AD 2012
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AD 2012

La donna, il drago e l'Apocalisse

  1. 210 pagine
  2. Italian
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AD 2012

La donna, il drago e l'Apocalisse

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La domanda che ricorre più spesso a proposito del 2012 è: sarà la fine del mondo? Per rispondere a questo interrogativo e per orientarsi tra i mille annunci di sventura e le molteplici previsioni catastrofiste l'unica soluzione è riferirsi alle profezie cristiane. Fin dai Vangeli e dal Libro dell'Apocalisse, infatti, il tema della fine del mondo ha conosciuto grande fortuna, suscitando accesi dibattiti e diverse interpretazioni, non di rado intrecciandosi con dottrine esterne al cristianesimo e al limite dell'eresia. Se si vuol conoscere ciò che davvero attende l'umanità nel prossimo futuro occorre però esaminare con attenzione quelle che si possono considerare vere e proprie profezie dei tempi moderni, ovvero le apparizioni della Madonna. In particolare, bisogna rileggere quanto accaduto da Rue du Bac, nel 1830 a Parigi, fino a Medjugorje, ai giorni nostri: un crescendo di manifestazioni mariane che svelano il futuro del mondo, indicando chiaramente come l'uomo contemporaneo stia correndo il rischio dell'autodistruzione del pianeta, oltre che della perdita della fede e del senso morale. Per rimediare a questa drammatica situazione e far fronte agli attacchi del male, la Madonna interviene, con una presenza oggi sempre più intensa, a richiamare l'umanità alla conversione, con una urgenza e una premura che fanno comprendere come si tratti di una sorta di "ultimo appello" a ritornare a Dio.

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Informazioni

Anno
2011
ISBN
9788858505236

1

Le profezie di Guadalupe e Quito

Il 9 dicembre 1531 all’indio Juan Diego, convertitosi nel 1524 al cristianesimo, apparve una fanciulla che si presentò come la «perfetta sempre Vergine santa Maria». L’uomo stava salendo sulla collina del Tepeyac, alla periferia nord dell’attuale Città del Messico, per recarsi a una lezione di catechismo e la richiesta che la Madonna gli rivolse fu di costruire in quel luogo «la mia piccola casa sacra».
Juan Diego si recò dal vescovo, il francescano Juan de Zumárraga, che però gli chiese un segno per essere certo che si trattasse realmente di una apparizione soprannaturale. Dopo altre due visioni, il 10 e l’11 dicembre, l’indio ebbe l’ultima apparizione il 12 dicembre. La Vergine gli pose nel mantello dei fiori prodigiosamente sbocciati sul monte, dicendogli di mostrarlo al vescovo.
Juan Diego seguì fedelmente le indicazioni e, non appena mostrò a monsignor de Zumárraga il mantello, comparve l’immagine della Madonna, tuttora visibile. Il vescovo si attivò immediatamente per la costruzione di una cappella sul luogo dell’apparizione, pronta già il 26 dicembre successivo. La festa di san Juan Diego si celebra il 9 dicembre, mentre quella di Nostra Signora di Guadalupe è il 12 dicembre.
L’apparizione di Guadalupe ebbe luogo dodici anni dopo che le caravelle dello spagnolo Hernán Cortés avevano raggiunto quello che oggi noi chiamiamo Messico. L’arrivo dei conquistatori europei era avvenuto in concomitanza con una leggenda azteca secondo la quale proprio in quell’anno, il 1519, Quetzalcoatl, il dio azteco dal viso pallido, sarebbe tornato per rivendicare la guida della nazione. La credenza degli indigeni in questa antica tradizione bloccò la resistenza del re azteco Montezuma e favorì molto la conquista spagnola. Gli indios erano infatti convinti di non avere davanti un uomo, ma un dio tornato sulla terra. Il giorno dello sbarco, il 22 aprile, era il Venerdì santo, e per questo motivo Cortés vestiva di nero. Gli Aztechi ritenevano che Quetzalcoatl sarebbe tornato il giorno del suo onomastico, che secondo il loro calendario cadeva proprio quel 22 aprile. Ed erano convinti che il dio sarebbe giunto vestito di nero.
La prima importante apparizione della Madonna nell’era moderna, non soltanto avveniva a pochi anni di distanza da questi eventi, suggellando di fatto il meticciato, dato che la Vergine si presentò con caratteristiche meticce, ma soprattutto avveniva durante la Riforma protestante, quando la Chiesa cattolica iniziava a riformare se stessa per rispondere a quell’evento. «Dal momento che le apparizioni della Madonna di Guadalupe ebbero luogo durante il periodo della Riforma», scrive Donald Anthony Foley nel suo Libro delle apparizioni mariane, «possiamo comprenderne realmente il vero significato solo in rapporto con questo evento storico. In quest’ottica, emerge con chiarezza che non è fantasioso considerare Guadalupe una parte della risposta di Dio alla frattura prodottasi nella cristianità e formalizzata dalla rivolta di Martin Lutero».
Il luogo delle apparizioni avrebbe acquisito una particolare importanza per gli indios, dato che proprio lì veniva venerata la presenza di Tonantzin, la «madre degli dèi». Anche il nome di «Guadalupe» è significativo: non soltanto è legato all’omonimo santuario mariano in Spagna, ben noto al vescovo francescano Zumárraga. È probabile che la denominazione derivi dal tentativo dell’interprete, che ascoltava il racconto del veggente, di tradurre in linguaggio nahuatl il titolo di Maria: Coatlaxopeuh. Un’espressione che significa «Colei che spezza, calpesta o schiaccia il serpente». Un riferimento interessante alla Donna dell’Apocalisse ma anche alle future apparizioni di Rue du Bac.
Fra l’altro, il serpente era uno dei simboli più diffusi tra gli Aztechi, che avevano divinità raffigurate in questo modo. Quetzalcoatl, rappresentato come un serpente piumato, era una delle divinità più importanti; era venerato come creatore e dio del vento, della cultura e della conoscenza. Altri dèi-serpenti erano Mixcoatl, divinità del «serpente-nuvola», e le due divinità femminili Cihuacoatl, «donna-serpente», e Coatlicue, «veste di serpente».
Ha osservato Warren H. Carroll: «Il serpente era un simbolo quasi universale della religione messicana. I sacrifici erano annunciati dal rullo prolungato di un immenso tamburo, fatto di pelle di serpenti giganti, udibile a tre chilometri di distanza. In nessun altro momento della storia umana Satana ha a tal punto formalizzato e istituzionalizzato il proprio culto con così tanti titoli e simboli demoniaci». Appare dunque comprensibile come la principale apparizione mariana dell’era moderna presentasse un parallelismo con i capitoli che aprono il libro della Genesi, cioè il primo testo della Bibbia, là dove si parla della Donna che schiaccia la testa al serpente. Si può dunque affermare che a Guadalupe la Vergine, la «Donna della Genesi», la nuova Eva, abbia schiacciato la testa del serpente, simbolo tipico dell’adorazione nella religione azteca, aprendo così la strada all’adorazione del vero Dio in Messico.
I padri della Chiesa, oltre a paragonare Maria con Eva, accostano la verginità primigenia del giardino dell’Eden con quella della Madonna. Le apparizioni guadalupane avvengono in quelle zone del nuovo continente americano che, dal punto di vista occidentale, rappresentano le “terre vergini”, anche se pagane. Maria appare dunque nel Nuovo Mondo come segno di una rinascita del genere umano, proprio quando la Riforma protestante stava minando i princìpi sui quali si era basata la civiltà cristiana medievale.
Basta dare una rapida occhiata ai numeri per rendersi conto di quanto avvenuto in quelle terre dopo l’evento di Guadalupe. Già nel 1537, appena sei anni dopo, il francescano Toribio de Benavente, conosciuto anche come «il poveretto» dagli indios, avrebbe dichiarato che erano stati battezzati nove milioni di indigeni. Non era accaduto lo stesso in altre regioni sottoposte alla conquista di spagnoli e portoghesi, dove l’evangelizzazione era stata più lenta ed era durata secoli. In Messico nei primi anni Trenta del Cinquecento, accadde invece qualcosa di straordinario. Anche per questa ragione il mariologo René Laurentin ha scritto che Guadalupe è considerata dagli storici «il fondamento della cultura e della civiltà meticcia del Nuovo Mondo».
Il simbolismo che accompagna l’immagine rimasta impressa sul mantello di Juan Diego fu di particolare importanza per i messicani, poiché, anche se Maria non era vestita come una principessa azteca, gli indios comprendevano che la Madonna rappresentava una persona più potente delle loro divinità. Si era presentata come la Madre di Dio, una regina potente, ma tuttavia non una dea, dato che le sue stesse mani erano giunte in segno di supplica, poiché intenta a pregare Dio. E aveva sul capo la corona di dodici stelle che ritroveremo in altre apparizioni e che la qualifica come la Donna dell’Apocalisse.
Dobbiamo anche notare che a Guadalupe la Madonna si era manifestata come l’«Immacolata Concezione», innanzitutto perché nel giorno dell’apparizione, il 9 dicembre, all’epoca si festeggiava proprio questa ricorrenza liturgica. Tre secoli dopo, la Vergine, apparendo a Bernadette Soubirous a Lourdes, dirà di se stessa: «Io sono l’Immacolata Concezione», confermando il dogma definito da Pio IX, dopo aver consultato l’episcopato mondiale, l’8 dicembre 1854.
Le conversioni di massa nel Nuovo Mondo risultarono ai conquistadores come una conferma celeste, in un momento nel quale, nel Vecchio Continente, molte popolazioni abbandonavano la fede cattolica per abbracciare il protestantesimo. È da sottolineare, ancora, che proprio nel 1531, in febbraio, i governanti luterani avevano istituito la Lega di Smalcalda, per contrastare il tentativo di imporre nuovamente il cattolicesimo da parte dell’imperatore Carlo V. La Lega si sarebbe rivelata fondamentale per consolidare il protestantesimo. In quello stesso anno avviene l’apparizione di Guadalupe.
Quarant’anni dopo, l’Europa subisce una nuova minaccia di invasione islamica. Papa Pio V decise di promuovere una crociata contro l’agguerrita flotta composta da oltre duecentocinquanta navi turche, che si era raccolta nel Mediterraneo orientale. Il 7 ottobre 1571 le due flotte si affrontarono a Lepanto, e com’è noto i cristiani vinsero riuscendo a distruggere quasi completamente la flotta turca. Carlo V di Spagna aveva dato una copia dell’immagine della Madonna di Guadalupe all’ammiraglio, il principe genovese Doria, il quale durante l’aspra battaglia la conservò nella sua cabina. «La sua flottiglia» scrive Foley «fu isolata dal resto della flotta cristiana e si dice che, quando la situazione era ormai disperata, egli si inginocchiò e pregò davanti all’Immagine affinché li salvasse dalla sconfitta; a quel punto la battaglia assunse una piega diversa, mutando a loro favore, e la distruzione della flotta turca permise la liberazione di quindicimila rematori di galea cristiani.» Anche il Papa, durante la battaglia, avrebbe avuto una visione e la rassicurazione da parte di Maria che i cristiani avrebbero vinto.
San Pio V attribuì il risultato all’intercessione della Vergine, supplicata dalle preghiere delle confraternite del rosario, e stabilì che la battaglia di Lepanto venisse commemorata ogni anno. Inizialmente conosciuta con il nome di festa di Santa Maria della Vittoria, questa celebrazione sarebbe poi diventata la festa di Nostra Signora del Rosario. Un secolo dopo, quando ancora una volta l’Europa fu sotto la minaccia islamica, anche la vittoria di Vienna riportata dal re polacco Giovanni III Sobieski, nel 1683, sarebbe stata attribuita al potere di intercessione della Madonna del Rosario. «Da questo momento in poi» osserva Foley «il rosario assunse un’importanza ancora maggiore nella vita della Chiesa. Una preghiera raccomandata da numerosi santi, fra cui san Louis Marie Grignion de Montfort, e che i cattolici sono stati incoraggiati a recitare praticamente da tutti i Papi dal XV secolo in poi».
Un secolo dopo le apparizioni di Guadalupe, la sera del 2 febbraio 1634, a Quito in Ecuador, nel convento dell’Immacolata Concezione, una religiosa, suor Maria-Anna di Gesù, mentre pregava da alcune ore davanti al Santissimo Sacramento, vide spegnersi la lampada e la chiesa fu avvolta da una luce soprannaturale. Suor Maria-Anna udì una voce femminile che le diceva: «Mia amata figlia, io sono Maria del buon successo, tua Madre e tua protettrice... Tra dieci mesi e dieci giorni tu chiuderai gli occhi alla luce terrena per riaprirli alla luce della chiarezza eterna».
La Vergine le avrebbe parlato della magnificenza del cielo, ma anche della tiepidezza di molti religiosi e fedeli laici. E questo specialmente nei tempi difficili del XX secolo, nel quale «fede e abitudini verranno sempre di più distrutte e gli ordini religiosi e le professioni sacerdotali andranno perduti, mentre i giovani diventeranno sempre più corrotti. La Chiesa andrà in rovina a causa delle eresie e della secolarizzazione. Fino a che, dopo una spaventosa catastrofe, verrà rinnovata». Un messaggio profetico che, con secoli d’anticipo, appare coincidente con quelli delle apparizioni più recenti.

2

Occhi aperti sulla Rivoluzione

Il 9 luglio 1796 il volto della Madonna dell’Archetto, in una strada del centro romano, cominciò ad aprire e a chiudere gli occhi. Ebbe così inizio in tutta Roma una sequenza di animazioni prodigiose di immagini mariane: se ne contarono, nell’arco di alcuni mesi, oltre un centinaio, documentate in una relazione coeva. Papa Pio VI indisse immediatamente un ciclo straordinario di missioni popolari, con predicazioni che si svolsero dal 10 al 26 luglio nelle principali piazze cittadine.
Nel medesimo periodo anche ad Ancona, Rimini, Sant’Agata Feltria, Todi, Sant’Angelo in Vado, Frascati, Ceprano e diverse altre località, alcune icone della Vergine avevano mosso gli occhi, in coincidenza con l’invasione dello Stato pontificio da parte delle truppe di Napoleone Bonaparte. L’11 febbraio 1797 quest’ultimo avrebbe personalmente assistito a un’ulteriore manifestarsi del miracolo, nella cattedrale anconetana.
Dopo un’accurata inchiesta, durante la quale vennero ascoltate le dichiarazioni giurate di moltissimi testimoni oculari, fu sancita la veridicità di tali eventi. Per il 9 luglio si inserì nel calendario liturgico la festa dei prodigi della Beata Vergine.
È particolarissimo, e per certi versi unico, ciò che accadde alla fine del Settecento a Roma e in altre città d’Italia, quando varie immagini mariane presero – secondo le testimonianze dell’epoca – ad aprire e chiudere gli occhi. Un evento giudicato prodigioso dallo stesso papa Pio VI, avvenuto in concomitanza con l’invasione dello Stato pontificio da parte di Napoleone.
Vale la pena di ricordare come l’arrivo delle truppe dell’imperatore francese rappresenti il culmine di un processo, quello della Rivoluzione francese, che si era presentato con violenti accenti anticattolici. «Schiacciamo l’infame!», era lo slogan che Voltaire rivolgeva contro la Chiesa. Una rivoluzione che aveva preso avvio proprio in Francia, cioè in quella che era chiamata la «figlia primogenita della Chiesa».
Nel 1790, l’Assemblea costituente aveva redatto la cosiddetta Costituzione civile del clero, preparata dai giansenisti, tramite la quale vennero conculcati i diritti della Chiesa. L’Assemblea legislativa succeduta alla Costituente aveva ulteriormente inasprito le norme antiecclesiastiche. Nel 1792 erano state soppresse tutte le congregazioni religiose e questo aveva comportato la chiusura di circa tremila conventi, sia maschili che femminili. Era inoltre stato proibito di indossare l’abito ecclesiastico. L’anno successivo, con un decreto ad hoc, era stato imposto a tutti i francesi il culto della dea ragione e della dea natura. Le due nuove “divinità”, impersonate da due prostitute, erano state portate in pompa magna nella cattedrale di Notre-Dame.
Le leggi antireligiose della Francia rivoluzionaria furono estese anche in Olanda, in Belgio, in parte della Germania e della Svizzera. Nel 1798 il generale francese Berthier occupò Roma e istituì la Repubblica romana. Pio VI fuggì in Toscana, da dove venne quindi deportato, l’anno successivo, a Valenza, nel Delfinato, dove morirà il 29 agosto 1799.
Anche la Spagna in questo periodo non fu esente da persecuzioni contro la Chiesa. Il re cattolico Carlo III mise al bando seimila gesuiti. E poco prima, in Austria e Ungheria, Giuseppe II aveva soppresso circa seimila conventi, mettendo al bando ventimila religiosi.
È in questo contesto che, a partire da sabato 9 luglio 1796, accadde il prodigio dell’animazione delle immagini mariane. Sarà ricordato come un anno di paura: alle popolazioni italiane arrivavano infatti notizie sull’avanzata di Napoleone Bonaparte, sulla ferocia dei suoi soldati, sugli incendi, i saccheggi, le violenze, gli stupri, le requisizioni, gli atti contro la religione, la durissima repressione di chi provava a resistere.
A Roma, il fenomeno iniziato con la Madonna dell’Archetto si diffuse prestissimo e la sera di quello stesso giorno ogni quartiere della città aveva la sua Madonna che muoveva gli occhi. Alla fine se ne conteranno centouno, con ulteriori ventuno in località diverse, sempre nello Stato della Chiesa. «In qualcuna delle immagini» spiegano Vittorio Messori e Rino Cammilleri nel libro Gli occhi di Maria «si aggiunge anche questo fenomeno: i colori, sbiaditi dal tempo, si rianimano e prendono le sfumature delicate di una persona viva. Qualcun’altra assume un’espressione dolorosa, e lacrime colano dagli occhi».
Appena due giorni prima dell’inizio del fenomeno, per le vie di Roma erano stati affissi dei manifesti che annunciavano indulgenze straordinarie del Papa a favore di coloro che, nella preghiera, scongiuravano Maria perché «volgesse misericordiosa e amorevole i suoi occhi sopra la città». Una pubblica, pressante richiesta affinché lo sguardo della Madonna si manifestasse. Come puntualmente avvenne quarantott’ore più tardi.
Furono mille i testimoni che diedero la disponibilità a deporre sotto giuramento nel procedimento canonico voluto da Pio VI per stabilire la natura dell’accaduto. Le prime ottantasei testimonianze risultarono talmente precise e concordanti da far giudicare superfluo raccoglierne altre e, al termine dell’inchiesta, il cardinale vicario Giulio della Somaglia emise la sentenza il 28 febbraio 1797, riconoscendo come veri i fatti miracolosi.
«In Ancona» spiegano Messori e Cammilleri «gli occhi di Maria avevano cominciato a muoversi il 25 giugno 1796. Ancora un sabato. Forse è solo una coincidenza, ma il sabato è il giorno che la tradizione lega al culto della Vergine. Quello stesso 25 giugno Ancona seppe dell’umiliante armistizio imposto dai francesi ai pontifici e firmato tre giorni prima a Bologna. Una clausola prevedeva l’occupazione della città adriatica con il suo importantissimo porto che, diventato “franco” nel 1732, aveva fatto di Ancona forse il maggiore centro economico degli Stati della Chiesa». La Santa Sede avrebbe in seguito riconosciuto ufficialmente anche il prodigio di Ancona.
All’immagine della città marchigiana viene attribuito pure un altro “miracolo”, dato che proprio la sera in cui la Madonna aprì e chiuse gli occhi si sarebbe dovuta verificare una congiura giacobina. Ha scritto Sandro Petrucci nel suo saggio Insorgenti marchigiani: «Sembra che, alla notizia dell’armistizio di Bologna e della sorte che sarebbe toccata ad Ancona, esponenti giacobini distribuissero armi fra la gente del porto, diffondendo la notizia secondo la quale a chiamare i francesi erano stati i “signori”, i quali, per quel motivo, meritavano di essere assaliti». Un “pentito” avrebbe ricevuto un buon numero di armi raccolte per la rivolta e le avrebbe deposte sui gradini dell’altare del miracolo come ex voto.
«In effetti» commentano Messori e Cammilleri «faceva parte della strategia degli invasori il cercare ove possibile di entrare in città già “liberate” dalle quinte colonne giacobine: in tal modo, oltre a evitare battaglie dagli esiti sempre incerti, l’effetto propagandistico era assicurato. Ma, sparsasi la notizia del prodigio, tutti i “signori” si precipitarono in duomo. E nell’uscire, vista la confusione che regnava in città, si chiusero alle spalle i portoni dei rispettivi palazzi (portoni che di consueto restavano aperti anche dopo la mezzanotte), con ciò vanificando il progettato attacco alle loro abitazioni patrizie. Pare che diversi congiurati, commossi dal miracolo, abbiano abbandonato le idee anticattoliche giacobine e si siano convertiti».
Celso Battaglini, nel libro Il prodigio della Madonna del duomo, ha scritto che gli abitanti di Ancona «con l’apertura degli occhi della Madonna ebbero la percezione di una particolare protezione celeste. Tutti i testimoni dell’evento infatti furono concordi nell’interpretare l’apertura degli occhi non come preannuncio di sciagure e punizioni divine, ma di speranza e fiducia: la Madonna con il suo sguardo volle confortare i fedeli, turbati dagli eventi sconvolgenti di fine Settecento, a non lasciarsi sopraffare dalla paura». Motivi per aver paura, a dire il vero, non mancavano, dato che le truppe francesi dilagavano e il 10 febbraio 1797 sarebbe arrivato in città lo stesso Napoleone Bonaparte, imponendo, fra l’altro, la confisca di tutto l’oro e l’argento presente nelle chiese di Ancona.
Bonaparte era già stato informato del prodigioso avvenimento dai giacobini locali, i quali com’era prevedibile avevano accusato il clero di voler fomentare il fanatismo popolare con truffe di bassa lega. «Napoleone non perse tempo» scrivono Messori e Cammilleri «e il giorno stesso del suo ingresso in Ancona convocò i canonici della cattedrale e ingiunse loro di consegnargli il famoso quadro. A quelli incaricati della manutenzione dell’altare della Regina di tutti i santi, Campoleoni e Cadolini, ripeté le accuse di impostura avente come scopo l’aizzare il popolo alla sollevazione antifrancese. I due, sebbene spaventati, negarono ogni volontà di inganno e proposero al Bonaparte un’ispezione del quadro in questione. Napoleone acconsentì e ordinò che glielo portassero l’indomani. Tanto, aggiunse, era già intenzionato a distruggere o, almeno, requisire l’immagine. Quelli tornarono a riferire al capitolo riunito al completo. E il capitolo stabilì di anticipare la funzione del giorno seguente per poi chiudere subito la chiesa. Il popolo non doveva sospettare nulla: se avesse visto portar via il quadro avrebbe mangiato la foglia e magari inscenato manifestazioni di ostilità contro i francesi».
Così l’immagine miracolosa, nascosta in una cesta, venne trasportata dai canonici Campoleoni, Cadolini e Candelari: quest’ultimo avrebbe poi scritto un resoconto puntuale di quanto accaduto. L’effigie fu sistemata sul tavolo del salone principale del palazzo, venne tolta la cornice e Napoleone prese il quadro tra le mani, sostenendo che lui ammetteva i miracoli descritti nel Vangelo, ma non questo genere di presunti “prodigi”. Si mise a discutere con i canonici tentando di convincerli che il fenomeno degli occhi che si aprivano e si chiudevano era un fenomeno naturale dovuto alla rifrazione della luce. Monsignor Candelari rispose che non gli erano ignote le leggi della fisica e dell’ottica, e che aveva osservato in tutti i modi il dipinto, con ogni tipo di illuminazione, senza riuscire a spiegarlo. Fra l’altro, nel numero dei testimoni oculari del prodigio, c’era anche un noto giacobino, l’avvocato Bertrando Bonavia, anch’egli presente in quel momento al cospetto di Napoleone. Bonavia confermò al generale quanto dicevano i canonici.
Ma Bonaparte non volle sentire ragioni e fu invece attratto dal nastro di preziosi e perle che ornava il collo dell’immagine mariana: lo tirò via, dicendo...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Introduzione. Nell’attesa dell’Apocalisse?
  5. 1. Le profezie di Guadalupe e Quito
  6. 2. Occhi aperti sulla Rivoluzione
  7. 3. La Medaglia di Rue du Bac
  8. 4. Le lacrime di La Salette
  9. 5. L’Immacolata di Lourdes
  10. 6. Il silenzio di Pontmain
  11. 7. Pellevoisin e la misericordia
  12. 8. Il segreto di Fatima e don Bosco
  13. 9. In Belgio negli anni di Hitler
  14. 10. A Ghiaie le profezie sulla guerra
  15. 11. Gli appelli di Amsterdam e Akita
  16. 12. La visione della Chiesa in crisi
  17. 13. A Medjugorje dieci segreti
  18. 14. Il lago di sangue a Kibeho
  19. 15. Le dure profezie di Anguera
  20. 16. Pianto di sangue a Civitavecchia
  21. Conclusione. Gli inviti di una Madre premurosa