Gesù e i saldi di fine stagione
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Gesù e i saldi di fine stagione

Perché la Chiesa non "vende" più

  1. 304 pagine
  2. Italian
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Gesù e i saldi di fine stagione

Perché la Chiesa non "vende" più

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Immaginate che un guru del marketing sia convocato presso la Santa Sede da un alto prelato vaticano. Immaginate gli sia sottoposto il problema della perdita di credibilità della Chiesa e della inarrestabile emorragia di fedeli: fuga verso altri culti, seminari vuoti, messaggi accusati di anacronismo, preti che non ispirano fiducia, liturgie con pochi praticanti, rifiuto dell'etica evangelica. Immaginate che il consulente riceva l'incarico di studiare un "rilancio" e accetti la sfida, persuaso che la curva in discesa della sua committente non sia da attribuirsi solo a una crisi di contenuti, che sembrano essere lontani dalla modernità, ma anche a una crisi di comunicazione, quasi che le gerarchie non riescano più a riformulare efficacemente i fondamenti della religione cristiana.
Accade così che uno dei più quotati esperti di comunicazione strategica in Italia decida di cimentarsi nell'analisi delle cause che hanno arrestato il moto di espansione del cattolicesimo negli ultimi decenni. È un viaggio appassionante alla fine di una stagione, ma è soprattutto la scommessa di trovare una nuova strada: una strategia che aiuti la Chiesa a ristabilire la purezza della sua "marca", a riscoprire l'essenza del suo "prodotto", a rimotivare la "forza vendita" dei sacerdoti e dei religiosi e a "fidelizzare" vecchi e nuovi credenti attraverso la più straordinaria e capillare rete di punti in franchising – diocesi e parrocchie – che sia mai stata creata nella storia.
In gioco c'è la sopravvivenza stessa del cristianesimo.

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Informazioni

Anno
2011
ISBN
9788858503263

PERCHÉ LA CHIESA
NON “VENDE” PIÙ?

UNA MULTINAZIONALE IN CRISI

Questo libro è il diario di un'avventura durata pochi mesi, la sfida raccolta da un esperto di strategia che ha partecipato senza saperlo ai preparativi per l'ultima battaglia che la più grande multinazionale del mondo, la Chiesa cattolica, dovrà presto affrontare: quella da cui dipende il suo destino. La crisi che sta attraversando la Chiesa è forse la più grande e globale mai vissuta dalla sua fondazione. Una crisi di fedeli, che spesso nel loro credo non trovano più risposte ai problemi di oggi, ma anche una crisi di contenuti, dal momento che le gerarchie non riescono a reinterpretare in modo attuale i principi secolari su cui si basa il credo stesso.
Dando per scontato che il prodotto sia sempre stato il migliore disponibile sul mercato, e che sia stata proprio la Chiesa a inventare il marketing, avendone utilizzato praticamente tutte le tecniche nell'arco di duemila anni, perché oggi il cattolicesimo non sembra più fare presa come un tempo presso il pubblico? Perché sempre più persone scelgono altre strade senza rendersi conto che in realtà non si sono mai allontanate dal cattolicesimo?
Esiste una crisi delle vocazioni per quanto riguarda il clero e una crisi di fede e di appartenenza fra coloro che si professano cattolici. C'è inoltre una crisi di comunicazione: una perdita di efficacia delle strategie di contatto con i fedeli e con il resto del mondo da parte di un management che sembra vivere in una dimensione sempre più lontana da quella delle persone comuni e dalla vita di tutti i giorni. Lo stesso popolo della Chiesa è sempre meno interessato alle vicende interne della curia e alla “ragion aziendale” in virtù di cui spesso vengono formulati messaggi contraddittori a seconda delle opportunità politiche. I fedeli preferiscono avere un rapporto con i loro referenti più vicini, in genere con la parrocchia, qualche volta con il vescovo (anche se questa figura viene imposta sempre dall'alto dell'istituzione, e non più eletta dai fedeli e dal clero delle comunità locali come accadeva nei primi secoli del cristianesimo). Esiste perfino una crisi del mercato delle ostie, fenomeno apparentemente trascurabile se non fosse che la causa è molto più importante: sempre meno gente è disposta a confessare i propri peccati al prete ritenendo evidentemente la Chiesa incapace di dare risposte adeguate ai problemi di oggi1. D'altra parte, un recente sondaggio ha mostrato che la fiducia nella Chiesa è arrivata ai minimi storici: per quanto riguarda la piena fiducia dei fedeli verso l'istituzione, si è passati da un 59,2% nel 2000 a un 47,2% nel 2010; dato ancora più significativo è stato espresso riguardo alla fiducia nel papa, dove si è passati da un 77,2% nel 2003, con Wojtyla, a un secco 46% nel 2010, con Ratzinger2.
Ma esiste soprattutto un fronte “istituzionale” del dissenso preoccupato dall'esplosione, in epoca ratzingeriana e bertoniana, di movimenti ecclesiali sempre più autonomi e potenti, che minacciano di frantumare l'unità della Chiesa. Il problema è quello di un sempre più precario equilibrio fra spinte centrifughe e tendenze centripete. Per fare un esempio, ci sono molti critici del “centralismo” del segretario Bertone rispetto all'episcopato, che auspicano come ha scritto recentemente Alberto Statera «un riposizionamento dell'asse di potere semmai verso le sette e la tolleranza per la loro eccessiva autonomia, che rischia di produrre errori del papa (come quello della pace siglata con i lefevriani, proprio mentre il vescovo Richard Williamson riaffermava il negazionismo sull'Olocausto). Insomma la “settarizzazione” aggiunge malumori a malumori. I movimenti ecclesiali per il cardinal Sodano “sono risorse essenziali”, ma a patto che siano capaci di “integrarsi nella vita della Chiesa con umiltà”. È umile l'approccio in questa fase di Comunione e Liberazione, Opus Dei, Comunità di Sant'Egidio? Don Giuseppe Dossetti, sospettoso dei “procedimenti segreti”, si chiedeva sull'Opera: “Dove si distingue questa cosa dalla Massoneria?”. Anche la Comunità di Sant'Egidio, al comando di Andrea Riccardi, è un'organizzazione piuttosto impenetrabile. Occorre fare attenzione allora alla “settocrazia”, non solo alla deriva che il vaticanista Giancarlo Zizola definisce “avignonese”, con i fenomeni di ingerenza della Chiesa nello stato, che oggi potrebbero semplicemente essere trasferiti dalla Cei alla segreteria di stato e traslati ad ancelle potenti come CL»3.
In definitiva, troppe linee di marketing e troppo autonome, in apparente concorrenza fra loro, sono difficili da gestire e rischiano di indebolire anziché rafforzare la struttura stessa della Chiesa.
Ma non esistono solo problemi interni, esiste anche una sempre più agguerrita concorrenza esterna costituita da nuovi culti che attraggono masse sempre più consistenti di fedeli. Da Oriente a Occidente l'emorragia non sembra arrestarsi. I culti più insidiosi sono quelli che permettono una doppia appartenenza, consentendo ai cattolici di mantenere la loro fede inquadrandola per così dire in un contesto diverso. Si tratta di una risposta simmetrica ed equivalente ai tentativi di penetrazione da parte della Chiesa cattolica nelle culture diverse, in particolar modo in Africa e in Sud America, con i cosiddetti culti “sincretici” che consentono la sopravvivenza della fede locale, sia pure coniugata in termini cattolici.
Leggendo uno degli autori cattolici più sensibili alle tematiche della crisi e del rinnovamento della Chiesa, il teologo Hans Küng, ci si imbatte in una consapevolezza che non sembra essere condivisa dalle alte gerarchie quando afferma che «le religioni possono anche morire»4. Viene da chiedersi se il cattolicesimo, quello della Chiesa di Roma, non sia già morto. Se non lo è ancora, di certo non gode di buona salute e, se non darà presto segni concreti di rinnovamento, è ormai avviato verso un inesorabile declino. Se si volesse fare un'analisi da un punto di vista gestionale, utilizzando ad esempio i nove parametri che nelle scuole di management sono comunemente adottati come indicatori dello stato di crisi di un'azienda, si direbbe che sono presenti quasi tutte le condizioni per poter diagnosticare una prossima fine della Chiesa:
1) Visione aziendale confusa: ovvero, la vision e la mission5 non ispirano più la gente, comincia a non esserci più allineamento strategico fra obiettivi, filosofia aziendale e le poche idee di rinnovamento presenti; non si comprende bene dove stia andando l'organizzazione e se questo stato di cose permarrà anche in futuro.
2) Scarsa leadership: ovvero mancanza di spirito di iniziativa da parte della dirigenza che ha paura del cambiamento, il management ha uno stile di gestione troppo rigido o, in altri casi, lascia che le cose vadano avanti da sole, non guida ma si limita ad amministrare, oppure attua la cosiddetta “microgestione” con un controllo esagerato di ogni singolo step del processo, ostacolando di fatto la crescita dell'organizzazione.
3) Cultura aziendale non condivisa6: una condizione che si verifica quando non tutti i valori aziendali sono vissuti in modo coeso dal personale, internamente si diffonde una cultura della colpa e non della responsabilità, ci si concentra sui problemi e non sulle opportunità, la gente perde fiducia nei manager e nel loro operato.
4) Eccessiva burocrazia: ovvero strutture organizzative troppo stratificate, troppa distanza fra il management e gli altri livelli di gestione, processi decisionali troppo lenti, quantità eccessiva di strumenti di controllo e documenti di riferimento tale da scoraggiare il pensiero creativo.
5) Mancanza di iniziativa: quando i dipendenti non sono autorizzati ad averne, c'è scarso incoraggiamento personale e scarsa motivazione, i dipendenti non hanno la sensazione che il loro lavoro sia utile, il management non riesce a coinvolgere l'organizzazione con efficacia, le persone lavorano in modo difensivo e non creativo, ovvero si limitano a fare lo stretto indispensabile.
6) Scarsa comunicazione verticale: quando il personale non ha un'idea chiara del quadro generale, si vive un clima di incertezza in cui la gente non sa che cosa pensi il top-management e non si sa nemmeno quali siano i suoi progetti di sviluppo.
7) Scarsa sinergia interna: ovvero scarsa collaborazione fra gruppi, mancanza di obiettivi e di spirito di collaborazione trasversale fra dipartimenti, mancanza di coordinamento di questi processi.
8) Scarso lavoro di squadra: ovvero carenza di obiettivi condivisi, scarsa propensione al lavoro di gruppo, capigruppo deboli, team di lavoro troppo grandi, nessun riconoscimento per i risultati ottenuti.
9) Carenza di idee: quando non vengono favoriti né lo scambio né la circolazione di idee, né la creatività, e non c'è gestione della conoscenza.
Quasi tutti questi sintomi sono ormai visibili e riconoscibili, ma questa sarebbe ancora una fotografia parziale della situazione. Il mondo cattolico è un universo immenso costituito da sistemi planetari indipendenti fra loro, galassie, costellazioni, pianeti, che riproducono complessivamente un sistema astronomico di stampo pre-galileiano in cui si ha la pretesa che tutto ruoti intorno a un unico centro: il Vaticano. Purtroppo, com'è stato dimostrato, un sistema del genere è lontano dalla realtà. E anche la battaglia contro il relativismo ingaggiata dall'ultimo papa denota una rigidità di vedute e una miopia che nessun cannocchiale potrebbe colmare.
Ovviamente, quella che si profila non è una battaglia vera ma una battaglia di “mercato”. Tuttavia, la concorrenza non scherza affatto. E, prima di confrontarsi con essa, occorre ridare al più presto entusiasmo alle truppe, rinforzare la fiducia delle masse, e reimpostare una strategia. Un lavoro che i manager della più grande multinazionale del mondo non sembrano ancora aver intrapreso.
1 G. GALEAZZI, Ostie in crollo, «La Stampa», 5/11/2009. Nell'articolo si parla di un crollo delle vendite in Italia del 15%.
2 Fonte: Sondaggio Demos&Pi, indagine realizzata per «la Repubblica» in collaborazione con LaPolis-Laboratorio di Studi Politici e Sociali dell'Università di Urbino “Carlo Bo”, aprile 2010.
3 A. STATERA, La “settocrazia” di CL e Opus Dei nuova insidia all'unità della Chiesa, «la Repubblica», 23/02/2010.
4 H. KÜNG, Ciò che credo, Rizzoli, Milano 2010, p. 134.
5 La visione e la missione di un'azienda riassumono tutta la sua filosofia e i suoi obiettivi.
6 Cfr. E.H. SCHEIN, Cultura d'azienda e leadership. Una prospettiva dinamica, Guerini e Associati, Milano 1998.

LEZIONE DI BRANDING
ALLA LATERANENSE

Non avrei mai immaginato che un giorno me li sarei trovati di fronte. Proprio loro che ho sempre visto come il mio “buon nemico”. Invece erano riusciti, con un complicatissimo passaparola che ho avuto modo di ricostruire in seguito e con estrema discrezione, a fare in modo che mi trovassi lì dove mi trovavo quel pomeriggio di metà dicembre, in un salone damascato pieno di marmi e di quadri barocchi, a fare anticamera per una riunione che, dalle precauzioni e dai silenzi che l'accompagnavano, si preannunciava molto importante. Avevo con me una ventiquattr'ore piena fino a scoppiare di copie fascicolate della mia relazione, un registratore digitale e un computer portatile che erano già stati aperti e controllati minuziosamente dagli specialisti in security della gendarmeria. Era la prima volta che mi trovavo in Vaticano.
All'ingresso di porta Angelica, poco prima del posto di guardia, avevo trovato ad attendermi un giovane prete francese in clergyman. Mi aveva riconosciuto subito, cosa abbastanza sorprendente non avendolo io mai visto prima, ed era rimasto fuori mentre venivano effettuati rapidamente i controlli di rito. Seppi in seguito che, dopo l'attentato al papa, e vari tentativi d'ingresso da parte di mitomani di tutti i tipi, esponenti della gendarmeria vaticana partecipavano regolarmente a tutti i seminari di aggiornamento e stage internazionali sulla sicurezza e c'era in questa materia una discreta rivalità con le guardie svizzere. Dopo i controlli, avevo ritrovato il francese che con un sorriso tenue mi faceva cenno di seguirlo. Evidentemente l'accoglienza degli ospiti non era la sua mansione abituale perché l'unica cosa che seppe fare fu quella di sedersi davanti a me nella sala d'aspetto senza dire una parola. Fuori, un agente della gendarmeria con un radiotelefono in mano attendeva ordini. Di lì a poco qualcuno sarebbe venuto a prendermi per accompagnarmi nel luogo in cui avrei dovuto tenere la mia relazione. Nonostante tutto, l'atmosfera era cordiale e rispettosa. Io invece ero piuttosto preoccupato. C'era voluto diverso tempo prima di poter arrivare a quell'incontro e forse stavo giocando una partita più grande di me. Ma perché mi trovavo lì?
Tutto era iniziato cinque mesi prima, quando tenni una lezione come docente ospite alla Pontificia Università Lateranense. Erano i primi di giugno, la fine dell'anno accademico, e nonostante fosse periodo d'esami e il tema della mia conferenza fosse decisamente noioso (De signatura rerum: l'importanza del branding nella comunicazione istituzionale), l'aula era gremita, piena di giovani attentissimi. Avevo ripreso alcuni temi a me cari, come ad esempio il confronto fra il brand management1 nella comunicazione commerciale e in quella pubblica e istituzionale, con esempi che spaziavano dalle multinazionali del largo consumo alle grandi compagnie dell'energia fino alle fonda...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Nota bio-bibliografica
  4. Perché la Chiesa non “vende” più?
  5. La concorrenza interna
  6. La concorrenza esterna
  7. Una strategia per Gesù
  8. I retroscena
  9. Prima di andare in stampa