L'ombra del coyote
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L'ombra del coyote

  1. 400 pagine
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Informazioni sul libro

La vita di Harry Bosch è un disastro. La sua casa sulle colline di Los Angeles, danneggiata dal terremoto, è destinata alla demolizione. La sua donna lo ha lasciato e lui si è attaccato alla bottiglia con una perseveranza che lo sta distruggendo. Come se non bastasse, è stato sospeso dalla polizia per aver aggredito il suo capo, scaraventandolo contro una vetrata. Ora è costretto a recarsi in terapia da una psicologa, la dottoressa Carmen Hinojos, che dovrebbe aiutarlo a modificare i suoi comportamenti violenti.
La strada per la "redenzione" passa attraverso una tragedia che lo ossessiona da sempre, senza che sia mai stato capace di affrontarla veramente: la morte di sua madre, una giovane prostituta, uccisa brutalmente trent'anni prima.
Bosch inizia così una sua indagine personale per scoprire l'assassino, rimasto impunito per tutto quel tempo. Le sue domande provocano il panico nelle stanze del potere e, a mano a mano che la verità viene a galla, diventa sempre più evidente che qualcuno è disposto a tutto, anche a uccidere, pur di tenerla nascosta. Qualcuno molto in alto, molto astuto e molto pericoloso.

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Informazioni

Anno
2011
ISBN
9788858502785

L’ombra del coyote

Questo è per Marcus Grupa
«C’È QUALCOSA IN PARTICOLARE di cui vuole parlarmi?»
«Per esempio?»
«Non so, potrebbe cominciare dall’incidente.»
«Ah, l’incidente. Sì, qualcosa da dire ce l’ho.»
Lei aspettò, ma lui rimase in silenzio: aveva deciso ancor prima di arrivare a Chinatown che avrebbero dovuto tirargli fuori le parole a una a una.
«Perché non me ne parla, detective Bosch?» chiese lei dopo un po’. «Lo scopo delle nostre sedute…»
«Vuol sapere cosa penso? Che tutta questa faccenda è una stronzata! Una grandissima stronzata.»
«Si calmi. Perché sarebbe una stronzata?»
«È vero, ho spinto il mio superiore, e forse l’ho anche colpito. Non so esattamente che cosa sia successo, ma non intendo negare niente. E allora? Sospendetemi, trasferitemi, portatemi davanti alla Commissione Disciplinare, fate quello che volete, ma andare avanti così è una stronzata. Questo congedo non ha senso. Devo venire qui tre volte alla settimana per parlare con lei come se fossi un… Lei non mi conosce, non sa niente di me. Perché devo parlare con lei? Cosa c’entra lei?»
«Be’, la risposta è già nelle sue parole. Il Dipartimento non vuole punirla, ma curarla. L’hanno messa in congedo perché si riprenda, il che significa…»
«So che cosa significa, è proprio questa la stronzata. Qualcuno ha deciso arbitrariamente che io sono stressato e questo ha autorizzato il Dipartimento a sospendermi a tempo indeterminato, o almeno finché lei non riconosca che ho fatto progressi sufficienti per…»
«Non c’è niente di arbitrario. Mi sono limitata ad analizzare il suo comportamento, tutto qui.»
«Quello che è successo non ha niente a che fare con lo stress. La ragione è che… lasciamo perdere! Come ho detto, queste sedute non hanno senso. Tagliamo corto e arriviamo al punto. Che cosa devo fare per tornare a lavorare?»
Bosch vide la rabbia affiorare negli occhi della donna. Quel rifiuto a riconoscere la sua preparazione e la sua professionalità la feriva nell’orgoglio. Ma le passò in fretta: a furia di trattare con i poliziotti ci aveva fatto l’abitudine.
«Non si rende conto che hanno agito per il suo bene? Evidentemente al Dipartimento la considerano un elemento prezioso, altrimenti non sarebbe qui. Avrebbero potuto prendere un provvedimento disciplinare e lei avrebbe perso il lavoro, invece stanno facendo di tutto per salvarle la carriera.»
«Un elemento prezioso, dice? Non mi hanno mai dato l’impressione di considerarmi niente di più di un poliziotto qualsiasi. Sa cosa le dico, che stiamo perdendo tempo in due.»
La donna si schiarì la voce, poi riprese a parlare con maggior durezza.
«Lei ha un problema, detective Bosch. Un problema ben più grave dell’incidente che ha portato al suo congedo. È di questo che ci occuperemo nelle nostre sedute. L’incidente di cui parliamo non è stato l’unico, ha avuto delle difficoltà anche prima. Prima di dare la mia approvazione al suo rientro in servizio voglio che lei impari a guardarsi dentro. Che cos’ha in mente? Che cosa le succede? Perché ha queste difficoltà? Voglio che le nostre sedute siano un dialogo aperto: io le farò delle domande e lei risponderà liberamente. Lei non è qui per denigrare me, la mia professione, o i piani alti del Dipartimento, ma per parlare di sé. Qui conta solo lei, e nient’altro.»
Harry Bosch la guardò in silenzio. Aveva voglia di una sigaretta, ma non intendeva chiederle se poteva fumare. Se l’avesse fatto, lei avrebbe cominciato a disquisire di fase orale, di dipendenza dalla nicotina, e via dicendo. Così, tirò un bel respiro e guardò la donna che stava seduta dietro la scrivania. Carmen Hinojos era piccola, con il viso aperto e i modi amichevoli. Bosch sapeva che era una brava persona. Aveva sentito parlare bene di lei da quelli che erano stati spediti in terapia prima di lui. Stava solo facendo il suo lavoro. Non ce l’aveva con lei ed era certo che lo sapesse.
«Le chiedo scusa» disse la dottoressa. «Non avrei dovuto cominciare con una domanda così diretta. So che parlare dell’incidente non è facile. Proviamo a ricominciare, d’accordo? Ah, dimenticavo: può fumare se vuole.»
«C’è anche questo nel fascicolo?»
«No, ma mi è bastato guardare la sua mano. Continua a portarsela alla bocca. Sta cercando di smettere?»
«No, ma siamo in un ufficio pubblico. Mi risulta che sia vietato.»
Era una scusa debole, anche perché non aveva mai tenuto conto di quel divieto quando era ancora in servizio.
«Non siamo al Parker Center e non è un caso che i nostri uffici siano dislocati da tutt’altra parte. Qui non valgono le stesse regole.»
«Non è importante dove ci troviamo. Lei lavora per il Dipartimento.»
«Vorrei che non pensasse al Dipartimento quando è qui. Immagini di essere andato a trovare un’amica per fare quattro chiacchiere. Deve sentirsi libero di dire tutto quello che le passa per la testa.»
Lui sapeva benissimo che non sarebbe mai riuscito a vederla come un’amica. C’erano troppe cose in gioco. Ma annuì lo stesso, per farla contenta.
«Non è molto convincente.»
Alzò le spalle come per dire che più di quello non poteva fare. Ed era vero.
«A proposito, posso ipnotizzarla, se vuole. Per liberarla dalla dipendenza dalla nicotina.»
«Se volessi smettere, ci proverei da solo. La gente si divide in due categorie: i fumatori e i non fumatori. Io appartengo alla prima.»
«Già. Comunque fumare è il sintomo di una personalità autodistruttiva.»
«Mi hanno messo in congedo perché fumo? È questa la ragione?»
«Credo che lei sappia benissimo qual è la ragione.»
Bosch tacque, ricordandosi che aveva deciso di parlare il meno possibile.
«Andiamo avanti» continuò lei. «Dunque, è stato sospeso da… domani è una settimana?»
«Esatto.»
«Che cosa ha fatto in questo periodo?»
«Perlopiù ho riempito i moduli per la Protezione Civile.»
«La Protezione Civile?»
«La mia casa è stata dichiarata inagibile.»
«Sono passati tre mesi da quando è avvenuto il terremoto. Perché ha aspettato tanto?»
«Non ho avuto un attimo di tempo.»
«Capisco. Ha un’assicurazione?»
«No, non credo che possa capire. Quanto alla sua domanda, la risposta è no, niente assicurazione. Come la maggior parte delle persone, ho rimosso il problema… è così che dite voi strizzacervelli, no? Scommetto che lei ce l’ha un’assicurazione.»
«Sì. Quanto è stata danneggiata la sua casa?»
«Dipende da chi lo chiede. Per il comune "completamente". Sostengono che non ci posso nemmeno entrare. Dal mio punto di vista è in buone condizioni: ha solo bisogno di una sistemata. Il grosso dei lavori l’ho affidato a un’impresa, per il resto me la sbrigherò da solo. Quando sarà a posto, farò ricorso. Ho un avvocato.»
«Vive ancora lì?»
Lui annuì.
«Questa sì che è una rimozione, detective Bosch. Non credo che dovrebbe farlo.»
«E io non credo che lei debba interessarsi a quello che faccio fuori dal lavoro.»
La dottoressa alzò le mani in gesto di resa.
«Be’, anche se non sono d’accordo, può darsi che le serva. È bene che lei si tenga occupato, anche se preferirei che facesse dello sport, si dedicasse a un hobby, o magari progettasse un viaggio; deve fare di tutto per non pensare all’incidente.»
Bosch fece un sorrisetto.
«Che cosa c’è?»
«Non so, tutti continuano a chiamarlo "l’incidente". Mi ricorda quelli che parlando del Vietnam dicevano "conflitto", invece di "guerra".»
«Lei come definirebbe quello che è successo?»
«Non lo so, ma incidente suona… asettico. Senta dottoressa, torniamo indietro un momento. Io non voglio fare nessun viaggio, okay? Il mio lavoro è alla Omicidi. È lì che sono stato finora e vorrei tornarci.»
«Se il Dipartimento glielo permetterà.»
«Se lei me lo permetterà. Sa benissimo che dipende da lei.»
«Può darsi. Si accorge che parla del suo lavoro come di una specie di missione?»
«In un certo senso lo è, come la ricerca del Graal.»
Lo disse con sarcasmo. Era solo la prima seduta e già gli sembrava intollerabile.
«Davvero? Crede che la sua missione nella vita sia quella di risolvere i casi di omicidio e schiaffare gli assassini in prigione?»
Bosch alzò le spalle, quasi a dire che la domanda era irrilevante. Poi si alzò, si avvicinò alla finestra e guardò giù. Come sempre, i marciapiedi di Hill Street brulicavano di gente. Notò due donne bianche; in mezzo a tutte quelle facce asiatiche, sembravano due chicchi d’uva in un mare di riso. Le donne passarono davanti alla vetrina di una macelleria cinese, dov’era esposta una fila di oche affumicate appese per il collo.
Al di là della strada, Bosch fissò il cavalcavia della Hollywood Freeway, le finestre scure della vecchia prigione della contea e, dietro, il palazzo del tribunale alla cui sinistra svettava la torre del municipio. Dei teloni neri erano stati distesi attorno agli ultimi piani dell’edificio. Sembravano un segno di lutto, ma servivano a impedire la caduta dei detriti durante le riparazioni successive al terremoto. Oltre il municipio, Bosch vide il palazzo di vetro del Parker Center, il quartier generale della polizia.
«Mi dica lei qual è la sua missione» chiese la dottoressa Hinojos, calma, alle sue spalle. «Come la definirebbe?»
Lui tornò a sedersi e pensò a un modo per spiegarsi, ma alla fine scosse la testa.
«Non ci riesco.»
«Be’, voglio che ci rifletta. Qual è veramente la sua missione? Ci pensi.»
«E la sua missione, dottoressa?»
«Non è di questo che ci dobbiamo occupare.»
«Perché no?»
«Mi ascolti bene, detective, questa è l’unica domanda personale alla quale risponderò. Le nostre conversazioni non riguardano me, ma lei. Credo che la mia missione sia aiutare chi lavora al Dipartimento. Diciamo che questo è l’obiettivo primario. Se riesco a raggiungerlo, indirettamente aiuto la comunità, la gente di questa città. Meglio stanno i poliziotti, meglio stiamo noi. Siamo più sicuri. Tutto chiaro?»
«Chiarissimo. Quando penso alla mia missione, vuole che la sintetizzi in un paio di frasi come queste e le reciti come se le leggessi da un dizionario?»
«Detective Bosch, se continuerà a provocarmi non arriveremo da nessuna parte, il che significa che lei non ...

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