bonifacio VIII, Einaudi, Torino 2003, pp. 137 sgg.
2 Ivi, p. 172.
3 Ivi, pp. 306 e 307.
II. Lo schiaffo e l’esilio
1 Agostino Paravicini Bagliani, Bonifacio VIII, Einaudi, Torino 2003, pp. 347 sgg.
2 Ivi, p. 368.
Parte seconda. I grandi capitani ghibellini
1 Così lo chiamano Dante e Giovanni Villani. Si tratta di Enrico VII di Lussemburgo.
III. Speranze per un imperatore debole
1 Un’accurata analisi delle aspettative sulla discesa di Arrigo VII, con particolare attenzione alle posizioni di Dante Alighieri, si legge in Corrado Barbagallo, Storia universale, III, Il Medioevo, II, Sec. XI-1454, UTET, Torino 1968, pp. 960 sgg.
2 Giovanni Villani, Nuova cronica, a cura di Giuseppe Porta, Fondazione Pietro Bembo, Guanda, Parma 1991, X, 1 (http://it.wikisource.org/wiki/Nuova_cronica). La «Magna» naturalmente è la Germania.
3 Come già faceva notare Jacob Burckhardt (Die Cultur der Renaissance in Italien. Ein Versuch, Schweighauser, Basel 1860; www.deutschestextarchiv.de/book/show/burckhardt_renaissance_1860), erano passati i tempi in cui un imperatore scendeva in Italia a imporre la propria autorità forte solamente del suo potere superiore: Arrigo VII e quelli che lo seguirono fino a Carlo V, nel Cinquecento, tutt’al più potevano intervenire appoggiandosi o sostenendo poteri già esistenti.
4 Robert Davidsohn, Storia di Firenze, III, Le ultime lotte contro l’impero, Sansoni, Firenze 1973, p. 668.
5 Ivi, p. 673.
6 Giovanni Villani, op. cit., X, 47.
IV. Cangrande della Scala
1 Si tratta di una copia. L’originale si trova nel Museo di Castelvecchio.
2 Bernardino Corio nella sua Storia di Milano (a cura di Anna Morisi Guerra, UTET, Torino 1978) dice invece che gli venne attribuito nel 1318 dopo una battaglia a Monselice. Una curiosità con qualche significato: il nome Cane – che sarebbe stato ripreso nei discendenti anche in varianti come Mastino, Cansignorio ecc. – viene fatto risalire ai tempi dei longobardi e al titolo di khan diffuso fra i cavalieri delle steppe, loro alleati. Quindi Cangrande – Messer Cane lo chiama Villani – già nel nome rappresentava il radicamento culturale della cavalleria in un passato lontano: un’idea di combattente che attraversa tutto l’arco di tempo che noi chiamiamo Medioevo.
3 Ercole Ricotti, Storia delle compagnie di ventura in Italia, Pomba, Torino 1845, II, pp. 17-19. Il dato dei tremilacinquecento carri mi sembra francamente esagerato, ma lo riporto se non altro per restituire lo stupore suscitato dalle dimensioni dell’armata.
4 Ivi, p. 19.
5 L’organizzazione militare veronese ricorda da vicino quella di cinquant’anni prima di Ezzelino da Romano, a cui Cangrande veniva spesso accostato dalla propaganda guelfa. Per l’esercito di Ezzelino e le sue vicende rimando al mio Le battaglie dei cavalieri. L’arte della guerra nell’Italia medievale, Mondadori, Milano 2012, pp. 351-53 e 379-83.
6 Ercole Ricotti, op. cit., p. 21.
7 Questo nome è usato da Gian Maria Varanini, Della Scala, Cangrande, in Dizionario Biografico degli Italiani, www.treccani.it/enciclopedia/cangrande-della-scala_(Dizionario-Biografico). Altrove si trovano anche i nomi di Basaniello o di Isola della Scala.
8 Giovanni Villani, Nuova cronica, a cura di Giuseppe Porta, Fondazione Pietro Bembo, Guanda, Parma 1991, XI, 138 (http://it.wikisource.org/wiki/Nuova_cronica).
9 Si veda a questo proposito la pagina di Wikipedia su Cangrande, molto ben fatta, che riporta anche notizie sull’autopsia: http://it.wikipedia.org/wiki/Cangrande_I_della_Scala.
10 Nell’Epistola a Cangrande (per una traduzione dal latino vedi www.classicitaliani.it/dante/cangran.htm).
11 Paradiso, XVII, 85-87. Alcuni hanno ipotizzato che il veltro di cui parla Virgilio al poeta, all’inizio della Commedia, sia proprio rappresentazione di Cangrande.
V. Guerre toscane
1 Giovanni Villani, Nuova cronica, a cura di Giuseppe Porta, Fondazione Pietro Bembo, Guanda, Parma 1991, X, 71 (http://it.wikisource.org/wiki/Nuova_cronica).
2 Si tratta del colle sul quale, pochi anni dopo, fu fondato il paese di Montecarlo. Spesso lo si trova indicato con il nome di colle del Cerruglio.
3 Giovanni Villani, op. cit., X, 71.
4 Questa è la ricostruzione di Villani. Ma ce n’è un’altra, a firma di Machiavelli (La vita di Castruccio Castracani da Lucca, in Niccolò Machiavelli, Tutte le opere, a cura di Mario Martelli, Sansoni, Firenze 1971; il testo si può leggere anche in www.classicitaliani.it/index055.htm). In pratica Machiavelli dice che Uguccione, malato, non prese parte alla battaglia, combattuta invece da Castruccio Castracani. «La qual cosa fu cagione della rovina de’ Guelfi; perché quegli presono animo, parendo loro che lo esercito inimico fussi rimaso sanza capitano.» Non conoscendo le doti di Castruccio, i guelfi pensarono di avere vittoria facile e così avanzarono disordinatamente. Castruccio vide che i migliori cavalieri nemici si trovavano al centro e che le ali invece erano deboli; così schierò i suoi al contrario, con i migliori ai lati e i più deboli al centro, con l’ordine a quest’ultimi di avanzare il più lentamente possibile. Successe che le ali ghibelline sfondarono facilmente le linee avversarie: il centro guelfo, che non era riuscito nemmeno ad arrivare a contatto con il nemico, si ritrovò circondato. La descrizione non smentisce a...