Notturno di cuori
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Notturno di cuori

  1. 378 pagine
  2. Italian
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Notturno di cuori

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Informazioni sul libro

Isabel Delancey, violinista di talento, ha avuto tutto dalla vita, ma quando il marito muore improvvisamente, lasciandola piena di debiti, la sua esistenza cambia drasticamente. Costretta a trasferirsi insieme ai figli in una fatiscente casa nel Norfolk, dovrà affrontare ogni sorta di difficoltà, ma scoprirà dentro di sé una forza e un istinto di sopravvivenza che mai avrebbe immaginato di possedere. E riuscirà ancora a suonare gli accordi più segreti del suo cuore.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2017
ISBN
9788852081156

1

Laura McCarthy chiuse la porta di servizio, scavalcò il cane addormentato che sbavava pacifico sulla ghiaia e attraversò a passo svelto il giardino fino al cancelletto sul retro. Tenendo il vassoio in equilibrio su un braccio, lo aprì e si infilò agilmente nel varco. Entrò nel bosco e scese al torrente che, essendo tarda estate, era di nuovo asciutto.
Bastarono due passi per superare le assi di legno che Matt aveva gettato sull’alveo l’anno prima. A breve sarebbe piovuto e le assi sarebbero tornate scivolose e traditrici. Parecchie volte, l’anno prima, aveva perso l’equilibrio mentre attraversava, e questo dopo che l’intero contenuto del vassoio era già finito nell’acqua a deliziare lo stomaco di creature invisibili. Risalì dall’altra parte con il terriccio umido appiccicato alle suole e proseguì verso la radura.
Fuori dall’ombra, il sole del crepuscolo era ancora caldo e immergeva la valle in una luce morbida e carica di pollini. In lontananza scorse un usignolo maggiore e sentì il chiacchiericcio inconfondibile e irritante di un gruppo di storni, che si alzarono in volo e tornarono a posarsi in un bosco ceduo a qualche distanza. Sistemò il coperchio di uno dei piatti, diffondendo inavvertitamente un intenso profumo di pomodoro che la indusse ad affrettare il passo verso la villa.
Non era sempre stata così vecchia, così inesorabilmente lugubre. Il padre di Matt gli aveva raccontato storie di battute di caccia sui prati, di serate estive in cui la musica si diffondeva dai gazebo bianchi e coppie eleganti si appollaiavano sui muretti di pietra, bevendo punch tra risate che si smorzavano nel folto della foresta. Matt ricordava un’epoca in cui le scuderie erano piene di cavalli lucidi, alcuni mantenuti all’unico scopo di far divertire gli ospiti del weekend, e c’era una rimessa per imbarcazioni sulla riva del lago per chi amava remare. Un tempo le raccontava spesso queste storie; era il suo modo per stabilire un’affinità con la casa di famiglia di lei, per sottintendere che il loro futuro insieme sarebbe stato all’altezza di quello che si era lasciata alle spalle. Forse era un modo per immaginare quello che poteva succedere. Laura sapeva esattamente come sarebbe stata la casa se fosse dipeso da lei: non c’era una finestra che non avesse addobbato con il pensiero, un centimetro di pavimento che non avesse rivestito con la fantasia. Sapeva quale vista sul lago offriva ogni singola finestra rivolta a est.
Si fermò alla porta laterale e, come d’abitudine, cercò la chiave in tasca. Un tempo chiudevano a chiave tutti i giorni, ma ormai non aveva molto senso; tutti lì intorno sapevano che non c’era nulla da rubare. La casa aveva continui cedimenti, si scrostava della vernice come se non avesse più tempo né voglia di dar prova del suo grandioso passato. Al pianterreno c’erano diverse finestre senza vetro, chiuse alla meglio con pezzi di legno scompagnati. La ghiaia del vialetto era rada e coperta di ortiche che si strusciavano malevole contro gli stinchi.
«Signor Pottisworth, sono io… Laura.»
Aspettò finché non giunse un grugnito dal piano superiore. Era bene allertare il vecchio del suo arrivo: la trave sopra la porta era tempestata dei colpi di tutte le volte in cui se ne era dimenticata. Per fortuna, aveva commentato suo marito, la vecchia carogna ci aveva sempre visto poco.
«Le ho portato la cena.»
Attese il grugnito di risposta, poi salì, il legno che le scricchiolava sotto i piedi.
Era in buona forma fisica e non aveva bisogno di riprendere fiato nemmeno dopo parecchie ripide rampe di scala. Eppure si fermò per un istante, prima di aprire la porta della camera da letto padronale. Poteva essere un sospiro, o un fremito di rassegnazione, quello che la attraversò prima che posasse la mano sulla maniglia.
La finestra era per metà aperta, ma il forte odore corporeo di uomo anziano e sporco le giunse inconfondibile, mescolato a effluvi di tappezzeria polverosa, canfora e cera d’api. Un vecchio fucile era posato in verticale contro il letto, e su un tavolino c’era il televisore a colori che gli avevano regalato loro due anni prima. Il tempo e la trascuratezza non erano riusciti a cancellare l’eleganza spaziosa della camera, l’armonioso disegno del bovindo che tagliava nitidamente il cielo in parti uguali. Ma l’attenzione del visitatore non poteva mai indugiare a lungo sulle qualità estetiche dell’ambiente.
«Sei in ritardo.» La voce arrivava dalla figura distesa nel vecchio letto di mogano intagliato.
«Solo di qualche minuto» rispose Laura in tono volutamente allegro. Posò il vassoio sul tavolo accanto al vecchio e si raddrizzò. «Non riuscivo a sganciarmi. Ero al telefono con mia madre.»
«Che cosa voleva? Non le hai detto che io ero qui a morire di fame
Il sorriso di Laura si incrinò appena. «Che ci creda o no, signor Pottisworth, lei non è sempre il mio unico argomento di conversazione.»
«Invece Matt lo è, scommetto. Che poi, che cosa ha combinato finora? Tua madre ti chiama per dirti che hai fatto un cattivo matrimonio, vero?»
Laura si girò verso il vassoio. Se la sua schiena si era leggermente irrigidita, il signor Pottisworth non lo notò. «Sono sposata da diciotto anni» rispose. «Il marito che ho scelto non fa più notizia, direi.»
Il vecchio tirò su con il naso, rumorosamente. «Che cos’è? Scommetto che è freddo.»
«Pasticcio di pollo e patate al forno. Tutt’altro che freddo. C’era il coperchio.»
«Io dico che è freddo. Il pranzo era freddo.»
«Il pranzo era un’insalata.»
Una testa disseminata di macchie e radi capelli grigi spuntò da sotto la trapunta. Un paio d’occhi da rettile si posarono su di lei e si strinsero a fessura. «Perché porti quei pantaloni così stretti? Cerchi di mettere in mostra la mercanzia?»
«Sono jeans. Tutti li portano così.»
«Cerchi di farmi agitare, ecco cosa. Cerchi di istigarmi alla concupiscenza, di farmi perdere la testa per poi uccidermi con le tue subdole arti femminili. Vedove nere, ecco come si chiamano quelle come te. Lo so
Lo ignorò. «Ho portato della salsa per la patata. La vuole a parte sul piatto?»
«Vedo le tue protuberanze.»
«O preferisce del formaggio grattugiato?»
«Attraverso quella maglietta. Vedo chiaramente le tue protuberanze. Cerchi di provocarmi?»
«Signor Pottisworth, se non ci dà un taglio non le porterò più la cena. Quindi la smetta di guardare le mie… protuberanze. Immediatamente.»
«Allora non dovresti indossare quei reggiseni scollacciati che fanno vedere tutto. Ai miei tempi una donna rispettabile metteva sempre una camiciola. Una bella camiciola di cotone.» Si sollevò sul cuscino, le mani nodose frementi di ricordi. «Però riuscivi lo stesso a farti un’idea.»
Laura McCarthy contò fino a dieci, continuando a dare le spalle al vecchio. Abbassò furtivamente gli occhi sulla maglietta, cercando di capire che cosa potesse realmente vedere del suo reggiseno. La settimana prima le aveva detto che la sua vista stava calando.
«Hai mandato quel tuo figlio, per il pranzo. Mi ha a malapena rivolto la parola.» Il vecchio aveva cominciato a mangiare. Un risucchio non dissimile da quello di uno scarico otturato invase la stanza.
«Sì, be’, gli adolescenti non sanno mai cosa dire.»
«Un maleducato, ecco cos’è. Dovresti farglielo notare.»
«Lo farò» rispose lei. Fece un giro per la camera, raccogliendo bicchieri e tazze e posandoli sul vassoio vuoto.
«Mi sento solo durante il giorno. Dall’ora di pranzo è venuto soltanto Byron, e lui non parla d’altro che di siepi e conigli, accidenti a loro.»
«Gliel’ho detto, potrebbe passare qualcuno dei servizi sociali. Metterebbe un po’ in ordine, si fermerebbe a fare due chiacchiere. Anche tutti i giorni, se vuole.»
«Servizi sociali.» Il vecchio fece una smorfia, un sottile rivoletto di salsa che gli colava sul mento. «Non ho bisogno di quella marmaglia che viene a ficcare il naso nei miei affari.»
«Come crede.»
«Tu non sai com’è penoso essere soli…» cominciò, e l’attenzione di Laura prese il largo. Conosceva quella litania a memoria: nessuno capiva quanto fosse dura non avere più alcun familiare, essere allettato e impotente, alla mercé di estranei… Aveva sentito tutte le variazioni sul tema così tante volte che avrebbe potuto recitarle al suo posto.
«… ho solo te e Matt, un povero vecchio come me. Nessuno a cui lasciare i miei beni… Tu non sai quanto si soffra a essere così soli.» La sua voce si assottigliava, era quasi in lacrime.
Laura si addolcì. «Gliel’ho detto che non è solo. Non finché ci saremo noi nella casa accanto.»
«Vi dimostrerò la mia gratitudine quando me ne andrò. Lo sapete, vero? Quei mobili nel granaio… saranno vostri dopo la mia morte.»
«Non deve dire così, signor Pottisworth.»
«E non sarà tutto, io sono un uomo di parola. E sono consapevole di quello che avete fatto per me in questi anni…» Sbirciò il vassoio. «Quello è il mio pudding di riso?»
«È un bel crumble di mele.»
Il vecchio posò coltello e forchetta. «Ma è martedì.»
«Be’, ho fatto il crumble di mele. Non avevo più riso per il pudding e non potevo andare al supermercato.»
«Non mi piace il crumble di mele.»
«Sì che le piace.»
«Scommetto che hai rubato le mele nel mio frutteto.»
Laura fece un respiro profondo.
«Scommetto che non sei buona nemmeno la metà di quello che vuoi far credere. Scommetto che mentiresti per avere quello che ti interessa.»
La voce le uscì sibilando tra i denti. «Ho comprato le mele al supermercato.»
«Hai detto che non hai avuto tempo di andare al supermercato.»
«Le ho comprate tre giorni fa.»
«Non capisco perché non hai preso un po’ di riso per il pudding, mentre eri lì. Non so proprio che cosa debba pensare di te il tuo uomo. Di sicuro lo tieni allegro in altri modi…» Fece un sorriso osceno, mostrando per un istante le gengive sotto le labbra umide, poi si tuffò nel pasticcio di pollo.
Laura aveva finito di fare il bucato quando Matt rientrò. Curva sull’asse da stiro, stava vaporizzando e appiattendo furiosamente colli e polsini delle sue camicie nel tentativo di ridurli all’obbedienza.
«Tutto bene, amore?» Matt McCarthy si chinò a baciarla, notando le guance arrossate e la linea rigida della mascella.
«No, non va bene un accidenti! Ne ho abbastanza.»
Matt tolse la giacca, le tasche che traboccavano di metri a nastro e attrezzi, e la buttò sullo schienale di una sedia. Era esausto e il pensiero di doverla tranquillizzare lo irritava.
«Mr P le ha sbirciato le tette» disse Anthony, con un sorrisetto. Aveva messo i piedi sul tavolino mentre guardava la TV e il padre glieli buttò giù con una mano mentre passava.
«Che cosa ha fatto?» Il tono di Matt si indurì. «Vado a dire due parole a quel…»
Laura posò il ferro da stiro con un tonfo rumoroso. «Oh, siediti, per l’amor del cielo. Sai com’è fatto. E poi non è quello, è il modo in cui mi fa correre avanti e indietro come se fossi la sua cameriera personale. Tutti i giorni. Questa volta ne ho abbastanza. Davvero.»
Quando si era resa conto che il vecchio non aveva intenzione di lasciar perdere, era tornata a casa e gli aveva portato del pudding di riso confezionato, brontolando mentre attraversava il bosco per tornare alla villa, la ciotola coperta con uno strofinaccio.
«È freddo» aveva detto lui, intingendovi un dito.
«No. L’ho riscaldato dieci minuti fa.»
«È freddo.»
«Be’, signor Pottisworth, non è facile portare il cibo da casa nostra senza che si raffreddi un po’.»
Lui aveva messo il broncio, piegando le labbra all’ingiù in segno di disapprovazione.
«Adesso non lo voglio. Ho perso l’appetito.»...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. 1
  4. 2
  5. 3
  6. 4
  7. 5
  8. 6
  9. 7
  10. 8
  11. 9
  12. 10
  13. 11
  14. 12
  15. 13
  16. 14
  17. 15
  18. 16
  19. 17
  20. 18
  21. 19
  22. 20
  23. 21
  24. 22
  25. 23
  26. 24
  27. 25
  28. Epilogo
  29. Ringraziamenti
  30. Copyright