I
L’annullamento rotale
L’Avvocato-Caronte fa strada a Marcello verso i Tribunali Ecclesiastici. La coesistenza moderna e medioevale ha il suo emblema in quest’uomo: dissociazione tra la realtà che è e l’altra che deve essere in virtù del Persuasore Occulto.
I due percorrono un lungo corridoio.
Improvvisa, candida, una Crocefissione: con quei bianchi, come se Cristo fosse già divenuto ostia. Ma l’Avvocato non può vederla. O forse la vede. Ma la genialità del mentire (anche a se stesso) è troppo grande. Meccanicamente, continua a pronunciare parole a cui è ignoto il senso della vita.
«Allora, si ricordi bene. Non è tanto importante la lezione che le abbiamo fatto imparare, quanto la maniera di esprimerla... Il tono, le pause. Certo, se le riuscisse una lacrima al momento giusto...»
«Non garantisco» fa Marcello.
«Va be’, transeat per la lacrima. Comunque lei deve stare tranquillo. Qua dentro abbiamo corrotto tutti, anche gli uscieri. Ma devo stare tranquillo anch’io, sa! Non è che all’ultimo momento lei mi si tira indietro...»
Marcello si ferma un attimo.
«E se si tira indietro il giudice? Se è cattivo?»
«È cattivo sì. Certo che è cattivo. Non è mica uno scherzo. Per questo, l’hanno affidata a me. Ho diviso più coniugi io che la morte... Ho persino fatto annullare mio padre e mia madre per matrimonio rato e non consumato. Che, se permette, era difficile. Perché ho dovuto dimostrare che io non esistevo.»
Lo incrociano due prelati.
«Buongiorno, avvocato.»
«Buongiorno, cari.»
Ormai, la porta è davanti a loro.
«Ricapitolando: tranquillità e lacrima se possibile.» Sospinge Marcello. «Ad maiora!»
L’Interrogante è Padre Calducci. Estrae l’immagine del Cristo del Giuramento, la pulisce con la manica e la colloca sul tavolo.
«Metta la mano sul Cristo e giuri.»
Marcello scruta quel domenicano corpulento, con la barba grigia; per ora, molto serio. Porta occhiali da presbite. Sarebbe stato un magnifico anarchico, e forse lo è stato.
«Io ripeto con Einstein...» esordisce Marcello, ponendo la mano. «Credo in un Dio che si rivela nell’armonia delle cose... E che non si preoccupa dei testicoli di un poveraccio. Il Dio di Spinoza!»
Lo Scrivano – che è vecchio, bianco e implume come un trapassato – resta sbalordito. Anche Padre Calducci, che si toglie gli occhiali e li lascia andare sul tavolo.
«Guardi, io mi chiamo Padre Calducci... Calducci, con la elle! Da non confondersi con Carducci, quello delle poesie... E sono quarant’anni che tratto testicoli. Si figuri, dai tempi di Guglielmo Marconi! Non c’era neanche la radio... Lei ha presente la stagione delle ciliegie?»
«È una stagione che amo» risponde Marcello.
Padre Calducci, con un gesto fanciullesco, si porta le dita sopra le orecchie.
«Ecco. A me i testicoli mi escono dalle orecchie. Come quando i bambini ci si attaccano le ciliegine... Questo sono io. Ho i testicoli pieni di testicoli. Perciò l’avverto che non c’è più posto né per Einstein, né per Spinoza, né per le altre sue spiritosaggini.»
Si toglie il sudore dal viso con un largo fazzoletto.
«Ma io non facevo affatto dello spirito» ribatte Marcello.
«È proprio questo, che mi preoccupa. Se i suoi problemi sono il paradiso, questo non è il posto... Perciò, se non le dispiace, sgombriamo il campo da tutti i preamboli! Se vuol dire altre cose intelligenti, le dica subito. Non so, se vuole andare in bagno, ci vada... Vuol bere un po’ d’acqua? Mangiare qualcosa?»
«No. Grazie.»
«Io invece sì, col suo permesso...» Apre un cassetto. «Le chiedo scusa, ma ogni tanto devo mangiare qualcosa.»
Estrae un pezzo di focaccia rustica che gli si sbriciola sulla tonaca.
«Soffre di ulcera, Padre?»
Con la bocca piena, Padre Calducci ribatte immediatamente: «No. Che ulcera! Sto benissimo. Non soffro di nulla. È solo per sentirmi vivo, qua, in questo cimitero di testicoli!». Apre gli incartamenti. «Ma perché il Padreterno non ha inventato un’altra cosa per procreare?» Butta un’occhiata. «E anche lei, proprio questa doveva scegliere, di ragioni... Impotentia coeundi et generandi. Anteriore e perpetua... Una cosetta da niente.»
«Lei cosa mi avrebbe consigliato?» chiede Marcello, con un gesto d’intesa.
«Non so... Riserva mentale. Simulazione di consenso. Sacrilegio. Incapacità d’intendere e di volere... Pensi che siamo tanto generosi che contempliamo persino l’omicidio. Aveva voglia, lei, a scegliere.»
«Io ho trovato più giusta l’impotenza... Perché vede, Padre, in questa mia storia potevo capire tante cose al momento giusto... E non le ho capite. Sempre impotenza è.»
Padre Calducci medita sulla frase. Se ne lascia toccare.
«Uhm. A chi lo dice...» mormora a se stesso. «Il momento giusto si perde sempre.»
Soppesa gli incartamenti.
«Il che non toglie che ci va leggero, lei!» esclama. «È l’impotente più potente che abbia giudicato.»
Passa alle domande.
«Allora, al sodo. Di quanto entrava, il suo genitale, nella vagina della Conforti Giulia?»
«Anche lei non ci va leggero, Padre Calducci.»
«Ma, benedetto. Se s’impressiona ora, figuriamoci dopo» da sopra le lenti, scruta negli occhi Marcello. «Avanti, quanto le hanno detto di dirmi?»
Marcello esita. Il suo sguardo s’incrocia con quello dello Scrivano.
«Tre centimetri per due...»
Padre Calducci si segna la punta dell’indice. Marcello fa lo stesso, ma scende di un po’: «Diciamo così...».
Padre Calducci resta a guardare sia Marcello che l’indice, poi scuote la testa e, girando il foglio, sospira: «Non hanno proprio più stima di me».
Lo Scrivano, Padre Gabriele, è un po’ sordo. Con una voce da foglia che vola, chiede: «Quanto?».
«Tre centimetri per due» risponde Padre Calducci. «Metta: niente. È uguale.»
Fissa intensamente Marcello.
«E l’eiaculazione, dove si produceva? All’interno o all’esterno della vagina?»
Marcello si guarda le mani. Il tono di chi, recitando la lezione, si avvia a raccontare una lunga faccenda: «Non appena appoggiavo la mia piccola punta alle sue grandi labbra...».
Silenzio.
«Dica...» fa Padre Calducci, come a incoraggiarlo.
Marcello conclude con un gesto.
«Fatto. Finito.»
«Finito» gli fa eco lo sbalordito Padre Calducci. Poi si alza, con un altro sospiro, portandosi il fascicolo: «E mi dica un po’: era un’eiaculatio felix?... Felice? Sì, voglio dire: le procurava piacere?».
«Infelicissima» risponde senza esitare Marcello. «Come se facessi pipì.»
Alzando la testa, Padre Calducci vede che lo Scrivano è rimasto sospeso a mezz’aria, proprio come una foglia.
«Scritto: pipì?»
Padre Gabriele si riprende.
«Ah, sì, subito.»
Padre Calducci commenta con un sorriso, pieno di affetto più che di compatimento: «Quello è già morto e nessuno lo ha avvertito». Quindi, scrutando nel fascicolo, chiede d’improvviso: «E dove se l’è attaccata, questa criptorchidia bilaterale?».
Marcello non capisce.
«Che cosa?»
«L’orchite, avanti!» semplifica Padre Calducci.
«Ma chi, io?!» questo, evidentemente, nella lezione che gli hanno fatto imparare, non c’era. «Quale orchite, scusi?»
«Ma c’è scritto qui, sa. Mica gliel’ho attaccata io.»
«Ah, se c’è scritto lì!» si salva Marcello. «Ma non era grave, sa, quelle cose che da ragazzo...»
Padre Calducci lo interrompe.
«Riusciva a raggiungere un’erezione completa?»
«Difficilmente.»
«Di solito?»
Marcello si attiene, più che mai, alla lezione.
«Di solito, come dice volgarmente il popolino, ero barzotto.»
Padre Gabriele scruta i due, come se la parola stesse decifrata sulle loro fronti.
«Come ha detto?»
Marcello scandisce. Padre Calducci raccoglie l’ironia e la fa sua, aggiungendo: «Come barzelletta!». S’appoggia a uno scaffale, e apre i cassetti, levandone via via un thermos, un recipiente che ricorda una gavetta, altra focaccia, strane cose. E intanto chiede, ormai senza più alcun interesse: «Al massimo dell’erezione, quanto si estendeva il suo genitale?».
A domanda meccanica. Meccanica risposta.
«Non si estendeva, Padre.»
«No, eh?»
«Di fronte alla vagina della Conforti Giulia...»
«Dica, dica» fa Padre Calducci rovistando dentro l’ultimo dei cassetti e trovando ciò che cercava.
«Si rattrappiva... Si dava alla macchia. Come posso dire, si ritirava.»
Padre Calducci torna a sedersi di fronte a Marcello.
«Come una lumaca» fa «alla quale si toccano le corna.»
«Le corna non gliele ho mai viste. Ma l’immagine mi pare giusta.»
«Ah, Gesù, Gesù!» Padre Calducci starebbe per rinunciare, ma poi aggiunge: «E come reagiva, la Conforti Giulia, di fronte alla ritirata?».
Marcello si rende conto di aver dimenticato questo passo della lezione. Chiede a sua volta: «Eh... come reagiva?».
«Perché avrà reagito, no?»
Marcello proprio non si ricorda. Cerca di sbirciare il fascicolo.
«Che c’è scritto, lì?» chiede timidamente.
Padre Calducci, fissandolo: «Qui c’è scritto: piangeva».
E Marcello, come se la cosa fosse ovvia: «Piangeva...».
Approfittando della risposta, Padre Calducci conclude: «E anche noi dovremmo piangere. Se non fosse tutto da ridere! Gliel’hanno fatto un bel lavaggio del cervello, eh?».
Porge a Marcello la fotografia trovata nel cassetto.
«Che cos’è?» chiede Marcello, sollevandola.
«La dia a Sua Eminenza da parte di un vecchio compagno di fede» dice Padre Calducci. «È un’immagine della vecchia Chiesa. Speravamo che il mondo del Potere e della Corruzione si inginocchiasse davanti a essa. E invece ci troviamo noi, inginocchiati davanti al mondo.»
Il sapore della verità torna istantaneamente nella grande aula. Il resto non conta. Il potere cristiano di Padre Calducci, questo potere di capire e di dolersi, conquista Marcello. Gli fa ritrovare, sia pure in una circostanza che pareva escluderlo, un segno di Dio.
«Padre Calducci» dice infatti, «le vie del Signore sono veramente infinite, se due uomini riescono a capirsi anche in queste condizioni.»
II
Ossessioni, perversioni
Definizione:
«Scopofilia: neologismo utilizzato soprattutto in psicanalisi per definire il voyeurismo. È motivata da pulsioni parziali, cioè da eccitazioni sessuali non specifiche, e può far parte di un atto preparatorio, detto “piacere preliminare”, che serve ad accrescere il piacere “finale”. Solamente quando questo piacere preliminare esclude ogni altra forma di attività sessuale, la scopofilia diventa una perversione.
Va collegato alla scopofilia il delirio di osservazione, aberrante. E vi corrisponde l’esibizionismo, in certi casi repressivo; si ha in effetti identificazione fra il v...