Nostro figlio
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Nostro figlio

Dal concepimento all'adolescenza come aiutarlo a crescere con il metodo dell'educazione emotiva

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  1. 592 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Nostro figlio

Dal concepimento all'adolescenza come aiutarlo a crescere con il metodo dell'educazione emotiva

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Informazioni sul libro

Il primo manuale per genitori che spiega come applicare il metodo dell'Educazione Emotiva per crescere bene i figli. Ispirato ai principi dell'Intelligenza Emotiva, il libro è rivolto a chi sta per avere un bambino e a chi già ne ha, a chi ha figli piccoli o già adolescenti. Ulisse Mariani e Rosanna Schiralli, psicologi e psicoterapeuti ormai noti per i loro testi rivolti a genitori ed educatori, con questa opera offrono alle mamme e ai papà un vero e proprio vademecum, uno strumento pratico per crescere bene un figlio giorno dopo giorno, anno dopo anno, dal concepimento all'adolescenza. Spiegati in modo semplice, dettagliato e concreto per ogni fase di età, tutti i suggerimenti, le avvertenze e le informazioni presenti in questo libro si ispirano ai più avanzati studi neurofisiologici nell'ambito della psicologia dello sviluppo e al metodo dell'Educazione Emotiva, introdotto in Italia dagli stessi autori. È ormai scientificamente dimostrato che tale metodo, se applicato con convinzione e continuità, garantisce da subito bambini meno capricciosi, adolescenti senza disagi, genitori meno stanchi e più soddisfatti. Un manuale da leggere dall'inizio alla fine, ma anche da consultare all'occorrenza, quando cercate le opportune risposte sul parto e sull'alimentazione, sul sonno e sull'asilo nido, sulla questione dei compiti a casa e sull'importanza delle regole, sui primi amori, sugli orari da rispettare e su tanto altro. E se avrete ancora qualche dubbio, potrete contattare direttamente gli autori. (Troverete le istruzioni all'interno)

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
ISBN
9788852057120

LA NASCITA E IL PRIMO ANNO DI VITA

X

INTORNO AL PARTO: REALTÀ, LEGGENDE,
COSE PRATICHE DA FARE E DA SAPERE

E alla fine quel giorno arriva: le acque si rompono ed emerge la vita.
L’assonanza biblica non è casuale.
Effettivamente il parto richiama alla mente qualcosa di sacro, di soprannaturale, ma allo stesso tempo riconduce a un evento semplice come gli elementi della terra, ineluttabile come il rumore di fondo dell’universo.
Probabilmente la nascita è il più grande spettacolo dopo il Big Bang.
Lui appena nato; voi appena mamme.
Malgrado intorno al parto si sia detto tutto, persiste un curioso gap tra quanto la scienza e la ricerca hanno realizzato negli ultimi anni e quanto realmente accade nella pratica e nella vita di tutti i giorni.
Un esempio.
La gravidanza è assistita e protetta; voi genitori informati e preparati in ogni dettaglio; i corsi preparto si occupano perfino di consigliare ai parenti di non portare fiori a voi neomamme (potrebbero distrarre il personale sanitario); il parto è realizzato con operatori specializzati in reparti super attrezzati.
Tutto è controllato, monitorato ed eseguito secondo collaudatissimi protocolli d’intervento.
Tutto è perfetto, poi...

IL DOLORE: QUANTA PAURA!

La dimensione più discussa e temuta del parto rimane comunque quella relativa al dolore. È il pensiero fisso di tutte le donne: «Ce la farò a sopportare tanto dolore?», «Resisterò alla sforzo?», «Sarò in grado di superare la prova senza far soffrire mio figlio?».
L’anatema biblico «Donna, tu partorirai con gran dolore» è forse destinato a perseguitare le donne in eterno.
Per liberarsi da questo destino, sono proliferate negli ultimi decenni un numero ragguardevole di metodiche, alcune che si riferiscono addirittura ai cosiddetti parti naturali di un dorato e leggendario passato. Si dimentica però che con le donne partorienti, fino a un recente passato non proprio entusiasmante, la natura non è stata troppo benigna. Oggi con tutti i sistemi messi a disposizione dalla scienza e dalla ricerca (farmaci, chirurgia, analgesia, metodi di monitoraggio continuo e di diagnostica) si è abbattuta quasi totalmente la mortalità materna e fetale e questo è tutto fuorché naturale.
Non tutto ciò che è ritorno alla natura è dunque necessariamente buono.
Il passato «naturale» del parto è costellato di lacrime e sangue: i profeti del parto in casa, del dolore (gira voce che se le mamme non partoriscono con dolore non riusciranno a costruire un buon attaccamento con il figlio) e del ritorno alle origini non tengono conto che tutto ciò di cui oggi si dispone in ospedale è in grado di salvare puerpere e bambini, qualsiasi cosa accada. Non è esatto dunque parlare di parto naturale o non naturale. Il parto può essere spontaneo o cesareo, eseguito cioè con intervento chirurgico per favorire l’espulsione altrimenti complicata da vari fattori.
In Italia il ricorso al parto cesareo è però troppo elevato se rapportato agli standard consigliati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: si sta rapidamente arrivando al 40 per cento sul totale dei parti, a fronte di un’indicazione che non dovrebbe superare il 15 per cento.
IL PARTO IN ACQUA
Da alcuni anni in diverse strutture ospedaliere del nostro Paese è possibile effettuare il parto in acqua, laddove non si presentino precise controindicazioni. Si tratta di una metodologia che ha trovato origine dalle esperienze del medico russo Igor Tjarkowskij.
Successivamente in Francia, grazie al contributo del medico Michel Odent, il parto in acqua ha avuto la possibilità di trasformarsi da semplice esperienza empirica in una vera e propria metodica scientifica.
Oggi il parto in acqua è una pratica diffusa e consolidata in molti ospedali europei. Anche in Italia la «tecnica» è stata validata grazie all’esperienza e alle ricerche effettuate su migliaia di parti in questi ultimi dieci anni.
L’immersione in acqua calda permette tra l’altro il rilassamento della muscolatura e la produzione di endorfine: sostanze naturali con effetto analgesico e miorilassanti come l’ossitocina e gli ormoni che regolano le fasi del travaglio-parto.
La maggiore produzione di endorfine della madre e i tempi ridotti del travaglio-parto comportano generalmente un effetto calmante e rassicurante anche sul nascituro.
Il parto in acqua diventa perciò una delle opportunità a disposizione della mamma e del nascituro da valutare ovviamente insieme al proprio ginecologo.
Tra una generica riproposizione del «parto naturale» e una eccessiva medicalizzazione attraverso la rigida programmazione del taglio cesareo, occorre avere e chiedere un’assistenza personalizzata e informata, in quanto ogni donna ha una propria sensibilità e ogni parto è diverso: tra natura e tecnologia non bisognerebbe mai perdere di vista il prendersi cura della donna.
L’EPIDURALE
È una metodica analgesica in grado di sopprimere selettivamente la trasmissione del dolore. Durante il travaglio in epidurale si conserva la più completa motilità e sensibilità senza percepire il dolore delle contrazioni e della fase espulsiva.
Nessuna correlazione tra epidurale e depressione post partum; nessuna evidenza di interferenza con l’allattamento.
In analgesia il travaglio dura un po’ di più e a volte il riflesso della spinta è percepito con minore intensità, ma il parto è condotto a termine normalmente con la vostra attiva partecipazione. L’unica complicanza, solo un po’ noiosa, è una possibile cefalea, rara e che comunque si risolve in pochi giorni semplicemente rimanendo stesa a letto: in questa posizione il disturbo non si avverte.
La pratica analgesica con epidurale è ormai utilizzata in quasi tutti gli ospedali e può essere richiesta da tutte le partorienti. Il dolore non ha mai effetti positivi.

ASSISTERE AL PARTO: FA BENE DAVVERO?

E il papà? Dove l’abbiamo lasciato? Se non è più a passeggiare nervosamente su e giù in sala d’attesa, dov’è?
Oggi i papà sono tutti in sala parto. Con tanto di camice verde ad assistere la compagna, condividendo tutte le emozioni del travaglio, del parto e della nascita.
Tutto bene? Giusto così?
Sì, ma qualche riflessione in controtendenza potrebbe esservi di aiuto e sollevarvi da qualche conflitto.
La gran parte degli uomini non si sottrae a questa prova, specialmente quando la richiesta di vicinanza e assistenza viene da voi donne o è maturata insieme.
Troppo spesso però l’assistenza in sala parto alla propria compagna si configura come un dovere, una sorta di prova di maturità e di responsabilità maschile: «Ho tenuto il bimbo nella pancia per nove mesi tra nausee e altri malesseri, ora devo soffrire per metterlo al mondo; vuoi almeno stare qui a vedere cosa succede, quanto soffro e a prenderti una piccola parte di responsabilità?».
Raramente un uomo si sottrae a un diktat così implicito ma anche così pressante. Gli effetti negativi sono però sovente sottovalutati.
Molti uomini infatti rimangono traumatizzati dopo avere assistito al parto, anche se non lo ammetteranno mai: ne possono restare così colpiti da sviluppare serie difficoltà nella sfera sessuale, rifiutando successivamente approcci erotici o semplicemente affettivi.
Assistere al parto non è soltanto poesia: molto spesso è anche sangue, tagli, suture, urla, sofferenza, drastiche manipolazioni del corpo.
E poi: siete certe che la presenza del vostro partner vi rassicuri?
Se la risposta è affermativa, non c’è alcun problema e condividere un momento così importante può risultare meraviglioso, anche se difficile; ma se non vi è di alcun aiuto, e questo è totalmente comprensibile, ditelo: gli risparmierete magari una sofferenza gratuita e il pericolo, non di poco conto, di desessualizzarvi.
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QUESTO TI FACILITA
La dichiarazione di nascita per l’iscrizione del neonato nei registri dello Stato civile dell’anagrafe comunale è obbligatoria. Tale atto permette di provare l’esistenza della persona e di stabilire la sua identità per il resto della vita.
La dichiarazione deve essere fatta entro tre giorni dal parto presso la Direzione sanitaria dell’ospedale o entro dieci giorni presso l’ufficio di stato civile del comune in cui è avvenuta la nascita o presso quello di residenza dei genitori. La dichiarazione di nascita è un atto gratuito, va fatta oralmente e non c’è bisogno di testimoni.
L’OCCORRENTE
E ora qualche indicazione molto pratica per affrontare la «zona parto».
Quando mancano quattro o cinque settimane alla data presunta del fatidico giorno, dovete preparare la valigia per la breve ospedalizzazione onde evitare corse frenetiche all’ultimo minuto. Per stare ancora più tranquille (non si sa mai), preparate il bagaglio ospedaliero già al settimo mese di gravidanza.
In genere per affrontare il parto vero e proprio è consigliabile una camicia molto comoda o una lunga T-shirt in cotone con maniche corte.
Per i giorni successivi vanno bene tre camicie aperte sul davanti o con i bottoni fino al punto vita, per facilitare le manovre dell’allattamento.
Se siete un tipo che non rinuncia al pigiama, potete tranquillamente portarlo in ospedale ricordandovi comunque di scegliere modelli aperti sul davanti.
Saranno poi indispensabili vestaglia, pantofole, slip comodi che possano tenere fisso l’assorbente, asciugamani e salviette per lavarsi.
Aspettate invece a comprare i reggiseni da allattamento poiché non potete sapere di quanto aumenterà il vostro seno con la montata lattea che di solito avviene fino a settantadue ore circa dopo il parto.
Per quanto riguarda...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Nostro figlio
  3. Nota degli autori
  4. Introduzione
  5. NUOVI ORIENTAMENTI EDUCATIVI PER GENITORI DISORIENTATI
  6. PRIMA DI NASCERE: L’ATTESA
  7. LA NASCITA E IL PRIMO ANNO DI VITA
  8. DA UNO A TRE ANNI
  9. DA TRE A SEI ANNI
  10. L'ETÀ SCOLARE
  11. LA PREADOLESCENZA
  12. L’ADOLESCENZA
  13. IL DISTACCO DAL NIDO
  14. Bibliografia
  15. Copyright