Ogni giorno
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Tra scienza e politica

  1. 216 pagine
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Tra scienza e politica

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«Le sto chiedendo di continuare a essere uno scienziato attivo dentro e fuori il laboratorio, le offro la possibilità di farlo potendo intervenire e contribuire ai lavori del Senato della Repubblica.» Elena Cattaneo, biologa famosa in tutto il mondo per i suoi studi sulla corea di Huntington, una malattia neurologica causata da un gene mutato, non dimenticherà mai le parole dell'allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, quando nel 2013 le annunciò la decisione di nominarla senatrice a vita.

Da allora la sua esistenza è profondamente mutata e la sua attività scientifica si è arricchita di una funzione pubblica e istituzionale fondamentale per poter restituire alla scienza, troppo spesso bistrattata e abbandonata a se stessa, un ruolo di primo piano nel nostro paese. Lo testimoniano le pagine di questo libro, in cui l'autrice racconta i primi tre anni trascorsi in aula, affrontati con la stessa dedizione riservata al lavoro di ricerca in laboratorio, ma soprattutto con lo stesso metodo e gli stessi principi, nella salda convinzione che «i valori scientifici dell'oggettività, oltre all'allenamento al pensiero critico, avrebbero reso migliore il mio apporto al paese come senatrice».

Abituata al lavoro di squadra, Elena Cattaneo è affiancata da un gruppo di esperti con competenze in diversi ambiti, dal diritto parlamentare ai rapporti con le istituzioni e con gli istituti scientifici. L'obiettivo è fornire al legislatore un materiale affidabile e comprensibile, che possa metterlo nelle condizioni ottimali per decidere, aiutandolo a orientarsi nei dibattiti parlamentari, talvolta confusi, come la discussione intorno agli OGM che, lungi dall'essere risolta, ancora oggi attende una valida e motivata risposta. In attesa dell'auspicata creazione di una vera e propria Agenzia nazionale della Ricerca, in grado, tra l'altro, di porre il governo al riparo da possibili nuovi abbagli, come nel caso della frode del tristemente noto «caso Stamina».

Con spirito combattivo e profondo impegno civile, Elena Cattaneo sottolinea attraverso la sua esperienza quanto sia necessario in Italia un dibattito sui grandi temi che si avvalga del supporto della comunità scientifica: «Finché qualcuno non mi dimostrerà, dati e prove alla mano, che esiste uno strumento migliore del metodo scientifico, io continuerò a usarlo e a battermi perché fatti, trasparenza e condivisione entrino nelle scelte politiche e nelle decisioni sull'uso delle risorse dei cittadini».

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2016
ISBN
9788852076374
III

La politica in fuga dalla scienza:il paradigma OGM

Prima di sperimentare le «montagne russe» della legge di Stabilità 2015, con l’istruttiva vicenda connessa alle regole per l’accesso alla carriera universitaria dei giovani ricercatori, ho avuto modo di inoltrarmi nelle dinamiche parlamentari su uno dei temi che più mi hanno colpita per la dissociazione tra evidenze scientifiche e scelte di politica pubblica. Mi riferisco alla questione degli OGM, gli organismi geneticamente modificati.
L’argomento è decisamente complesso, soprattutto se si vuole tenere conto di tutti gli aspetti del rapporto tra l’uomo e il mondo, da quelli scientifici a quelli ambientali, psicologici, economici, politici, senza tralasciare il ruolo delle grandi corporazioni, della natura, l’importanza del (buon) cibo e, soprattutto, del futuro. Ma è proprio questa palestra di ragionamenti, logica, fatti, azioni, necessità e timori ad alimentare e a rendere l’argomento affascinante, senza che vi sia, da parte mia, alcun altro interesse se non quello culturale di verifica, anche in questo caso, delle modalità con cui il metodo del rispetto delle prove e dei dati viene applicato all’interfaccia tra scienza, politica e società. Per me è una questione di rispetto nei confronti del cittadino, che ha il diritto di ricevere informazioni accertate e veritiere.
Ecco, analizzando a fondo questo percorso, si ottiene un chiaro esempio di come una società possa andare verso la perdita del senso di cosa è «vero in modo accertabile». Ma anche di come superficialità o falsità ripetute vengano usate, da alcune parti, per terrorizzare, e quindi plasmare le abitudini dei cittadini, spesso trasformati in spettatori di interessi economici, politici o di altro genere. L’iter legislativo che ha visto protagonisti gli OGM è anche un esempio di come scienza e politica possano, per anni, muoversi su vie parallele, senza mai incontrarsi, senza mai beneficiare l’una dell’altra per affrontare con la necessaria serietà questioni molto importanti, alimentandosi invece della totale contrapposizione tra chi è posizionato pro e chi è contro, come se si potesse essere pro o contro i fatti. Come se i fatti potessero valere quanto le opinioni, quando invece molte delle argomentazioni «controverse» sono già risolte, ma alcuni scelgono di non vederlo e quindi non accettarle. Il tutto a scapito della società del cui benessere scienza e politica dovrebbero occuparsi in sommo grado. Il mio interesse sull’argomento ruota solo ed esclusivamente intorno a quanto sopra descritto.
Per sommi capi, nello studiare l’argomento ci si rende subito conto che le avversioni sono sostanzialmente nutrite da tre timori: l’idea che gli OGM possano nuocere alla salute (tema della sicurezza alimentare), l’idea che possano alterare a vario titolo l’ecosistema vegetale e animale (tema della sicurezza ambientale) e infine l’idea che possano favorire monopoli economici (tema dei brevetti e quindi della proprietà dei semi).
Prima di procedere, occorre fare proprie alcune avvertenze: innanzitutto non bisogna considerare gli OGM come «un’unica categoria». Come la parola «staminale» non definisce un’unica classe di cellule (una staminale adulta, per esempio quella della pelle, ha storia e prospettive applicative che nulla dicono circa il valore e la capacità di altre staminali, per esempio quelle neurali), così i funghi, sebbene naturali, non appartengono a un unico gruppo tossico o innocuo, analogamente rischi e benefici di una pianta OGM vanno analizzati caso per caso. La seconda avvertenza, da tenere presente nel considerarne l’impatto ambientale, è che i vantaggi e gli svantaggi di ogni coltivazione OGM siano messi a confronto con la stessa coltivazione condotta con agricoltura tradizionale o biologica e non con l’assenza di coltivazione. È infatti l’agricoltura, da cui dipendiamo, la principale causa dell’erosione dell’ambiente e della biodiversità: tanta più terra le diverse agricolture consumeranno per ottenere lo stesso quantitativo di prodotto, maggiore sarà il loro impatto ambientale.
Ebbene, osservando la prima avvertenza, ci si accorge subito che gli OGM autorizzati dagli enti regolatori sono analizzati e approvati «caso per caso» e con procedure (che fanno capo all’ente internazionale EFSA di Parma) che lasciano aperta la possibilità a chiunque possegga dati contrari di sottoporli affinché siano verificati e in caso incorporati. Se si osserva anche la seconda avvertenza, cioè il confronto tra agricolture, ci si rende conto che i rischi per la sicurezza alimentare, ambientale, ed economica sono gli stessi per coltivazioni tradizionali, biologiche e OGM – sebbene queste ultime, negli specifici casi in cui sono utili e necessarie (per esempio in aree con molti parassiti), si rivelino più vantaggiose e sicure delle altre.
Osservate queste avvertenze, bisogna andare a caccia di prove, caso per caso, che devono essere pubbliche, accertabili, e verificate. Per esempio, le agenzie regolatorie da anni certificano con prove che, al meglio delle nostre conoscenze attuali, il mais Bt non è più pericoloso per l’ambiente e la salute (sarebbe bello poter dire altrettanto per ogni altro alimento che ingeriamo senza conoscere alcunché di esso) rispetto al mais tradizionale o biologico, ma in compenso riduce l’uso degli antiparassitari, l’inquinamento da pericolose micotossine dannose sia per l’uomo sia per gli animali a cui viene dato come mangime, e le perdite di prodotto che, alle nostre latitudini, per via di alcuni insetti, sono notevoli. Ora, le possibilità sono due: o questo fatto viene dato per acquisito e imprescindibile oppure deve essere confutato con altrettante prove di senso opposto. Se le prove contrarie non esistono bisogna smettere di parlare di mais Bt come pericoloso per l’ambiente e la salute. Non conosco altro metodo per procedere. Tra l’altro, svestire un argomento della sua illogicità aiuta a evidenziare, laddove esistono, eventuali pericoli o gli aspetti sui quali serve maggior conoscenza o altre soluzioni. Negare il valore delle prove accertate significa, in ultima analisi, ingenerare paralisi e rischi. Per altro il mais Bt è un vecchio mais (al quale migliaia di nostri agricoltori sono comunque interessati perché più efficace dei nostri semi ancor più vecchi), oggi largamente superato da mais ulteriormente migliorato dal punto di vista genetico con una serie di resistenze a parassiti che veramente cambiano il modo di pensare all’agricoltura, riducendo la continua necessità di più terra da coltivare per sfamare le nazioni e il dannoso impiego di pesticidi altamente tossici per terra e biodiversità animale.

I tre timori fondamentali contro gli OGM: come studiarli per capirne la solidità

Ho più volte ricordato che non ho mai lavorato sulle piante transgeniche. Il mio ambito specifico si rivolge alla transgenesi del mammifero, con cellule e animali da laboratorio. I principi generali però sono gli stessi per cellule vegetali e animali e i metodi applicati sono quelli della scienza. Obiettivi, tecnologie, possibili ricadute, la ricerca dei pregi e dei difetti, la valutazione dei possibili rischi non mi sono quindi del tutto incomprensibili. Ma studiare da zero la letteratura scientifica di un ambito tematico che non si conosce è un impegno molto serio, continuo e costa un’immane fatica. Dopo circa due anni spesi in tale direzione, la percezione dell’esistenza di una distorsione tra le conoscenze scientifiche verificate, la loro presentazione mediatica e le politiche che li regolamentano è forte.
Ho cominciato con il fare ordine tra dati e informazioni, a scrivere brevi documenti interni, poi trasformati in dossier, ponendo a diversi specialisti, nelle frequenti riunioni, una valanga di domande, mettendo per iscritto ciò che comprendevo per chiedere loro ulteriore verifica. Ho così adottato uno schema che mi permette di continuare a incorporare evidenze. In questo frangente, il lavoro dell’Office è sempre stato determinante, insieme a quello di un nucleo ampio, preparato e attivo «h24» di scienziati, intellettuali, agronomi, agricoltori, economisti con i quali potevo sollevare ogni dubbio e ogni richiesta di controverifica (a più voci) di quanto indagavo. Ma mi sono chiesta: come faranno i parlamentari a districarsi in un dedalo di informazioni così ciclopico? Come faranno a verificare l’attendibilità delle informazioni che i singoli consulenti specifici a cui si rivolgono mettono loro a disposizione su un tema così complesso? E a chi si rivolgeranno? A coloro che ogni giorno offrono prove documentate e verificabili mentre predispongono gli ulteriori test di domani? Perché, se così fosse, tutto si risolverebbe, data la chiarezza delle informazioni. In realtà, quale sia la fonte cui attingono i parlamentari resta per me un mistero. Io ho la fortuna di avere l’intera comunità degli studiosi «a disposizione». E troppe cose che avevo sentito dire in aula «non tornavano».
Durante alcuni incontri con parlamentari di Camera e Senato chiaramente «contro» per capire le loro argomentazioni mi sono sentita dire: «i contadini indiani sono portati al suicidio per la dipendenza dai semi Monsanto», «le multinazionali si sono prese tutto», «le evidenze epidemiologiche circa la loro non nocività mancano», «gli OGM si mangiano la biodiversità», «la pianta OGM potrebbe incrociarsi con i prodotti locali»... È stato quasi scioccante dover affrontare delle obiezioni tanto prive di sostanza e impenetrabili a qualsiasi forma di ragionata ricerca dei fatti. Addirittura, in occasione di una mia breve lettera inviata al Parlamento il 1° marzo 2016, alla quale allegavo un dossier di 1556 pagine che riassumeva decine di studi rilevanti da me analizzati per i colleghi senatori e deputati, e per i cittadini, ricevevo in risposta da alcuni parlamentari missive, anche queste inviate all’intero Parlamento, una delle quali si concludeva con un «si ricordi, da oggi sarò il suo incubo! Questo è solo l’assaggio».1 In un altro caso, anche la sola discussione sulla possibilità di sostenere la ricerca pubblica era sfociata in una reazione quasi di isteria da parte di una parlamentare. Devo anche dire, però, che, in privato, tra chi mi parlava, alcuni mi rivelavano che la materia gli era totalmente ignota e che erano state ereditate o acquisite posizioni di partito che non si potevano, così su due piedi, rovesciare. Ascoltando, mi sono comunque fatta l’idea che molti posizionamenti di natura personale, emotiva o di opportunità partitica venivano ricondotti ai tre timori accennati sopra. Li affronto subito, insieme alle rispettive controcritiche, così come mi pare di poter argomentare.

GLI OGM E LA SALUTE UMANA

Il primo timore, va da sé, è quello per la salute umana. Agli OGM è stato imputato praticamente di tutto e hanno subito controlli di ogni tipo e processi mediatici tra i più disparati. A oggi, nessuno è riuscito a dimostrare nulla. Da vent’anni si torna ciclicamente a sollevare dubbi sulla cancerogenicità degli OGM, sulla loro supposta tossicità o allergenicità, sulla loro ipotizzata nocività verso vari organi specifici, compreso il sistema immunitario, oppure sul generico e paventato pericolo che il passaggio di un gene da un organismo a un altro, cioè una pianta GM, indurrebbe, una volta ingerito, sull’essere umano. Chi fosse interessato a questi temi troverà sul sito cattaneolab.it una bibliografia dedicata agli OGM, con una lista ragionata dei vari documenti prodotti dalle numerose università pubbliche e dalle agenzie internazionali dei paesi più disparati, una documentazione che quindi allo stesso tempo respinge qualsiasi accusa di partigianeria (pena accusare i ricercatori pubblici di tutto il mondo di essere al soldo delle multinazionali) e rende risibile il solito pseudo-argomento che vedrebbe la comunità scientifica divisa sul tema OGM (pena considerare il rapporto 1 su 10.000 un elemento divisivo all’interno della comunità di esperti – senza scendere nei dettagli di cosa, agli atti, coloro che sono contro mettono sul tavolo politico, visto che su quello scientifico nemmeno osano o sono molto più cauti nello sbilanciarsi).
Tutte le ricerche dei maggiori esperti al mondo pubblicate sulle più autorevoli riviste internazionali escludono i suddetti rischi e quindi suggeriscono lo sviluppo di piante GM per la nutrizione umana e animale. Oltre alle verifiche scientifiche e a quelle condotte dagli enti regolatori, un’altra prova convincente a favore sta nel segnalare che, nonostante gli ingenti mezzi di chi si contrappone a questa innovazione – si pensi, per esempio, a Greenpeace, sebbene anche in questo caso vi è una significativa eccezione: l’ex presidente Patrick Moore a partire dal 2006 si è fermamente dissociato dalla cieca opposizione di Greenpeace verso gli OGM, sostenendo che le piante GM, e in particolare il golden rice ricco di vitamina A, siano strumenti essenziali da studiare per provare a combattere la fame in alcuni paesi –, non vi è traccia pubblica di esperimenti che abbiano trovato prove contro la sicurezza alimentare degli specifici OGM in discussione. Cioè non vi è nessun allarme salute registrato e non vi è nessuna segnalazione che faccia scattare la necessità di studi epidemiologici relativi a questi prodotti. Del resto, se vi fossero solide ipotesi o prove contro il cotone o la soia GM basterebbe un esperimento a lungo termine (2 anni di trattamento degli animali) e finanziamenti di cui le grandi multinazionali della distribuzione alimentare che rivendicano il «no OGM» certo non mancano di disporre, per provarlo con tanto di dati alla mano. Si potrebbe anche analizzare ogni allevamento nutrito con soia GM per capire quanti episodi di tossicità animale vi sono stati legati a questo tipo di mangimi. L’esperimento che dimostra che non sono pericolosi c’è già. Prosegue da vent’anni su animali e uomini. Ma invece di acquisire ciò, si investe in pubblicità «contro» che richiede solo parole o immagini in grado di impressionare il nostro cervello per non farlo ragionare.
L’assenza di prove «contro» è così forte che per screditare le piante GM è stato necessario montare cause di rischio essenzialmente finte, frutto di marketing o di falsi scientifici, letteralmente. Il primo caso, su cui tornerò, è quello della «fragola-pesce», che ovviamente non è mai esistita ma la cui immagine è servita per creare un efficace terrorismo mediatico contro gli OGM. La seconda è l’ormai celebre finta ricerca – «finta» perché manipolata – costruita nel 2012 dal professore francese Gilles-Éric Séralini per tentare di dimostrare che alimentare ratti con mais GM aumentava la loro tendenza a sviluppare il cancro. Gli scienziati di tutto il mondo interrogarono la rivista che ha ospitato lo studio circa i gruppi di controllo – aspetto abituale nella scienza – e nel giro di poco emerse che nello studio di Séralini i ratti trattati appartenevano a un ceppo che, per sua natura, è particolarmente suscettibile al cancro, il numero di ratti analizzati e da cui dedurre i risultati era decisamente limitato rispetto agli standard, come pure le dosi di mais erano sbagliate perché non paragonabili a quelle assunte con una normale dieta dall’uomo; inoltre le formulazioni dei mangimi non erano dettagliate e, più in generale, i metodi statistici usati e tutti i dati erano poco chiari e convincenti. Insomma, l’antitesi di un rigoroso esperimento scientifico. Non ultimo, sebbene non enfatizzato dagli autori del falso studio, analizzando quella pubblicazione si può scoprire, paradossalmente, il germe di una ipotetica cura anticancro dal momento che i grafici mostravano che ratti nutriti con il solo glifosate alle dosi più elevate o con mais GM del tipo NK603 ai due dosaggi più elevati (22 per cento e 33 per cento di mais sul totale dei pasti giornalieri) avevano un tasso di mortalità minore dei ratti non alimentati con l’erbicida glifosate o alimentati con mais tradizionale. La rivista decise di ritirare lo studio, una cosa piuttosto rara e infamante per l’intera carriera di uno scienziato.2
Altri studi condotti da ricercatori dell’Università Federico II di Napoli, che evidenziavano «sia il gene strutturale, che è quello che conferisce la resistenza al glifosate, sia il promotore» (come il professore, autore degli studi, riferì durante un’audizione in Senato l’8 luglio 2015) o di frammenti di esso, nel latte o tessuti di animali nutriti con piante GM, a testimoniarne «la pericolosità», si sono rivelati non veritieri in quanto basati su risultati manipolati, come io stessa ho casualmente avuto modo di riscontrare e segnalare. Questi studiosi sono stati sanzionati dalla loro un...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione
  4. I. I primi passi in Senato
  5. II. Paure, superstizioni e cattive abitudini
  6. III. La politica in fuga dalla scienza: il paradigma OGM
  7. IV. Scienza e politica: ieri, oggi, domani
  8. V. Riforme costituzionali: impossibile non appassionarsi
  9. VI. Il mio filo rosso della libertà passa da un pugno di cellule
  10. Postfazione
  11. Note
  12. Copyright