Ansia
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Ansia

Come uscire dalla gabbia e riprendersi la vita

  1. 224 pagine
  2. Italian
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Ansia

Come uscire dalla gabbia e riprendersi la vita

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Vi è mai capitato di anticipare con preoccupazione un evento, di essere terrorizzati da una decisione da prendere, di temere qualsiasi tipo di cambiamento oppure di essere colpiti da una improvvisa crisi di panico?
Se è così, anche voi fate parte di questo “popolo di ansiosi”, ma siete in buona compagnia perché, solo in Italia, ci sono 5 milioni di persone che lottano quotidianamente con l’ansia, una prigione da cui è difficile liberarsi, un tunnel di cui spesso non si riesce a intravedere l’uscita.
In questo libro Giampaolo Perna non solo ci racconta le origini dell’ansia, la differenza tra ansia normale e ansia patologica, l’analisi dei comportamenti ansiosi, ma ci insegna anche come uscirne.
Sì, perché uscirne è possibile, sia per chi vive situazioni di ansia quotidiana, sia per chi è affetto da forme più gravi, quelle che rientrano nel capitolo dell’ansia patologica.
Il primo passo, in una società sempre più basata sulla prestazione, è quello di non sentirsi in colpa o inadeguati, di sgombrare la mente dalla sensazione di non essere “normali”. Poi è necessario capire che la buona volontà non basta, che spesso è necessario farsi aiutare, sia da un punto di vista psicologico che farmacologico.
Partendo da casi esemplari, l’autore ci conduce lungo un percorso documentato ed efficace, indicandoci le vie d’uscita da uno dei disagi più diffusi del mondo moderno.

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Informazioni

Anno
2011
ISBN
9788858503072
Argomento
Psicologia

PARTE SECONDA

L’ANSIA COME DISTURBO

Ansia come disturbo

Abbiamo finora parlato dell’ansia come importantissimo meccanismo difensivo di ogni essere umano vivente, un meccanismo che ci permette di affrontare le situazioni difficili tirando fuori il meglio di noi stessi. Ma l’ansia non è soltanto positiva, esiste in essa un lato oscuro, molto oscuro, che violenta la libertà di una persona, riducendo la vita a un’estenuante lotta per difendersi ed evitare gli stati di malessere, che imprigiona chi ne soffre in una gabbia di comportamenti e paure gravemente limitativi. Entriamo quindi nel lato oscuro dell’ansia e cerchiamo di capire come uscirne e trasformare questa oscurità in un faro verso il benessere.
«Ognuno ha il diritto di lottare per la propria felicità.»
Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America
Ebbene sì, caro popolo di ansiosi, uomini e donne che siate, la vostra ansia vi sta privando di uno dei diritti più importanti degli esseri umani: il diritto di avere tutte le carte in regola per conquistare la felicità! Uscire dal tunnel dell’ansia, del panico e delle fobie non porta automaticamente alla felicità, quella dovete guadagnarvela da soli, e nessuno psico o neuro qualcosa potrà davvero aiutarvi. Tuttavia, senza alcun dubbio, vincere l’ansia non soltanto può eliminare un importante ostacolo per raggiungere la felicità ma, se la battaglia viene adeguatamente vissuta, può avvicinarvi più facilmente alla consapevolezza di quanto le cose semplici della vita quotidiana siano importanti. Parafrasando il grande filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, l’ansia può aiutarvi “a diventare buoni vicini delle cose prossime”, prima tappa cruciale verso una vita felice. Lo stesso Nietzsche sottolinea che la “Grande salute” si accompagna necessariamente alla “Grande malattia” e sicuramente l’ansia patologica è, per chi si trova all’interno del tunnel, una Grande malattia e non semplicemente una parte della “piccola psichiatria”, area dove tanti medici amano collocarla, considerandola il semplice risultato di un po’ di stress e di poca forza di volontà.

Non siete soli!

Spesso chi soffre di un problema ansioso pensa di far parte di un esiguo gruppetto di sfortunati: amici, colleghi, conoscenti sembrano essere immuni dall’ansia patologica e soltanto alcune personalità deboli paiono colpite da questa condanna. Ma l’apparenza spesso inganna. Quante volte abbiamo sorriso di fronte agli altri o siamo sfuggiti con una scusa pur di non mostrare la nostra debolezza, la nostra ansia: così fanno con voi le persone che conoscete. Se sono ansiose, nascondono la loro ansia, con il presupposto che, essendo essa un sintomo di debolezza e di scarsa affidabilità, va assolutamente celata. Ecco il primo errore del paziente ansioso: non soltanto non siete deboli (persino il grande Freud è stato vittima di attacchi di panico!) ma non siete nemmeno soli. Soltanto in Italia, infatti, almeno cinque milioni di vostri concittadini stanno lottando o hanno lottato con l’ansia. E, se consideriamo il mondo intero, sono in cinquecento milioni a soffrire di un disturbo d’ansia, quindi smettetela di sentirvi unici in questa disgrazia. Gli studi epidemiologici, cioè quelli che valutano quante sono le persone colpite nelle diverse popolazioni, indicano che i disturbi d’ansia sono presenti in tutte le parti del mondo, dall’Europa all’Africa, dall’America all’Australia. L’ansia patologica colpisce entrambi i sessi, anche se predilige le persone di sesso femminile con frequenza circa doppia, cioè per ogni uomo colpito dall’ansia, ci sono almeno due donne che soffrono per lo stesso problema. Infine non dobbiamo dimenticare che l’ansia è giovane, cioè tende più facilmente a iniziare in età giovanile, spesso addirittura nell’adolescenza o nell’infanzia. In questi casi riconoscere subito l’ansia, e mi rivolgo a voi genitori e insegnanti, è assolutamente cruciale per evitare che la crescita dei nostri ragazzi ansiosi sia condizionata: non dimentichiamoci che una volta che l’albero è cresciuto storto, è davvero più difficile intervenire per raddrizzarlo o addirittura per fargli “comprendere” cosa voglia dire essere dritti. Sì, perché crescere con l’ansia vuol dire organizzare i propri comportamenti, le proprie emozioni e le proprie relazioni – insomma, la propria vita – intorno alla paura e quindi limitare la libertà di crescere esplorando il mondo e la vita. La buona notizia è che non siete soli, non soltanto per il numero di persone che subisce il vostro stesso disagio, ma soprattutto per l’esercito di ricercatori che cercano di scoprire le cause e le cure dell’ansia patologica e per il grande numero di psichiatri, psicologi, medici che possono aiutarvi con la loro esperienza. Pensate che ben venti studi scientifici riguardanti l’ansia vengono pubblicati ogni giorno sulle riviste scientifiche internazionali e rappresentano venti piccoli passi avanti che le neuroscienze ogni giorno percorrono sulla strada che porterà alla totale sconfitta di questo problema. Venti piccoli passi che diventano settemila in un anno.
Per cercare di comprendere il percorso che può portare voi ansiosi non soltanto a uscire dal tunnel dell’ansia, ma a utilizzare questa esperienza per raggiungere la “Grande salute”, cercherò di farvi condividere il viaggio che, nel corso della mia esperienza ormai ventennale, ho intrapreso in compagnia dei miei pazienti. È un viaggio che inizia con il primo incontro nello studio medico e prosegue per molti mesi, talvolta per anni.
Lezione 8
I disturbi d’ansia sono molto comuni tanto che ben cinque milioni di italiani ne sono colpiti. Il numero delle donne colpite è il doppio di quello degli uomini. L’ansia, che può essere sconfitta, è sempre più studiata e conosciuta, come dimostrano i venti articoli scientifici che sono pubblicati quotidianamente.

Il primo incontro: «Buongiorno signora»

«Buongiorno signora, cosa posso fare per lei?»
Eccoti qui, cara amica mia (non me ne vogliate uomini, ma sia per galanteria sia per una tendenza a essere colpite almeno in numero doppio di voi mi riferirò alle vostre amate compagne!), dopo una lunga e paziente attesa – prima per prendere l’appuntamento, poi per attendermi (sono spesso in ritardo) – sei entrata nel mio ambulatorio. Ti sorrido, ti stringo la mano e cerco di allentare un po’ la tua tensione.
Sì, perché ti trovo tesa, preoccupata, lo leggo chiaramente nel tuo sguardo. Ti starai chiedendo: “Ma non sarò mica matta? Forse sì, oppure lo diventerò presto. Non mi sento diversa dagli altri, ma la mia vita, io stessa, sono cambiata da quando quest’ansia mi ha messo in ginocchio”.
Come prima cosa leviamoci dalla testa quest’assurdo pregiudizio: lo psichiatra non è il medico dei matti, ma è un medico che si è specializzato nella cura delle malattie della mente, e le malattie della mente vanno dalle fobie più semplici, quelle che si sviluppano nei confronti di cani o insetti, alle forme depressive, fino ad arrivare a condizioni molto gravi quali la schizofrenia. In fin dei conti, anche il vostro medico di famiglia si occupa sia del raffreddore sia dei tumori maligni.
Ovviamente, come nella medicina “fisica” esistono delle specializzazioni (cardiologia, pneumologia, ortopedia, oncologia), così in psichiatra possono esistere dei superspecialisti che si occupano principalmente di un tipo di malattia mentale (disturbi d’ansia, disturbi dell’umore, disturbi psicotici eccetera).
Un secondo errore da chiarire riguarda la distinzione tra psicologo, neurologo e psichiatra. Normalmente, cari pazienti, voi siete convinti (e per la verità, ne sono convinti anche non pochi medici non psichiatri...) che lo psicologo curi i disturbi mentali lievi, il neurologo quelli medi e lo psichiatra quelli gravi. Be’, non è assolutamente vero!
Per chiarirvi le idee in maniera semplice ma corretta ricordatevi che lo psichiatra cura tutte le malattie mentali, dalle semplici fobie alla schizofrenia, il neurologo non si occupa di malattie mentali (anche se alcuni neurologi sono più “psichiatri” di molti psichiatri...) ma piuttosto di malattie che coinvolgono il cervello per effetto di alterazioni della sua struttura (per esempio gli ictus cerebrali, le epilessie, le paralisi) e lo psicologo si occupa dei problemi che coinvolgono persone non ammalate di disturbi mentali, per esempio conflitti tra partner, oppure curate, ma che hanno bisogno di essere riabilitate. Per esempio, possono aiutarvi a recuperare un comportamento nuovamente normale oppure un modo di ragionare equilibrato dopo che lo psichiatra ha curato le vostre malattie mentali.
...Boooom! (Un pensiero lacerante invade la vostra mente!) Malattie mentali? Non soffro di una malattia mentale, sono semplicemente ansiosa! Invece è proprio così, cari amici miei, voi soffrite di una malattia mentale, che vuol semplicemente dire che soffrite di una malattia che colpisce alcune funzioni della vostra mente non permettendovi di godere appieno della vita o almeno di provarci! Soffrire di una malattia mentale non vuol dire essere matti, così come avere l’influenza o la bronchite non significa essere gravemente ammalati.
Perciò iniziamo a sdrammatizzare il significato di “malattia mentale” e di “paziente psichiatrico”. I vostri nonni hanno pagato abbastanza questo pregiudizio rinunciando alla possibilità di godersi la vita e di costruire la propria felicità, e nascondendo la loro sofferenza per timore di essere etichettati come matti.
Guardatevi intorno: almeno una persona ogni due ha sofferto, soffre o soffrirà di un disturbo mentale, e in particolare, almeno una persona ogni quattro conosce o conoscerà uno stato d’ansia patologico. Quindi iniziate ad accettare il fatto che siete vittime di una malattia mentale, il disturbo d’ansia. La bella notizia è che esistono ormai cure molto valide, farmacologiche e non, in grado di aiutarvi a guarire da queste malattie.
Molti vi avranno detto che non si tratta di vere e proprie malattie, ma di disagi che nascono da conflitti e stress. Purtroppo amici miei, non esiste alcuna prova che i disturbi d’ansia siano legati a conflitti infantili o a problemi personali, mentre esistono molti dati scientifici che dimostrano una predisposizione genetica ai disturbi ansiosi e la presenza di alterazioni nel funzionamento del cervello. È vero che non conosciamo ancora fino in fondo la causa dei disturbi d’ansia, e dunque non dobbiamo smettere di studiare, ma le prove scientifiche sono tali da poter considerare l’ansia patologica una vera e propria malattia.
Torniamo al nostro «Buongiorno signora, cosa posso fare per lei?». Be’, starete pensando, lo deve sapere il dottore cosa fare, sono venuto apposta per questo, altrimenti stavo a casa mia...
Avete ragione, ma se noi psichiatri non conosciamo il motivo preciso per cui siete venuti sarà molto difficile aiutarvi. Il motivo non è la spiegazione di ciò di cui soffrite, ma semplicemente quali sintomi o quale malessere vi hanno portato a chiedere l’aiuto dello psichiatra. È molto importante la descrizione della sintomatologia che vi sta disturbando, perché essa costituisce un fatto incontrovertibile. Di interpretazioni, di perché ne potete avere mille, ma tutti i terapeuti (medici, psicologi, neurologi, psicoterapeuti e via dicendo) con cui state parlando non possono non essere d’accordo sulla sintomatologia che vi sta facendo soffrire, sulla tempistica con cui i sintomi si sono presentati, sulle circostanze in cui avete iniziato a star male.
Conoscere l’insieme dei sintomi che vi stanno disturbando e la maniera in cui sono collegati fra di loro temporalmente (se uno viene dopo l’altro, se si presentano insieme, e così via...) è un primo passo necessario per l’identificazione del tipo di disturbo d’ansia che vi ha colpito.
DISTURBI D’ANSIA:
CLASSIFICAZIONE SECONDO IL MANUALE
DIAGNOSTICO E STATISTICO DEI DISTURBI MENTALI
(DSM IV TR)
  • Disturbo di panico con/senza agorafobia
  • Agorafobia senza anamnesi di disturbo di panico
  • Fobia specifica
  • Fobia sociale
  • Disturbo ossessivo-compulsivo
  • Disturbo postraumatico da stress
  • Disturbo acuto da stress
  • Disturbo d’ansia generalizzato
  • Disturbo d’ansia dovuto a condizione medica generale
  • Disturbo d’ansia indotto da sostanze
  • Disturbo d’ansia NAS
Prima di passare a comprendere cosa siano l’ansia normale e l’ansia patologica v’invito a evitare un errore che troppo spesso viene commesso sia da voi sia dai terapeuti che vi seguono. «Ci deve pensare il medico..., è compito suo» ecco l’idea assolutamente sbagliata con cui vi presentate spesso alle visite! In realtà l’équipe che si occupa di voi è composta sempre da almeno due persone, cioè il terapeuta (medico o psico-specialista che sia) e voi. Proprio così, voi avete un ruolo centrale nella vostra guarigione e questo non soltanto perché dovete essere scrupolosi nell’assumere i farmaci, raccontare la vostra vita o fare i compiti così come vi vengono prescritti e assegnati. Quello di cui noi terapeuti abbiamo realmente bisogno è un vostro aiuto “attivo” e non semplicemente “passivo”. Attivo perché soltanto voi conoscete voi stessi e il vostro vissuto, il malessere e le limitazioni legate all’ansia e alla paura, e perché soltanto voi siete in grado di verificare gli effetti degli interventi che i terapeuti mettono in atto. In fin dei conti, il terapeuta cerca di aiutarvi intervenendo su quello che avete in comune con altri pazienti, mentre distingue con difficoltà l’unicità di cui soltanto voi avete esperienza. Quest’unicità può spiegare perché non rispondete a un farmaco cui la maggior parte dei pazienti simili a voi risponde, perché non riuscite a tollerare un effetto collaterale che altri sopportano, perché non riuscite a esprimere il vostro disagio con semplicità. In più, il terapeuta si occupa di molte persone, può essere stanco o impreciso, mentre voi vi occupate di un solo paziente, voi stessi. Non abbiate paura di dire quello che pensate al medico, di esprimere quello che sentite, di chiedere spiegazioni, di dare consigli. Essere attivi nella terapia, ovviamente rispettando il lavoro di chi si sta dando da fare per aiutarvi, è un vostro preciso dovere ed è un ingrediente fondamentale perché possiate liberarvi dall’ansia.
Lezione 9
L’ansia patologica è un disturbo mentale che deve essere curato dallo psichiatra, lo psicoterapeuta può svolgere un ruolo di supporto o di cura ma soltanto sotto la supervisione di un medico. L’ansia patologica è una malattia vera e propria.
Primo passo: distinguere l’ansia “normale” dall’ansia “patologica”
Vi sentite tesi, avete spesso il batticuore, non riuscite ad addormentarvi perché le preoccupazioni invadono la mente appena appoggiate la testa sul cuscino? Avete paura di fallire o di fare brutta figura? Non volete più tornare in quella via perché avete troppa paura? Allora soffrite di un disturbo d’ansia e dovete andare da un terapeuta. E invece non è sempre così.
Potreste essere tesi, avere il batticuore e non riuscire ad addormentarvi perché deve nascere vostro figlio; potreste aver paura di fallire e fare brutta figura perché dovete parlare davanti a cinque premi Nobel e sette capi di stato; potreste evitare quella via perché ci sono state aggressioni settimanali da parte di delinquenti nonostante i controlli della polizia. In tutti questi casi siete sì ansiosi, ma di un’ansia sana, normale e quindi utile e il terapeuta non vi serve a niente perché la vostra non è una condizione patologica.
Ricordatevi che esistono tre condizioni emotive legate all’ansia che possono essere presenti nella vita di ognuno di noi senza che necessariamente debbano accompagnarsi all’esigenza di visitare un terapeuta o di ricorrere a uno psicofarmaco. Quando sentiamo o subiamo un attacco di panico, una situazione d’ansia o di paura dobbiamo innanzitutto avere chiaro in mente che questi fenomeni così potenti e devastanti fanno parte della famiglia delle emozioni, sono in un certo senso fratelli della gioia, della rabbia, della tristezza e così via. Comprendere questo aspetto è fondamentale perché ci permette di capire molti aspetti relativi alla difficoltà di gestione dei fenomeni che spesso disturbano la nostra vita e non vi permettono di essere sereni nel costruire la vostra felicità.
Che cosa sono dunque le emozioni? Possiamo pensare a loro come a un potente motore in grado di spingerci ad agire per allontanarci da ciò che potrebbe farci male e avvicinarci a ciò che ci piace, ma sono anche un mezzo per comunicare con gli altri. È ormai stato chiarito che la parte del cervello che produce le nostre emozioni non è quella più tipicamente umana, rappresentata dalla corteccia cerebrale, che regola i ragionamenti logici e razionali, ma appartiene a un contesto più antico e potente che abbiamo in comune con gli animali, cioè il cervello emotivo, meno nobile della corteccia ma sicuramente più essenziale per la sopravvivenza: saper contare è meno importante per sopravvivere che scappare di fronte a un leone. Ancora più importanti sono gli allarmi automatici del nostro corpo che ci permettono di rispondere ancora più rapidamente ai pericoli che mettono a rischio la nostra vita, soprattutto quando c’è qualcosa che non va a livello fisico: un esempio è lo svenimento che avviene quando una persona ha una grave emorragia, cioè perde troppo sangue. In questo caso, data la delicatezza delle cellule cerebrali, cioè i neuroni, è essenziale che il poco sangue rimasto alimenti anche loro, pena la morte. Poiché la forza di gravità farebbe scendere il sangue verso i piedi, lo svenimento, che ci porta a essere sdraiati per terra, aiuta a ridistribuire il sangue anche alle cellule cerebrali. Pensare, o emozionarsi, non aiuta in questo caso, agire rapidamente sì, ed è ciò che fa la parte più automatica del nostro cervello, il cervello omeostatico. Questa parte sembra avere un ruolo importante nello sviluppo degli attacchi di panico che possono essere visti come dei falsi allarmi, ma di questo discuteremo più avanti.
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La saggezza dei nostri nonni ci ha sempre ripetuto che le emozioni ci controllano e che la ragione può poco, e questo è sicuramente vero alla luce delle ultime scoperte delle neuroscienze. L’influenza della parte emotiva del nostro cervello su quella razionale è molto potente mentre, viceversa, quella della parte razionale sulle nostre emozioni si rivela modesta. La natura non è stata ancora capace di potenziare a sufficienza la parte più umana del nostro cervello. Questo ci spiega l’assurdità delle frasi che avete spesso sentito e che vi hanno dato l’impressione di essere uomini o donne deboli. «Controllati», «Sei un debole», «Basta la buona volontà»: sono frasi che nascono dalla falsa convinzione che le emozioni possano essere dominate con facilità. È vero che i monaci tibetani più esperti sono in grado di controllare l’emotività, ma per arrivare a questo traguardo hanno praticato la meditazione per almeno venti, trenta anni in maniera intensiva. Noi occidentali non siamo purtroppo capaci di raggiungere questo controllo anche in relazione a un diverso modo di concepire la vita; possiamo però, come vedremo più avanti, imparare molto da loro soprattutto sull’importanza della respirazione nel controllo di uno dei fenomeni mentali più potenti, cioè l’attacco di panico.
Proprio dalla parte più antica, potente e animale del nostro cervello nascono l’ansia e il panico, tuttavia quando compaiono, innescano la parte raziona...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Introduzione
  5. L’ansia di tutti
  6. L’ansia come disturbo
  7. Gestire e curare l’ansia
  8. Conclusioni
  9. Approfondimenti
  10. Ringraziamenti