LA TELEFONATA ARRIVÒ a mezzanotte. Harry Bosch era ancora sveglio, seduto in soggiorno al buio per gustarsi fino in fondo il suono del sax. O almeno così gli piaceva pensare. Inibire un senso per esaltarne un altro.
Ma dentro di sé conosceva la verità. Stava aspettando.
Al telefono era Larry Gandle, il suo supervisore alla Speciale Omicidi. Era la prima chiamata che Bosch riceveva da quando aveva cambiato sezione. Esattamente quello che stava aspettando.
«Harry, sei sveglio?»
«Sì.»
«Che cosa stai ascoltando?»
«Frank Morgan dal vivo al Jazz Standard di New York. Al piano c’è George Cables.»
«Si direbbe All Blues.»
«Indovinato.»
«Gran pezzo. Mi spiace, ma devo interromperti.» Bosch spense lo stereo con il telecomando.
«Motivo della telefonata, tenente?»
«La Hollywood vuole che tu e Iggy prendiate in mano un caso. Ne hanno già tre, oggi, e non possono accollarsene un quarto. Oltre tutto questo ha tutta l’aria di essere un hobby. Un’esecuzione, a quanto pare.»
Il Dipartimento di Polizia di Los Angeles era composto da diciannove divisioni territoriali, ciascuna con la propria stazione di polizia e un ufficio investigativo, squadra Omicidi compresa. Ma le squadre territoriali, sempre in prima linea, non potevano impantanarsi in casi che si prospettavano lunghi e faticosi. Quando un omicidio coinvolgeva un politico, oppure una celebrità dello spettacolo o dei media, di solito veniva dirottato sulla Speciale Omicidi, una sezione indipendente della Divisione Rapine e Omicidi, con sede al Parker Center. Era di competenza della Speciale Omicidi qualsiasi caso richiedesse tempo e presentasse difficoltà particolari. Quei casi che, proprio come gli hobby, tendono a durare a lungo. E questo rientrava nella categoria.
«Dov’è successo?» chiese Bosch.
«Al belvedere sopra la diga di Mulholland. Lo conosci?»
«Sì, ci sono stato.»
Bosch si alzò e si avvicinò al tavolo da pranzo. Aprì un cassetto, in origine destinato alle posate, e tirò fuori penna e blocco per appunti. Prese nota della data e del luogo del crimine sulla prima pagina.
«Altri dettagli che dovrei sapere?» continuò Bosch.
«Niente di particolare» disse Gandle. «Ripeto, a me l’hanno descritta come un’esecuzione. Due proiettili alla nuca. Qualcuno ha portato lassù il nostro uomo e gli ha ridotto il cervello a brandelli davanti a quel panorama spettacolare.»
Prima di procedere con un’altra domanda, Bosch cercò di immaginarsi la scena.
«Identità della vittima?»
«Ci stanno lavorando. Per quando arriverai sul posto è possibile che abbiano già qualcosa. Praticamente siamo nel tuo quartiere, giusto?»
«Abbastanza vicino.»
Gandle comunicò a Bosch qualche altro particolare sulla scena del crimine e gli chiese se poteva contattare lui il partner. Bosch rispose che non c’era nessun problema.
«D’accordo, Harry, sali lassù e vedi di che cosa si tratta, poi chiamami e fammi sapere. Svegliami pure, tanto lo fanno tutti.»
“Tipico di un supervisore” pensò Bosch, lamentarsi di essere svegliato con la persona che lui avrebbe svegliato di continuo nei giorni successivi.
«Contaci» disse Bosch.
Bosch riattaccò e compose il numero del suo nuovo partner, Ignacio Ferras. Si stavano ancora studiando reciprocamente: Ferras veniva da un altro paese e aveva oltre vent’anni in meno. Un giorno si sarebbero intesi al volo, Bosch ne era sicuro, ma ci sarebbe voluto del tempo. Succedeva sempre così.
Nonostante la telefonata di Bosch lo avesse svegliato, Ferras si dimostrò lucido, pronto e, particolare positivo, disponibile. L’unico problema era che abitava lontano, a Diamond Bar, quindi non sarebbe arrivato sulla scena del delitto prima di un’ora. Era dal primo giorno che lavoravano insieme che Bosch gli aveva consigliato di trasferirsi in città, ma Ferras non lo prendeva neanche in considerazione. A Diamond Bar viveva tutta la sua famiglia, un sostegno al quale non intendeva rinunciare.
Bosch sapeva che sarebbe arrivato ben prima di Ferras, il che significava dover gestire da solo ogni eventuale discussione con gli agenti della Divisione Hollywood. Era sempre delicato subentrare a una squadra di zona. Di norma la decisione spettava ai supervisori, non ai detective operativi della Omicidi, ma nessun investigatore degno del suo distintivo è contento di vedersi soffiare un caso.
«Ci vediamo là, Ignacio» disse Bosch.
«Te l’ho già detto, Harry» protestò Ferras. «Chiamami Iggy. Mi chiamano tutti così.»
Bosch non rispose. Non lo avrebbe mai chiamato Iggy, non era un nome adeguato al suo ruolo e alla sua missione. Ma, si sperava, prima o poi se ne sarebbe reso conto da solo e avrebbe lasciato perdere quella storia.
Bosch diede a Ferras un’ultima dritta: fare una deviazione al Parker Center per ritirare la macchina assegnata. L’operazione gli avrebbe portato via qualche altro minuto, ma Bosch aveva deciso di raggiungere la scena del delitto con la sua auto privata ed era a corto di benzina.
«Okay, ci vediamo là» ripeté Bosch, lasciando perdere i nomi.
Riattaccò e prese la giacca dall’armadio nell’ingresso. Mentre la infilava si guardò allo specchio all’interno dell’anta: a cinquantasei anni era ancora in forma e asciutto, avrebbe anche potuto permettersi di ingrassare un po’, mentre molti colleghi della sua età avevano messo su la pancetta. C’erano due detective alla Speciale Omicidi soprannominati Cesto e Botte per via delle loro dimensioni. Almeno di questo Bosch non doveva preoccuparsi.
I capelli bianchi non avevano ancora avuto la meglio su quelli castani, anche se ormai erano molto vicini alla vittoria. Gli occhi scuri, vivaci e luminosi, erano pronti alla sfida che lo attendeva su quel belvedere; nello sguardo c’era tutta la sua lunga esperienza di detective. Sapeva che, varcata la porta di casa, avrebbe sentito dentro di sé la volontà e la forza di arrivare fino in fondo, a ogni costo, pur di risolvere il caso. Una sensazione che lo faceva sentire invulnerabile.
Con la mano sinistra estrasse la pistola, una Kimber Ultra Carry, dalla fondina che portava sul fianco destro. Un rapido controllo del funzionamento del caricatore e rimise l’arma al suo posto.
Era pronto. Aprì la porta.
Su un punto il tenente non si era sbagliato, anche se del caso non sapeva granché: la scena del crimine non era lontana da casa sua.
Si infilò giù per Cahuenga Boulevard e imboccò Barham attraversando la Freeway 101. Da quella parte, percorrendo Lake Hollywood Drive, si saliva velocemente fino a un quartiere di case abbarbicate sulle colline intorno al lago artificiale e alla diga di Mulholland. Un quartiere di lusso.
Bosch costeggiò il lago fermandosi soltanto un momento quando un coyote gli attraversò la strada: gli occhi dell’animale brillarono al riflesso della luce dei fanali, poi la bestia si voltò e a passi lenti scomparve tra i cespugli; non aveva nessuna fretta di allontanarsi, quasi sfidasse Bosch ad agire. Lo stesso sguardo di sfida dei ragazzi che gli capitava di incrociare al tempo in cui usciva di pattuglia per le strade.
Passato il bacino, prese per Tahoe Drive e proseguì su per le colline, fino all’estremità orientale di Mulholland Drive. In quel punto si apriva uno scorcio panoramico sulla città. Il terreno era disseminato di cartelli VIETATO PARCHEGGIARE e BELVEDERE CHIUSO LA SERA, costantemente ignorati a ogni ora del giorno e della notte.
Bosch si fermò dietro a un gruppo di auto di servizio: il furgone della Scientifica, la station wagon del medico legale e una serie di auto della polizia con o senza contrassegni di riconoscimento. Un nastro giallo delimitava il perimetro esterno della scena del crimine, al centro della quale c’era una Porsche Carrera grigia metalizzata con il cofano spalancato. Bosch intuì che si trattava della macchina della vittima perché era circondata da altro nastro giallo.
Parcheggiò e scese. Un agente di guardia fuori del perimetro segnò nome e numero di matricola – 2997 – e lo fece passare sotto il nastro. Ai lati del corpo, al centro di uno spiazzo che guardava sulla città, erano state sistemate due file di lampade portatili. Mentre si avvicinava, Bosch vide un gruppo di tecnici della Scientifica e del laboratorio di medicina legale al lavoro sul corpo o nelle immediate vicinanze. Uno di loro stava documentando la scena con una videocamera.
«Harry, da questa parte.»
Bosch si voltò e vide il detective Jerry Edgar appoggiato al cofano di una radiomobile senza contrassegni, con una tazza di caffè in mano e l’aria di essere lì solo ad aspettare. Quando Bosch lo raggiunse, si allontanò dall’auto.
Edgar era stato il partner di Bosch alla Divisione Hollywood. All’epoca Bosch era capogruppo della squadra Omicidi. Adesso era Edgar a ricoprire quell’incarico.
«Mi aspettavo qualcuno della Rapine e Omicidi» esordì Edgar. «Ma non immaginavo che saresti stato tu.»
«Invece eccomi qui.»
«Lavori da solo?»
«No, il mio partner sta arrivando.»
«Uno nuovo, giusto? Non ti ho più sentito da quella brutta storia di Echo Park dell’anno scorso.»
«Infatti. Allora, cosa abbiamo qui?»
Bosch non aveva intenzione di parlare con Edgar di Echo Park. In effetti non aveva voglia di parlarne con nessuno. Voleva rimanere concentrato sul quel nuovo caso, il suo primo incarico dopo il trasferimento alla Speciale Omicidi. Sapeva che in molti avrebbero osservato ogni sua mossa in attesa di un passo falso.
Edgar si spostò in modo che Bosch potesse vedere gli oggetti sparsi sul bagagliaio della macchina. Chinandosi per guardarli da vicino, Bosch tirò fuori gli occhiali e li inforcò. Anche se non c’era molta luce, riusciva lo stesso a distinguere una fila di reperti dentro ai sacchetti della Scientifica. Ognuno conteneva un oggetto ritrovato sul corpo della vittima: un portafogli, un portachiavi e un tesserino di riconoscimento con la clip. C’era anche una spessa mazzetta di banconote fermata da una pinza e un BlackBerry ancora acceso, con la lucina verde che lampeggiava, pronto a funzionare anche se il proprietario non ne avrebbe mai più avuto bisogno.
«Roba che mi ha dato uno dei ragazzi del coroner» disse Edgar. «Fra circa dieci minuti dovrebbero avere finito con il corpo.»
Bosch prese in mano il sacchetto che conteneva il tesserino di riconoscimento e lo avvicinò alla luce: SAINT AGATHA’S CLINIC FOR WOMEN; sotto, la foto di un uomo con occhi e capelli scuri che sorrideva all’obiettivo. Il tesserino lo identificava come il dottor Stanley Kent. Bosch notò che il tesserino era anche una chiave.
«Senti ancora Kiz?» domandò Edgar.
Si riferiva all’ex partner di Bosch che, dopo Echo Park, era stata trasferita all’OCP, l’ufficio del capo della polizia, con un incarico direttivo.
«Ogni tanto. Ma sta bene.»
Bosch voleva sorvolare su Kiz Rider e tornare al caso, quindi continuò a esaminare gli altri sacchetti.
«Perché non mi racconti tutto quello che può interessarmi, Jerry?»
«Con molto piacere» rispose Edgar. «Il cadavere è stato trovato circa un’ora fa. Con il buio qui non è permesso parcheggiare né sostare, come puoi vedere dai cartelli sulla strada. La Hollywood manda sempre una pattuglia di notte per tenere lontano i ficcanaso, così i ricchi del...