Il trono di sangue
eBook - ePub

Il trono di sangue

  1. 540 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Il trono di sangue

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Un solo uomo è pronto a cambiare il destino dell'Inghilterra.
Anche se non lo sa ancora.
È l'anno 937 e il re Æthelstan, nipote di Alfred il Grande, si prepara all'attacco delle terre settentrionali. È il momento decisivo: dopo quest'ultima guerra, il suo sogno di un'Inghilterra unita potrà finalmente realizzarsi, oppure sgretolarsi miseramente sotto il peso della sconfitta. C'è qualcuno che può aiutarlo, uno degli uomini che stanno guadagnando più influenza a corte: il giovane prete Dunstan di Glastonbury. Un uomo diverso dagli altri. Ambizione, talento e intelligenza politica fanno di lui un alleato fondamentale del re, e ovviamente un bersaglio di nemici invidiosi e malevoli. Ma Dunstan non teme nessuno, neanche il diavolo in persona. Santo, profeta, politico, accusato di stregoneria, Dunstan sarà destinato, nella sua vita leggendaria, a lasciare la sua impronta nella storia di una nazione: e il sogno di unire l'Inghilterra diventerà, sotto la sua guida e la sua visione, una possibilità reale. Dal piccolo villaggio del Wessex dov'è nato, alla corte di Æthelstan, ai colli di Roma, Dunstan compirà così il suo cammino. Ma l'unità fa paura a chi divide per governare, e nessun trono, neanche spirituale, è mai davvero al sicuro... Un personaggio epico, una parabola narrativa straordinaria, le cupe e inquietanti atmosfere del Medioevo inglese: il nuovo romanzo di Conn Iggulden, come sempre, fa della Storia la narrazione più avvincente di tutte.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Il trono di sangue di Conn Iggulden in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Letteratura e Letteratura storica. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2017
ISBN
9788858519042
PARTE TERZA

Ecce sacerdos

940 d.C.
«Ma io sono un verme, non un uomo, infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo.»
SALMI, 22,7

XXI

Nel silenzio ovattato di una fredda cappella osservai mio zio tenere alta la corona sul capo di Edmund e trattenni il fiato nell’attimo in cui parve rimanere sospesa in aria prima di posarsi sulla testa del giovane re. La voce del coro si levò di nuovo possente, come angeli nel buio.
È strano, ripensandoci. Sapevamo tutti quanta importanza avesse quel gesto, ma sapevamo anche che Edmund si era preparato per il trono da quando era al mondo. Proprio come era stato per Æthelstan, fu incoronato re a Kingston, la località che si trovava al confine tra la Mercia e il Wessex, per questa ragione un luogo carico di significato: quando mio zio gli mise sul capo la corona, Edmund fu fatto re di tutta l’Inghilterra, non solo di una sua parte.
Non mi era piaciuto affatto cavalcare per due giorni su pessime strade per arrivare a Kingston, però ne comprendevo la ragione. Edmund non era sotto nessun aspetto inferiore a suo fratello, ma suo pari. Certe cose contano.
Quando fummo tornati a Winchester, non fu facile avvicinare il nuovo sovrano. Pareva che centinaia di uomini e di donne, di alto lignaggio o di umili condizioni, sentissero che quella era la loro unica occasione per conquistare il favore reale e il salone delle udienze era perciò gremito di gente dalla mattina alla sera. Io detestavo tutti costoro, con le loro richieste e i loro piagnucolii che mi impedivano di parlare al nuovo re. Intorno a lui stavano i suoi thanes, diffidenti e armati, decisi a difendere le loro fortune oltre che la sua vita.
Edmund avrebbe potuto tenere con sé Egill come campione, ma Æthelstan, per un capriccio di sovrano, aveva ricompensato il mercenario anche troppo bene dopo Brunanburh. Una mattina il campione del re si era presentato nel salone delle udienze con un enorme sacco pieno di monete su una spalla e un gran numero di armi su di sé, per dirci addio e tornarsene finalmente a casa. Non dava l’impressione di sentire il bisogno di una scorta. Mio zio si offrì di benedire il suo viaggio, ma Egill fece segno di no con la testa gigantesca e rise alla sola idea. Mi hanno detto che è ancora vivo – deve avere la mia età – ma rifiuta ancora Cristo. Be’, era un gran bastardo cocciuto e io non dubito che brucerà all’inferno per questo, ma la sua testardaggine mi è sempre piaciuta.
Ovviamente non potevo imporre la mia compagnia a Edmund e credo che questa forse sia una ragione per voler essere re, il fatto che nessuno può mai importi niente. I suoi nobili trattavano come una semplice seccatura tutte quelle mani pronte ad arraffare e si impadronivano del potere a loro beneficio, come io avevo previsto. Fu una delusione scoprire che quel gruppo così unito non sembrava voler includere me, sebbene avessi combattuto al loro fianco. Inviai a un paio di loro una lettera, spendendo una fortuna in pergamena fine e inchiostro solo per chiedere di essere ricordato al re. Non era stato così difficile parlare con Edmund sul campo di battaglia! Ma ora tutto il mondo lo tirava per la manica. Il Witan gli toglieva una parte di quel peso, ma l’antica e vitale salvaguardia rimaneva, e qualsiasi uomo libero poteva presentare al re in persona le proprie lagnanze. Era qualcosa di nostro, più antico dei tempi del nonno di Edmund, quando il Wessex era tutto ciò che avevamo. Æthelstan aveva permesso le petizioni, Edmund non poteva abolirle; e infatti ascoltava e dirimeva le controversie da prima dell’alba a notte fonda, non trovando quasi il tempo per dormire. Ma la gente continuava a presentarsi davanti a lui, belando, belando.
Avevo conservato la mia camera nella dimora di lady Elflaed e fu là che vennero a svegliarmi di primo mattino, bussando con forza alla porta per dirmi che il re aveva chiesto di me. Potete star certi che corsi come una lepre sui ciottoli delle vie nel freddo dell’alba. Credo sia questa la ragione per cui san Benedetto ha incluso nella regola che i monaci dormano con la tonaca addosso, così da poter essere in piedi e pronti ad agire per la gloria di Dio senza indugi. Un’abitudine che mi è stata utile centinaia di volte nel corso degli anni, anche se si devono assolutamente far affumicare gli abiti quando le cimici e le pulci cominciano a dare troppo fastidio. Non erano passate molte ore da quell’operazione e l’odore era ancora forte nelle mie narici quando arrivai per essere accompagnato fino al cuore della residenza reale. Perfino a quell’ora mattutina superai probabilmente un centinaio di facce invidiose, tutte che si domandavano come mai a me fosse permesso di passare davanti a tutti.
Ero senza fiato quando le guardie si fecero da parte per farmi entrare nel salone delle udienze, trattenendo la folla che cercava di vedere e si spingeva in avanti. La porta si richiuse alle mie spalle. All’interno era quasi buio, anche se stava sorgendo il sole. Confesso di aver provato un momento di ansia; poi il re si alzò dalla sua sedia accanto al fuoco e mi sorrise. Non portava la corona. Ne sono sicuro. Eppure nel ricordo la vedo sul suo capo. La memoria è strana qualche volta.
«Abate» disse.
Sarebbe stato un incontro formale, dunque. Notai che Edmund aveva al dito un anello nuovo, d’oro, grosso e brillante. Mi chinai per baciarlo e me lo sentii tra le labbra, come se stessi cercando di inghiottirlo con il dito e tutto quanto. Si ritrasse alquanto bruscamente o così mi parve.
Mentre rialzavo la testa arrossendo mi accorsi della presenza di alcuni uomini nella penombra degli angoli e strizzai gli occhi per vederli meglio, ma l’unica luce nella sala era quella che proveniva dal camino e quel fioco chiarore non mi permetteva di distinguerli.
«Grazie per avermi chiamato» dissi, inchinandomi profondamente. «Immagino che il mondo intero voglia qualcosa da voi.»
«Non sapete quanto sia vero. Non solo tutta la mia gente dorme all’addiaccio per riuscire a vedermi, ma anche sorelle, cugini e signori in Francia che chiedono… Ah, non ha importanza, troverò il tempo, ne sono sicuro. Ma non ho idea di come facesse mio fratello, che aveva già quarant’anni.»
«Pratica» suggerii.
Ridacchiò divertito, anche se scorgevo tristezza nei suoi occhi. Mi resi conto che Edmund soffriva ancora per la morte di Æthelstan, nonostante l’eccitazione per essere diventato re. Naturalmente aveva sognato il giorno in cui si sarebbe seduto sul trono, ma era anche affezionato al fratello maggiore e si era aspettato che vivesse per molti anni ancora.
Il mio modo di considerarlo cambiò in quel momento. Non aveva voluto regnare, non riusciva quasi a credere che fosse vero. Ero entrato là vispo e pronto a ridere allegramente come facevamo un tempo e in un attimo misi da parte tutto ciò che avevo immaginato, vedendo davanti a me un uomo del tutto diverso.
«Era un grande re» dissi.
Bastarono quelle poche parole a fargli velare gli occhi.
«Lo dicono tutti, tutti quanti. Æthelstan era un uomo straordinario, un grande sovrano. Mi parlano di Brunanburh, come se non avessi sentito già raccontare tutto di quel giorno… e non vi avessi partecipato anch’io. Eppure, Dunstan, quello che tutti dimenticano… quello che non capiscono…» La voce gli si affievolì e il suo sguardo si portò sugli angoli bui della sala. Vedendo rassegnazione sul suo volto, all’improvviso presi una decisione.
«Maestà, volete che ascolti la vostra confessione? Sono sicuro che potremo trovare un luogo riservato.»
«Ne dubito» borbottò Edmund, annuendo tuttavia. Indicò con un gesto una porta laterale, lontano dalla folla, in attesa della quale io non detti segno di preoccuparmi, peraltro; fu forse un senso di rimorso a fargli dire: «Oh, saranno ancora lì, non preoccupatevi, li ritroveremo al nostro ritorno tutti quanti. Di giorno e di notte. Cambiano le facce ma la coda è sempre la stessa».
«Coda, dal latino cauda» dissi.
Tacque per qualche istante, incerto se la cosa dovesse interessarlo o no.
«Dunstan, siete un tipo sorprendente» osservò alla fine. «Se il re è il cane, loro sono la coda, ovviamente.» Rise, ma senza allegria. «Venite con me.»
Lo seguii sotto gli sguardi malevoli delle guardie che si erano dovute ritirare al suo brusco comando. Non erano affatto contente! Difficile proibire qualcosa a un re, ma era anche vero che avrebbero rischiato la vita se lo avessero lasciato uscire e gli fosse accaduto qualcosa, perciò non mi feci certo degli amici fra loro portando il sovrano fuori di lì. Cominciai a capire che era prigioniero quanto i suoi postulanti.
Senza la corona o qualche chiaro emblema della regalità, Edmund era uno sconosciuto per quasi tutti i suoi sudditi. Non avevo mai pensato a certe cose prima di quel momento, ma fui felice che nessuno lo riconoscesse, anche se ovviamente questo comportò dover allontanare i venditori che ci offrivano qualcosa ogni quattro o cinque passi.
Una volta di più, con la sua confusione stridente, con le sue strade affollate di gente, Winchester stupì il ragazzo di campagna che ero. Allora Winchester era davvero la capitale non solo del Wessex, come era stata sotto Alfred, ma di tutta l’Inghilterra. Lo so, molti del Middlesex o del Kent preferiscono Londra per la sua vicinanza con la Francia, ma io non sono d’accordo. Winchester ha il grande fiume Itchen, la zecca reale, i mulini, i monasteri, le botteghe, tutto insomma.
Scendemmo fino al fiume, superando le imponenti mura rinforzate da tronchi di Nunnaminster. Le monache stavano cantando l’Agnus Dei, l’Agnello di Dio, un’armonia di una bellezza morbida, soffocata dalla calce e dal legno. In genere trovo che la voce delle donne sia un po’ stridula, ma quel suono in quel momento era adatto al nostro umore e il vangelo di san Giovanni fece tacere perfino le grida dei venditori ambulanti, che si fecero il segno della croce e chinarono il capo, riprendendo il loro baccano solo dopo essersi allontanati.
Sul fiume ampio grandi barconi dal fondo piatto stavano trasportando balle di lino, oggetti d’osso, di peltro, d’argento, staffe e speroni, oh, migliaia di prodotti destinati a tutto il mondo. I nostri cucchiai sarebbero finiti in Francia, nelle Fiandre o addirittura in Egitto.
La città del re era la magnifica fucina dove arrivavano minerali, stagno, rame, oro, lana. Il ferro diventava incandescente, arcolai e telai risuonavano e la città restituiva utensili, ferri di cavallo, anelli, tessuti. Il ticchettio dei telai era appunto uno dei rumori della città, simile a quello di insetti che rodessero le travi, tutti impegnati a sopravvivere e a fabbricare qualcosa. A quel tempo York e Londra erano quasi altrettanto piene di attività, ma a Winchester si avvertiva il particolare fermento che si trova soltanto nelle città reali, con gli ambasciatori e i loro seguiti sgargianti e insoliti.
Edmund mi gettò un’occhiata in tralice e io mi accorsi che era a disagio.
«Non so come parlarti» disse alla fine.
«Che intendi dire?»
«Be’, tu sei Dunstan, naturalmente, Dunstan che aveva le dita spezzate quando l’ho incontrato la prima volta ma che sapeva ridere lo stesso. Ti ho visto galoppare sul campo di battaglia a Brunanburh, l’ascia e lo scudo in pugno, lasciando che il cavallo andasse, be’, dove pareva a lui.»
«Detesto quell’animale» mi affrettai a dire. Edmund fece una risatina.
«Però sei anche l’abate di Glastonbury, un uomo di Chiesa… pur avendo più o meno la mia età.»
Sorrisi nel sentirgli dire così.
«Credo di sapere che cosa prova l’amico Edmund… che è anche re d’Inghilterra.»
«Forse dovremmo restare in primo luogo amici, perché questo siamo stati all’inizio, e solo dopo abate e re.»
Scossi il capo con una certa tristezza.
«Anche senza corona tu sei re e non è quest’abito a farmi abate. C’è qualcosa di più profondo in noi. Però, sì, sono tuo amico, Edmund.»
Non parve contento delle mie parole, ma non insistette.
«Vuoi confessarti?» gli domandai.
«Voglio confessarti che non mi voglio confessare» mi rispose in tono leggero. «Prima dell’incoronazione sono stato assolto da una vita intera di peccati da tuo zio, un’esperienza piuttosto imbarazzante, passerà un bel po’ di tempo prima che voglia ripeterla. No, volevo soltanto andarmene per un momento, allontanarmi da tutti quei personaggi così solenni, uomini e donne, che mi ripetono quale grand’uomo fosse mio fratello, quale saggio re.»
All’improvviso si voltò verso di me e io mi arrestai. Eravamo sullo stretto sentiero che correva lungo la sponda del fiume. Un barcaiolo sulla sua chiatta ci stava osservando con l’espressione amabile di un ruminante.
«E lo è stato davvero. Ma se lo era, come farò io a reggere il paragone? Come farò a tenere al sicuro l’Inghilterra come ha fatto lui? Eh, Dunstan? Che cosa dici tu?»
«Dico che ti sei preparato per questo da quando sei nato. La fiaccola è passata nelle tue mani un po’ prima di quanto avresti voluto, ma non fallirai! Sei il figlio di tuo padre, proprio come lo era Æthelstan. Sei forse inferiore a lui? No, sei solo più giovane! Sei nipote di tuo nonno come lo era Æthelstan. Il nipote di Alfred il Grande, il figlio di Edward il Vecchio, il fratello di Æthelstan! Non esiste lignaggio migliore in Inghilterra. Sarai certamente all’altezza del tuo compito.»
Parve rincuorato dalle mie parole, anche se si stropicciò il naso sulla manica della giubba; il barcaiolo ci stava indicando ai suoi compagni con dei commenti che li fecero sghignazzare, spalancando le bocche sdentate.
«Andiamocene, stiamo attirando una vera folla di zoticoni» dissi.
Uno di loro stava mimando qualcosa di osceno che fece scoppiare in risatacce sguaiate i barcaioli, tra grandi manate sulle spalle. Ebbi la tentazione di domandare a quegli uomini se intendessero offendere il re d’Inghilterra solo per vederli inghiottire la lingua; ma non lo feci.
Edmund risalì dalla sponda del fiume e si fermò a guardare la strada e, in lontananza, le guglie della cattedrale che dominavano la città. Fece una smorfia, accorgendosi delle due guardie che lo avevano seguito a distanza; i due si fermarono imbarazzati quando si accorsero di essere stati scoperti, ma non si allontanarono. Edmund sospirò.
«In Inghilterra quals...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. IL TRONODI SANGUE
  4. Prologo
  5. PARTE PRIMA. Ecce puer. 934 d.C.
  6. PARTE SECONDA. Ecce homo. 936 d.C.
  7. PARTE TERZA. Ecce sacerdos. 940 d.C.
  8. PARTE QUARTA. Ecce princeps ecclesiae. 954 d.C.
  9. PARTE QUINTA. Ecce mors innocentiae. 975 d.C.
  10. Note storiche
  11. Ringraziamenti
  12. Copyright