L'arte della guerra nella vita quotidiana
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L'arte della guerra nella vita quotidiana

  1. 192 pagine
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L'arte della guerra nella vita quotidiana

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L’antica sapienza di Sun Tzu distillata in un affascinante percorso di attualizzazione pratica. Per vincere nei “campi di battaglia” della vita di ogni giorno.
L’arte della guerra (v sec. a.C.) è uno dei più diffusi trattati di strategia militare e gestione dei conflitti, che dimostra ancora oggi tutta la sua validità al di fuori dell’ambito bellico. L’essenzialità del messaggio lo ha reso un longseller di culto per chiunque voglia raggiungere un obiettivo nella vita e nel lavoro: dal manager al creativo, dallo sportivo al seduttore. Nel corso dei secoli il trattato è diventato un punto di riferimento per tutti coloro che vogliono affermarsi in ogni contesto.
Riletto da uno dei più accreditati strateghi italiani di marketing – esperto di filosofie orientali – il manuale viene qui applicato alla vita quotidiana e alla modernità, e ci insegna ad adottare le migliori tattiche nel rapporto con se stessi e con gli altri, nell’ambiente familiare e sociale, nel mondo del lavoro e degli affari, nelle nuove forme di comunicazione massmediale, nei saperi, nelle arti e nel futuro che verrà.
«Se vuoi la pace preparati alla guerra» dicevano gli antichi, e Sun Tzu non si smentisce aiutandoci ad affrontare le quotidiane battaglie con le persone che incontriamo, con i colleghi di lavoro, i business partner, la banca e persino il gestore telefonico, spronandoci anzitutto a vincere il più acerrimo nemico interiore: la paura.

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Informazioni

Anno
2013
ISBN
9788858509333
Categoria
Religion

1

PERCHÉ ABBIAMO ANCORA
BISOGNO DI LEGGERE
L’ARTE DELLA GUERRA

Una saggezza insuperata

Ci sono libri che continuano a dimostrarsi utili anche molti secoli dopo essere stati scritti. Questi libri sono più preziosi degli altri perché contengono il distillato di un’esperienza pratica che ha potuto essere verificata per migliaia di anni.
Sulla strategia bellica sono stati composti diversi trattati in Oriente, ma tutti fanno riferimento, più o meno diretto, a un testo più antico: Larte della guerra di Sun Tzu. I motivi del suo successo e della sua incredibile longevità si possono attribuire al fatto che la sua saggezza resta insuperata. Inoltre, leggendolo in una prospettiva diversa, capace di astrazione, si può scoprire quanto i suoi insegnamenti siano princìpi universali e, quindi, applicabili in tutti i campi e in tutte le situazioni della vita personale e sociale, ovunque ci sia un conflitto. Perché il conflitto è parte integrante della nostra vita, è dentro di noi e intorno a noi.
Tra i primi in Occidente ad aver applicato i suggerimenti di Sun Tzu, secondo gli studiosi, vi fu Michail Illarionovic Kutuzov, il generale che contrastò l’invasione della Russia da parte di Napoleone, nel 1812. Anche Thomas Edward Lawrence, alias Lawrence d’Arabia, che ebbe un ruolo di primo piano nella rivolta araba del 1916, utilizzò le strategie de L’arte della guerra riuscendo a organizzare persino le tribù dei beduini contro l’impero turco.
Dopo le varie edizioni del testo che si susseguirono in Occidente, tutti gli apparati militari europei ebbero modo di apprezzarne il genio strategico. I cinesi ne facevano tesoro da sempre e, nonostante l’apparente rogo delle vestigia della cultura imperiale operato dalla Rivoluzione Culturale, furono gli stessi Mao Tse-tung e Lin Piao a seguirne alla lettera i princìpi nella guerra cino-giapponese e in quella contro i nazionalisti di Chiang Kai-shek. Così come Ho Chi Minh e il generale Vo Nguyen Giap in Vietnam diedero gran filo da torcere ai francesi e agli americani, prima che gli americani stessi cominciassero a loro volta a studiare Sun Tzu nelle accademie militari.
In tempo di pace, dagli anni Settanta in poi, L’arte della guerra ha conosciuto la più grande diffusione, diventando ben presto un testo di riferimento anche per il marketing. Mark McNeilly, top manager dell’IBM, ha pubblicato nel 1996 Sun Tzu and The Art of Business, dando il via a una serie infinita di manuali di questo genere. Quella di Sun Tzu è una saggezza alla portata di tutti. Anche i nostri politici, studiando Sun Tzu, trarrebbero insegnamenti preziosi che andrebbero a vantaggio del bene comune, come l’avrebbe inteso un confuciano all’epoca in cui questo libro fu scritto, governando in modo retto e creativo. Invece, quando i nostri politici usano qualche rozza forma di strategia è solo per ottenere convenienze personali, disinteressandosi totalmente al “buon governo”.
I giapponesi tengono da sempre in gran conto le perle di Sun Tzu, perché hanno sostenuto la loro crescita nel dopoguerra. Così fanno anche i cinesi, che hanno portato la Cina a diventare la più grande potenza mondiale del nuovo millennio. E noi cosa possiamo fare? Se vogliamo salvarci dalla crisi incombente, ma anche soltanto migliorare la qualità della vita nell’immediato, possiamo certamente attingere qualcosa da questo scrigno di saggezza.

Sun Tzu, chi era costui?

L’arte della guerra è un trattato militare attribuito a un generale di nome Sun Tzu (cioè “Maestro Sun”, Pinyin: Sūnz
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; Wade-Giles: Sun Tzu), oppure anche Sun Wu. Il leggendario personaggio – vissuto tra il 544 e il 496 a.C. – sarebbe stato al servizio di Helü, re dello Stato di Wu. Il problema della paternità di quest’opera resta però ancora aperto. Grazie al ritrovamento di una copia su listelli di bambù, risalente al III secolo a.C., e rinvenuta nel 1972 a Linyi Yinqueshan, nella provincia dello Shandong, in una tomba della dinastia Han, gli studiosi sostengono oggi che la stesura del testo possa essere attribuita con tutta probabilità a trascrittori successivi a Sun Tzu. Uno degli indizi decisivi è nel fatto che tutti i capitoli dell’antico trattato iniziano con la formula «Sun Tzu disse».
Gli studi più recenti indicano che l’opera avrebbe visto la sua forma definitiva nel periodo detto dei “Regni Combattenti” (453-221 a.C.), quando la Cina era martoriata da continui conflitti fra i sette Stati in cui era divisa, ciascuno dei quali mirava alla supremazia. Il libro fa quindi tesoro dell’esperienza di mille battaglie e ha dato un tale contributo alla pace e all’unificazione del Paese al punto da venire semplicemente e comunemente denominato “Sun Tzu”. Se non è stata una sola persona a scriverlo, almeno una cosa è certa: Sun Tzu si è guadagnato sul campo l’immortalità arrivando fino a noi. In questo senso il generale potrebbe essere definito “più immortale” dei famosi Otto Immortali del pantheon taoista, dato il successo e la longevità della sua opera.

Che cos’è L’arte della guerra?

Nel 1772 il padre gesuita Jean-Jacques Amyot tradusse in francese un breve trattato cinese di strategia composto da 5000 caratteri. La cosa non fece molta notizia all’epoca, e si dovette attendere l’inizio del XX secolo per avere una maggior circolazione dell’opera grazie a una versione tedesca e a una inglese, che ne determinarono il grande successo in Occidente. Il suo titolo era Bing Fa, ovvero L’arte della guerra. Il testo, diviso in 13 capitoli, prende in esame le variabili in gioco e come un esercito debole possa batterne uno forte, anticipando le tecniche della guerriglia. Grande risalto viene dato anche a quell’insieme di tecniche definite oggi come “PSYOPS” (Psychological Operations), che vanno dalla propaganda a tutte le azioni tese a modificare l’atteggiamento del nemico o dei suoi alleati preparando il terreno per un’avanzata più efficace. Nell’ultima parte c’è perfino la prima vera trattazione sistematica dell’uso dello spionaggio a fini strategici, precorrendo di parecchi secoli tutta la teoria dell’intelligence.
Con la guerra in Iraq tutti abbiamo potuto constatare quanta importanza rivesta l’uso delle spie nel warfare moderno. Anzi, si può dire che il conflitto in Iraq e quello successivo in Afghanistan siano stati gestiti dagli apparati spionistici di tutti i Paesi. Il motivo di ciò è esattamente lo stesso per cui esiste lo spionaggio industriale e cioè, seguendo i princìpi di Sun Tzu, evitare per quanto possibile spargimenti di sangue e guadagnare un vantaggio competitivo sull’avversario tale per cui la propria azione possa essere conclusiva.

La filosofia di fondo

L’arte della guerra è espressione del taoismo, dottrina filosofica che, insieme al confucianesimo, costituisce il patrimonio di sapienza che la Cina ha donato all’umanità a partire dalla seconda metà del primo millennio avanti Cristo. Le due dottrine si sono intersecate per secoli, confermandosi o contestandosi a vicenda più volte, con una mirabile alternanza in cui soltanto i cinesi potevano riuscire a non creare mai contraddizione. La differenza è che il confucianesimo fissa modelli a cui ispirare tutte le virtù morali nelle relazioni sociali e politiche, mentre il taoismo si oppone con forza a regole e modelli e si ispira direttamente alla spontaneità della natura. Il taoismo insegna anzitutto un modo per entrare in relazione con la realtà. La sua influenza è stata molto profonda nei secoli. Mescolandosi in seguito con il buddhismo ha dato vita alla scuola Ch’an (Zen), e i suoi testi più importanti, scritti da Lao Tzu e Chuang Tzu, sono arrivati a ispirare persino artisti e filosofi del Novecento.
Da dove viene il famoso simbolo del Tao, il cerchio formato da due spirali – una bianca e una nera – che si avvolgono fra loro? Secondo la leggenda popolare, una volta un saggio cinese sedette in meditazione di fronte a uno stagno. Improvvisamente fu distratto da qualcosa che si muoveva sotto il pelo dell’acqua. Si trattava di due girini – uno bianco e uno nero – che si rincorrevano in cerchio creando un piccolo vortice. Il saggio ebbe un’illuminazione: in quel movimento, in quel costante avvicendamento fra il girino bianco e il girino nero, vide ciò che dà origine all’universo, ovvero la continua alternanza fra princìpi opposti. Così volle disegnare i due girini, rappresentando con uno lo Yin, principio femminile, e con l’altro lo Yang, principio maschile, inscrivendoli in un cerchio che rappresenta Wu-Chi, il vuoto originario. Il Tao è ciò che comprende tutto questo e la sua essenza è il perpetuo movimento, la continua trasformazione, così come descrive mirabilmente un capolavoro eterno della filosofia taoista come il Tao Te Ching di Lao Tzu, e come insegna anche l’antichissimo I-Ching, il Libro dei mutamenti, risalente alla dinastia Zhou (II secolo a.C.). Per questo motivo è un errore interpretare i princìpi di Sun Tzu come fossero rigide regole. Questo libro non potrebbe nemmeno esistere se volesse fornire soluzioni pronte per tutte le situazioni come tanti manuali. Invece, viene per così dire “fotografata” solo l’ultima possibile risposta strategica a un conflitto, quando tutte le condizioni sono maturate, ma potrebbe essere anche la prima cui sicuramente dovrà seguirne un’altra e un’altra ancora, fino al raggiungimento della vittoria. Anche la vittoria dovrebbe essere intesa in senso “relazionale”, come un ritorno all’armonia dell’inizio, di cui potranno tornare a beneficiare tutti. Il pensiero occidentale, viceversa, s’illude spesso che le soluzioni e i cambiamenti possano essere durevoli: la rigidità che ne consegue porta a essere impreparati ai cambiamenti o a riuscire, al massimo, ad affrontarne uno per volta.
Sun Tzu era un profondo conoscitore del mondo e sapeva bene che viviamo in una realtà “liquida”, come direbbe oggi Zygmunt Bauman, in costante mutamento. E l’unico modo per gestire il mutamento è quello di accoglierlo conformandoci alla verità del Tao.

Come mettere in pratica
la filosofia di Sun Tzu

Il mondo in cui viviamo sta diventando ogni giorno più conflittuale. Questo è un dato di fatto che non si può spiegare soltanto con la solita teoria della “sovrappopolazione”, teoria che ha sempre qualcosa di sospetto a seconda di chi la riesuma, perché sembrerebbe voler giustificare a tutti i costi la guerra.
Anche la crisi economica è una condizione di lotta, di battaglia. E oggi, forse, anche un fattore scatenante di conflitti. Tuttavia, occorre cercare più a monte i fattori che causano il clima di tensione e violenza in cui siamo immersi. Sono i nostri modelli culturali: le merci divenute feticcio, i modelli effimeri creati dalla società dello spettacolo e lo sviluppo esponenziale della forza dei mezzi di comunicazione e dei social networks, che permette di venire in contatto con opinioni molto diverse, e sovente divergenti dalle nostre. Questi tre fattori producono uno stato di costante infiammazione del tessuto sociale e la conflittualità che ne deriva è soprattutto una tensione fisiologica volta al ripristino dell’equilibrio perduto. Per questo spesso ci troviamo in guerra senza nemmeno sapere perché. Reagiamo automaticamente alle aggressioni senza concederci il tempo di formulare una strategia. Eppure, a pensarci bene, la maggior parte di queste situazioni è causata dalla nostra disattenzione, dal fatto che dedichiamo scarsa attenzione all’altro, al campo di battaglia in cui di volta in volta ci troviamo ad agire. L’altro fattore scatenante è che conosciamo poco di noi stessi e dei nostri limiti. Anche per questo, oggi più che mai, è utile studiare L’arte della guerra.
Per cogliere la profondità dell’antico trattato e attingere appieno alla sua saggezza occorrono due chiavi di lettura. Una consiste nell’allargare il concetto di “conflitto” fino a includere, oltre alle aggressioni e alle sfide, tutto ciò che ci capita all’improvviso e ci costringe a rimetterci in gioco. I conflitti fra persone nascono per i più svariati motivi: discordanze d’interessi e di obiettivi, lotta per il potere o per il prestigio nel proprio ambiente, mancanza di comunicazione o distorsione del contenuto di messaggi, fino alla nascita di equivoci che diventano motivo scatenante di dispute o di invasione del nostro spazio fisico e psicologico. Ci sono a volte ottiche diverse, scarso riconoscimento dei ruoli, sentimenti e bisogni opposti che possono degenerare in lotte sotterranee o palesi.
Sun Tzu ci insegna che dobbiamo avere una visione allargata dei conflitti includendo fra questi anche i cambiamenti repentini che spesso la vita ci impone, verso i quali tendiamo a opporre strenua resistenza. In tali frangenti siamo noi stessi la causa del conflitto. Vedere il mondo come “ingiusto” e il nostro destino come “infame” è sintomo di una mancata presa di coscienza dello stato delle cose e del ruolo che abbiamo avuto nella nostra stessa rovina. Un’altra chiave fondamentale che suggerisce il grande stratega è avere sempre una visione d’insieme del conflitto, e non considerare solo noi stessi. Ci sono sempre più elementi in gioco: c’è un territorio, ci sono alleati, insomma molte variabili che, tutte insieme, mettono in circolo un’energia potenziale (lo Shih) che può essere per noi favorevole o sfavorevole. Nel caso giochino a nostro sfavore, sarà necessario lavorare sulle singole variabili per modificare le condizioni generali e volgere l’energia a nostro favore.

Altri testi orientali
sulla stessa lunghezza d’onda

Ci sono altri testi orientali che hanno fatto storia nel campo della strategia traendo spunto da L’arte della guerra. Ad esempio, i Metodi militari di Sun Pin, che rappresenta uno sviluppo successivo del libro di Sun Tzu. Poi, i 36 stratagemmi, di autore ignoto, libro di cui si è venuti a conoscenza solo dopo la fine del regime maoista, ma che ancora oggi fa parte dei testi di base per la formazione dei quadri dirigenti cinesi. Più importante di tutti è il Gorin no sho (il Libro dei cinque anelli) scritto da un leggendario spadaccino vissuto a cavallo fra il XVI e il XVII secolo in Giappone, Miyamoto Musashi. Il più grande samurai della storia esordì con il suo primo duello mortale a soli tredici anni, mentre a sedici prese parte alla famosa battaglia di Sekigahara dove per la prima volta venne sconfitto. Per reazione cominciò una vita di guerriero errante alla ricerca di nuove sfide e a cinquant’anni, dopo aver sostenuto e vinto sessanta duelli all’ultimo sangue, si ritirò per coltivare le lettere, la pittura e la meditazione. In quest’ultimo periodo scrisse il suo libro, un capolavoro che tratta del confronto a due, il duello. La memoria di questo personaggio storico e le massime che scrisse dopo una vita intera passata a combattere sono ancora ben vive nella cultura giapponese. Feci questa scoperta una delle prime volte che mi recai in Giappone, all’inizio degli anni Ottanta, quando mi fu presentato un manager di una grande casa editrice, la Shinchosha Publishing. Per caso notai che teneva in tasca un minuscolo libro, come una sorta di breviario. Era il trattato di Musashi. Da bravo ex insegnante di karate, l’avevo già letto senza dedicargli tutta l’attenzione che meritava, relegandolo nella mia biblioteca fra i testi storici che i praticanti leggono più per obbligo che per reale interesse. Confesso che salendo in ascensore fino agli ultimi piani di un grattacielo super tecnologico nel centro di Tokyo non mi sarei mai aspettato di trovarmi davanti un samurai. Perché il signor Iida, il mio ospite, non solo leggeva Musashi ma applicava ogni giorno i suoi princìpi.
La conversazione proseguì a cena e, da quanto appresi, questo “vezzo” era assai diffuso fra i quadri e i dirigenti di molte aziende giapponesi. Non avrei mai immaginato che i segreti di uno spadaccino potessero essere applicati nel campo del lavoro e nella vita di tutti i giorni. Fu allora che cominciai a capire che la struttura dei comportamenti nella società giapponese non è poi cambiata di molto dall’epoca medievale a oggi. Qualunque confronto, dialogo, e gli stessi rapporti sociali, sono concepiti come un duello e in questa logica prevedono l’osservanza di regole formali rigidissime. Perfino lo scambio di biglietti da visita, che nel business precede sempre qualunque dialogo o trattativa, equivale all’uso di dichiarare il nome della propria casata di appartenenza prima di iniziare il duello. Non tutti i giapponesi oggi leggono Musashi, così come non tutti i cinesi leggono Sun Tzu. Tuttavia, se questi libri hanno ancora un enorme seguito presso le classi dirigenti dei Paesi dell’Estremo Oriente, un motivo ci dovrà pur essere.

Cosa non abbiamo capito dell’Oriente

Molti commenti a L’arte della guerra di Sun Tzu pubblicati in Occidente partono da un presupposto errato, e cioè che tutto ciò che attiene alla guerra debba necessariamente risolversi in una vittoria o in una sconfitta. Si tracciano parallelismi forzati mischiando, ad esempio, al testo cinese citazioni tratte da Carl von Clausewitz per il quale la guerra è «un atto di violenza con lo scopo di imporre all’avversario la nostra volontà». E questa, in fondo, è la sintesi di tutto il pensiero occidentale sul tema del confli...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. L'arte della guerra nella vita quotidiana
  3. 1. PERCHÉ ABBIAMO ANCORA BISOGNO DI LEGGERE L’ARTE DELLA GUERRA
  4. 2. L’ARTE DELLA GUERRA CON SE STESSI
  5. 3. L’ARTE DELLA GUERRA CON GLI ALTRI
  6. 4. L’ARTE DELLA GUERRA NEL LAVORO
  7. 5. L’ARTE DELLA GUERRA IN AMORE
  8. 6. L’ARTE DELLA GUERRA NELLA VITA QUOTIDIANA
  9. 7. L’ARTE DELLA GUERRA NEL “MEDIA EVO”
  10. 8. L’ARTE DELLA GUERRA NEL MONDO CHE VERRÀ
  11. Sun Tzu, L’arte della guerra (testo integrale – traduzione di Bruno Ballardini)
  12. copyright