La nemica del Re
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La nemica del Re

  1. 516 pagine
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La nemica del Re

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A volte seguire il proprio cuore è l'unica via d'uscita. Era il 1340 quando una giovanissima Giovanna di Kent, cugina di Edoardo III e futura principessa di Galles, segue per la prima volta il suo cuore: contraendo un matrimonio clandestino con Thomas Holland, che diverrà conte di Kent. Ma il re Edoardo ha altri progetti per lei. Impegnato a traghettare l'Inghilterra in una sanguinosa guerra, la lunga battaglia dinastica per il trono di Francia che si trasformerà nella Guerra dei Cent'anni, negozia per lei le nozze strategiche con William Montagu, secondo conte di Salisbury, in grado di fornire supporto e aiuti all'esercito del re.
Ma Giovanna, ancora tormentata dagli incubi che le ricordano la terribile esecuzione di suo padre per le mani dello stesso re, non ha intenzione di accettare la decisione di Edoardo, e non si rassegna al destino di dover sposare un uomo che non ama.
E quando Thomas tornerà dalla Francia, dove anche lui ha combattuto la sua battaglia, non temerà il giudizio del re, né di chiunque altro, nel tornare dall'uomo cui aveva fatto la sua promessa. Ma la vita ha in serbo ancora altre sorprese per lei…
Una grande storia di amori, promesse e fedeltà eterna tra gli intrighi e i tradimenti della labirintica corte di Edoardo III, e una straordinaria figura di donna emancipata e indipendente, che non ha paura di seguire il proprio cuore.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788858519325

1

Palazzo di Woodstock
Novembre 1338

Il padre di Giovanna, Edmondo, conte di Kent, fu decapitato prima che lei compisse quattro anni. Eppure anche a distanza di otto anni le bastava chiudere gli occhi per ricordare quello che provava quando appoggiava la testa sul suo petto mentre lui camminava avanti e indietro cantando di belle fanciulle e cavalieri valorosi, con la limpida voce da tenore che le rimbombava nelle piccole ossa. Nessun incubo poteva assalirla tra le braccia del padre, nessuna creatura delle tenebre avrebbe osato avvicinarsi. Il suo calore scioglieva ogni male. Ciò che lei aveva di più caro era il suo disegno di un cervo bianco seduto su un prato con una corona al collo legata a una catena ancorata nell’erba. Ce l’aveva ricamato sui mantelli e sulle giacche: cervo bianco, prato verde intenso, corona d’oro e catena. Era passato tanto tempo.
Giovanna aveva trovato il disegno la primavera precedente in fondo a un vecchio baule. Quando lo mostrò a suo cugino Ned lui le rivelò che sua nonna, la regina vedova Isabella, si faceva il segno della croce ogni volta che in una ballata o in un romanzo si parlava di un cervo bianco: l’animale le ricordava il suo ruolo nell’assassinio di Edmondo. La regina vedova n on aveva fatto nulla per dissuadere il conte di March, suo amante e complice nella rivolta, dall’intenzione di decapitare il padre di Giovanna per la sua lealtà al marito di Isabella, il re. Per questo Giovanna la odiava.
Purtroppo Giovanna e la regina vedova erano legate l’una all’altra. Per farsi perdonare quella immotivata esecuzione, l’attuale re Edoardo, figlio di Isabella, si era preso carico della vedova di Edmondo, Margherita, e dei suoi figli, accogliendoli a corte. Un crudele gesto di carità cui Giovanna e sua madre non erano affatto grate.
Così durante l’estate e l’autunno seguente Giovanna si era dedicata a ricamare lo stemma del cervo bianco mentre pensava intensamente agli incantesimi di protezione che le aveva insegnato Efa, la sua nutrice, e poi, in segreto, aveva cucito il quadrato di stoffa a un grande drappo sussurrando una formula magica.
Ora lei e Ned guardavano da dietro un paravento Isabella e le sue dame sparse per il grande salone, mentre prendevano posto in cerchio all’estremità sud della stanza, dove il sole mattutino offriva sufficiente luce per i loro lavori di ricamo.
«Guardate su» sussurrò Giovanna, come se lady Isabella potesse sentirla. «Le travi là sopra. Guardate come la luce del mattino illumina la seta bianca e i fili d’oro. Sentite il potere del sangue di mio padre che scorre nelle mie vene e in quelle di mio fratello.»
Ma la regina vedova aveva la testa china e, indaffarata con il telaio da ricamo, faceva scorrere le dita sui fili nel cesto per scegliere un colore. Infine, mentre aspettava che la serva passasse il filo nella cruna dell’ago, Isabella si adagiò sullo schienale per osservare il salone.
«Sì, nonna, su!» sussurrò Ned, rannicchiato accanto a Giovanna. Nonostante avesse tre anni in meno di lei era più alto e si era assunto il compito di difenderla. Anche da sua madre. «Guardate su! Ahah!»
Isabella aprì le labbra piene, spalancò gli occhi azzurri, la sua pelle d’avorio diventò di un pallore di morte. «Chi osa appendere quell’abominio nel salone?» sussurrò. Le perle di giaietto scintillarono sul suo abito da lutto di velluto nero quando si alzò di scatto, come un nuvolone carico di lampi, e fendette l’aria con un dito inanellato, indicando il drappo di Giovanna.
«È sua figlia che osa» mormorò Giovanna, e zittì Ned che cominciava a ridere.
Oh, vedere quell’espressione infuriata sul volto di Isabella la ricompensava per tutto il duro lavoro. Ma perché sua madre aveva scelto proprio quel momento per entrare nel salone?
La contessa Margherita credeva che l’invito a celebrare la festa di San Martino a Woodstock fosse un’offerta di pace e, anche se non avrebbe mai perdonato Isabella per quello che aveva fatto, pensava che accettare quell’invito fosse la scelta migliore per Giovanna e suo fratello. Il re Edoardo, la regina Filippa e le principesse erano nei Paesi Bassi, mentre il principe Edoardo, Ned, di otto anni, era stato lasciato lì in quanto Custode del Regno, ma era sotto la tutela della nonna, la regina vedova. Meglio rimanere nelle sue grazie per il momento.
Ora Giovanna si faceva piccola piccola vedendo l’espressione costernata di sua madre, che dopo aver fissato il drappo si guardava intorno alla ricerca della figlia.
«È ora di scappare» sussurrò Ned. «Prima tu.»
Giovanna si allontanò dal paravento e si voltò per precipitarsi fuori dalla porta che dava sul giardino. Appena uscita, il suo cagnolino la salutò con acuti guaiti da terrier. Nella foga si era dimenticata di lui. «Bruno, seduto!» gli ordinò invano mentre si teneva sollevate le gonne e attraversava di corsa il giardino fino ai boschi, schivando i rami e saltando le radici sporgenti. Bruno si lanciò all’inseguimento ma con le sue zampe corte rimase indietro e il suo abbaiare si fece sempre più lontano mentre Giovanna correva.
A metà strada Ned la superò, ridendo, veloce come il vento sulle sue gambe lunghe. «La nonna sa che sei stata tu!»
«Chi altro se no?»
Ned l’aspettò dietro la grande quercia, il loro posto speciale, e quando arrivò le prese le mani e la fece girare mille volte finché non ebbe più fiato e tutti e due caddero a terra appoggiandosi all’ampio tronco.
Era stato lì che tre anni prima lui l’aveva trovata piegata dal dolore con la caviglia così gonfia da essere a stento contenuta dai suoi morbidi stivaletti, che quasi le tagliavano la pelle. Era corsa via dal salone in uno scatto d’ira, indignata dal comportamento della madre, che accettava passivamente l’autorità della regina vedova, ed era decisa a fuggire da corte per non fare più ritorno. Era inciampata in una radice sporgente e, pur essendosi storta una caviglia, aveva continuato a correre. Arrivata alla quercia non poteva far altro che saltellare sul piede sano. Salire la collina per tornare a palazzo era impossibile. Ned era stato con lei mentre calava la sera e l’aveva coperta con la sua giacca imbottita, aveva scacciato le creature della notte, aveva condiviso con lei alcune mele essiccate inizialmente destinate al suo cavallo, e le aveva raccontato storie in cui lei un giorno sarebbe stata la sua regina, la donna più bella e potente del regno. Da quel momento erano diventati buoni amici e si divertivano a preparare arguti scherzi e marachelle, sempre pronti a difendersi l’un l’altra a spada tratta.
Ora, mentre riprendeva fiato, Ned aveva un sorriso a trentadue denti.
«È stato meglio di quando la cintura porta spada di Will è caduta durante le prove del torneo! O delle api nell’elmo di Roger!»
«Non è stata una marachella ma un promemoria» disse Giovanna. «Tua nonna non deve mai permettersi di dimenticare ciò che ha fatto a mio padre.» Con le tempie che le pulsavano dopo la corsa, si adagiò accanto a lui, respirando il suo odore di ragazzino: sudore, terra, animali.
Lui raddrizzò la schiena all’improvviso e scosse Giovanna finché lei non si morse la lingua. «Ahi!»
«Ssst! Sta arrivando qualcuno.»
Ora sentiva anche lei lo scricchiolio delle foglie e lo schioccare dei rami. Qualcuno seguiva le loro tracce, veloce ma leggero. Si alzarono entrambi, pronti a scattare. Ma era solo il piccolo Bruno, che sbucò dal sottobosco abbaiando vittorioso, con la coda che sbatteva all’impazzata di qua e di là mentre prendeva la rincorsa per aggrapparsi alle gonne di Giovanna, poi alla calzamaglia di Ned.
«Maledetto bastardino!» Ned si accigliò e diede un calcio al cucciolo. «Mi ha fatto pipì sulla scarpa.»
Giovanna tirò su Bruno e lo prese in braccio facendosi leccare la faccia. «È agitato. Va matto per le corse.»
Ned tornò a sedere, sempre scuro in volto, e si tolse la scarpa usando l’orlo della gonna di Giovanna per pulirla.
Lei gliela strappò di mano. «No! E non fare quella faccia. Mi ricordi tua nonna quando metti il broncio. Lascia che mi goda la vittoria per un po’. La mamma non ci metterà molto a rovinarmela.»
E come se si fosse tirata addosso una maledizione, Giovanna udì la contessa Margherita chiamare il suo nome da lontano. Che si preoccupasse pure. Stava tramando con il nemico. Giovanna guardò Ned ancora intento a borbottare: in quei momenti detestava pure lui. Anche lui era il nemico. Lo era tutta la famiglia reale. Non avevano nemmeno provato a salvare suo padre.
Stringendo a sé Bruno, cominciò a scendere la collina diretta al paese. Ned poteva fare come gli pareva. Era appena uscita dal sentiero nel bosco sul limitare del paese quando lui la raggiunse.
«Guarda» indicò. «Sotto il portico della chiesa.»
C’erano un ragazzo e una ragazza che indossavano i loro vestiti migliori, e si stavano voltando l’uno verso l’altra per stringersi le mani, mentre una coppia più anziana portava dei fiori e mormorava frasi di incoraggiamento.
«Brian e Tam si scambiano finalmente i voti!» A Giovanna erano molto simpatici quei due paesani che lavoravano nella cucina del palazzo durante le occasioni ufficiali e chiudevano un occhio con complice benevolenza quando i bambini sgraffignavano qualcosa da mangiare. «Il raccolto deve essere andato bene.»
Strisciarono lungo la parete della chiesa e sbirciarono dietro l’angolo. Mentre l’uomo cominciava a parlare Ned si voltò verso Giovanna e le prese la mano facendo eco ai voti che Brian recitava con voce possente, cambiando solo i nomi. «Io, Edoardo di Woodstock, prendo te, Giovanna di Kent, come mia legittima sposa.» Mentre Tam si accingeva a rispondere sussurrò: «Ora tocca a te».
Giovanna scosse la testa. «I voti non sono un gioco, Ned, e i nostri genitori non saranno mai d’accordo.» Oltretutto lei era a un passo dal legarsi a sir Edward Montagu, un bell’uomo che le piaceva molto, il fratello più giovane dell’amante di sua madre. Bruno era stato il regalo di sir Edward prima del fidanzamento.
«Dillo.» Ned le strinse la mano troppo forte, e Giovanna vide la collera nei suoi occhi. Quando si arrabbiava, spesso tendeva a dimenticarsi dell’affetto che nutriva per lei.
Piuttosto che rischiare un suo scatto d’ira, Giovanna incrociò le dita di entrambe le mani e si affrettò a pronunciare le parole: «Io, Giovanna di Kent, prendo te, Edoardo di Woodstock, come mio legittimo sposo».
«Ora baciami.»
Bruno si divincolò dalla stretta della padroncina. Lei diede un bacio sfuggente alla guancia di Ned.
«Ora siamo fidanzati, e non puoi accettare altri regali come Bruno.»
«Ho lui. Non ho bisogno di un altro cane.»
Ned esultò. «La nonna monterà su tutte le furie quando le dirò che sei la mia fidanzata. Sarà meglio del tuo stendardo. Giovanna di Kent, regina d’Inghilterra. Ahah!»
Doveva evitare che Ned combinasse un disastro. «No! Devi promettermi che non dirai niente a lady Isabella. Niente. Altrimenti punirà mia madre.» Giovanna sapeva che i voti scambiati sotto il portico di una chiesa potevano unire la gente comune, ma non il figlio e la cugina del re, non i Plantageneti. Eppure la provocazione di Ned avrebbe fornito alla regina vedova un pretesto per fare qualcosa di spiacevole. O per far sì che suo figlio, il re, rifiutasse Edward Montagu in favore di un marito che portasse Giovanna lontano da casa. Isabella odiava i Montagu persino più della madre di Giovanna. «Promettimelo.»
Ned fece una smorfia ma mugugnò: «Promesso».
Giovanna corse dietro al piccolo terrier che trotterellava via.
Nel tardo pomeriggio i due cugini rincasarono mano nella mano, mentre Bruno correva davanti a loro. In fondo al giardino incontrarono alcuni ragazzi della corte di Ned.
Uno di loro stav...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. LA NEMICA DEL RE
  4. Personaggi
  5. 1
  6. 2
  7. 3
  8. 4
  9. 5
  10. 6
  11. 7
  12. 8
  13. 9
  14. 10
  15. 11
  16. 12
  17. 13
  18. 14
  19. 15
  20. 16
  21. 17
  22. 18
  23. 19
  24. 20
  25. 21
  26. 22
  27. 23
  28. 24
  29. 25
  30. 26
  31. 27
  32. 28
  33. 29
  34. 30
  35. 31
  36. 32
  37. 33
  38. 34
  39. 35
  40. 36
  41. 37
  42. 38
  43. 39
  44. 40
  45. 41
  46. 42
  47. 43
  48. 44
  49. 45
  50. 46
  51. 47
  52. 48
  53. 49
  54. 50
  55. 55
  56. Nota dell’autrice
  57. Ringraziamenti
  58. Copyright