Hannibal Lecter
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Hannibal Lecter

Le origini del male

  1. 350 pagine
  2. Italian
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Hannibal Lecter

Le origini del male

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Informazioni sul libro

Lituania, 1941. Il piccolo Hannibal Lecter, otto anni, riesce miracolosamente a scampare, unico della sua famiglia, alle violenze delle soldataglie naziste. Dopo aver vagato nella neve con un braccio rotto e una catena stretta al collo, viene finalmente raccolto. Solo, traumatizzato, cresce in uno squallido orfanotrofio fino a quando lo zio, un famoso pittore, riesce a rintracciarlo e lo porta a vivere con sé a Parigi. Qui, grazie alle amorevoli cure della zia giapponese Lady Murasaki, Hannibal avrà modo di scoprire e coltivare i propri innumerevoli talenti, dalla musica alla letteratura, e di laurearsi in medicina. Ma gli incubi cresciuti in lui dopo l'indicibile orrore di cui è stato testimone lo accompagneranno per sempre, in una perversa simbiosi. E un giorno il dottor Lecter decide che è tempo di tornare a casa e bussare alla porta dei demoni che così spesso vengono a fargli visita. Trasformandosi in Hannibal the Cannibal...

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2016
ISBN
9788852074974

PRIMA PARTE

Questa è la prima cosa che ho capito: il tempo è l’eco di un’accetta nel legno.
PHILIP LARKIN

1

Hannibal il Sanguinario (1365-1428) costruì il castello Lecter in cinque anni, utilizzando come operai i soldati che aveva catturato nella battaglia di Žalgiris. Il primo giorno che il suo stendardo sventolò dalle torri riunì i prigionieri nel cortile e, salendo sul patibolo per rivolgersi a loro, lasciò gli uomini liberi di tornarsene a casa, come aveva promesso. Molti di loro scelsero di rimanere al suo servizio, data la qualità del trattamento.
Cinque secoli più tardi Hannibal Lecter, che aveva otto anni ed era l’ottavo della stirpe, se ne stava nell’orto con la sorellina Mischa e gettava pezzetti di pane ai cigni neri nell’acqua del fossato. Mischa si teneva aggrappata con una mano a quella di Hannibal e mancò il fossato per parecchi lanci. Grosse carpe guizzavano tra le ninfee e facevano volare via le libellule.
Il cigno a capo dello stormo uscì dall’acqua, avanzando verso i bambini sulle sue corte zampe, lanciando sibili con tono di sfida. Conosceva Hannibal da sempre e tuttavia gli si mosse contro dispiegando le sue ali nere.
«Oh, Anniba!» gemette Mischa nascondendosi dietro la sua gamba.
Hannibal allargò le braccia all’altezza delle spalle come gli aveva insegnato suo padre, con un gesto reso più ampio dai rami di salice che teneva in mano. Il cigno si fermò a considerare la vasta apertura alare di Hannibal e si ritirò in acqua a cibarsi.
«Ogni giorno è lo stesso» disse Hannibal all’uccello. Ma quello non era un giorno qualunque e lui si chiese dove i cigni potessero sparire.
Nella sua eccitazione Mischa fece cadere il pane sul terreno bagnato. Quando Hannibal si fermò per aiutarla, lei si divertì a impiastricciargli il naso di fango con la sua manina. A sua volta lui le sporcò la punta del naso ed entrambi risero nel vedere i propri visi riflessi nell’acqua del fossato.
I bimbi udirono tre colpi sordi nel terreno e l’acqua ebbe un fremito, confondendo l’immagine dei loro volti. Il rumore di esplosioni lontane arrivò dai campi intorno. Hannibal afferrò sua sorella e corse verso il castello.
Il carro era in cortile, attaccato a Cesar, il grosso cavallo da tiro. Berndt con il suo grembiule da stalliere e Lothar, il maggiordomo, misero tre piccoli bauli sul carro. Il cuoco portò fuori alcune provviste.
«Padrone, la signora vi vuole in camera sua» disse.
Hannibal affidò Mischa alla tata e corse su per le vecchie scale.
Amava la stanza di sua madre, con tutti i profumi, i ritratti intagliati nella boiserie, i soffitti affrescati. La signora Lecter era per metà una Sforza e per metà una Visconti, e si era portata dietro quella camera da Milano.
Era eccitata e i suoi vividi occhi scuri riflettevano la luce in mille scintille rossastre. Hannibal sorresse lo scrigno mentre lei premeva le labbra di un cherubino nella modanatura e apriva uno scomparto nascosto. Mise i gioielli nello scrigno e vi aggiunse alcune lettere legate in un fascio; non c’era posto per tutte.
Hannibal pensò che sua madre assomigliava al ritratto della nonna nel cammeo che era finito nello scrigno.
Nuvole dipinte sul soffitto. Quando era in fasce apriva gli occhi e vedeva il petto di sua madre circondato dalle nuvole. La sensazione dei lembi della sua camicetta contro il viso. Anche la nutrice… la sua croce d’oro splendeva come il sole tra fantastiche nuvole e premeva contro la sua guancia quando lo teneva in braccio, poi lei gli sfregava la pelle per togliervi il segno della croce prima che la signora potesse vederlo.
Ma suo padre adesso era sulla porta, e teneva dei registri in mano.
«Simonetta, dobbiamo andare.»
La biancheria della bambina era impacchettata nella piccola vasca da bagno di rame di Mischa e la signora vi pose in mezzo lo scrigno. Si guardò intorno nella stanza, prese un piccolo dipinto di Venezia dal suo supporto sulla credenza, ci pensò un attimo e lo diede a Hannibal.
«Portalo al cuoco reggendolo per la cornice» disse sorridendogli. «E senza sporcare il retro.»
Lothar caricò la vasca da bagno sul carro che era in cortile, dove Mischa si agitava, a disagio per il subbuglio che sentiva intorno.
Hannibal sollevò la sorellina all’altezza del muso di Cesar e lei diede qualche pizzicotto al cavallo per vedere se avrebbe nitrito. Hannibal prese in mano dei chicchi di grano e li usò per tracciare una “M” sul terreno del cortile. I piccioni vi volarono sopra, formando a loro volta una “M” vivente. Hannibal disegnò la lettera sul palmo di Mischa: aveva quasi tre anni e lui disperava che avrebbe mai imparato a leggere. «“M” per Mischa!» disse. Lei corse ridendo in mezzo agli uccelli ed essi le volarono intorno, facendo cerchi fra le torri, fino al campanile.
Il cuoco, un omone in tenuta bianca da cucina, era uscito nel cortile con altre provviste. Il cavallo girò un occhio verso di lui e seguì con l’orecchio i suoi movimenti: quando Cesar era un puledro, il cuoco lo aveva buttato fuori più di una volta dall’orto bestemmiando e dandogli gran colpi di scopa sulla groppa.
«Rimango qui ad aiutarti a sistemare la cucina» disse il signor Jakov al cuoco.
«Va’ con il ragazzo» ribatté lui.
Il conte Lecter fece salire Mischa sul carro e Hannibal la circondò con le braccia. Il conte prese il viso del figlio tra le mani. Sorpreso dal loro tremore, Hannibal guardò dritto negli occhi di suo padre.
«Tre aeroplani hanno bombardato la ferrovia. Il colonnello Timka dice che passerà almeno una settimana, ammesso che arrivino, e poi vi saranno combattimenti lungo le strade principali. Al casino di caccia saremo al sicuro.»
Era il secondo giorno dell’Operazione Barbarossa, il grande attacco attraverso l’Europa orientale per l’invasione dell’Unione Sovietica.

2

Berndt camminava davanti al carro lungo il sentiero nella foresta, attento al muso del cavallo, e si apriva un varco tra i rami con una roncola.
Il signor Jakov seguiva su una giumenta, con le bisacce piene di libri. Non era abituato a stare in sella e si teneva aggrappato al collo del cavallo mentre passava sotto le fronde. Talvolta, quando il sentiero si faceva ripido, smontava per spingere il carro insieme a Lothar, a Berndt e allo stesso conte Lecter. I rami si richiudevano al loro passaggio nascondendo nuovamente il sentiero.
Hannibal sentiva l’odore del fogliame schiacciato dalle ruote e il profumo caldo dei capelli di Mischa sotto il mento mentre lei gli stava seduta in grembo. Guardò i bombardieri tedeschi passare alti sopra le loro teste. Le scie di fumo degli aerei sembravano formare uno spartito e Hannibal canticchiò a bocca chiusa alla sorella le note che gli sbuffi neri della contraerea disegnavano nel cielo. Non era una musica piacevole.
«No» disse Mischa. «Anniba, canta Das Männlein!» E insieme intonarono la storia del misterioso ometto dei boschi, mentre la tata si univa a loro sul carro traballante e il signor Jakov cantava stando in sella, per quanto preferisse non farlo in tedesco.
Ein Männlein steht im Walde ganz still und stumm,
Es hat von lauter Purpur ein Mäntlein um.
Sagt, wer mag das Männlein sein
Das da steht im Walde allein
Mit dem purporroten Mäntelein?
Nel bosco c’è un ometto gentile e bel,
di rosso ha il giubbetto ed il mantel.
Chi lo sa chi sia l’ometto
che nel bosco sta solo soletto
con quel grazioso mantelletto?
Due lunghe ore di viaggio li condussero a una radura in mezzo alla fitta vegetazione.
In oltre trecento anni il casino di caccia si era trasformato da un mero rifugio a un confortevole alloggio nella foresta, in legno e muratura, con il tetto spiovente per far cadere la neve. C’era una piccola stalla con due box e una baracca annessa, e sul retro una latrina vittoriana elaboratamente intarsiata, il cui tetto era appena visibile al di sopra della siepe.
Nelle fondamenta dell’edificio si potevano ancora vedere le pietre di un altare edificato nel Medioevo da una popolazione che venerava la biscia.
E in quel momento Hannibal vide proprio una biscia strisciare via da quel posto antico, mentre Lothar tagliava alcuni tralci di vite in modo che la tata potesse aprire le finestre.
Il conte Lecter passò le mani sulla groppa del cavallo mentre l’animale beveva i suoi sei litri d’acqua dal secchio del pozzo. «Il cuoco avrà finito di impacchettare la roba in cucina per quando sarai tornato indietro, Berndt. Cesar può riposare qui, per questa notte, mentre tu e il cuoco vi rimetterete in cammino non oltre le prime luci. Voglio che sgombriate il castello entro la mattinata.»
Vladis Grutas entrò nel cortile del castello Lecter con la sua espressione migliore, controllando le finestre mentre arrivava. Fece un saluto con la mano dicendo: «Salve!».
Grutas era snello, in abiti civili, con i capelli di un biondo slavato e gli occhi di un azzurro così pallido che sembravano dischi di un cielo vuoto. Chiamò: «Ehi, di casa!». Non ottenendo risposta entrò in cucina, dove trovò casse di viveri impacchettate sul pavimento. Infilò furtivamente del caffè e dello zucchero nello zaino. La porta della cantina era aperta. Guardò giù dalle scale e vide una luce.
Violare la tana di un’altra creatura è il più antico tabù. Sotto certi aspetti, introdurvisi provoca una strana sensazione d’eccitamento, come stava succedendo a lui adesso.
Grutas scese le scale nell’aria fresca dei sotterranei con il soffitto a volta del castello. Scrutò attraverso un’arcata e si accorse che la grata di ferro a protezione della cantina era aperta.
Un fruscio. Grutas vide scaffali pieni di bottiglie di vino etichettate, alti fino al soffitto, e la grande ombra scura del cuoco che si muoveva nella stanza alla lucedi due lanterne. Appoggiati sul tavolo da degustazione al centro della stanza c’erano degli involti di forma squadrata, insieme a un unico piccolo dipinto in una cornice elaborata.
Grutas digrignò i denti quando quel gran bastardo del cuoco gli apparve alla vista, l’ampia schiena rivolta verso la porta mentre lavorava chino sul tavolo. Si sentiva il fruscio della carta. Grutas si appiattì contro il muro all’ombra degli scalini.
Il cuoco avvolse il quadro e lo legò con lo spago, facendo un pacco simile agli altri. Con una lanterna in una mano allungò il braccio e tirò un lampadario di ferro che pendeva sopra il tavolo. Si udì un clic e in fondo alla cantina l’estremità di uno scaffale oscillò scostandosi di qualche centimetro dalla parete. Il cuoco spostò ulteriormente lo scaffale dal muro con un cigolio di cardini. Dietro c’era una porta. Entrò nella stanza che si nascondeva al di là e vi appese una delle lanterne. Poi iniziò a portare i pacchi all’interno.
Mentre riaccostava lo scaffale per richiudere, sempre con la schiena rivolta alla porta, Grutas cominciò a risalire gli scalini. In quel momento udì uno sparo all’esterno e subito dopo la voce del cuoco sotto di lui: «Chi è là?».
L’uomo gli arrivò dietro per le scale, velocemente per uno della sua stazza.
«Fermo! Non avresti mai dovuto venire qui.»
Grutas attraversò di corsa la cucina e il cortile, facendo cenni co...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Hannibal Lecter. LE ORIGINI DEL MALE
  4. Prologo
  5. PRIMA PARTE
  6. SECONDA PARTE
  7. TERZA PARTE
  8. Ringraziamenti
  9. Copyright