Il romanzo di Ramses - 5. L'ultimo nemico
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Il romanzo di Ramses - 5. L'ultimo nemico

  1. 324 pagine
  2. Italian
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Il romanzo di Ramses - 5. L'ultimo nemico

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Dopo aver assicurato al suo popolo pace e prosperità, Ramses vorrebbe assaporare la tranquillità conquistata a così caro prezzo. Ma non è ancora giunto il tempo del riposo. Il faraone dovrà affrontare nuove prove, e tra esse la più difficile: la solitudine. Solo dopo aver vinto tutte le battaglie, e aver perduto gli amici di sempre, potrà sedersi sotto l'acacia dell'Occidente ad attendere l'oblio. Per consegnare alle generazioni future la leggenda del Figlio della Luce.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2016
ISBN
9788852075063
Ornamento di separazione

1

I raggi del sole al tramonto rivestivano d’oro celestiale le facciate dei templi di Pi-Ramses, la capitale che Ramses il grande aveva fatto costruire nel Delta. La città di turchese, così chiamata per il colore delle piastrelle verniciate che ornavano l’esterno delle dimore, era l’incarnazione della ricchezza, della potenza e della bellezza.
Piacevole vivervi, ma quella sera Serramanna, il gigante sardo, non si godeva né la dolcezza dell’aria né la tenerezza di un cielo che andava tingendosi di rosa. Con in testa un elmo ornato di corna, la spada al fianco, i baffi arricciati, l’ex pirata divenuto il capo della guardia personale di Ramses galoppava, di pessimo umore, verso la villa del principe ittita Uri-Teshup, in domicilio coatto ormai da parecchi anni.
Uri-Teshup, figlio decaduto dell’imperatore della terra di Hatti, Muwattali, nemico giurato di Ramses. Uri-Teshup, che aveva fatto morire suo padre per prenderne il posto, ma si era dimostrato meno astuto di Hattusil, il fratello dell’imperatore: mentre Uri-Teshup si illudeva di avere in pugno il paese, Hattusil si era impadronito del trono costringendo il rivale alla fuga. Una fuga organizzata dal diplomatico Asha, amico d’infanzia di Ramses.
Serramanna sorrise. L’implacabile guerriero anatolico, un fuggiasco! E, colmo dell’ironia, era stato Ramses, l’uomo che Uri-Teshup odiava più di ogni altro al mondo, a concedergli asilo politico in cambio di informazioni sulle truppe ittite e il loro armamento.
Quando con grande sorpresa dei due popoli, nel ventunesimo anno del regno di Ramses, l’Egitto e l’impero di Hatti avevano concluso un trattato di pace e di mutua assistenza in caso di aggressione esterna, Uri-Teshup aveva temuto che fosse arrivata la sua ultima ora. Non sarebbe stato il capro espiatorio per eccellenza, un perfetto dono offerto da Ramses a Hattusil per suggellare la loro intesa? Ma, rispettoso del diritto di asilo, il faraone si era rifiutato di estradare il suo ospite.
Ormai Uri-Teshup non contava più niente. E a Serramanna non andava affatto a genio la missione affidatagli da Ramses.
La villa dell’ittita si trovava al limite settentrionale della città, nel cuore di un palmeto; perlomeno, Uri-Teshup avrebbe goduto di una vita di lusso su quella terra dei faraoni che aveva sognato di distruggere.
Serramanna ammirava Ramses e gli sarebbe stato fedele fino all’ultimo dei suoi giorni; perciò avrebbe sì eseguito l’ordine atroce che il re gli aveva impartito, ma di malavoglia.
All’entrata della villa, due poliziotti armati di pugnali e randelli. Due uomini scelti da Serramanna.
«Niente da segnalare?»
«Niente, capo. L’ittita smaltisce la sbornia in giardino, accanto al bacino.»
Il gigante sardo varcò la soglia della proprietà e, a passo rapido, imboccò il viale coperto di sabbia che conduceva alla vasca. Tre altri poliziotti tenevano costantemente d’occhio l’ex comandante in capo dell’esercito ittita che passava il tempo a mangiare, bere, nuotare e dormire.
Alcune rondini sfrecciavano alte nel cielo, un’upupa sfiorò la spalla di Serramanna. Serrando le mascelle, stringendo i pugni, un lampo duro negli occhi, si preparava ad agire. Per la prima volta si rammaricava di essere al servizio di Ramses.
Come una belva che senta avvicinarsi il pericolo, Uri-Teshup si svegliò prima di udire il passo pesante del gigante.
Alto, muscoloso, Uri-Teshup aveva i capelli lunghi e il petto coperto da un vello di peli rossi. Lui che ignorava il freddo anche durante l’inverno anatolico, nulla aveva perduto della propria forza.
Disteso sulle lastre di pietra che bordavano il bacino, a occhi semichiusi, l’ittita guardò avvicinarsi il capo della guardia personale di Ramses il grande.
Dunque, era l’ora.
Dopo la firma del mostruoso trattato di pace tra l’Egitto e l’impero di Hatti, Uri-Teshup non si sentiva più al sicuro. Cento volte aveva pensato di evadere, ma gli uomini di Serramanna non gliene avevano mai offerta l’occasione. Era sfuggito all’estradizione, ma solo per essere sgozzato come un porco da un bruto implacabile quanto lui.
«Alzati» ordinò Serramanna.
Uri-Teshup non era abituato a ricevere ordini. Lentamente, come se assaporasse i suoi ultimi gesti, si levò e si piantò di fronte all’uomo che stava per tagliargli la gola.
Nello sguardo del sardo, un furore faticosamente represso.
«Colpisci, macellaio» disse l’ittita con tono sdegnoso «dato che il tuo padrone lo esige. Non ti lascerò neppure il piacere di vedere che mi difendo.»
Le dita di Serramanna si strinsero sul pomolo della sua corta spada.
«Vattene.»
Uri-Teshup credette di aver udito male.
«Che vuoi dire?»
«Sei libero.»
«Libero… Come sarebbe?»
«Esci da questa casa e vai dove meglio ritieni. Il faraone applica la legge. Non c’è nessun motivo di trattenerti qui.»
«Stai scherzando!»
«È la pace, Uri-Teshup. Ma se commetterai l’errore di restare in Egitto e vi provocherai il minimo disordine, ti arresterò. Non sarai più considerato alla stregua di un dignitario straniero, ma quale un delinquente comune. E quando per me verrà il momento di piantarti la spada in pancia, non esiterò.»
«Per il momento, non hai il diritto di toccarmi. È così, vero?»
«Togliti dai piedi!»
Una stuoia, un cingilombi, dei sandali, una pagnotta, un mazzo di cipolle e due amuleti di ceramica che avrebbe potuto cedere in cambio di cibo: tutto qui il magro fardello concesso a Uri-Teshup che, per parecchie ore, vagò per le strade di Pi-Ramses come un sonnambulo. La libertà recuperata era come un’ubriacatura: l’ittita non riusciva più a ragionare.
“Non esiste città più bella di Pi-Ramses” diceva una canzone popolare. “Il piccolo vi è tenuto in considerazione quanto il grande, l’acacia e il sicomoro regalano la loro ombra ai viandanti, i palazzi risplendono d’oro e di turchese, il vento è dolce, gli uccelli scherzano attorno agli stagni.” Uri-Teshup si lasciò ammaliare dal fascino della capitale edificata in una regione fertile, accanto a un braccio del Nilo, tra due larghi canali. Praterie ricche di abbondanti pascoli, numerosi frutteti che producevano celebri mele, vasti oliveti dei quali si diceva che dessero più olio di quanta sabbia ci fosse sulla riva, viti che regalavano un vino dolce e fruttato, case fiorite… Pi-Ramses era ben diversa dalla poco armoniosa Hattusa, la capitale dell’impero ittita, città fortificata eretta su un altipiano dell’Anatolia.
Un pensiero doloroso come un morso strappò Uri-Teshup al suo torpore. Mai sarebbe diventato imperatore della terra di Hatti, ma si sarebbe vendicato di Ramses che aveva commesso l’errore di concedergli la libertà. Se avesse soppresso il faraone, considerato uguale a un dio dopo la sua vittoria di Qadesh sulla coalizione che avrebbe dovuto schiacciarlo, Uri-Teshup avrebbe sprofondato nel caos l’Egitto e forse anche l’intero Vicino Oriente. Cosa gli restava se non il cocente desiderio di nuocere e di distruggere che lo avrebbe consolato dall’essere stato il giocattolo di un destino avverso?
Attorno a lui, una folla policroma, nella quale gli egiziani si mescolavano a nubiani, siriani, libici, greci e altri ancora venuti ad ammirare quella capitale che gli ittiti avevano voluto radere al suolo prima di inchinarsi al cospetto di Ramses.
Abbattere Ramses… Uri-Teshup non aveva nessuna probabilità di riuscirci. Ormai non era che un guerriero vinto.
«Signore…» sussurrò una voce alle sue spalle.
Uri-Teshup si volse.
«Signore… Non mi riconosci?»
Uri-Teshup calò lo sguardo su un uomo di statura media, occhi marroni e vivaci; una fascia di lino gli legava la capigliatura folta, il mento era ornato di una corta barbetta fulva, a punta. L’ossequioso personaggio indossava una veste a strisce colorate che gli arrivava alle caviglie.
«Raia… Sei proprio tu?»
Il mercante siriano si inchinò.
«Tu, una spia ittita… Sei tornato a Pi-Ramses?»
«È la pace, signore; si è inaugurata un’era nuova, le colpe antiche sono state cancellate. Ero un mercante ricco e rispettato, ho ripreso la mia attività. Nessuno me l’ha rinfacciato e sono tornato a godere della stima della buona società.»
Membro della rete di spionaggio ittita in Egitto, incaricata di destabilizzare Ramses ma smantellata dalle autorità egiziane, Raia era riuscito a fuggire. Dopo un periodo trascorso a Hattusa, era tornato nel suo paese d’adozione.
«Tanto meglio per te.»
«Tanto meglio per noi.»
«Cosa vuoi dire?»
«Credi forse che questo incontro sia frutto del caso?»
Uri-Teshup squadrò Raia più attentamente.
«Mi hai forse seguito?»
«Sul tuo conto correvano varie voci: si parlava di un’eliminazione violenta ma anche di una liberazione. Da oltre un mese, i miei uomini tenevano costantemente d’occhio la villa dov’eri confinato. Ho lasciato che ritrovassi il sapore di questo mondo e… eccomi qua. Posso offrirti una birra fresca?»
Uri-Teshup si sentì girare la testa: troppe emozioni per una sola giornata. Ma l’istinto gli diceva che il mercante siriano poteva aiutarlo ad attuare i suoi progetti.
Nella taverna, la conversazione procedette spedita. Raia assistette alla metamorfosi di Uri-Teshup: un po’ alla volta, l’esule tornò a essere un guerriero crudele pronto a tutte le imprese. Il mercante siriano non si era sbagliato; malgrado gli anni di esilio, l’ex comandante in capo dell’esercito ittita non aveva perduto niente del suo astio e della sua violenza.
«Non ho l’abitudine di perdermi in chiacchiere, Raia. Cosa ti aspetti da me?»
Il mercante siriano abbassò la voce.
«Ho una sola domanda da porti, signore: desideri vendicarti di Ramses?»
«Mi ha umiliato. Io non ho certo fatto la pace con l’Egitto! Ma abbattere questo faraone sembra impossibile.»...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. L’ultimo nemico
  4. 1
  5. 2
  6. 3
  7. 4
  8. 5
  9. 6
  10. 7
  11. 8
  12. 9
  13. 10
  14. 11
  15. 12
  16. 13
  17. 14
  18. 15
  19. 16
  20. 17
  21. 18
  22. 19
  23. 20
  24. 21
  25. 22
  26. 23
  27. 24
  28. 25
  29. 26
  30. 27
  31. 28
  32. 29
  33. 30
  34. 31
  35. 32
  36. 33
  37. 34
  38. 35
  39. 36
  40. 37
  41. 38
  42. 39
  43. 40
  44. 41
  45. 42
  46. 43
  47. 44
  48. 45
  49. 46
  50. 47
  51. 48
  52. 49
  53. 50
  54. 51
  55. 52
  56. 53
  57. 54
  58. 55
  59. 56
  60. 57
  61. 58
  62. 59
  63. 60
  64. Copyright