Per una nuova primavera
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Per una nuova primavera

Riflessioni sul Concilio incompiuto

  1. 196 pagine
  2. Italian
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Per una nuova primavera

Riflessioni sul Concilio incompiuto

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Carlo Maria Martini non nascose mai il cruccio di non essere riuscito a vedere completamente realizzato lo spirito di rinnovamento, di comunione e di collegialità del Concilio Vaticano II.
In queste riflessioni rilegge alcune delle pagine più rivoluzionarie dei testi conciliari, invitando fedeli e laici, popolo di Dio e gerarchia ecclesiastica, a tornare a quella dimensione di ascolto del mondo, di modernità, di profezia che fu tipica dell’assise conciliare.
Sono pagine dense ma, nello stesso tempo, molto concrete. Da un lato, lasciano intravedere l’immagine di un “Concilio incompiuto”, dall’altro, spingono affinché la “nuova primavera” della Chiesa annunciata dal Vaticano II diventi realtà. Queste esortazioni fanno sentire ancora viva la voce di uno dei cardinali più amati e ascoltati da credenti e non credenti, mentre la svolta di papa Francesco rende più prossima la realizzazione del “sogno” di “una nuova primavera”, che Martini – insieme a molti nella Chiesa – ha sempre accarezzato.

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Informazioni

Anno
2013
ISBN
9788858509579

1

LA CHIESA IN PREGHIERA

Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, nn. 6b-8
Salmo 27
Lettera agli Ebrei 5, 7-10
Vangelo di Luca 9, 28-35
Atti degli Apostoli 2, 42-46
Costituzione sulla sacra Liturgia
Sacrosanctum Concilium (nn. 6b-8)
Proprio nel giorno di Pentecoste, che segnò la manifestazione della Chiesa al mondo, «quelli che accolsero la parola» di Pietro «furono battezzati» ed erano «assidui all’insegnamento degli Apostoli, alle riunioni comuni, alla frazione del pane, e alla preghiera... lodando insieme Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo» (At 2, 41-42. 47). Da allora, la Chiesa mai tralasciò di riunirsi in assemblea per celebrare il mistero pasquale, mediante la lettura di quanto «in tutte le Scritture Lo riguardava» (Lc 24, 27), mediante la celebrazione dell’Eucaristia, nella quale «vengono ripresentati la vittoria e il trionfo della sua morte», e insieme mediante l’azione di grazie «a Dio per il suo dono ineffabile» (2 Cor 9, 15), in Cristo Gesù «in lode della sua gloria» (Ef 1, 12), per virtù dello Spirito Santo.
Per realizzare un’opera così grande, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, in modo speciale nelle azioni liturgiche. È presente nel Sacrificio della Messa sia nella persona del ministro, «egli che, offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso per il ministero dei sacerdoti», sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. È presente con la sua virtù nei Sacramenti, di modo che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza. È presente nella sua parola, giacché è Lui che parla quando nella Chiesa si leggono le Sacre Scritture. È presente infine quando la Chiesa prega e loda, Lui che ha promesso: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro» (Mt 18, 20).
In realtà in quest’opera così grande, con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sé la Chiesa, sua sposa amatissima, la quale prega il suo Signore e per mezzo di Lui rende il culto all’Eterno Padre.
Giustamente perciò la Liturgia è ritenuta come l’esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo; in essa, per mezzo di segni sensibili, viene significata e, in modo proprio a ciascuno di essi, realizzata la santificazione dell’uomo, e viene esercitato dal Corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal Capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale. Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo Corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun’altra azione della Chiesa, allo stesso titolo e allo stesso grado, ne uguaglia l’efficacia.
Nella Liturgia terrena noi partecipiamo, pregustandola, a quella celeste, che viene celebrata nella santa città di Gerusalemme, verso la quale tendiamo come pellegrini, dove il Cristo siede alla destra di Dio quale ministro del santuario e del vero tabernacolo; insieme con tutte le schiere delle milizie celesti cantiamo al Signore l’inno di gloria; ricordando con venerazione i Santi, speriamo di ottenere un qualche posto con essi, e aspettiamo, quale Salvatore, il Signore nostro Gesù Cristo, fino a quando egli comparirà, nostra vita, e noi appariremo con Lui nella gloria.
Salmo 27
Il Signore è mia luce e mia salvezza,
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita,
di chi avrò paura?
Quando mi assalgono i malvagi
per divorarmi la carne,
sono essi, avversari e nemici,
a inciampare e cadere.
Se contro di me si accampa un esercito,
il mio cuore non teme;
se contro di me si scatena una guerra,
anche allora ho fiducia.
Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e ammirare il suo santuario.
Nella sua dimora mi offre riparo
nel giorno della sventura.
Mi nasconde nel segreto della sua tenda,
sopra una roccia mi innalza.
E ora rialzo la testa
sui nemici che mi circondano;
immolerò nella sua tenda sacrifici di vittoria,
inni di gioia canterò al Signore.
Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il mio cuore ripete il tuo invito:
«Cercate il mio volto!».
Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.
Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato,
ma il Signore mi ha raccolto.
Mostrami, Signore, la tua via,
guidami sul retto cammino,
perché mi tendono insidie.
Non gettarmi in preda ai miei avversari.
Contro di me si sono alzati falsi testimoni
che soffiano violenza.
Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.
Vangelo di Luca 9, 28-35
Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Lettera agli Ebrei 5, 7-10
Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchisedek.
Atti degli Apostoli 2, 42-46
Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo.
Edificare la Chiesa
Il Salmo 27 si divide chiaramente in due parti.
La prima parte (vv. 1-6) si potrebbe intitolare: un momento di euforia lontano dalla prova. A colui che prega tutto appare radioso e facile: «...Di chi avrò timore?... Di chi avrò paura?... Sono essi, avversari e nemici, a inciampare e cadere. Se contro di me si accampa un esercito» anche allora, non avrò paura!
L’esperienza che l’orante fa di Dio sembra renderlo invincibile: «...abitare nella casa del Signore... per contemplare la sua bellezza».
A un certo punto succede però qualcosa e inizia, a partire dal v. 7, la seconda parte. L’uomo che aveva espresso con sincerità la sua gioia di abitare presso la casa di Dio e la sicurezza che gliene derivava, entra nell’angoscia, nella paura. Potremmo intitolare questo secondo momento: la bufera. «Ascolta, Signore... Io grido... Non nascondermi il tuo volto... non abbandonarmi» anche se gli altri mi hanno abbandonato. È l’esperienza di chi sente venire meno tutto ciò che di bello e confortante provava nel pensiero di Dio. Ed è appunto in questa prova che la preghiera si fa più pura e più forte: «Mostrami, Signore, la tua via... non gettarmi in preda ai miei avversari», e torna ad essere certezza: «Sono certo di contemplare la bontà del Signore... Spera nel Signore e sii forte».
La fiducia ritrovata è propria di colui che ha attraversato la bufera.
Chi recita questo salmo? Nella storia della salvezza, oltre coloro che l’hanno vissuto per primi come esperienza personale, il salmo è recitato da Gesù. Potremmo dire che la prima parte è la preghiera di Gesù sul monte della Trasfigurazione; la seconda parte è la preghiera di Gesù nell’orto del Getsemani quando ha esperimentato l’agonia, l’angoscia, la paura.
Il salmo è pure recitato dalla Chiesa che, nei momenti di euforia, ad esempio durante gli anni in cui si celebrava il Vaticano II, lo pregava in sintonia con la prima parte. Mentre poi, in altri momenti, ad esempio nel tempo del postconcilio, lo ha pregato immersa nella paura, quasi nella bufera.
Il Salmo 27 è dunque preghiera di Gesù e della Chiesa con Gesù. Va pregato non tanto come orazione personale bensì come preghiera di una comunità.
Il mio desiderio in questa riflessione è di aiutare ad approfondire che cosa comporta la responsabilità di essere e fare Chiesa e cosa significa maturare uno spiccato senso ecclesiale. Da questo dipende la capacità di essere una presenza costruttiva in tutte quelle iniziative nelle quali si esprime e si edifica la comunità secondo il modello divino della Chiesa. Presenza responsabile significa contribuire a edificare la comunità secondo il modello divino di Chiesa. Quest’opera di “edificazione” presuppone la capacità di contemplare quel modello divino, cioè dato da Dio.
Il percorso che faremo insieme vuol essere un aiuto alla contemplazione pratica di questo modello, affinché ciascuno possa riesprimerlo e tratteggiarlo nella propria esperienza di vita e di comunità. Tutti i cristiani devono sentirsi interpellati, non soltanto come singoli, ma anzitutto come corresponsabili, nella costruzione della Chiesa locale e universale.
Per contemplare il modello divino di Chiesa, ci metteremo in ascolto della Parola di Dio, con la convinzione che essa ha da dirci qualcosa che ancora non sappiamo, qualcosa di cui non ci siamo ancora resi conto.
Sarà la Parola tratta da alcuni testi del Nuovo Testamento e dai documenti del Concilio Vaticano II. Sarà un modo per cogliere tutte le sottolineature sul tema della Chiesa di cui il Vaticano II ha ampiamente parlato.
Ci soffermeremo sul primo documento conciliare, approvato nel 1964, ovvero la Costituzione sulla Liturgia (Sacrosanctum Concilium) che è dedicata proprio alla “Chiesa che preg...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Il libro
  3. L’autore
  4. Per una nuova primavera
  5. Prefazione. Martini e Francesco, dal “sogno” alla realtà di Bartolomeo Sorge s.j.
  6. 1. La Chiesa in preghiera
  7. 2. La Chiesa in ascolto
  8. 3. La Chiesa come mistero e comunione
  9. 4. La Chiesa come segno e strumento di unità
  10. 5. La Chiesa missionaria
  11. 6. La santità della Chiesa
  12. 7. La Chiesa per la vita del mondo
  13. Appendice. Ai piedi del Signore (Meditazione sulla Dei Verbum)
  14. Copyright