Psicoanalisi e vita quotidiana
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Psicoanalisi e vita quotidiana

  1. 672 pagine
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Psicoanalisi e vita quotidiana

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I saggi raccolti in questo volume sono stati scritti nell'arco di un ventennio (1901-1919) e confermano l'assunto freudiano che la psicoanalisi non è scienza della malattia ma analisi della normalità, e quindi, non senza una buona dose di ambizione, "scienza dell'uomo". Il primo di questi saggi, Psicopatologia della vita quotidiana, è una piacevole e divulgativa lettura dell'ampio inventario che Freud annoverava tra le piccole "psicopatologie quotidiane": lapsus verbali, ricordi di copertura, sbadataggini accaduti a lui stesso o di cui ne fu divertito testimone. Nel Motto di spirito e il suo rapporto con l'inconscio, invece, Freud elenca le numerose tecniche atte a produrre il Witz, il motto di spirito, e in uno stile brillante ne offre al lettore curiosi esempi tratti dalla tradizione ebraica, dall'aneddotica popolare, dalla favole o, semplicemente, da una serata tra amici. In Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte, il fondatore della psicoanalisi, sorpreso dallo scoppio della Prima guerra mondiale, abbandona le vesti dell'arguto ricercatore e come semplice uomo invita a mutare il "nostro modo di considerare la morte", a riconoscerne la "realtà" ma non per questo a ritenere ineluttabile lo sterminio bellico. Nel quarto saggio qui raccolto, Il perturbante, per esemplificarne il concetto Freud riscrive, con la sua consueta freschezza di stile, uno splendido racconto di E.T.A. Hoffmann.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2016
ISBN
9788852074240

PSICOPATOLOGIA DELLA VITA QUOTIDIANA DIMENTICANZE, LAPSUS, SBADATAGGINI, SUPERSTIZIONI ED ERRORI

I

Dimenticanza di nomi propri

Nun ist die Luft von solchem Spuck so voll, Dass niemand weiss, wie er ihm meiden soll.
[È ora così densa di quei fantasmi, l’aria, che nessuno sa più come evitarli.]
(Faust, parte II, atto 5)
Nell’annata 1898 della «Monatsschrift für Psychiatrie und Neurologie» ho pubblicato con il titolo di Meccanismo psichico della dimenticanza1 un breve articolo che voglio qui riprendere come punto di partenza per ulteriori considerazioni. In quel lavoro ho sottoposto ad analisi psicologica il caso frequente della dimenticanza temporanea dei nomi propri, sulla base di un calzante esempio tratto dall’autosservazione, e sono giunto alla conclusione che il fatto, comune e non molto importante dal punto di vista pratico, che venga meno una funzione psichica – quella del ricordare – ammette una spiegazione che va molto al di là dei risultati cui solitamente si arriva considerando il fenomeno.
Se non vado errato, uno psicologo, dal quale si esigesse la spiegazione del perché tanto spesso non viene in mente un nome che si crede tuttavia di conoscere, si acconterebbe di rispondere che i nomi propri sono soggetti alla dimenticanza più facilmente di qualsiasi altro contenuto mnemonico. Addurrebbe motivi plausibili per tale privilegiamento dei nomi propri, ma non supporrebbe nessun’altra condizione del verificarsi del fenomeno.
L’occasione che mi permise di occuparmi a fondo del fenomeno della dimenticanza mi fu data dall’osservazione di certe particolarità, che si possono riconoscere con sufficiente chiarezza in alcuni casi, benché non in tutti. In tali casi infatti non soltanto si dimentica, ma si ricorda anche falsamente. A colui che si sforza di richiamare alla mente il nome dimenticato si presentano alla coscienza altri nomi – nomi sostitutivi –, che sono sì riconosciuti immediatamente come non giusti, ma che tuttavia continuano a imporsi con grande insistenza. Il processo che deve riprodurre il nome cercato si è per così dire spostato, portando dunque ad una sostituzione inesatta. Ora, il presupposto da cui parto è che questo spostamento non sia lasciato all’arbitrio psichico, ma segua percorsi prevedibili, definiti da leggi. In altre parole, io presumo che «il» o «i» nomi stiano in un rapporto, che può essere rintracciato, con il nome cercato, e spero, se mi riuscirà di dimostrarlo, di poter poi gettare un po’ di luce sul fenomeno della dimenticanza di nomi.
Nell’esempio che ho scelto per l’analisi nel 1898, il nome che io inutilmente mi sforzavo di ricordare era quello del Maestro che aveva dipinto nel Duomo di Orvieto i grandiosi affreschi del ciclo della «fine del mondo». Invece del nome cercato, Signorelli, si intromettevano nella mia mente altri due nomi di pittori, Botticelli e Boltraffio, che il mio giudizio rifiutò immediatamente e con decisione in quanto sbagliati. Allorché mi fu riferito da altri il nome esatto, lo riconobbi subito e senza esitazione. La ricerca di quali influssi e di quali vie associative avessero spostato la riproduzione in tale maniera – da Signorelli a Botticelli e Boltraffio – portò ai seguenti risultati:
a) Il motivo per la dimenticanza del nome Signorelli non va cercato né in una particolarità del nome stesso, né in qualche carattere psicologico del contesto in cui esso era inserito. Il nome dimenticato mi era altrettanto familiare quanto uno dei nomi sostitutivi – Botticelli – e di gran lunga più familiare dell’altro nome sostitutivo – Boltraffio –, del quale non sapevo nient’altro al di fuori della sua appartenenza alla scuola milanese. Il contesto, poi, in cui avvenne la dimenticanza mi sembra innocuo e non mi può dare alcuna delucidazione: stavo facendo un viaggio in carrozza con un estraneo da Ragusa, in Dalmazia, a una località dell’Herzegovina; arrivammo a parlare di viaggi in Italia e chiesi al mio compagno di viaggio se fosse già stato a Orvieto e se avesse visto i famosi affreschi di…
b) La dimenticanza del nome si spiega solo ricordando l’argomento immediatamente precedente quella conversazione e può essere riconosciuto come disturbo dell’argomento, che era appena affiorato, da parte di quello precedente. Poco prima di domandare al mio compagno se fosse già stato a Orvieto, ci eravamo intrattenuti sui costumi dei Turchi che vivevano in Bosnia e in Herzegovina. Io avevo narrato ciò che avevo sentito da un collega che esercitava la sua professione tra quella gente, cioè che essa mostrava di solito molta fiducia nel medico e molta rassegnazione al proprio destino. Se si deve loro comunicare che non c’è rimedio per l’ammalato, rispondono: «Herr [Signore], che devo dire? Io so che se fosse possibile salvarlo, tu lo faresti!». Troviamo anzitutto in queste frasi le parole e i nomi Bosnia, Herzegovina, Herr che possono essere inseriti in una serie di associazioni tra Signorelli e Botticelli-Boltraffio.
c) Suppongo che la successione di idee sui costumi della Bosnia ecc. abbia avuto la capacità di disturbare un pensiero successivo per il fatto che io le avevo sottratto la mia attenzione prima ancora di portarla a termine. Mi ricordo infatti che volevo raccontare un secondo aneddoto che nella mia memoria era collegato al primo. Questi Turchi apprezzano il piacere sessuale sopra ogni altra cosa e in caso di disturbi sessuali cadono in una disperazione tale che contrasta stranamente con la loro rassegnazione di fronte al pericolo di morte. Un paziente del mio collega gli aveva detto una volta: «Tu lo sai, Herr, se quello là non va più, la vita non ha più valore». Mi astenni dal raccontare questo tratto caratteristico, perché non volevo toccare questo argomento2 in una conversazione con un estraneo. Ma feci di più: distolsi la mia attenzione anche dalla prosecuzione dei pensieri che si potevano collegare nella mia mente con il tema «morte e sessualità». Mi trovavo allora sotto l’impressione di una notizia che avevo ricevuto poche settimane prima durante un breve soggiorno a Trafoi. Un paziente, per il quale mi ero prodigato con molta premura, si era tolto la vita a causa di un disturbo sessuale incurabile. So con certezza che durante quel viaggio in Herzegovina questo triste avvenimento, con tutto ciò che era ad esso collegato, non era arrivato alla mia memoria cosciente. Ma la concordanza tra Trafoi e Boltraffio mi induce a fare l’ipotesi che questa reminescenza era divenuta operante in me nonostante avessi intenzionalmente distolto l’attenzione da essa.
d) Non posso più considerare la dimenticanza del nome Signorelli un fatto casuale. Devo riconoscere in questo processo l’influsso di un motivo. Erano motivi che mi spingevano a interrompermi nella comunicazione dei miei pensieri (sui costumi dei Turchi ecc.) e che inoltre mi inducevano a escludere dalla coscienza i pensieri che si collegavano ad essi e che mi avrebbero portato alla notizia ricevuta a Trafoi. Volevo dunque dimenticare qualcosa, avevo rimosso qualcosa. Volevo d’altro canto dimenticare qualcosa che non era il nome del Maestro di Orvieto; ma quest’altra cosa era riuscita a porsi in collegamento associativo con il nome del pittore, così che il mio atto di volontà mancò lo scopo e io dimenticai una cosa contro volontà, mentre volevo dimenticare l’altra con intenzione. La riluttanza a ricordare era rivolta a un dato contenuto; l’incapacità di ricordare si manifestava per un altro contenuto. Il caso sarebbe evidentemente più semplice se la riluttanza e l’incapacità di ricordare riguardassero lo stesso contenuto. I nomi sostitutivi non mi sembrano neanche più così completamente ingiustificati come prima della spiegazione; essi mi rammentavano (come in un compromesso) sia ciò che volevo dimenticare, sia ciò che volevo ricordare, e mi mostrano che la mia intenzione di dimenticare qualcosa non è né interamente riuscita, né interamente fallita.
e) Sorprendente è il tipo di collegamento che si è stabilito tra il nome cercato e il tema rimosso (morte e sessualità ecc., nel quale compaiono i nomi di Bosnia, Herzegovina, Trafoi). Lo schema qui riprodotto dall’articolo del 1898 tenta di rappresentare in modo evidente questo collegamento.
Il nome Signorelli è stato scomposto in questo schema in due parti. Le due ultime sillabe (elli) ritornano inalterate in uno dei nomi sostitutivi; le prime due, per mezzo della traduzione Signor – Herr, si pongono in diverse e svariate relazioni con i nomi contenuti nell’argomento rimosso, ma in questo modo sono state perdute per la riproduzione. La sostituzione di Signor ha avuto luogo come se fosse stato effettuato uno spostamento lungo il collegamento tra i nomi «Herzegovina e Bosnia», senza riguardo al senso e alla delimitazione acustica delle sillabe. In questo processo, dunque, i nomi sono stati trattati in maniera analoga alla forma scritta di una frase, che deve essere trasformata in rebus. Di tutto il processo, che al posto del nome Signorelli ha creato per questa via i nomi sostitutivi, non è giunto alla coscienza alcun segno. Di primo acchito non sembra esserci alcuna relazione tra l’argomento contenente il nome di Signorelli e l’argomento rimosso, che precede il primo nel tempo: una relazione che vada al di là della ripetizione di sillabe uguali (o meglio di successioni di lettere).
Non è superfluo forse sottolineare che la spiegazione appena data non contraddice le condizioni della riproduzione e della dimenticanza che sono richieste dagli psicologi e da essi ricercate in determinate relazioni e disposizioni. Abbiamo soltanto, per certi casi, aggiunto un motivo a tutti gli elementi da tempo riconosciuti come operanti nella dimenticanza di un nome, e inoltre abbiamo chiarito il meccanismo del falso ricordo. Quelle disposizioni sono indispensabili anche nel nostro caso per creare la possibilità che l’elemento rimosso si impossessi per associazione del nome cercato e lo porti con sé nella rimozione. Questo non sarebbe forse accaduto per un altro nome che si fosse trovato condizioni più favorevoli di riproduzione. È infatti verosimile che un elemento represso tenda permanentemente a farsi valere in qualche altro luogo, ma raggiunga lo scopo soltanto laddove gli vengono incontro condizioni adatte. Altre volte la repressione riesce senza perturbazione funzionale o, come abbiamo potuto dire a ragione, senza sintomi.
Riassumendo le condizioni della dimenticanza di un nome accompagnata da falso ricordo, si ha dunque: 1) una certa disposizione a dimenticarlo; 2) un processo di repressione verificatosi poco prima; 3) la possibilità di stabilire un’associazione esteriore tra il nome in questione e l’elemento represso. L’ultima condizione non deve essere probabilmente troppo sopravvalutata, poiché essa potrà senz’altro verificarsi nella maggioranza dei casi per via delle modeste pretese dell’associazione. Un altro e ben più profondo problema è se tale associazione esteriore possa essere veramente la condizione sufficiente affinché l’elemento rimosso disturbi la riproduzione del nome cercato, o se non sia anche necessaria una connessione più intima tra i due argomenti. Da un punto di vista superficiale l’ultimo requisito potrebbe essere respinto e venir considerata sufficiente la contiguità temporale di contenuti del tutto disparati. L’esame più approfondito, invece, mostra con sempre maggior frequenza che i due elementi (quello rimosso e quello nuovo), collegati da un’associazione esteriore, posseggono inoltre un nesso nel contenuto; anche nell’esempio di Signorelli se ne può dimostrare l’esistenza.
Il valore della conoscenza, che abbiamo acquisito con l’analisi dell’esempio di Signorelli, è diverso, naturalmente, a seconda che noi consideriamo il caso come tipico o come un avvenimento isolato. Ebbene, devo affermare che la dimenticanza di nomi accompagnata da falso ricordo avviene assai frequentemente nel modo risolto nel caso Signorelli. Tutte le volte che ho potuto constatare questo fenomeno in me stesso sono stato anche in grado di spiegarlo nella maniera suaccennata, cioè come effetto della rimozione. Devo aggiungere anche un altro punto di vista a favore del valore di tipicità della nostra analisi. Credo che non sia giustificato distinguere in linea di principio i casi di dimenticanza di nomi accompagnata da falso ricordo dai casi in cui non si presentano nomi sostitutivi sbagliati. Questi nomi sostitutivi si manifestano spontaneamente in una gran quantità di casi; in altri casi, in cui non siano apparsi spontaneamente, li si può costringere a farlo con uno sforzo di attenzione, e presentano allora con l’elemento rimosso e con il nome cercato le stesse relazioni che avrebbero se fossero venuti spontaneamente. Affinché un nome sostitutivo si presenti alla coscienza sembravano essere determinanti due fattori: in primo luogo lo sforzo dell’attenzione e in secondo luogo una condizione interna inerente al materiale psichico. Potrei cercare quest’ultima nella maggiore o minore facilità con cui si produce la necessaria associazione esterna tra i due elementi. Una buona parte dei casi di dimenticanza di nomi senza falso ricordo si aggiunge così ai casi con formazione di nomi sostitutivi, per i quali vale il meccanismo dell’esempio di Signorelli. Non oserò certamente sostenere che tutti i casi di dimenticanza di nomi siano da classificare nel medesimo gruppo. Ci sono indubbiamente casi di dimenticanza di nomi molto più semplici. Un modo senza dubbio abbastanza prudente di definire questo stato di cose è il seguente: accanto alla semplice dimentican...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione
  4. Nota biografica
  5. Nota bibliografica
  6. Psicopatologia della vita quotidiana
  7. Il motto di spirito e il suo rapporto con l’inconscio
  8. Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte
  9. Il perturbante
  10. I
  11. Bibliografia
  12. Copyright