LA CASA sulla Lookout Mountain Road era un po’ discosta dalla strada, rannicchiata contro la ripida parete del canyon. Davanti all’abitazione si stendeva un lungo prato verde che spaziava dall’ampio portico dell’ingresso fino alla palizzata bianca che costeggiava la strada. Non era frequente vedere un prato così ampio e ben curato nel Laurel Canyon. Quel prato era certamente il punto di forza per la vendita della proprietà.
Nell’inserto immobiliare del Los Angeles Times era indicato il giorno in cui si poteva prendere visione della proprietà: le visite sarebbero iniziate alle due del pomeriggio per proseguire fino alle cinque. Cassie Black accostò al marciapiede con dieci minuti di anticipo sull’orario di inizio: nessuna macchina sul vialetto, nessun segno di attività in casa. Non vide neppure la Volvo bianca che apparteneva ai proprietari, di solito parcheggiata fuori. Non poteva sapere dove fosse l’altra auto, la BMW nera, poiché il garage sul lato della casa era chiuso. Comunque, l’assenza della Volvo la convinse che i proprietari avevano preferito andarsene per evitare la confusione. Meglio così. Cassie non era in grado di prevedere le sue reazioni se li avesse incontrati con la bambina.
Rimase seduta nella Boxster fino alle due in punto, quando cominciò a preoccuparsi. Pensò di avere sbagliato ad annotare gli orari oppure, peggio ancora, immaginò che la casa fosse già stata venduta e ogni ulteriore visita annullata. Aprì l’inserto immobiliare appoggiato sul sedile accanto e controllò di nuovo l’annuncio. Non si era sbagliata. Osservò il cartello IN VENDITA sul prato e si assicurò che il nome dell’agenzia coincidesse con quello sull’annuncio. Tutto a posto. Prese il cellulare dallo zainetto e cercò di chiamare l’agenzia immobiliare, ma non riuscì a stabilire il collegamento. Il fatto non la sorprese: dal Laurel Canyon era quasi impossibile contattare con un cellulare i quartieri collinari di Los Angeles.
Cercando di tenere a freno l’ansia, osservò la casa. Stando all’annuncio sul giornale era una villa con veranda in stile California Craftsman, costruita nel 1931. A differenza delle abitazioni più recenti, non solo era più arretrata rispetto alla strada, a ridosso della collina, ma pareva anche possedere una personalità più decisa. Era più piccola delle altre case: evidentemente l’architetto aveva preferito valorizzare l’ampio prato e gli spazi all’aperto della proprietà.
La villa aveva un lungo tetto grigio spiovente, dove si affacciavano le due finestre della mansarda. Cassie sapeva che una finestra corrispondeva alla camera da letto della coppia e l’altra alla camera della bambina. I muri laterali erano color ruggine. Un’ampia veranda correva lungo tutta la facciata: l’ingresso era una porta-finestra a vetri. Contrariamente al solito, le veneziane erano alzate e Cassie riusciva a scorgere l’interno del soggiorno. Una delle luci era accesa.
Il giardino davanti alla casa era chiaramente destinato alla bambina. Era curatissimo, con l’erba perfettamente tagliata. Sul lato sinistro era installato un piccolo parco giochi, con un’altalena di legno e altri attrezzi. Cassie sapeva che la piccola preferiva dondolarsi sull’altalena guardando verso la strada. Aveva riflettuto spesso sulla cosa, chiedendosi se quell’abitudine fosse un indizio per capire la personalità della bambina.
L’altalena pendeva immobile. Cassie vide un pallone e un carrettino rosso abbandonati sull’erba. Forse il prato era uno dei motivi del trasferimento della famiglia. Anche se Laurel Canyon era una zona abbastanza tranquilla, in nessun quartiere era consigliabile far giocare i propri figli in un giardino vicino alla strada.
Cassie abbassò gli occhi e rilesse l’inserzione.
STREPITOSA OFFERTA!
Classica villa in stile California Craftsman del 1931.
2 camere da letto, doppi servizi,
soggiorno spazioso, grande prato.
Necessità di vendita immediata causa trasferimento.
Prezzo scontato e trattabile.
Cassie aveva notato il cartello IN VENDITA tre settimane prima. La vista aveva scombussolato la sua esistenza, procurandole notti insonni e impedendole di concentrarsi sul lavoro. In quelle tre settimane non aveva venduto una sola macchina all’autosalone.
Per quanto ne sapeva, quella era la prima giornata di visite. Quindi il tono dell’inserzione appariva insolito. Si chiese perché i proprietari fossero così ansiosi di vendere, tanto da essere disposti a trattare il prezzo dopo sole tre settimane.
Esattamente tre minuti dopo le due, una Volvo marrone imboccò il vialetto. Ne scese una donna bionda e snella sui quarantacinque anni, vestita in modo sportivo ma elegante. Cassie si controllò i capelli nello specchietto, portandosi una mano dietro la nuca per fissare con forza la parrucca. Poi scese dalla Porsche e si avvicinò alla donna.
«È lei Laura LeValley?» chiese Cassie, leggendo il nome nella parte inferiore del cartello IN VENDITA.
«Certo. Le interessa la casa?»
«Direi di sì.»
«Bene, possiamo cominciare. Ha una bella macchina, è nuova?»
La donna osservò curiosa la parte anteriore della Porsche, dove si notava l’assenza della targa. Per precauzione Cassie aveva tolto la targa: temeva che l’agente immobiliare potesse annotare il numero per risalire fino a lei. Cassie non poteva permettersi di essere rintracciata: a questo serviva la parrucca.
«L’ho appena comprata, ma è usata. Ha un anno» rispose Cassie.
«È splendida!»
La Boxster sembrava nuova di zecca, in realtà era un’auto pignorata a un cliente in arretrato con i pagamenti. Aveva quasi trentamila miglia sulle spalle, il tettuccio decappottabile lasciava filtrare l’acqua e il lettore CD si inceppava a ogni sobbalzo. Il principale di Cassie, Ray Morales, gliela lasciava usare in attesa che il cliente si rimettesse al passo con le rate; se per la fine del mese non si fosse fatto vivo con i soldi, la macchina sarebbe stata messa in vendita. Cassie era convinta che non avrebbero più avuto un centesimo da quel tipo. Era il tipico scroccone, risultava chiaro dalla sua pratica. Dopo le prime sei rate, pagate in ritardo, aveva saltato i sei versamenti successivi. Ray aveva commesso l’errore di accettare le sue cambiali, benché tutte le società finanziarie della zona si fossero rifiutate di avallarle. Il tipo era riuscito a convincerlo a consegnargli le chiavi dell’auto. Ray si era incazzato di brutto per quella fregatura, andando di persona col carro attrezzi a prelevare la Boxster in un posto sopra Sunset Plaza.
L’agente immobiliare tornò verso la sua auto e prese una cartella dal sedile posteriore, poi si avviò sul vialetto di pietra verso la veranda.
«I proprietari sono in casa?» chiese Cassie.
«In questi casi è meglio che non ci siano. Così gli acquirenti possono dire quello che vogliono senza ferire la sensibilità di nessuno.»
Cassie sorrise educatamente. Arrivarono alla porta d’ingresso e Laura LeValley prese dalla cartella una piccola busta bianca, che conteneva una chiave. Mentre apriva la porta riprese a parlare.
«Lei ha dato un mandato a un’agenzia?»
«No. Al momento mi sto solo guardando intorno.»
«Certo, è sempre utile farsi un’idea di cosa offre il mercato. Attualmente è in proprietà?»
«Scusi?»
«Possiede una casa? Vuole venderla?»
«Oh, no, sono in affitto. Però vorrei comprare una casa, non troppo grande, come questa.»
«Ha bambini?»
«No, sono sola.»
LeValley aprì la porta e attese, giusto per assicurarsi che in casa non ci fosse nessuno. Poi fece cenno a Cassie di entrare.
«Questa abitazione dovrebbe essere perfetta per lei. Due sole camere da letto. Io la trovo una casa deliziosa. Comunque giudicherà da sola.»
La donna posò la cartella. Poi tese la mano a Cassie: «Non ci siamo neanche presentate!».
«Io sono Karen Palty» mormorò Cassie, stringendole la mano.
LeValley estrasse un fascio di opuscoli informativi dell’agenzia e gliene consegnò uno, continuando a parlare.
Di tanto in tanto Cassie annuiva, ma in realtà l’ascoltava appena. Era intenta a osservare attentamente i mobili che arredavano l’interno. Lanciò lunghe occhiate di sbieco alle foto sulle pareti. LeValley la invitò a girare liberamente per casa mentre lei, al tavolo della sala da pranzo, preparava il resto del materiale informativo.
La casa era molto pulita e ordinata. Cassie si chiese se fosse sempre tanto in ordine. Dal corridoio salì la scala che portava al piano superiore. Fece qualche passo nella camera da letto matrimoniale, guardandosi intorno. La stanza aveva un’ampia finestra che dava sul fianco roccioso della collina. LeValley riprese a parlare ad alta voce da sotto, come se sapesse esattamente che cosa stava pensando.
«Gli smottamenti non sono un problema. La collina è di granito. Probabilmente quel dirupo è là fuori da almeno diecimila anni, e mi creda, non ha intenzione di spostarsi. Ma se la proprietà le interessa sul serio, le suggerisco di chiedere un esame geologico. La aiuterà a dormire meglio la notte.»
«È una buona idea» le gridò Cassie dall’alto.
Ormai aveva visto abbastanza. Uscì e attraversò il corridoio fino alla camera della bambina. Anche questa era pulita e ordinata, ma ingombra di animali di peluche, Barbie e altri giocattoli. In un angolo c’era un cavalletto da pittore, con un album aperto su un disegno: raffigurava un autobus scolastico con piccole figure stilizzate ai finestrini, fermo davanti a una stazione dei pompieri. La bambina sapeva disegnare bene.
Cassie controllò il corridoio per accertarsi che LeValley non fosse salita, quindi si avvicinò al cavalletto. Sfogliò l’album. Un altro disegno mostrava una casa con un grande prato verde. Di fronte alla casa c’erano un cartello IN VENDITA e la figura stilizzata di una bambina. Un fumetto dalla bocca della bambina diceva Buu Huu. Cassie lo osservò a lungo, poi ispezionò il resto della stanza.
Sulla parete di sinistra c’era la locandina incorniciata di un film a cartoni animati: La Sirenetta. C’erano anche grandi lettere di legno che formavano il nome JODIE SHAW, ognuna dipinta in un colore diverso.
Cassie rimase immobile al centro della stanza, in silenzio, cercando di assorbire ogni particolare per affidarlo alla memoria. Il suo sguardo cadde su una foto racchiusa in una piccola cornice su una cassettiera bianca. Mostrava una bambina sorridente accanto a Topolino in mezzo a una folla di visitatori, a Disneyland.
«La camera della figlia.»
La voce alle sue spalle la colse di sorpresa, facendola sussultare.
Si girò. Laura LeValley era ferma sulla porta. Cassie non l’aveva sentita salire. Si chiese se all’agente immobiliare fosse venuto qualche sospetto e fosse salita in punta di piedi, per coglierla sul fatto mentre rubava.
«È una bambina adorabile» disse LeValley in tono disinvolto. «L’ho incontrata quando sono venuta a fare l’inventario. Credo che abb...