Camera con vista
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Camera con vista

  1. 266 pagine
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Informazioni sul libro

La storia di una contrastata vicenda sentimentale tra una giovane inglese attenta alle convenzioni sociali della borghesia e un agnostico anticonformista capace di "vedere" la realtà nascosta dietro le apparenze. Uno dei romanzi più amati di Forster (1879-1970).

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2015
ISBN
9788852068386

PARTE SECONDA

VIII

MEDIEVALE

Le tende del soggiorno di Windy Corner erano state tirate perché il tappeto nuovo meritava di venir protetto dal sole di agosto. Erano tende pesanti che arrivavano fin quasi a terra, e la luce che lasciavano filtrare era smorzata e cangiante. Un poeta – non c’erano poeti in quel momento – avrebbe subito citato: “La vita come una cupola di vetro variopinto”, oppure avrebbe paragonato le tende a saracinesche abbassate a difendere la stanza dall’intollerabile flusso celeste. Fuori, un mare di luce radiosa si riversava sulla terra; dentro, quello sfolgorio era visibile ma attutito, adeguato alla facoltà dell’uomo.
Nella stanza sedevano due persone simpatiche. Una – un ragazzo di diciannove anni – studiava un piccolo manuale di anatomia, e di tanto in tanto dava un’occhiata a un osso appoggiato sopra il pianoforte. Continuava ad agitarsi sulla sedia, a sbuffare e a lamentarsi, perché la giornata era calda, i caratteri di stampa minuscoli, e la struttura umana paurosamente complicata. Sua madre, che stava scrivendo una lettera, continuava a interromperlo per leggergli quello che aveva scritto. E continuava anche ad alzarsi dal suo posto per andare a scostare le tende facendo cadere un rivolo di luce sul tappeto, e annunciare che “erano ancora là”.
«E dove dovrebbero essere?» disse il ragazzo, che era Freddy, il fratello di Lucy. «Sai che ti dico? Mi sta venendo la nausea.»
«Per amor del cielo, esci dal mio salotto allora!» esclamò Mrs Honeychurch, che sperava di guarire i propri figli dall’abitudine di parlare in gergo prendendo rigorosamente alla lettera quello che dicevano.
Freddy non si mosse, né rispose.
«Credo che ci siamo, questa volta» osservò Mrs Honeychurch, che avrebbe voluto conoscere il parere del figlio sulla situazione senza però abbassarsi a supplicarlo.
«Sarebbe ora.»
«Sono contenta che Cecil gliel’abbia chiesto un’altra volta.»
«La terza, se non sbaglio?»
«Freddy, trovo il tuo modo di esprimerti poco gentile.»
«Non intendevo esser poco gentile.» Poi aggiunse: «Ma credo che Lucy avrebbe dovuto trovare il modo di liberarsi di questa seccatura in Italia. Non so come se la sbroglino le ragazze in questi casi, ma non può aver detto un bel “no” prima, altrimenti non sarebbe costretta a ripeterlo adesso. E tutta questa storia… be’, non so come spiegarmi… mi mette a disagio».
«Davvero, caro? Interessante!»
«Ho la sensazione che… no, lasciamo perdere.»
Tornò al suo lavoro.
«Senti cos’ho scritto a Mrs Vyse. Ho scritto: “Cara Mrs Vyse…”»
«Sì, mamma, me l’hai già detto. Una bellissima lettera.»
«Ho scritto: “Cara Mrs Vyse, Cecil ha appena chiesto il mio consenso, e io sarei felicissima di darglielo, se Lucy fosse d’accordo. Ma…”» Si interruppe. «Il fatto che Cecil abbia chiesto il mio consenso mi ha molto divertita. Gli è sempre piaciuto far l’anticonformista e infischiarsene dei genitori e cose del genere. Ma al dunque, non può fare senza di me.»
«O di me.»
«Di te?»
Freddy annuì.
«Cosa vuoi dire?»
«Ha chiesto anche il mio, di consenso.»
Mrs Honeychurch esclamò: «Ma che cosa curiosa!».
«Perché?» disse il figlio ed erede. «Perché non avrebbe dovuto chiedere anche il mio, di consenso?»
«Che ne sai tu di Lucy o delle ragazze in genere? Che cosa gli hai risposto?»
«Gli ho detto: “Prendila o lasciala. Non sono affari miei, questi!”»
«Bella risposta!» Ma anche quella che aveva dato lei, a Cecil, seppure formulata in modo più convenzionale, era nella sostanza più o meno la stessa.
«Il guaio è questo» ricominciò Freddy.
Poi si mise al lavoro, timoroso di dire quale fosse il guaio. Mrs Honeychurch tornò alla finestra.
«Freddy, vieni qui. Sono ancora lì!»
«Non dovresti spiarli in questo modo!»
«Spiarli! Non posso più guardare dalla finestra, adesso?»
Ma tornò alla scrivania, e osservò, passando accanto al figlio: «Sempre a pagina 322?». Freddy fece un grugnito e girò altre due pagine. Per un po’ rimasero in silenzio. Da vicino, da dietro le tende, arrivava ancora il mormorio leggero di una conversazione mai interrotta.
«Il guaio è questo: ho fatto una terribile gaffe con Cecil.» Deglutì nervosamente. «Non contento di aver avuto il mio “consenso”, che gli ho subito dato… vale a dire, gli ho detto: “Non ho niente in contrario”… be’, non contento di questo, voleva sapere se non ero fuori di me dalla contentezza. L’ha messa praticamente in questo modo: non era fantastico, per Lucy e per Windy Corner in generale, che lui la volesse sposare? E voleva una risposta… diceva che gli avrebbe dato più forza.»
«Spero che tu abbia risposto oculatamente, mio caro.»
«Ho risposto con un bel “no”» disse il ragazzo, digrignando i denti. «Ecco! Ora arrabbiati pure! Non sono riuscito a trattenermi… ho dovuto dirglielo. Ho dovuto dirgli no. Non sono domande da fare queste.»
«Sei un bambino ridicolo!» esclamò sua madre. «Ti credi sincero e coraggioso invece sei solo insopportabilmente presuntuoso. Credi forse che un uomo come Cecil tenga nel minimo conto quello che dici? Spero che ti abbia dato due schiaffi. Come hai osato dirgli di no?»
«Oh, stai calma, mamma! Ho dovuto dire no, dato che non potevo dire sì. Ho cercato di dirlo ridendo, per far credere che stavo scherzando, e dato che anche Cecil si è messo a ridere e se n’è subito andato, immagino che non si sia offeso. Ma la gaffe c’è stata, lo so, Comunque ora sta zitta, per favore, e lasciami lavorare.»
«No» disse Mrs Honeychurch, con l’aria di chi ha già pensato al da farsi, «non starò zitta. Tu sai cosa c’è stato tra di loro a Roma. Tu sai perché lui è venuto qui, eppure lo insulti di proposito e tenti di buttarlo fuori di casa mia.»
«Niente affatto!» protestò Freddy. «Gli ho solo fatto capire che non mi piace. Non lo odio, ma non mi piace. La cosa che mi preoccupa è che andrà senz’altro a dirlo a Lucy.»
Lanciò un’occhiata torva alle tende.
«Be’, a me Cecil piace» disse Mrs Honeychurch. «Conosco sua madre. È un uomo buono, intelligente, ricco, di buona famiglia… oh, non c’è bisogno che tu prenda a calci il piano! Di buona famiglia… lo ripeterò, se vuoi: di buona famiglia.» Tacque, come se stesse ricapitolando tra sé e sé le qualità del futuro genero, ma l’espressione del suo volto rimase insoddisfatta. Aggiunse: «Ed è molto ben educato».
«Finora piaceva anche a me. Immagino di essere irritato perché ha rovinato la prima settimana del ritorno a casa di Lucy. E poi c’è qualcosa che ha detto Mr Beebe, senza volerlo.»
«Mr Beebe?» disse sua madre, tentando di nascondere il suo interesse. «Non vedo cosa c’entri Mr Beebe.»
«Sai com’è Mr Beebe. Non si capisce mai cosa voglia dire. Ha detto: “Mr Vyse è un vero scapolo”. Io ho fatto il furbo. Gli ho chiesto cosa voleva dire. E lui ha detto: “Oh, è come me… sta meglio solo”. Non sono riuscito a fargli dire di più, ma mi ha dato da pensare. Da quando fa la corte a Lucy, Cecil non mi sembra più tanto simpatico, o almeno… non so spiegarmi bene.»
«Tu non sai mai spiegarti, mio caro. Ti spiego io: tu sei geloso di Cecil, perché potrebbe impedire a Lucy di farti tutte quelle cravatte di seta.»
Sembrava una spiegazione plausibile, e Freddy tentò di accettarla. Ma in fondo al suo cervello restava una vaga diffidenza. Cecil non smetteva mai di far le lodi di chi praticava gli sport. Era quello a infastidirlo? Cecil costringeva le persone a parlare a modo suo, invece di lasciarle fare. Una cosa noiosissima. Era questo, a irritarlo? E Cecil era il tipo di persona che non si sarebbe mai messo il berretto di un altro. Ignaro della profondità di quei pensieri, Freddy cercò di mutarne il corso. Doveva essere davvero geloso, altrimenti non avrebbe mai preso in antipatia qualcuno per motivi così banali.
«Dimmi se va bene» gli chiese sua madre. «“Cara Mrs Vyse, Cecil ha appena chiesto il mio consenso, e io sarei felicissima di darglielo, se Lucy fosse d’accordo.” Poi ho aggiunto sopra: “e l’ho detto a Lucy”. Dovrò ricopiare la lettera… “e l’ho detto a Lucy. Ma Lucy sembra molto incerta, e di questi tempi è meglio lasciare che i giovani decidano da sé.” Questo, perché non vorrei che Mrs Vyse ci considerasse antiquati. Non manca a una conferenza e ci tiene molto a migliorare la propria cultura, e intanto sotto i letti di casa sua ci sono tutti quei batuffoli di polvere, e la sua cameriera lascia sempre delle ditate sugli interruttori della luce. Tiene quell’appartamento in modo abominevole…»
«Supponiamo che Lucy sposi Cecil, dove andrebbe a vivere? In un appartamento o in campagna?»
«Smettila con queste sciocche interruzioni. Dov’ero rimasta? Oh, sì… “… è meglio lasciare che i giovani decidano da sé. So che Cecil piace a Lucy, perché mi dice sempre tutto, e mi ha scritto da Roma, quando lui le ha fatto la prima proposta.” No, quest’ultima frase è meglio toglierla… sembra che voglia darmi delle arie. Finirò con “perché mi dice sempre tutto”. O dovrei cancellare anche questo?»
«Cancella anche questo» disse Freddy.
Mrs Honeychurch lasciò la frase com’era.
«Allora ecco cos’ho scritto: “Cara Mrs Vyse, Cecil ha appena chiesto il mio consenso e io sarei felicissima di darglielo se anche Lucy fosse d’accordo, e l’ho detto a Lucy. Ma Lucy sembra molto incerta, e di questi tempi è meglio lasciare che i giovani decidano da sé. So che Cecil piace a Lucy perché mi dice sempre tutto. Ma non so…”»
«Attenta!» esclamò Freddy.
Le tende si aprirono.
Il primo movimento di Cecil fu di irritazione. Non sopportava l’abitudine degli Honeychurch di star sempre al buio per non sciupare i mobili. Tirò istintivamente le tende, e le fece scorrere fino in fondo, aprendole completamente. La luce invase la stanza. Apparve una terrazza, più o meno uguale a quella di tante altre ville, con alberi su ciascun lato, una panchina rustica, e due aiuole di fiori. Ma era trasfigurata dal panorama, perché Windy Corner era costruita sulle colline che dominano il Weald del Sussex. Lucy, sulla panchina, sembrava seduta sul bordo di un magico tappeto verde che fluttuasse nell’aria sopra il mondo tremulo.
Cecil entrò nella stanza.
Dato che appare a uno stadio così avanzato del nostro racconto, bisogna descriverlo subito. Era medievale. Come una statua gotica. Alto e distinto, con un paio di spalle che sembravano tenute in squadra per puro sforzo di volontà, e una testa un po’ più alta rispetto al normale livello dello sguardo, sembrava uno di quei santi smorfiosi che fanno la guardia ai portali delle cattedrali francesi. Molto istruito, molto dotato, e privo di difetti fisici, era tuttavia preda di un demonio noto al mondo moderno con il nome di egocentrismo, e che invece quello medievale, con scarsa acutezza, venerava come ascetismo. Una statua gotica implica il celibato, proprio come una statua greca implica il godimento, e forse era questo che aveva voluto dire Mr Beebe con la sua curiosa osservazione. E Freddy, che ignorava la storia e l’arte, voleva forse dire la stessa cosa quando sosteneva di non poter concepire Cecil con il berretto di qualcun altro in testa.
Mrs Honeychurch lasciò la sua lettera sullo scrittoio, e si fece in...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Edward M. Forster
  4. Bibliografia
  5. Camera con vista
  6. PARTE PRIMA
  7. PARTE SECONDA
  8. APPENDICE
  9. Copyright